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Autore: Anna Wanderer Love    03/07/2014    3 recensioni
Jemima Wright è un'ex agente dello S.H.I.E.L.D, licenziatasi dopo aver subito gravissime ferite provocate dal Soldato d'Inverno nel corso di una missione segreta.
Un anno dopo di ritrova a lanciare coltelli contro quello stesso Soldato nella sua cucina.
Perché il Soldato d'Inverno è così ossessionato da lei? Perché la controlla, la segue dappertutto? E, soprattutto, perché quando Jemima guarda quegli occhi scuri non sente rabbia, ma solo compassione?
[Dal testo:]
Si chinò, inginocchiandosi. Lo guardavo con le lacrime agli occhi e la bocca piena di sangue, ma ero determinata a non cedere.
Il suo sguardo si spostò sulla mia gamba, intrappolata sotto a pezzi di cemento.
Con uno scatto si spostò vicino alla mia anca e sollevò un piccolo masso. Il sollievo che provai nel sentire quel peso non gravare più sulla mia carne fu quasi violento, ma prima che potessi muovermi o trascinarmi via da quella trappola un palo di ferro rovinò sulla gamba.
Urlai con tutto il fiato che avevo, mentre il dolore esplodeva nella mia mente.
L’ultima cosa che vidi prima di svenire fu il bagliore del suo braccio di metallo.
(Bucky/Soldatod'InvernoxNuovoPersonaggio) (StevexNatasha)
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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When Love arrives in the dark


( immagine di nile-can-too su Deviantart)
 

La camera del piccolo motel non era niente da speciale, ma almeno era accettabile. Era una piccola camera con un solo letto matrimoniale -quello era un bel problema- e una finestra che dava sul parcheggio, di fronte alla stazione di servizio.

Mi ero sporta e avevo fatto cenno a James di salire da lì, arrampicandosi sull’edera che ricopriva metà facciata dell’edificio. Ci era riuscito senza problemi, e dopo un quarto d’ora dal nostro arrivo ero seduta sul letto, dalle coperte color mattone, a guardare il telegiornale.

A quanto pareva per mascherare il tentativo di ucciderci l’HYDRA aveva distrutto anche altri appartamenti in giro per la città. Sospirai, strofinandomi gli occhi.

Mia madre e mia sorella avrebbero avuto un infarto, ma non potevo contattarle. La cosa migliore era andare da loro di persona; avremmo anche potuto trovare un rifugio sicuro, nella loro fattoria.

L’acqua nel bagno smise di scorrere, e mi irrigidii.

Pochi minuti dopo lui uscì dal bagno, lentamente. I suoi occhi erano già puntati nella mia direzione.  Sentii il mio cuoricino bloccarsi in gola quando mi accorsi che era a torso nudo. Woah.

Subito dopo mi diedi uno schiaffo mentale, e i miei occhi vennero attratti dal suo braccio metallico. Era... strano. Formava un tutt’uno con la sua spalla, ma il bordo della pelle era arrossato.

- Hai paura che ti possa sparare? Non ho una pistola - dissi, cercando di abbozzare un sorriso nonostante la mia voce fosse uscita dalla mia bocca più acuta di un’ottava. Sembrava nervoso... il che non aveva senso, perché la mia vita era nelle sue mani. Sapevo che avrebbe potuto decidere di ammazzarmi da un momento all’altro, e non avrei potuto impedirlo.

La sua espressione impenetrabile mostrò qualche crepa. Socchiuse la porta del bagno, chinando la testa e guardando verso il pavimento.

Strinsi le labbra. E ora?

- Dobbiamo andare da mia madre.

Lui alzò gli occhi, scuotendo la testa mentre mi guardava. Fece un paio di passi di lato, sempre rivolto verso di me e con lo sguardo puntato sul mio viso. Afferrò la sedia sgangherata vicino alla scrivania e la sistemò in modo da sedersi di fronte a me.

- No - disse, appoggiandosi le mani sul collo.

- Come?

Lui sospirò, sembrava davvero stanco. - Non possiamo. L’HYDRA andrà a controllare.

Sgranai gli occhi. - Ma mia madre e mia sorella, allora? Dobbiamo andare ad aiutarle!

Mi alzai di scatto, ma lui fu più veloce di me e mi si parò davanti. Bastò quello a farmi fermare a pochi centimetri di distanza dal suo petto. Alzai gli occhi e allacciai il mio sguardo al suo.

- Possiamo fare ancora in tempo - insistetti.

- Se non sono già arrivati lo saranno presto - scossi la testa. Cercai di aggirarlo, ma lui mi afferrò per le spalle. Trasalii, la sua stretta era forte e il metallo gelido sulla pelle.

- Posso... posso chiamare un’amica - dissi, cercando di non farmi soffocare dal panico.  Subito un’ombra di sospetto gli oscurò gli occhi. Feci una smorfia mentre affondava sempre di più le dita nella mia carne. Gli afferrai le braccia, ma sentivo solo fasci di muscoli... e di metallo. Non avevo nessuna possibilità di batterlo e darmela a gambe... a meno che non lo colpissi . Lui probabilmente intuì il mio pensiero, perché con uno scatto mi colpì la gamba destra e frappose la sua tra le mie, in modo da non rischiare.

Tralasciando il fatto che ormai ero arrossita come un peperone e sentivo il cuore battere a mille e che quindi non potevo recuperare un minimo di lucidità, provai a convincerlo.

- Per favore - lo supplicai, lasciando andare la presa sul suo braccio destro e afferrandogli il fianco. Lui trasalì, sorpreso, e schiuse le labbra.

Cazzo quant’è bello.

Subito dopo il mio cervello si ribellò a sé stesso. Aveva appena deciso di fare sciopero. Insomma, avevo definito bello l’assassino di centinaia di persone, lo stesso uomo che mi aveva fatto nascere la paura ossessiva di relazionarmi con chiunque essere maschile. In parte per la cicatrice, in parte perché non riuscivo a non pensare che chiunque mi si avvicinasse facesse parte dell’HYDRA o volesse uccidermi.

- Ti prego. Se non vuoi che vada... perché pensi che ci uccideranno... okay, va bene. Ma non posso far finta di niente. Mia madre e mia sorella sono le uniche persone che ho al mondo... fammi chiamare la mia amica. Lo S.H.I.E.L.D. le porterà via, non dirò nulla su di te o di dove siamo. Per favore - ripetei, cercando di mantenere il sangue freddo.

James serrò la mascella. Nei suoi occhi di ghiaccio si frantumò qualcosa, rendendoli più caldi.

- Va bene - ringhiò, abbassandosi alla mia altezza finché le nostre fronti non furono appoggiate l’una sull’altra - ma ti dirò io cosa dire.

Annuii, deglutendo. Non mi era sfuggito il tono di minaccia. Era come se avesse lasciato in sospeso delle parole, delle parole che però conoscevo perfettamente: se provi a imbrogliarmi ti uccido davvero, stavolta.

Mi lasciò andare, e mi strinsi le spalle doloranti. La sua stretta sembrava la stessa di una trappola per orsi. Non potevi scappare.

James si voltò e afferrò dei fogli e una penna, posati sulla scrivania. Dopo qualche secondo cominciò a scrivere. Dopo pochi secondi si voltò e mi porse il foglio. Con la mano che tremava lo afferrai e lo lessi. Aveva una bella scrittura, regolare, ordinata.

L’HYDRA MI HA TROVATA A CASA. MIA SORELLA E MIA MADRE SONO LE PROSSIME. PORTALE VIA DA CASA E ASSICURATI CHE CI SIANO DUE SQUADRE DI AGENTI A PROTEGGERLE IN UNA BASE SEGRETA.

Alzai lo sguardo e lo guardai.

- Solo questo?

Lui fece un cenno affermativo, aggirandomi e sedendosi sul bordo del letto. Anche da seduto aveva una posa rigida, le spalle e la schiena dritte.

- Solo questo - confermò. Storsi le labbra, aggirandolo e scavalcando le sue lunghe gambe, per salire sul materasso dall’altro lato. Mi rannicchiai con la schiena appoggiata al cuscino, fissando quelle piccole parole e sentendo il suo sguardo su di me. Le mani erano sudate, ma non sapevo perché.

- Ma... - alzai lo sguardo su di lui. Mi stava guardando da sopra la spalla, i suoi occhi che formavano un abisso profondo.

- Si insospettirà se dico solo questo.

Lui scrollò le spalle, e il braccio metallico catturò la luce della lampada, brillando per un attimo.

- Puoi salutarla. Dille ciao, ma quelle sono le parole che devi usare. E voglio sentire anche io.

Annuii, poi presi un respiro profondo. Mi sporsi sul comodino, stringendo il foglio tra le dita. Afferrai il telefono e composi l’ultimo numero di Natasha.

Rispose dopo pochi squilli, la voce assonnata.

- Pronto?

James si irrigidì e contrasse i suoi lineamenti in una smorfia feroce. Cazzo. Dovevo dirglielo prima che la mia amica era la stessa che gli era sopravvissuta due volte.

- Natasha - la mia voce tremava, e sentii un groppo in gola. Era bellissimo risentire la sua voce.

- Jemima! - esclamò, più attenta. -Ho visto il telegiornale. Stai bene?

- Se non ti conoscessi direi che sei preoccupata - sorrisi, mentre lei ridacchiava. Trasalii quando mi sentii afferrare con forza per il braccio. Mi voltai e vidi che lui stringeva il foglio davanti a me. Sembrava impaziente. Annuii.

- Sto bene, Nat. Comunque... sai che l’HYDRA mi ha trovata a casa. Probabilmente mamma e Rees... e mia sorella saranno le prossime. Portale via da casa loro, mettile in una base segreta e assicurati che ci siano due squadre a proteggerle... o meglio ancora, tu stessa.

- Jem - mi interruppe lei - perché diamine l’HYDRA ti sta cercando?

Esitai. Avrei tanto voluto risponderle, ma se mi azzardavo a dire un’altra parola stavolta sarei morta davvero. James sembrava davvero contrariato, sembrava emanare irritazione da ogni singola cellula.

- Devo andare, Nat - risposi in fretta - fallo, ti prego. Io starò bene.

Riattaccai, proprio mentre lei iniziava a chiedere qualcosa. Trassi un respiro profondo, e mi presi il volto tra le mani.

Stranamente lui non proferì parola, ma restò in silenzio. Dopo qualche minuto lo sentii alzarsi.

- Dovresti farti una doccia e riposare. Dopo partiremo di nuovo.

- Dobbiamo comprare dei vestiti nuovi - borbottai.

- Ci penseremo domani - ribatté freddo.

Sbuffai e mi alzai dal letto. Avevo improvvisamente perso tutte le forze. Mi diressi verso il bagno, e chiusi la porta. Dopo un breve istante decisi di non chiuderla a chiave. Se avesse voluto entrare per qualche strana ragione avrebbe tranquillamente potuto spaccare il legno. Il bagno era minuscolo, c’era a malapena spazio per muoversi. Mi spogliai e misi tutti i vestiti sul piccolo termosifone. Entrai nella doccia e lasciai scorrere l’acqua per un po’, finché non diventò bollente.

 

James non era molto gentile, questo l’avevo capito. Ma ne ebbi la conferma quando, la mattina dopo, tese un agguato a un poveraccio nel parcheggio e lo fece svenire.

- Sali in macchina - mi ordinò, lanciandomi le chiavi e afferrando l’uomo e trascinandolo nell’ombra di alcuni alberi.

Distolsi lo sguardo, sentendomi assurdamente in colpa. Dovevamo scappare, era per una buona causa. James salì in macchina pochi secondi dopo.

- Andiamo - ordinò secco.

Misi in moto e uscii dal parcheggio.

- Dove? - chiesi, gettandogli un’occhiata. Era cupo. Meglio non infastidirlo.

- Continua su questa strada. Ti dirò quando dovrai cambiare.

- Ma dove mi stai portando? - domandai, infastidita dalla mancanza di informazioni. Sentii distintamente il suo sbuffo esasperato.

- Fidati.

- Mmh.

Un’ora dopo ero dentro a un negozio di vestiti in un piccolo paesino. Stavo pagando i vestiti che avevo comprato per entrambi, quando diedi un’occhiata alla televisione e mi gelai.

- Può alzare il volume? - chiesi alla nonnina dai capelli argentati che era dietro al bancone.

Lei annuì con un sorriso e si girò.

La fattoria in fiamme era quella di mia mamma.

- ...dato l’allarme pochi minuti fa. Le proprietarie, Dakota Prior e sua figlia Reesa, sono state viste partire dalla fattoria con una donna bianca, sui trent’anni, dai capelli rossi. L’altra figlia di Dakota Prior, Jemima, risulta scomparsa da questa notte, quando il suo appartamento è stato completamente distrutto da uomini armati di fucili e mitragliatori. I poliziotti stanno investigando, ma la famiglia Prior sembra scomparsa. Chiunque avesse visto una delle tre donne della famiglia Prior chiami questo numero...

L’anziana si voltò verso di me, quando sullo schermo apparve una mia foto insieme a quello di mamma e Reesa. Sgranò gli occhi, ma scossi la testa.

- Per favore - sussurrai sporgendomi verso di lei - non dica nulla. La prego. Siamo al sicuro, ma non se qualcuno dice alla polizia che mi ha vista. Per favore, signora, è importante. Sono con un uomo di cui mi fido, non parli a nessuno di me!

Lei sembrava scombussolata, ma alla fine annuì. Mi restituì la carta di credito.

- Mi fido, signorina. Tenga la carta, ti rintracceranno. Vai via, allontanati più che puoi.

- Grazie, grazie mille - mormorai.

Afferrai la busta e corsi via. James era ancora in macchina.

Salii velocemente e gli passai la busta.

- Al telegiornale hanno dato l’annuncio di scomparsa - ringhiai.

- Come?

- Hanno incendiato la casa di mamma. Dobbiamo andarcene, ma dove?

Lui rimase in silenzio per qualche istante.

- Prendi la statale - disse infine. - Conosco un posto sicuro - la sua voce sembrava incerta, ma obbedii.


 

Ci vollero circa due ore e mezza per raggiungere un posto sperduto nei campi.

Era una casetta piccola, in legno bianco.

James era diventato stranamente silenzioso quando eravamo arrivati lungo il vialetto ghiaioso, e ancora più cupo di quanto non fosse prima. Parcheggiai davanti alla casa e mi voltai a guardarlo. Lui non mi degnò di un’occhiata e scese dalla macchina, una strana espressione in volto. Con un sospiro lo seguii, afferrando la pesante borsa con i nostri vestiti.

- Dove siamo? - domandai curiosa, mentre mi affiancavo a lui.

- A casa mia - rispose incerto.

- I-in che senso? - balbettai sorpresa.

Lui voltò la testa e mi guardò intensamente, un’ombra di timore nelle iride chiare.

- Questa è la casa che l’HYDRA mi ha... regalato - nella sua voce c’era solo disprezzo, odio e rancore. Faceva un po’ paura. Sbattei le palpebre, registrando l’informazione, e sentii la mia bocca spalancarsi.

- No, aspetta - esclamai arrancandogli dietro, mentre camminava veloce verso la porta. - Vuoi dirmi che siamo in un covo dell’HYDRA? Sei fuori?

- Mi stanno cercando dappertutto, ma non controlleranno qui. Sanno che non ci verrei mai.

- Ah. Quindi è la... prima volta? Che vieni qui, intendo - aggiunsi precipitosamente, arrossendo di botto, mentre mi scoccava un’occhiata scandalizzata. Perché proprio a me? Ero l’ultima che facevo doppi sensi ambigui! Natasha e Sam erano molto ma molto peggio!

- Sì - rispose lui.

Se non fosse stato un soldato perfetto con un’assurda capacità di sopravvivere a tutto e tutti e una stupenda predisposizione ad ammazzare -ironico, ovvio- avrei detto che era turbato. Ma boh.

- Wow. Che emozione.

- Non smetti mai di parlare, tu? - sbottò esasperato, voltandosi di scatto verso di me, così veloce che barcollai per non finirgli addosso. Lo guardai. Sembrava arrabbiato.

- Okay - la mia voce era tutto fuorché arrabbiata. Vidi i suoi occhi sgranarsi quando vide le lacrime che mi premevano gli occhi per uscire, ma scrollai le spalle e lo superai.

Odiavo quando qualcuno mi urlava contro. Riportava in mente brutti ricordi. Tipo mio padre.

Non feci nemmeno in tempo a salire due gradini della veranda in legno bianco che una mano si serrò dolcemente sul mio polso.

- Mi dispiace.

Oh Cristoforo. Era vicino... così vicino che sentivo il suo respiro sul collo, il suo petto che mi sfiorava le spalle. Un’ondata di rossore mi colorò violentemente le guance.

- N-non importa.

Lui continuò a stringermi il polso per qualche istante con le sue lunghe dita pallide, poi mi lasciò andare e mi oltrepassò, lasciandomi lì a guardarlo con occhi vacui.

Perché sembrava così sincero? Era un supersoldato a metà robot. Va bene, forse definirlo così era malvagio da parte mia, ma era così. Era stato una marionetta dell’HYDRA per anni, stando al poco che Nat mi aveva detto su di lui. Non avrebbe dovuto provare sentimenti. Allora perché sembrava sincero? Allora mi stava usando, mi stava tendendo una trappola? E perché mi facevo tutte quelle domande?

- Vieni o no?

Sbattei le palpebre e mi accorsi che lui era lì, sulla soglia, la porta aperta, e mi stava guardando da chissà quanto.

Dandomi un bel ceffone mentale salii i gradini della veranda e lui si scostò, facendomi entrare dopo di lui.

La casa era carina; eravamo sbucati in un salotto provvisto di divano di un violetto che sfumava nel rosso, coperto da un telo bianco panna con delle tartarughe nere stampate, una lampada viola tipo quella della Pixar, un tavolino in vetro e un mobile bianco dov’era posata una televisione.

- La tua camera è di qua, ricordo la piantina della casa - disse sparendo in un ampio corridoio, pieno di luce grazie alla grande finestra in fondo che faceva entrare fiotti di luce.

Si era fermato davanti a una porta bianca. Mi guardò mentre l’aprivo e guardavo la camera.

Era molto carina, con le pareti dipinte nella metà inferiore di verde smeraldo e quella superiore di bianco. Il letto matrimoniale aveva la testiera in legno bianco. Le coperte erano verde mela, il piccolo tappeto rettangolare ai piedi del letto era di un azzurro chiarissimo. Di fianco al letto c’era un grande armadio. Nella parete opposta, cioè alla mia sinistra, spuntava una porta che probabilmente conduceva a un bagno.

- Grazie.

Mi voltai e incontrai i suoi occhi. Lui annuì debolmente, una volta sola, poi sparì nel corridoio. Sbirciando lo vidi aprire un’altra di quelle porte e dedussi che stava entrando nella sua camera. Tornai nella mia e afferrai il sacchetto pieno di vestiti.

La prima cosa che avevo intenzione di fare era una bella doccia.
 

  


ANGOLO DELLE CIAMBELLE CARNIVORE BLU:
Lo so che sono in ritardo scusatemi tantissimo D:
Però sono andata un paio di giorni in Liguria e nel paesino sperduto dov'ero non c'era connessione.
Mi spiace ma spero che con questo capitolo mi perdoniate :D
Come vedete qui i nostri cuccioli iniziano ad essere "braccati" sia dalla polizia che dall'HYDRA, e anche da Nat, presto, molto presto eheheh :D
Iniziano anche a fidarsi... e Jem comincia a farsi le prime domande su James, e James su di lei. Nel prossimo capitolo... aaah, non posso fare spoiler, sorry :D
Una cosa, anzi due: per chi avesse twitter, io sono @Anna_Love21 e per chi seguisse il fandom di Harry Potter ho appena pubblicato una raccolta di tre capitoli su Fiorenzo. Se passaste e mi diceste che ne pensate, così come vi invito a farlo qui, mi farebbe molto piacere ;)
Un bacione, e ringrazio le due carissime che hanno recensito finora e chi legge, ricorda, preferisce o segue.
Anna


 
   
 
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