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Autore: DalamarF16    01/07/2014    12 recensioni
Sono passate poche settimane dagli eventi di New York, e Clint deve fare i conti con la sua coscienza, con le azioni commesse sotto il controllo di Loki. Accanto a lui, a cercare di aiutarlo, ci sarà Natasha, ma una nuova recluta darà una svolta alla vita di Occhio di Falco...
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nick Fury, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers: Rinascita.'
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capitolo 2 PERSONAL SPACE: Eccomi di nuovo qui! Nessuno ha commentato e i casi son due, o è talmente bella che siete rimasti senza parole ( cosa di cui non sono convinta nemmeno un po', giusto perchè lo sappiate) oppure vi ha fatto talmente schifo che non avete il coraggio di dirmelo (io scommetto su questa seconda ipotesi...). Però voglio ringraziare MUMMA, che ha inserito questa cosina nelle seguite, spero continuerai a farlo!
Per il resto...vi lascio al secondo capitolo, spero vi piaccia e che abbiate il coraggio di recensire, così giusto per farmi sapere cosa ne pensate!

CAPITOLO 2: IL PASSATO CHE RITORNA
 
Non sapeva perchè, ma dopo che lui aveva messo piede nell'hangar, lei non se ne era andata.
O forse lo sapeva.
Voleva assicurarsi che stesse davvero bene.
Istinto di protezione.
Da quando si erano conosciuti, i due avevano sempre sentito il bisogno di guardarsi le spalle, di proteggersi e aiutarsi. Così, quando l'aveva visto avviarsi verso il gruppetto di ragazzini in attesa dell'istruttore del giorno, aveva notato una lieve rigidezza nella camminata, nella postura, che l'aveva messa sul chi va là. Nessun altro se ne sarebbe accorto, ma lei non era certo tipo da farsi sfuggire certi dettagli.  Per questo non l'aveva abbandonato.
Natasha uscì dalla porta dell'hangar, per poi salire rapida e silenziosa dalla scala della manutenzione e rientrare, non vista, sedendosi su uno dei grossi tralicci che sorreggevano l'impianto di illuminazione dell'immenso capannone.
Non era preoccupata di una possibile caduta: lei aveva un equilibrio eccellente, ed era certa che quell'impalcatura sospesa, ancorata solo alle pareti laterali e fissata al soffitto con cavi d'acciaio, non avesse problemi a reggere i suoi 50kg scarsi di peso. Era progettata per permettere la manutenzione delle luci, e i tecnici dello SHIELD erano ben più pesanti di lei.
Guardò svariati metri più in basso, dove un Clint molto piccolo stava tenendo una lezione teorica sulle armi e il modo corretto di usarle.
L'acustica del locale fece sì che la voce dell'amico arrivasse, sebbene distorta da un rimbombo quasi fastidioso, fino a lei.
-Un'arma da fuoco non è un giocattolo- stava dicendo l'uomo, probabilmente a delle reclute che stavano vedendo per la prima volta un'arma reale dal vivo -Per questo è importante che la canna sia sempre rivolta verso il basso e con la sicura inserita. Non puntatela mai contro qualcuno, nemmeno per gioco, e nemmeno con la sicura inserita. Uno scherzo di può trasformare in tragedia in pochi istanti-
"Esagerato" non potè fare a meno di pensare la donna, mentre continuava ad ascoltarlo.
Con abilità Clint aveva appena smontato l'arma, una Beretta 9mm, dotazione standard di tutti gli agendi dello SHIELD, illustrandone dettagliatamente ogni parte, sottolineando l'importanza di tenerla sempre in buono stato-
Lascio che la voce dell'amico sfumasse, mentre i suoi ricordi tornavano indietro di parecchi anni.

Bovisa, quartiere periferico di Milano, Italia.
Fingersi una studentessa straniera in Erasmus non le era stato facile. Il grande Politecnico di Milano, che ospitava una quantità di ingegnerie che mai avrebbe pensato che potessero esistere, aveva il dipartimento di Aerospazio alla sua sede più periferica, quella di Bovisa, situata in una zona industriale.
Aveva sperato di trovarsi in un ambiente più grande, con migliaia di studenti, dove nessuno avrebbe fatto caso a lei, una ragazza russa che aveva deciso di trascorrere un anno di studi all'estero.
Invece si era ritrovata in quella dannatissima Bovisa, in un posto isolato nel mondo, lontano dalla metropoli a tal punto da non essere collegata con la metropolitana.
Nel polo di Bovisa, le ingegnerie erano poche, Aerospaziale, Meccanica, Energetica e Gestionale. Gran parte dello spazio era dedicata a capannoni dove si svolgevano attività di ricerca e sperimentali, per lo più su velivoli ed elicotteri.In più in un dipartimento dove non è che le ragazze fossero proprio merce comune, soprattutto quelle carine come lei (sì era conscia di essere decisamente una bella ragazza), e si era subito trovata circondata da ragazzi pronti ad aiutarla ad ambientarsi. L'ideale no?
La sua missione era quella di infiltrarsi e rubare informazioni su un progetto che il governo americano stava portando avanti da qualche anno, ma che solo adesso era diventato abbastanza concreto da impensierire i russi.
Alla schermatura mimetica ci erano arrivati già da anni, ma la vera novità constava di un nuovo motore ultrasilenzioso, che avrebbe di fatto concesso agli americani di avvicinarsi e attaccare senza essere intercettati.
E data la sua giovane età, quale copertura migliore del fingersi una studentessa straniera?
Si era quindi iscritta al terzo anno di Aerospaziale (dopo essere stata indottrinata per essere alla pari), e aveva iniziato a seguire le lezioni, che si erano, tra l'altro, rivelate più interessanti di ogni sua più rosea previsione. L'obiettivo era colui che, stando alle loro informazioni, era uno dei pezzi grossi del progetto, in collaborazione con le migliori aziende del territorio italiano in materia di aerospazio e il governo USA, ovviamente, e che il caso (o meglio un oculata scelta dell'identità di copertura) aveva voluto fosse non solo il suo professore di Analisi di missioni spaziali, ma anche colui che la stava seguendo passo passo nella sua integrazione nell'ateneo italiano.
Il professor Mandelli sembrava un individuo comune. Alto, sulla cinquantina, ben piazzato ma non grasso.
L'idea era quella di sfruttare il vecchio clichè della donna a ingegneria, ma aveva capito subito che un bel paio di tette e qualche scollatura con lui non bastavano. Aveva visto ragazze cercare questo approccio venire congedate con tanto di gesto di sdegno.
Ovviamente l'unico incorruttibile con le sue doti di natura capitava a lei. Un classico.
Quindi aveva deciso di sfruttare al massimo il fatto che lui fosse il suo tutor, chiedendogli almeno un appuntamento a settimana con le scuse più varie: chiarimenti sull'ultima lezione, un consiglio su qualche lettura per migliorare il suo italiano, un pianto di nostalgia verso la sua famiglia tanto lontana in Russia.
E contro ogni sua aspettativa, la tristezza aveva messo in moto qualcosa. Quell'uomo aveva un istinto paterno incredibile. Gli era bastato vederla in quello stato per portarla a casa sua a cena, insieme alla moglie e ai figli (di cui la maggiore aveva pressapoco l'età di Natasha) nel tentativo di distrarla e sollevarle il morale.
Il tutto senza mai, MAI fare un solo, misero, tentativo di sedurla.
Una cosa che le era a dir poco inedita.
Da lì, il passo era stato breve. Lui l'aveva presa sotto la sua ala protettrice, e lei aveva iniziato a tessere la sua tela. Era spesso a cena da lui, era diventata amica della figlia, che frequentava architettura, sempre al Politecnico, sempre a Bovisa, con cui passava spesso le pause e pranzo e i weekend (ogni invito era buono per spiare in casa dell'uomo).
Ci erano voluti pochi mesi per capire che il professor Mandelli non aveva la più pallida idea di quello che stava progettando. Lui era convinto di stare disegnando pale di elicotteri meno rumorose per una questione di inquinamento acustico, ma niente di più. Quello che lei aveva riconosciuto subito come il vice direttore della CIA, per lui era solo un ingegnere americano mandato da una società statutinense, la Aeroshuttle Inc., a controllare l'avanzamento del progetto.
Come aveva fatto rapporto, nello stesso giorno le arrivò l'ordine di ucciderlo, insieme alla sua famiglia, e farlo sembrare un incidente.
Ovvio che finisse così. Lui ormai l'aveva vista in faccia, e non avrebbe avuto esitazioni a riconoscerla in un futuro. La stessa cosa poteva dirsi di Michela, la figlia, con cui era arrivata anche a confidarsi su cose parecchio intime, che avevano creato con poche difficoltà alla spia, che non era una campionessa di socializzazione.

E così si era messa al lavoro, pronta a eseguire l'ennesimo ordine senza discutere. Non provava rimorso. Non a livello cosciente almeno. Quello era il suo lavoro, ed era la sua vita contro la loro.
Quindi quella notte si era messa all'opera. Era venerdì e l'indomani l'ingegnere e la sua famiglia sarebbero partiti per un weekend in montagna, insieme ad Aliona (alias Natasha), per due giorni di libertà e divertimento.
Si draiò sotto l'auto, completamente al buio, solo una penna-torcia a illuminare il fondo della Ford Focus. Era stata attentissima, ed era sicura che nessuno l'avesse vista. Per questo sussultò quando una voce maschile le arrivò in poco più che un sussurro.
-Vuoi farlo davvero? Dopo tutto quello che hanno fatto per te?-
La sorpresa la fece sobbalzare, mandandola a colpire la scocca con la fronte. Ahio.
-Non devi farlo se non vuoi...- di nuovo la voce le parlò.
Non rispondergli, si disse, ignoralo e stai al coperto. Non. Deve. Vederti. E trova un modo per ucciderlo, già che ci sei.
-Non puoi uccidermi, se lo fai, addio incidente...-
-Posso sempre infilarti nel bagagaglio- risposte istintivamente. Che cazzo fai?
-Natalia. Sei morta comunque-
Che? Cosa? Conosceva il suo nome?
-Sei stata scoperta due mesi fa- proseguì la voce -Da allora cercano di ucciderti, a volte sfuggi per la tua buona stella, a volte perchè, modestamente, ci sono io a pararti il culo-
-Sì certo...a chi la racconti?-
-Natalia. Ti sto dicendo la verità. Esci da lì-
Spinta da una forza sconosciuta, lei, che non si fidava di nessuno, decise di fidarsi di quella voce e uscire. L'uomo che le si parò davanti era sulla trentina, aveva i capelli corti e portava occhiali da sole (???) nonostante fosse piena notte. E sulle spalle aveva....una faretra? Le tese una mano, che lei rifiutò categoricamente, mettendosi in piedi da sola.
-Cosa...- cominciò, ma lui le mise un dito sulle labbra e le mostrò un cellulare.
Era una ripresa video. Era lei, al politecnico, nel dipartimento di spazio. Aula L09. Fece due calcoli, il video era di due giorni prima, lo stesso giorno dell'arrivo dell'ordine di omicidio di Mandelli.
La ripresa era fatta dall'alto, forse, anzi sicuramente, dal tetto del palazzo che ospitava il bar dove aveva preso l'abitudine di fare colazionea al mattino. La ripresa zoomò sul palazzo alla sinistra dell'edificio dove era collocata la sua aula. Era un posto che sempre aveva pensato ottimo per posizionare un cecchino. E non venne tradita.
Un uomo con un fucile di precisione era appostato e puntava proprio verso la classe. Verso di lei. O verso Mandelli. No. Scartò quell'ipotesi. L'ordine di terminare il professore era arrivato a lei. E lei era la migliore.  Nessuno che avesse un po' di sale in zucca avrebbe mandato un altro dopo averle assegnato il lavoro.
-Questo non prova che siano i miei a volermi uccidere-
-Guarda meglio-
Non aveva avuto bisogno di dirle cosa guardare meglio. Il cecchino vestiva di grigio, quasi perfettamente mimetizzato con il cemento del terrazzino su cui era appostato, e portava un passamontagna. L'attenzione di Natasha, Natalia, si focalizzò sul fucile. Un SVD Dragunov. Fabbricazione russa. Gettata 800m, caricatore da 10 colpi. Non utilizzato dalle forze americane.
Quello non era il solo video. Gliene mostrò altri ancora, in tutti la stessa scena. Ma perchè ucciderla prima che uccidesse il suo obbiettivo? Che senso aveva?
A meno che...
La realtà la colpì come un macigno, togliendole il fiato. Era una distrazione. Non volevano che lo terminasse perchè era un possibile pericolo. Lui era solo l'esca, la distrazione per permettere loro di colpirla.
-Ho eliminato tutti i cecchini, compreso quello di stasera- Con il pollice lo sconosciuto indicò la casa antistante quella del professore.
Ma lei non lo stava più ascoltando. Se i suoi la volevano morta...che cosa restava di lei?
-Natalia..- il tono di lui le fece capire che aveva detto qualcosa che lei si era completamente persa. -Dobbiamo andare. Ora-
Non sapeva perchè, ma lo seguì. Chi era questo sconosciuto armato di arco e frecce?  E perchè la stava proteggendo?

-E mi raccomando- la voce di Clint dal basso la riportò al presente. Stava congedando i ragazzi, dandogli appuntamento al giorno successivo per la prossima lezione, pratica questa volta, sulle armi da fuoco -attenti ai ragni, si nascondono ovunque in questa base operativa-
Natasha non potè fare a meno di sogghignare, sentendo appena il fastidio di essere stata scoperta, e attese che l'ultimo studente fosse uscito prima di calarsi a terra con un salto acrobatico.

All'inizio non era certo della sua presenza, ma poi si era mossa, e la luce aveva colpito per un attimo il suo stivale.
Natasha.
Avrebbe dovuto saperlo che, dopo averlo visto in quello stato, non l'avrebbe mai lasciato solo. Per lo meno aveva avuto il buon senso di non stenderlo come si era offerta di fare.
Non riusciva a essere stizzito dal fatto che lei lo spiasse, avrebbe dovuto esserlo, ma proprio non ci riusciva. Anzi, questo gli fece pensare di essere messo peggio di quanto pensasse, se la russa arrivava a invadere così i suoi spazi.
Chiuse la porta e si volse a guardarla mentre scendeva armoniosamente a terra. Un salto perfetto, che avrebbe fatto invidia ai migliori acrobati del circo dove aveva lavorato e si era formato da bambino.
-Soddisfatta dalla lezione?-
-Troppo disprezzo verso le armi da fuoco, signor Arciere-
Clint sogghignò. Non poteva farci nulla. Per lui non c'era niente di più armonioso ed elegante di una freccia tirata con precisione millimetrica.
Le armi da fuoco avevano i loro indiscutibili vantaggi, tra cui il minor ingombro e la minor delicatezza, ma niente poteva distorglierlo dal primo amore.
Lei gli sorrise di rimando, e tra loro calò un silenzio rilassato.
Clint all'improvviso si rese conto che quella sera non aveva voglia di restare da solo. Odiava ammetterlo perfino con sè stesso, ma aveva paura. Gli incubi, le immagini di quei giorni di schiavitù gli tornavano alla mente non appena si stendeva a letto.  Non importava se fosse esausto, ubriaco, o riposato. Quei frammenti di memoria tornavano inesorabilmente a tormentarlo, vividi come se li stesse vivendo in quei momenti.
Non sapeva se era il residuo del potere di Loki o solo il suo senso di colpa. Sapeva solo che ogni volta gli sembrava di impazzire. Non dormiva bene da non ricordava nemmeno lui quando (no atterrare il semidio non l'aveva aiutato a dormire meglio come immaginava), e non era raro che uscisse da quelle visioni con brividi e ricoperto di sudore freddo. E nemmeno che vomitasse la cena.
-Pizza da me?- le propose
-Va bene. Ma il film lo porto io-
-No no no ti prego...un altro dei tuoi mattoni non lo sopporterei-
-Troppo tardi, Barton. Tu hai scelto la cena. Io scelgo il film- replicò la donna mentre già si allontanava verso lo spogliatoio.
Clint alzò gli occhi al cielo, prevedendo l'ennesimo mattone filosofico che l'amica gli avrebbe propinato quella sera, poi si fece una doccia e andò a casa, comunque lieto che lei avesse capito il suo bisogno di compagnia...

-Perchè mi stai proteggendo?-
La domanda l'aveva colto all'improvviso, spingendolo a farsela a sua volta. Già. Perchè? Lei era la sua missione. Lui doveva tenerla d'occhio, capire cosa stava cercando, e successivamente tenderle una trappola, dove lui e i suoi colleghi l'avrebbero uccisa una buona volta.
Natalia Romanova aveva dato del filo da torcere a tutti, nessun agente era riuscito anche solo a metterla in difficoltà, non parliamo poi di ucciderla.
Quindi si era deciso per un agguato.
Ma quando l'aveva vista, vista davvero, non aveva avuto il coraggio di portare a termine quella missione.
Perchè lui era convinto che la ragazza che aveva fatto amicizia con Vanessa Mandelli fosse la VERA Natalia, non l'assassina spietata, la spia perfetta che era stata addestrata a essere.
Nei suoi occhi, quando chiacchierava spensierata, aveva visto il desiderio di una vita normale attraversarla. Conosceva la luce che regalava allo sguardo. Lo aveva visto nei suoi stessi occhi ogni volta che vedeva i bambini al circo.
Lui a 13 anni scarsi era già una star, era già Occhio di Falco. Con l'arco, o con i coltelli, non sbagliava un tiro. Era l'orgoglio del direttore (quando non lo faceva pestare a sangue) decantare le sue doti.
Tutti quei bambini con una vita normale lo invidiavano, avrebbero voluto essere lui.
Non sapevano che lui avrebbe dato ogni cosa per un quarto d'ora della loro vita.
Aveva deciso all'istante di toglierla da quella vita, e l'occasione gli si era presentata quando erano stati inviati i primi cecchini. Li aveva abbattuti ancora prima che si rendessero conto di cosa era successo.
Ed era uscito allo scoperto prima che facesse qualcosa che avrebbe rimpianto per tutta la vita.
-Credi nelle seconde possibilità?-
-No-
-Bene, perchè te ne sto offrendo una-

PERSONAL SPACE: PARTE II: Eccomi qui, alla fine del secondo capitolo, che spero vi sia piaciuto. Ho scelto una location un po' particolare per l'incontro tra Clint e Natasha, ma volevo che fosse ambientato in un posto che conosco...e ahimè vedo più la triste sede del poli che casa mia ;( ;(
Niente, spero vi sia piaciuto, e che continuerete a leggermi...e ah se volete recensire io non mi offendo eh! :)





   
 
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