Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: lunadelpassato    02/07/2014    2 recensioni
"Le urla disperate provenivano da sotto di loro, così abbassarono la testa nello stesso momento verso la dura terra che si estendeva oltre il cancello. Davanti, un piccolo fagotto informe si muoveva energicamente, mentre urlava a più non posso.
Elsa era paralizzata dal terrore. Anna, invece, si chinò lentamente a terra, inginocchiata proprio accanto al fagotto, e scostò un lembo di quello che sembrava un vecchio straccio scuro.
Intanto il cielo brillava più che mai."
"- Oggi fa più freddo dell’ultima volta delle luci- notò sussurrando tristemente al cielo.
- È quello che penso anch’io- le rispose una voce ignota.
Aprì gli occhi di scatto e si girò indietro, sorpresa. Dietro di lei, solo la stanza ghiacciata illuminata dalle luci mistiche.
-Anna?- chiese tremante frugando con lo sguardo ogni angolo della stanza in penombra.
-Mi senti?- riprese la voce meravigliata.
Elsa fece qualche passo indietro e si rigirò di scatto verso la finestra, le mani pronte a sferrare un’ attacco.
- E mi vedi?- sussurrò il ragazzo."
Jelsa con un bambino abbandonato e il suo fratellastro. presenza di Kristanna e accenni di altre opere.
Nata da una frase di Let it Go: I'm one with the wind and sky
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Camminavano ormai da ore. Damio aveva provato a tenere il conto delle ore da quando aveva incontrato la strega (non era che il primo pomeriggio), mentre ora la luce della luna rischiarava loro la strada.

-Dove andiamo adesso?

Si erano fermati dove finiva la strada impolverata che avevano seguito fino ad allora e, davanti a loro, si stagliava con tutta la sua maestosità la prima foresta che Damio avesse mai avuto occasione di ammirare. I tronchi degli alberi più vicini avevano un diametro tale che nemmeno due uomini adulti tenuti per mano avrebbero potuto eguagliare, e il bambino ne era estrefatto. La donna, dal canto suo, stava escogitando un modo per aprire un varco tra quella vegetazione selvaggia.

Ovunque mi stiano portando le gambe, si deve passare di qui.

Aveva preso subito in considerazione l'idea di usare la sua magia (la sua distruzione) per far sparire nel nulla quel che bastava, e per far camminare nel terreno libero la creatura più potente dell'universo stregato che viaggiava con un bambinetto con ancora il moccio al naso che cercava di distruggerla con quella finta aria da innocente. Si girò, nascondendo metà viso sotto la spalla. Ora quel marmocchio si stava guardando intorno smarrito.

Povero, il vermiciattolo vuole la sua mammina, anche se è una stupida mentecatta che ha scelto di vivere da debole e buona, invece di seguire la sua vera natura.

Con un gesto brusco la donna si portò il palmo vicino alla bocca, riempì i polmoni e soffiò più forte che poteva verso la foresta davanti a sé. A contatto con la mano, il suo respiro si condensò in un fumo nerastro e sgradevole all'olfatto che si diresse dritto verso l' obiettivo. Qualche secondo dopo una serie di alberi prese a precipitare al suolo, per poi sparire senza lasciare traccia appena toccato il suolo.

-Che cosa aspetti, Damio? Non vorrai rimanere indietro?

Il bambino rivolse lo sguardo tremante verso la sua accompagnatrice senza capire.

-Ma davanti a noi c'è una foresta scura come... come...

Spazientita, la strega afferrò di nuovo il polso del piccolo dai capelli di grano e lo trascinò verso l'insieme di quegli alberi possenti.

-Ho trovato un sentiero che ci può permettere di attraversare. Guarda, è proprio davanti a noi.

In quel momento Damio avrebbe giurato sul suo onore di non aver visto quel sentiero prima di allora, eppure davanti a lui gli alberi di dividevano in due gruppi, lasciando tra loro una via di almeno due metri di larghezza.

Seguì la donna con quella fiducia tipica dei bambini verso gli adulti, anche se l'odore acre della Distruzione gli metteva in testa tanti dubbi a cui non trovava risposta. Un brontolio profondo emerse dai suoi pensieri, intenso e famelico, e senza pensarci due volte il bambino fece apparire nella sua mano una bella mela rossa, che incominciò a mordicchiare pacifico. Pensò che forse anche la donna che lo guidava aveva fame, così creò dall'aria un'altra mela.

-Scusa, hai fame?- le chiese tirandole la mano.

La donna abbassò lo sguardo alla mela solo per un'istante, senza smettere di camminare.

-Non mangio spesso. Meno che mai quello che mi offri tu.- grugnì in risposta.

Damio non la prese molto male. Semplicemente fece volatilizzare la mela trasformandola in aria, poi sbadigliò stanco. Chissà che cosa staranno facendo mamma e José, pensò nostalgico dopo il gesto. Dopo non pensò più a nulla, perché nel luogo in cui si trovava era inutile pensare.

 

Elsa delirava. Quando Jack l'aveva trovata (dentro il grande salone in cui, tanti anni prima, aveva congelato la testa della sorella), tremava come una foglia, e ogni cosa intorno a lei era ghiaccio. Jack le era andata vicino e l'aveva cinta con le braccia, mentre lei piangeva amare lacrime di ghiaccio rannicchiata nel pavimento. Fiocchi di neve di ogni forma e dimensione danzavano lenti per tutta la stanza. Non riusciva più a controllarlo. Dopo che Damio era scappato, aveva paura. Paura di perdere il controllo, paura di non essere più in grado di amare. Paura di fare del male a qualcuno. Jack l'aveva ascoltata piangere finché lei, senza più lacrime, era svenuta. Allora lui l'aveva presa tra le braccia e l'aveva trasportata fino alla sua camera, dove l'aveva adagiata delicatamente nel suo letto. Qualche minuto dopo aver ripreso coscienza aveva cominciato a delirare. Diceva che era stata lei ad uccidere Anna, che meritava tutta la pena che era possibile infliggere. Inutile era stato far accorrere la sorella nella sua stanza, dove lei l'aveva chiamata “mamma” ed era scoppiata a piangere. Nemmeno il medico di corte era riuscito a fare nulla; nemmeno un'erba medicinale era utile a tranquillizzare una donna a pezzi. Anna piangeva accanto alla sorella, e le stringeva forte la mano gelida per donarle la forza di cui aveva bisogno, senza purtroppo molti risultati.

Proprio nel momento in cui Anna stava per perdere la fiducia e si apprestava ad andare via dalla camera, lasciando Elsa da sola, successe qualcosa. La regina smise di delirare. Anna osservò la sorella con un briciolo di speranza, ed Elsa sembrò aver ritrovato un po' di senno. Le tirò delicatamente il braccio facendole segno di avvicinarsi a lei, poi sussurrò.

-Damio è scappato. È colpa mia, come quando ti ho colpito anni fa. Non sono stata una brava madre per lui, saresti stata migliore tu.

-Elsa...

-No, Anna lasciami finire. Sono stata una madre pessima per Damio, ma lo sono stata ancora di più per Josè. Dovevo fermarlo, ma non potevo perché... perché mi sembravi tu. Anna, nonostante tutto mi sei sempre rimasta vicina, anche quando io ti allontanavo, e questo non l'ho mai dimenticato e mai lo dimenticherò. Ma adesso è successo qualcosa di terribile che non posso perdonarmi.

Anna guardò la sorella sospirare e tossire convulsamente tre volte. Strinse le unghie nel braccio di Elsa. Era successo qualcosa di brutto ai bambini, ne era sicura.

-Continua. So che Damio è scappato, quindi salta quella parte perché non ne voglio sapere il motivo. Adesso non è importante. Cos'è successo a Josè?

Elsa rivolse gli occhi verso la sorella e la guardò profondamente. Anna si spaventò: i suoi occhi erano vuoti, opachi. Ma nonostante tutto, continuò a stringere con forza il braccio della regina. Quando lei parlò, la sua voce tremava.

-è andato a cercare suo fratello.

Un rumore improvviso squarciò il silenzio innaturale della camera e le ante che chiudevano la finestra si spalancarono lasciando entrare un vento impetuoso. Anna corse per richiuderle, ma dovette fermarsi spaventata. Arendelle era ricoperta di neve.

-Che cosa hai fatto...- disse a bassa voce rivolta alla sorella. Elsa respirò forte.

-Non riesco più a controllarlo. Ricordi la soluzione per controllarlo? L'amore. E niente, nemmeno l'amore fraterno, può rimpiazzare quello che si crea tra una mamma e i suoi figli. Qui vince l'amore più forte.

La regina si sentiva sempre più debole e insicura. Forse la soluzione era sbagliata. Forse doveva lasciar andare il suo potere senza paura di far del male a qualcuno, preoccupandosi solo di se stessa. Questo voleva dire passare dall'altra parte, dalla parte mortale del ghiaccio, dalla parte del Male, ma soprattutto voleva dire abbandonare il suo regno e i suoi bambini in mano ad un inverno perenne.

Cosa te ne importa? Avrai tutto quello che vuoi. Sarai libera e potrai lasciarlo andare.

La regina corrugò la fronte. Non avrebbe mai pensato questo. Era un pensiero anomalo ed era sicura non fosse suo.

Certo che è tuo, idiota! Sono un tuo pensiero, e voglio che tu passi dall'altra parte. Vieni con noi, Elsa.

Ora aveva sentito bene: era una voce. Qualcuno in qualche modo le stava parlando telepaticamente. Elsa si alzò seduta nel letto e si schiacciò le meningi con le dita congelate.

-A costo di morire, non oserò mai far male a qualcuno con i miei poteri. - disse a denti stretti.

Oh, si che lo farai. L'hai già fatto e lo farai ancora. Hai già dimenticato tua sorella? Prima le hai ghiacciato il cervello, poi non contenta, anche il cuore. Le hai negato la vicinanza di una sorella per la tua stupida paura delle tue mani. Illusa, una piccola illusa di poter controllare il ghiaccio con un paio di guanti.

Elsa urlò. La voce si faceva sempre più forte nella sua testa e la colpiva come un pugnale rigirato nella ferita. Anna la abbracciò forte per cercare di consolarla. Qualunque cosa le stesse succedendo, non doveva essere molto piacevole.

Si, lascia entrare la paura dentro di te. Falla parte di te. Passa alla nostra sponda. È molto più facile lasciarlo andare quando non hai niente da perdere.

La regina incominciò a dibattersi. Non sapeva più in quale mondo si trovata; intorno a lei era tutto buio e si sentiva immobilizzata da qualcosa. Ci volle un po' perché capisse che quella cosa era Anna, e che la sorella minore cercava di proteggerla da quell'attacco mentale. È l'unica cosa solida a cui aggrapparsi per non cadere nella follia , pensò Elsa, si attaccò ad Anna con tutte le sue forze e gridò:

-IO FARO' SOLTANTO LA COSA GIUSTA!

Un lampo accecante le invase la testa.

 

Damio era stanco di camminare. . Se solo la strega non gli avesse tenuto così forte il polso, sarebbe già corso indietro, dalla mamma, per farsi consolare e rimediare una cioccolata calda, da bere accoccolato nelle ginocchia di Jack. La donna, al contrario, non sembrava tenere molto a lui e ne ignorava le richieste di sosta.

-Andiamo verso sud. -era la sua unica frase.

-Quello l'avevo capito anche io- bofonchiò Damio, troppo stanco per intraprendere un discorso. La strega, d'altro canto, non ribatté.

Era intenta a scrutare il cielo, preoccupata. Tra le stelle si poteva scrutare un accenno di luce magica.

Diavolo. Doveva ucciderlo al più presto, prima che arrivasse il figlio della neve e mandasse tutto all'aria e prima che i troll la scoprissero, ma doveva farlo in un luogo ben specifico per poter vincere. Questo non era scritto su nessuna profezia di sua conoscenza; semplicemente se lo sentiva dentro.

Se voleva incominciare a servire il Male, doveva liberarsi innanzitutto del suo nemico più acerrimo, bambino o adulto che fosse. E quel bambino adesso era giusto dietro di lei.

Damio camminava due passi dietro la donna. La sensazione di pericolo che provava era più forte che mai, e aveva la netta sensazione di dover combattere quel pericolo che avvertiva. Si fermò in mezzo al sentiero, colto da un presentimento.

Come se avesse visto il bambino fermarsi, la donna fece lo stesso.

-Ci accamperemo qui per la notte. La strada è ancora lunga e mi sta incominciando a venire sonno. - si girò verso il bambino.

-Vedo che abbiamo avuto la stessa idea. - continuò riducendo gli occhi a due fessure. Riconosceva bene lo sguardo di quel bambino.

Sta iniziando a sospettare. Dobbiamo fare in fretta se non vogliamo che la battaglia inizi in questo istante. Deve iniziare nel luogo sacro.

C'era un modo per arrivare prima: volando. Lei, nonostante si chiamasse tra sé e sé “strega” da quando aveva dimenticato, non volava con la scopa, ma con una formula.

Per portare con lei il bambino nel posto stabilito per la battaglia sarebbe bastato tenerlo stretto a sé.

-con questa formula magica tutte le creature dotate di vita possono volare- sussurrò la donna.

Damio non sentì nulla, anche se continuava a sentire il senso di pericolo ovunque. Era una sensazione che non aveva mai provato prima e che lo spaventava non poco.

-Ehi piccolo, ho cambiato idea. Che ne dici di

(dannazione qualcuno si sta avvicinando) arrivare dove dobbiamo andare.... volando?

Damio era visibilmente diffidente, e la donna sapeva che non si sarebbe mai avvicinato di sua spontanea volontà più di quanto lei non sarebbe mai tornata al suo vecchio paese (che nemmeno ricordava più), così aspettò che si distraesse (sembra un cane che abbia fiutato la preda) e gli balzò letteralmente sopra. Damio urlò di sorpresa e spavento, ma prima che avesse l'idea di divincolarsi fu immobilizzato da un' incantesimo della donna, che così ebbe il tempo di esclamare la formula:

-Seconda stella a destra e poi dritti fino al mattino!

Non ricordava da chi aveva sentito quella frase, né come sapesse gli incantesimi. Gli faceva e basta. Ricordate bene: nessuno è più pericoloso di chi non ricorda il proprio passato, perché non ha nulla da perdere.

Fatto sta che funzionò: i due si alzarono in volo e la donna si mise a pensare al luogo in cui avrebbero combattuto; nonostante non ricordasse nulla, un'immagine affiorò nella sua mente.

-L'arena del Pendolo.

Il volo iniziò.

 

Il vento aveva improvvisamente cambiato direzione, e Josè si vide costretto a prendere una corrente ascensionale e a prendere quota. Cercava di uscire il più veloce possibile dalla tempesta di neve che alle sue spalle infuriava e si ingrandiva sempre più, di cui conosceva la causa.

-Mamma dev'essere veramente molto preoccupata.

Entrò in un vuoto d'aria e prese un piccolo refolo di vento per trasportarsi in una corrente più ampia e forte. Cercava Damio. Sentiva che in qualche modo era in pericolo, e non poteva perdere il proprio fratello per colpa sua. Josè credeva che fosse stata colpa sua per via della spada che aveva congelato mentre il fratello maggiore lo stava per colpire, e che per via di quel gesto si fosse offeso e se ne fosse andato per non vederlo mai più. Voleva solo trovarlo per dirgli che gli voleva bene e riportarlo a casa dopo aver fatto la pace, come facevano di solito. Ma non era mai successo che Damio scappasse di casa per una palla di neve o una spada di ghiaccio, ed era questo che lo scoraggiava e non poco. Arrivò a volare sopra una foresta. Era la prima foresta che vedeva in vita sua, e la trovò bellissima e... verde scuro. La foresta era divisa in due da una strada contorta e scura che sembrava essere stata generata dalla potenza più oscura e malvagia esistente. In mezzo a quella strada scorse due puntini grigi che avanzavano lentamente; sembrava fossero molto stanchi. Prese una corrente che lo portò a volare molto basso. Troppo basso, visto che si stava per schiantare contro il terreno e virò appena due attimi prima di schiantarsi contro quella terra di colore innaturale. Con il cuore che ancora pompava adrenalina in ogni sua cellula, Josè riprese quota. Era riuscito per un’ attimo a scorgere uno scorcio del viso della figura più piccola e l’aveva riconosciuta.

-Damio. – sussurrò con il vento, mentre cercava di nascondersi volando tra le folte chiome degli alberi. Il fratello sembrò risvegliarsi e si guardò intorno.

Josè sorrise e mollò la leggera corrente che lo sosteneva, cadendo così a terra sui suoi piedi, come se avesse appena fatto un enorme salto. Il leggero tonfo che ne seguì fece trattenere il fiato al bambino, ma nessuno sembrò notarlo. Forse mi hanno scambiato per un’animale, pensò sollevato dopo aver notato che nessuna delle due figure sembrava allarmata o spaventata. Da quella angolazione riuscì a vedere perfettamente il viso di Damio. Quasi si commosse, ma per precauzione (e anche a causa di un sesto senso di misterioso odio crescente verso l’altra figura) rimase nascosto dietro il grosso tronco di un salice piangente. Non riusciva a sentire cosa si dicevano. Ad un tratto l’altra figura prese suo fratello per il braccio e, prima che Josè potesse anche pensare di salvarlo, lo strinse forte e urlò le uniche parole che arrivarono sino all’orecchio del bambino nascosto:

-seconda stella a destra e poi dritti fino al mattino!

Josè sbatté le palpebre confuso per un’ attimo dall’urlo. Non aveva mai sentito quella frase, eppure sentiva che non prometteva niente di buono. Come aveva inconsciamente intuito, la figura e suo fratello presero il volo. Non era come il suo, notò spaventato. Le figure volavano controvento e molto velocemente.

Senza nemmeno pensare a cosa stava facendo, Josè si mise a correre con la mano destra tesa all’aria, e appena un filo di vento favorevole la colpì, afferrò la corrente e si tirò su. Guardò le stelle per qualche secondo, poi sfrecciò verso la stessa direzione in cui aveva visto volare suo fratello. La stella polare era dietro di lui; andavano a sud.

 

Qualche chilometro più avanti si intravedeva un’arena. Era molto simile a quella dei troll, ma allo stesso tempo completamente diversa. La donna frenò con i piedi la folle volata e scese dolcemente a terra, nel centro di quell’incredibile luogo. Teneva ancora Damio stretto tra le sue braccia quando atterrò. La notte era chiara e limpida e per di più, nessuna oscena luce verde era presente ad illuminare il paesaggio. Solo uno spicchio di luna osservava quel paesaggio desolato.

-Sai perché ti ho portato qui? – disse mollando Damio e scuotendolo per le spalle. Nei suoi occhi si poteva vedere chiara la sensazione che stava provando: tradimento. Il bambino si sentiva tradito nella fiducia. La donna bestemmiò nella sua mente.

Se questo verme si sente tradito, allora vuol dire che tradirà. Tanto più facile per me portarlo dall’altra parte. Non si fida più di me e va bene così. Per di più la profezia si sbagliava: non ho visto nessun “figlio della neve” o altri diavoli del genere in giro.

Rise di una risata gutturale che mise i brividi al bambino di fronte a lei. Damio indietreggiò di qualche passo e involontariamente chiuse i pugni, pronto a far vedere cosa poteva fare grazie al suo potere. Questa donna non mi piace, continuava a pensare come una cantilena, mi fa venire i brividi.

-Allora, lo sai o no? – urlò la ragazza. Damio scosse la testa, e lei sembrò molto soddisfatta.

-Preparati al mio personale monologo da cattivo. – rise forte di nuovo. Nella notte la sua risata echeggiò per tutta l’arena. Il bambino rabbrividì.

-Io ho la magia. Questo te l’avevo già detto, ma non avevo specificato quale magia. Io possiedo il potere della Distruzione, Damio. Sono sempre stata destinata a quello che voi stupidi esaltati in calzamaglia chiamate “il Male”, ovvero l’insieme di cose “cattive” che fanno tanto tanto male. Come dice il nome. Uno dei pochissimi giorni in cui ero riuscita ad uscire segretamente di casa (avrò dimenticato il mio nome, ma non dimenticherò mai cosa mi ha fatto passare la mia famiglia) sono andata ad ascoltare un cantastorie. Lui parlò di una profezia quel giorno. Una profezia potente e forte, ma purtroppo totalmente sbagliata. Sai chi riguardava quella profezia? Riguardava me e te. Tu sei la Creazione (o meglio, ne hai il potere) e io vincerò soltanto quando tu morirai. Il cantastorie blaterava cose su un’ equilibrio e cose del genere, ma io non ho nessuna voglia di formare un’equilibrio con te.

Avvicinò la sua faccia a quella di Damio e ripeté le ultime parole accentuandole. Il suo alito sapeva di ortica. Il bambino indietreggiò di un’ altro passo.

-Sai che cos’è questo posto? lo sai, Damio?

La donna sputava il suo nome come fosse un boccone avvelenato. Il bambino negò di nuovo.

-Questo un tempo era un tempio. Un tempio dedicato ad una delle dee più venerate dell’antichità. Una dea di cui tu non avrai mai sentito parlare, ovviamente, perché qui siamo molto più lontani da casa di quanto sembri. Era la dea della ragione. Ogni battaglia in questo posto è vinta da chi ha le ragioni più valide. Per questo è chiamata arena del Pendolo.

Damio aveva la bocca completamente asciutta. Si sentiva come un’ uccello in gabbia. Senza via di scampo.

La donna aveva preso a fissarlo mentre un’ odio crescente gli invadeva ogni singola parte delle sue membra. Non aveva mai desiderato ucciderlo come in quel momento. Devo conquistarmi il mio posto del regno del Buio. Dalla sua mano destra uscì un denso fumo nero che prese le sembianze di una freccia oscura, e la lanciò con tutte le sue forze verso Damio. Il bambino rispose afferrando la freccia con la mano nuda a meno di un centimetro di distanza dal suo occhio. Sembrava essere molto calmo ora, mentre in realtà dominavano in lui tanti sentimenti contrastanti.

-Perché vuoi per forza uccidermi?

La donna avvertì con non poco piacere il tremore che si avvertiva in quella parole. Avrebbe potuto farci l’abitudine.

-Perché la profezia diceva che non avrei mai vinto fino a che la Creazione non avrebbe avuto il Nero nel cuore. – rispose a sdenti stretti.

Questa volta creò dal nero una piccola palla e la lanciò al bambino ad una velocità invidiabile dalle più efficienti pistole di oggi (e pensare che allora quelle armi non erano nemmeno immaginate) , che si buttò a destra per schivarla. Quando sentì la sua pelle a contatto con il freddo marmo del pavimento sfatto capì che non poteva soltanto difendersi. Doveva contrattaccare. Con un balzo animalesco si rimise in piedi e fece apparire tra le sue mani una spada molto simile a quella con cui per poco non aveva ucciso Josè. Con un urlo sorprendente si gettò verso la strega. La donna non aspettava altro. Questa volta il fumo denso si trasformò in una spada scintillante, nera come la pece, e anche lei si gettò incontro a Damio. Le spade si scontrarono sprizzando scintille nella loro perfetta metà. La donna fu la prima a distogliere la spada per attaccare altrove mostrando i denti. Damio pensò che quando l’aveva incontrata era sicuro di averli visti un po’ gialli, ma non di certo cariati a quel modo. Erano quasi completamente neri. Fu distratto subito da quel pensiero ritrovandosi a parare una stoccata da parte della strega, che non perse tempo a cambiare obiettivo. Le spade ritornarono a cozzare.

-Se la profezia diceva veramente del nero nel cuore non vuol dire che devi uccidermi – riuscì a digrignare Damio. Il blu dei suoi occhi era acceso più che mai.

La donna si bloccò di sasso. In effetti la profezia parlava di un cuore, probabilmente pulsante e vivo, che si doveva riempire del Nero. Ma l’interrogativo la torturò per poco.

-Non c’è niente di più nero della morte per mano della distruzione – ringhiò.

Tornò all’attacco. Damio si sentiva sempre più stanco, mentre la donna con cui combatteva sembrava spinta da una forza sovrannaturale. È la forza dell’ossessione, pensò Damio mentre parava l’ennesimo colpo di spada della rivale. Ci fu di nuovo uno scontro tra le lame. Le scintille questa volta furono molte di più, visto che nessuno dei due voleva desistere. Damio dalla sua parte aveva il buon allenamento del suo vecchio maestro d’armi, mentre la donna aveva dalla sua il numero maggiore di anni e la determinazione di voler uccidere quell’insetto che le si parava davanti. Damio spinse con tutte le forze la lama della sua spada contro quella nera della donna. Le lame si spezzarono. I due sfidanti si allontanarono velocemente di qualche passo, guardando esausti e rabbiosi i monconi delle armi che tenevano ancora stretti in pugno. Damio buttò via il suo. Il rumore del metallo contro il marmo si mescolò a quello dei loro respiri.

-Io non voglio combattere – iniziò Damio –ma non voglio nemmeno morire. Ci dev’essere un altro mod..

La donna lanciò dal palmo libero una nuvola densa e Damio la trasformò in un piccolo grillo. L’animale si affrettò a saltare via da quel posto. Ora l’unico suono oltre i loro respiri era il leggero canto di quell’unico grillo solitario. La donna abbassò le mani lungo i fianchi e lasciò finalmente cadere il moncherino della sua spada.

-Posso concederti l’ultimo desiderio del condannato. Cosa preferisci? Essere ammazzato dopo una tremenda agonia o che il tuo cuore ti venga strappato dal petto e poi riempito della mia magia?

Rise sguaiatamente, ma il riso si trasformò presto in un’ accesso di tosse. Damio era rimasto serio, e la guardava con i suoi occhi saggi e profondi.

-Perché vuoi ammazzarmi a tutti i costi?

La donna, per la prima volta da quando ricordava, era in difficoltà. Si reggeva in piedi solo grazie alla forza di volontà e l'adrenalina che le scorreva in corpo. Abbassò la testa verso la pietra erosa che fasciava il terreno, mentre cercava in ogni più remoto angolo della sua mente una ragione valida per farlo tacere, e all'improvviso capì. Alzò gli occhi da terra e fissò malignamente il bambino che ansimava davanti a lei.

-Non c'è niente di più nero di un cuore morto a causa della Distruzione.

I suoi occhi erano rosso acceso. Con un ghigno perfido disegnato in volto, rivolse i palmi verso l'alto e alzò le braccia verso l'alto. A quel gesto la roccia sotto di lei rigurgitò la nebbia più maligna e oscura che uomo mortale avesse mai visto. L'aria ne fu presto piena, e un' odore pestifero e nauseabondo si diffuse intorno alla strega. La foschia formava spirali grottesche (e nel loro insieme, nonostante tutto, belle) che emergevano dal terreno tutt'intorno alla donna fremente. Non soffiava un' alito di vento.

-Mi dispiace piccolo. Anzi, a pensarci bene no.

Scoppiò di nuovo in una delle sue risate maligne.

Sollevò le mani sopra la testa (i monconi delle maniche le scendevano inutili verso il terreno), facendo confluire le spirali in un'unica massa densa e nera. Fu questione di pochi attimi e la sfera fu pronta. La lanciò contro Damio.

-No!

Un getto di ghiaccio sibilò nell'aria verso la grossa palla diretta verso il bambino stupefatto e la colpì. Ci fu una forte luce che abbagliò per un'istante i presenti, poi si vide solo un'innocua sfera nera ricoperta di acqua allo stato solido che rimbalzò per due volte nella roccia bianca, per poi fermarsi. La donna scoprì i denti marci.

È impossibile. Dannazione, è impossibile!

Un bambino dai capelli argentei ansimava alla destra di Damio. Era vistosamente più piccolo e teneva le mani ancora tese nell'attacco che aveva lanciato. Si mise davanti al bambino dai capelli di grano e allargò le braccia, in un gesto che indicava protezione.

-Lascialo stare!- gridò con la voce stridula.

La donna strinse gli occhi. La profezia dopotutto ci aveva azzeccato. Josè le mostrava il petto fiero e orgoglioso, e il fratello da dietro gli sussurrò qualcosa, a cui rispose annuendo senza spostare lo sguardo da lei.

-Josè?

Il bambino argentato sorrise al fratello e annuì soddisfatto. Gli occhi chiari di Damio si riempirono di silenziose lacrime senza che lui le volesse.

-Ti sei sacrificato per me? - sussurrò ancora con la meraviglia nella voce. Josè rivolse uno sguardo di sfida alla strega davanti a lui.

-Ti voglio bene. - bisbigliò rivolto al fratello maggiore.

La donna alzò le mani in segno di resa. Il mio monologo da cattivo non è ancora finito, pensò. Oggi le morti saranno due.

Josè fece uno scatto col mento per farle capire che stava alla tregua. Non si era fidata per nulla della figura incappucciata che portava con sé suo fratello, e ora si ringraziava infinitamente per essersi ascoltato. La donna ridacchiò divertita.

-E così tu saresti il glorioso futuro re di Arendelle? - disse soppesando le parole ad una ad una mentre, con le mani dietro la schiena, azzardava pochi passi intorno all'arena.

-O sei il principino viziato e geloso perché non lo diventerà mai?

Josè non reagì. Fu un duro colpo per la strega, che credeva di avere a che fare con un normale cucciolo di quattro anni che voleva fare l'eroe. A quell'affermazione avrebbe dovuto -in teoria- urlare che voleva bene a suo fratello e cose inutili del genere. Scoppiò in una risata nervosa.

-Non sei un tipo molto loquace. Come tuo fratello. - continuò la strega.

Ad un tratto si sentiva nuda sotto lo sguardo del piccolo figlio della neve. Si sentiva... inutile, e questo non riusciva a sopportarlo. La strega si fermò immobile ad un tratto. Nell'aria si andava spargendo un sentore di magia che non conosceva. Si guardò intorno inutilmente: la magia che sentiva infatti era emanata dall'arena in cui aveva i piedi in quel momento. La Dea aveva deciso di far vincere Damio.

Il suolo incominciò a tremare, e grossi massi bianchi di marmo si librarono a pochi centimetri da terra, diretti verso un' unico obiettivo. Damio emerse dalle braccia del fratellino, e con un' urlo lanciò una piccola sfera di luce bianca e fresca verso lo stesso obiettivo delle pietre. La donna non aveva via di scampo. Aveva immaginato di uscire di scena con un bel “non finisce qui”, per poi volatilizzarsi nell'aria, ma fu invece costretta a ricorrere alla sua formula magica per volare. Questa volta la sussurrò soltanto e, un' attimo prima che la palla di luce (inseguita dai massi di marmo) venisse a contatto con la sua pelle, riuscì a volare via, lasciando la sfera a schiantarsi contro una delle vecchie colonne che ancora stavano in piedi. La colonna la assorbì benevolmente, mentre i pezzi di marmo caddero innocui a terra. Damio si girò verso Josè, che era rimasto indietro, e i due fratelli si riabbracciarono stanchi.

-Finalmente è finita la battaglia. Ora possiamo tornare a casa?

Josè guardava il fratello con gli occhi speranzosi. Damio sembrò assentire.

-Non credo che sia finita. Staremo qui fino a domani, tanto ormai tra poche ore c'è l'alba, e poi vedrai che arriveranno mamma e zia a prenderci. Ne sono sicuro.

Josè annuì, per poi accoccolarsi tra le dure rocce. Dopo aver passato una notte tanto agitata, aveva proprio bisogno di dormire. Damio si coricò accanto a lui, e quando i primi raggi dell'alba sorsero, illuminarono due piccoli corpi coricati tra le dure roccie. Accanto a loro, una donna armata li sorvegliava guardinga.

  
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