Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: PeaceS    03/07/2014    11 recensioni
Da un Malfoy ci si deve aspettare tutto, anche che ti renda la vita un inferno per noia. Specie per noia. I Malfoy annoiati, di solito, erano più pericolosi di un Potter arrabbiato. Ma Lily avrebbe dovuto saperlo… le migliori storie iniziano alle tre di notte e in quel momento, la lancetta più piccola, si posò proprio sul tre.
[ ... ]
Perché, se Scorpius Malfoy decide di renderti la vita un inferno e tu te ne innamori perdutamente, mentre la tua migliore amica è nelle mani di un certo Zabini - famoso per essere un porco - e cerca di conquistare un Nott di tua conoscenza anche se - alla fin fine - quel certo Zabini non è molto felice, non puoi fare altro che chiederti perché la vita ha deciso di renderti le cose così difficili.
Insomma, tutto quello, però, avrebbe dovuto aspettarselo: era o non era una Potter?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Lily/Scorpius
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note autrice:

So che in passato ho tardato negli aggiornamenti e so anche che non sono mai arrivata fino a questo punto; sono mesi oramai che 3.00am non viene aggiornata e capirei se parecchie di voi non ricordassero più questa storia.
Molte di voi erano a conoscenza dei miei problemi in famiglia, anche se – più o meno – tra un problema e l'altro sono sempre riuscita a gestire le mie storie e questo mio “sogno”. In fondo scrivere mi faceva sentire bene e tutt'ora, mettere mano al pc e a OpenOffice, mi emoziona ancora.
Nemmeno due mesi fa è venuto a mancare mio padre. È venuta a mancare la mia figura di riferimento, colui che mi ha insegnato a non mollare mai e a credere sempre in me stessa.
Sapevo che sarebbe successo, sapevo che prima o poi mi sarei trovata davanti a questa perdita, ma dopo due anni di lotta subire una sconfitta è stato straziante, triste. Dopo due anni abbiamo perso e credo che questa sconfitta me la porterò per sempre sulla pelle.
Ma non sarebbe giusto mollare... non sarebbe giusto disinstallare OpenOffice e dare forfait. Non sarebbe giusto né nei miei confronti né nei suoi.
Non sarebbe giusto lasciare tutto così, in sospeso e mollare le armi: lui in primis non avrebbe voluto. Lui in primis avrebbe voluto che io lottassi, che io vincessi ciò che desideravo davvero.
Ho aggiornato. Dopo parecchie indecisioni, mesi, ansie e blocchi, ho aggiornato e non so quante persone ci saranno questa volta.
Non so chi seguirà ancora 3.00am, ma volevo ringraziare lo stesso chi è stato con me fino ad ora. A chi ha creduto in me e lo fa tutt'ora.
Questo capitolo e dedicato a voi e a lui, che sarà sempre il mio cuore.

 

Capitolo ventisettesimo –
Near the end

 

A te”

 

 

 

 

 

La tensione era alle stelle. I ragazzi sapevano che la fine era vicina e riuscivano a sentire nell'aria l'eccitazione – l'adrenalina e la paura che solo l'inizio di una battaglia poteva portare.
Lilith Porter sospirò, alzando gli occhi bruni sul ragazzo immobile di fronte a lei; ancora non riusciva a capacitarsi della bellezza sovrumana dell'uomo che le aveva rapito il cuore – l'anima, il senno e la capacità di poter pensare ad altro quando c'era lui nei paraggi.

 

“Malfoy, è un Avada Kedavra, cazzo... ed è diretto verso gente che vuole vederci schiattare tra atroci sofferenze! Mi dici che problemi hai?
Non devi fare il puro di cuore con chi ballerebbe sulla tua tomba!” sbraitò Lily, con i capelli rossi quasi rizzati sulla nuca.
Scorpius piagnucolò, dando ripetute testate contro il muro alle sue spalle: perché doveva sentirsi dire quelle cose da una Potter? Da una Potter, insomma!
Suo padre quasi vomitava quando raccontava delle imprese miracolose di Harry – e di poco non sputava arcobaleni quando gli diceva come Potter aveva sconfitto Voldemort con un solo Experlliarmus – e ora si ritrovava a venire rimproverato dalla figlia del suddetto Santo, perché di usare una maledizione senza perdono proprio non ci riusciva. Era contro natura che lo facesse proprio lei.
Era... innaturale, cazzo.
“Devi dirmi tu che problemi hai, rossa della malora!” urlò in risposta Scorpius, spalancando gli occhi grigi e trattenendosi dal mandarla a fare in culo.
Giusto per non venire trucidato, ecco.
“L'unico mio problema sei tu, Malfoy”
Lucy guardò la pagina che la sua penna prendi-appunti aveva scritto sotto suo ordine, tossendo ripetutamente per la scena irreale appena trascritta. Perché aveva una cugina così poco romantica?
Come avrebbe potuto scrivere scene d'amore su Lily se questa ispirava a Lucy solo sangue e morte? Il suo libro era agli sgoccioli, oramai, e la Potter si stava tirando indietro all'ultimo.
Non poteva continuare a basarsi su scene immaginate! Doveva, voleva vedere qualcosa dal vivo. Dai due diretti interessati. Chi aveva la fortuna di avere i protagonisti della propria storia in carne ed ossa disponibili ventiquattro ore su ventiquattro? Nessuno! E proprio per questo motivo aveva bisogno di vedere le scene che scriveva.
Di sospirare alla dolcezza di Scorpius o all'incredibile bisogno di Lily d'averlo sempre accanto. Anche se non riteneva Scorpius così meraviglioso come Scorpio Malafy, il protagonista del suo romanzo. Certo, era un bel ragazzo e aveva un culo letteralmente da favola, ma non era sexy come il suo Jakie – da cui aveva preso ispirazione – o i tratti immaginari del ragazzo descritto nella sua storia.
Lucy sospirò, afflitta.

 

Il corpo di Scorpio era possente e dinamico e sembrava richiamarla a sé in un modo quasi primordiale. Lilith fremette e lui – quasi come se avesse percepito l'effetto che le procurava quella vicinanza – sorrise in modo beffardo.
Con i polpastrelli le accarezzò il volto levigato e con l'altra mano le afferrò i capelli, strappandole una smorfia e avvicinandola a sé con prepotenza.
« Sto impazzendo » mormorò con la sua voce roca, virile.
Lilith sentiva che era eccitato al massimo e la voleva. La voleva per sentirla vicina. La voleva perché la battaglia si avvicinava e quella sarebbe potuta anche essere l'ultima volta che si vedevano vivi.

 

“Beh, nemmeno tu sei una passeggiata, Lily!” la prese in giro il Serpeverde, facendole il verso e guardandola ironico.
Le narici di Lucy fremettero, indignate.
“Puoi anche segarti per il resto della tua vita, tesoro... perché non sarà una passeggiata nemmeno portarmi a letto” soffiò Lily, dandogli le spalle con gran stile e dirigendosi verso Blaise Zabini – che fischiò ammirato.
“Vent'anni in meno e saresti stata la mia scopa-amica preferita” sospirò l'uomo, sbattendo le ciglia civettuolo.
Lily sogghignò e Scorpius mimò di tagliarsi le vene.
“Pensa a tua moglie che sta flirtando con uno yankee e all'andropausa, zietto caro” sibilò il ragazzo dai capelli biondi, assottigliando gli occhi grigi e stringendo la bocca in una linea sottile.
Blaise assunse un colorito verdognolo.
“Io. non. sono. in. andropausa” sillabò Blaise, senza preoccuparsi minimamente del commento sulla moglie.
Lui, in andropausa! Orrore, atrocità, eresia!
“Non si preoccupi, signor Zabini. Io verrei a letto con lei anche se fosse in quel periodo particolare del mese!” cinguettò Lucy, dondolando il busto con le mani congiunte dietro la schiena, soddisfatta.
Blaise guardò prima gli occhioni nascosti dalle lenti, poi passò al seno generoso nascosto da un maglione – che probabilmente era della taglia di suo figlio – e infine fissò le gambe scoperte dalla divisa.
“Beh, quasi certamente lo farei anche io, inutile negarlo” sospirò Zabini, che di dire bugie oramai non ne aveva più voglia.
Da giovane ne aveva combinate così tante da non ricordare tutti i particolari della sua vita e le sfaccettature proibite delle sere passate, ma certi giorni ritornava a casa con la sola consapevolezza di avere due piedi e una bacchetta.
Nessuna era riuscita a cambiarlo, all'inizio nemmeno sua moglie: era cresciuto nel benessere – nel potere e nella ricchezza e non ne aveva mai abbastanza; donne sconosciute erano entrate e uscite dal suo letto, miliardi di galeoni erano stati spesi solo per champagne, super alcolici e droghe sperimentali che a quell'età gli stavano portando non pochi problemi.
Blaise non si era mai imposti limiti. Mai. Si superava sempre e non si accontentava mai... ma poi era nato lui.
Ma poi era nato il suo bambino e tutto era cambiato. E tutto aveva preso un'angolazione diversa.
“Ci sarà anche lui”
Lucy lo guardò attraverso gli occhiali spessi, sedendosi alla sua destra e aprendo un libro sul tavolo di cedro; cercò di non guardarlo negli occhi e Blaise inclinò il capo – fissandola.
“Lui chi?” mormorò, sbattendo ripetutamente le palpebre in completa confusione.
Lucy fissò Angelique, il demone che Lily aveva chiamato per combattere al suo fianco e sorrise – enigmatica.
“Dalton” soffiò soddisfatta, vedendolo sgranare gli occhi.
Angelique rovesciò il capo verso di lei e Lucy fece ciao-ciao con la manina, ciondolando le gambe come una bambina.
“Ci sarà anche lui?” saltò su Blaise, che con la sua mole quasi rovescio la tavolata e cinque o sei sedie.
Lucy annuì, ridacchiando, e gli occhi di Angelique si accesero di una luce quasi maligna.
“Ci sarà un uomo – un giorno. Un uomo che piegherà il suo spirito, che cercherà di sottrarle ogni cosa” mormorò la demone di fianco a Lily – attirando la sua attenzione.
La sclera della Potter si rovesciò nella sua direzione, fossilizzandosi su di lei.
“Un uomo dalle fattezze angeliche le porterà via tutto ciò a cui tiene di più” continuò Angelique, quasi deliziata da ciò che vedeva.
Lily girò lentamente il capo verso Lucy e sgranò lo sguardo – incredula.
La vide dare un colpetto sulla spalla di Blaise e ridere di una delle sue solite battute; si era portata una ciocca di capelli sfuggiti dalla coda ferrea dietro l'orecchio e Lily soffocò il conato di vomito che le era salito alla gola.
“Oh sì...” bisbigliò Angelique, socchiudendo gli occhi.
Lo stridio di un violino fece sobbalzare la demone – riportandola a fissare Lucy senza fiato.
“Deus meus” annaspò, portandosi una mano al petto per quello che le era balzato agli occhi.
“Cosa?” sibilò Lily, mentre Lucy guardava – con la coda dell'occhio – un ragazzo dall'altra parte della stanza.
“Spero solo che l'inferno sia di suo gradimento” e con questo Angelique diede le spalle alla Weasley, ritrovandosi faccia a faccia con Lily.
“Di cosa stai parlando?” sussurrò con voce mortalmente calma la Potter, afferrandola per il polso e senza suscitare nella marmorea figura della demone alcuna reazione.
Angelique mostrò le zanne con un sorriso perfido e poggiò la bocca violacea accanto al suo orecchio.
“Lucifero la vuole e sta sicura che se la vuole... è già sua” e con queste parole si allontanò definitivamente da lei, lasciandola immobile e con l'eco di quella frase impressa nella testa.
Lily guardò ancora una volta sua cugina – chiedendosi cosa intendesse Angelique con quello.
Lucifero.
“A cosa stai pensando?” suo fratello James comparve al suo fianco, fissandola in attesa.
“Tu e Dominique baderete ai corpi di Albus, Dalton e Joe” disse Lily, tenendo per sé la profezia che – quasi senza volerlo – Angelique le aveva fatto su Lucy.
“Cosa? Ma perché?!” sbottò James, aggrottando le sopracciglia e alzando la voce.
Aveva le labbra così strette che impallidirono tutte d'un tratto e le mani strette a pugno, tanto da illividirsi le nocche; la fissò con gli occhi assottigliati e Lily rise, accarezzandogli intimamente la spalla.
“Ho bisogno di qualcuno che li protegga e solo tu sei abbastanza forte da potermi aiutare, Jamie” rispose la Potter, lasciando che Dominique li affiancasse.
Era sempre al centro dell'attenzione: alcuni sembravano volerla divorare solo guardandola e James cominciava a ribollire. Lei era sua e basta ed era stanco di nascondersi.
Era stanco di avere paura.
“Stai cercando di rabbonirmi con due complimenti messi a casaccio?” sbuffò, passandosi una mano tra i capelli scuri e guardando un gruppo d'Auror alle spalle dei due con aria minacciosa.
“Sì” cinguettò Lily, sbattendo civettuola le ciglia scure e fissandolo con ironia. Dominique ridacchiò – coprendosi la bocca con una mano.
“Non ridere!” piagnucolò James, mettendo il broncio come un bambino e incrociando le braccia al petto.
“Peccato che qui ridano tutti di te” frecciò Lucy, passando saltellando e facendosi guardare indignata dal cugino.
“Eh? Chi è che ride di me?
Come osi?!” sbraitò James – quasi spettinandola con la forza dell'ugola.
Lucy rise e Angelique socchiuse gli occhi, rabbrividendo. Molti demoni avevano la capacità di vedere, toccando una specifica persona, il suo futuro o almeno solo la parte tragica di questo.
A lei era capitato poche volte, ma con Lucy era stato diverso. Angelique aveva visto ogni cosa...ed era stato terribile.
“Marameoo” rise Lucy, facendo la linguaccia a James e scansandolo di scatto per non venire afferrata. Andò a sbattere proprio contro di lei e Angelique storse la bocca in una smorfia: c'erano due occhi gialli che seguivano il cammino di quella ragazza. Due occhi che lei conosceva bene e che – nonostante oramai fosse una demone con secoli alle spalle – le mettevano ancora i brividi.
“Stacci lontana” le sussurrò all'orecchio, facendola sobbalzare e girare di scatto.
James la guardò in modo strano e Lucy sbatté ripetutamente le palpebre, sorpresa.
Da chi doveva stare lontana?
“Da chi dovrei stare lontana, di grazia?” borbottò infatti, inclinando il capo e portandosi dietro l'orecchio l'ennesimo ciuffo di capelli.
“Dall'uomo col violino” rispose in un soffio la demone, sorridendo enigmatica e dandole le spalle.
Lucy sgranò gli occhi fino all'inverosimile, immobilizzandosi.
A quelle parole il cuore cominciò a batterle furiosamente nel petto – quasi portandole via il respiro. Lucy tremò e, sentendo il sangue ghiacciarsi nelle vene, sentì il suono di un violino rimbombare come un eco nella sua testa.
Si portò di scatto le mani alle tempie e quasi si accartocciò su se stessa: cos'era quel suono? E di cosa diavolo stava parlando quella demone?
“Perché quell'uomo ti porterà dritta sotto terra” finì Angelique, andandosene definitivamente e raggiungendo Alec, il suo compagno.
James corrucciò le sopracciglia e fissò la cugina con gli occhi nocciola contratti. “Tutto bene, Lu?” domandò, scuotendola leggermente per le spalle e cercando di attirare la sua attenzione.
Lucy continuò a guardare il vuoto, sentendo l'eco di quel violino cercare di trapanarle i timpani e il cervello.
“Ehi!” e James la spintonò più forte, scuotendola dallo stato comatoso in cui sembrava essere caduta.
Lucy spalancò gli occhi e lo fissò, ancora più confusa di prima. “Che? Che vuoi?” borbottò, massaggiandosi la spalla alla quale l'aveva colpita per farla rinsavire.
“Sei viva?” sbottò James, ironico – allungando le braccia verso l'alto e urlando un “Alleluja!” che quasi attirò l'attenzione di tutta la sala.
Lucy lo fulminò con un occhiata, storcendo la bocca in una smorfia disgustata.
“Non meriti nemmeno una mia risposta, tresor” mormorò a bassa voce, allontanandolo da sé con un dito, come se poi tutto il resto della mano avrebbe richiesto troppo sforzo da parte sua. Sforzo non meritato.
“Stronza” cinguettò Jamie, facendo sfavillare le ciglia in un imitazione grottesca di una ragazza che cerca di fare colpo.
“Succhiamelo” rispose Lucy con un sorriso a trentadue denti, mostrandogli il dito medio e avvicinandosi al gruppo di Alice che confabulava tutto preso.
“Cosa state dicendo?” urlò, apparendo alle loro spalle e ridacchiando quando si beccò un paio di bestemmioni grandi quanto una casa per averli fatti sobbalzare.
“Santo Merlino, Weasley! Sei impazzita?
Quante volte devo ripeterti che devi prima annunciarti e poi apparire alle spalle delle persone? Così ci farai morire tutti prima di aver raggiunto la fine della pubertà!” sbraitò Annie, la sua sicura e futura cognata.
La vide massaggiarsi il petto per rallentare il battito accelerato del petto e fucilare il fratello al suo fianco.
“Jakie, smettila di rollare, cazzo! Siamo al quartier generale degli Auror” sibilò poi a bassa voce, riprendendolo con una gomitata e quasi mandando all'aria l'erba che Jakie stava coccolando con tanto amore.
Questo la guardò indignato e Lucy sospirò – nella più idilliaca beatitudine.
“Che mi tocca fare” sospirò Annie, mollando una gomitata anche a lei nel vederla sbavare indecentemente.
Di solito, quando Lucy arrivava a quel punto, significava che aveva avuto abbastanza tempo di osservare suo fratello da ripetere le scene vietate ai minori di cinquant'anni per dieci volte.
“Riprenditi, psicotica” bisbigliò a bassa voce, chiudendosi il ponte del naso tra pollice e indice.
Ah, povera lei che doveva subire tutto quello.
“Comunque, stavamo decidendo chi doveva possedere delle armi visto che non ce ne sono per tutti” spiegò Anthony, uno dei protettori di Alice.
Lucy rinsavì improvvisamente, drizzandosi in tutto il suo metro e cinquanta.
“Visto che io stavo quasi per venire ammazzata da dei poliziotti Babbani, direi che una mi spetta di diritto” si buttò avanti con nonchalance, sorridendo tutta zuccherosa.
Anthony la fissò minaccioso dai suoi due metri d'altezza, facendola quasi rannicchiare nel suo misero metro e cinquanta. O un metro e basta – come le ricordava gentilmente James, il suo cugino preferito.
Lucy tossì.
“Tutti stavamo per morire per mano di quei poliziotti, psico” sibilò con cattiveria, chiamandola con quel soprannome stupido che le avevano affibbiato ad Hogwarts.
Pff, pensò indignata.
“Non può fregarmene di meno della fine che stavi per fare, lurido sacco di merda” cinguettò melensa, alzando il mento in segno di sfida e incrociando le braccia al petto.
“Come mi hai chiamato?” ruggì Anthony, facendo un passo avanti e proiettando la propria ombra su di lei.
“Lurido. Sacco. di. Merda” sillabò nuovamente Lucy, scandendo bene parola per parola e fronteggiandolo come se non pesasse cento e passa chili.
Un solo cazzotto sul cranio e avrebbe creato un buco nero proprio al centro della Sala Meeting al Ministero.
“Che c'è? Sei anche sordo ora o semplicemente sei troppo stupido per capire una frase di senso compiuto?” domandò con quel tono saccente che – a suo tempo – aveva fatto arrabbiare persino Rose Weasley.
E con la madre che si ritrovava era tutto dire.
“Brutta...” iniziò Anthony, venendo bloccato da un gemito disperato di Alice.
Questo si girò di scatto – sempre sull'attenti quando si trattava della sua ape regina – e la osservò con aria adorante.
“Ho mal di testa, potreste smetterla di litigare?” si lamentò la Paciock, afferrando una pistola dal sacco e lanciandola a Lucy e quest'ultima, quasi come se nella sua vita non avesse fatto altro che afferrare oggetti volanti, l'afferrò a volo.
“Sì mia signora” pigolò Anthony, assumendo un espressione colpevole e quasi rannicchiandosi nel suo angolo.
Che Anthony avesse una cotta stratosferica per Alice non era una novità: lo sapevano anche i muri. Tranne la Paciock e Lysander, che cominciava ad avere qualche dubbio.
“Questa situazione mi puzza” sibilò a bassa voce, annusando l'aria con la bocca serrata in un espressione rabbiosa.
Alice lo guardò con aria indifferente.
“Sarà la canna che si sta fumando Jakie” rispose, facendo spallucce e indicando il ragazzo a pochi metri da loro che – ignorando completamente la sorella – si era acceso quella tanto sospirata canna alla faccia degli Auror sparsi per la sala.
“Quello è innamorato di te” si sbalordì da solo Lysander, spalancando gli occhi azzurri e indicando il ragazzo come un insetto particolarmente disgustoso.
“Eh?” borbottò Alice, fissandosi le doppie punte con terrore puro nello sguardo.
Da quando non curava i suoi meravigliosi capelli? Cominciava a diventare una stracciona come Rose Weasley.
“Perché non me l'hai detto?” domandò indignato, scuotendola come un invasato.
Alice lo guardò, sbattendo ripetutamente le palpebre.
“La droga ha finito di rincoglionirti?” sbottò la Paciock, liberandosi dalla sua presa, seccata.
“Non cambiare discorso, tesoro” sibilò Lysander, incrociando le braccia al petto e ignorando quella specie di danza tribale che stava simulando Lucy per la pistola appena ricevuta.
“Ma la smetti? Cosa stai dicendo?” sbuffò Alice, spintonandolo con un broncio adorabile sulla bocca di rose.
Lysander indicò Anthony, in quel momento immobile a vedersi danzare attorno Lucy.
“Ti ho sconfitto, sacco di merda!” canticchiò la Weasley, alzando le braccia al cielo e sculettando.
“Che centra il sacc...Anthony?” si corresse all'ultimo minuto Alice, sbattendo angelica le lunga ciglia bionde.
Lysander sogghignò: a volte l'adorava quando era cattiva. Non sapeva perché... all'inizio era quello a dividerli; all'inizio era quel suo lato strafottente a metterlo in guardia, ma ora non sapeva che magia gli aveva fatto, sapeva solamente che era riuscita a farglielo amare in tutte le sue sfaccettature.
Quel lato oscuro lo dominava, lo avvolgeva ed era piacevole.
“Merlino, sto una merda” sbuffò Jackie, crollando sul pavimento con un sospiro e sorridendo come un beota.
Lysander lo guardò con una smorfia.
“No, sei strafatto ed è ben diverso” sibilò, menandogli un calcio negli stinchi e facendolo rotolare su se stesso.
Lucy s'inginocchiò su di lui.
“Sei abbastanza fatto da andare oltre al sei fuori di testa, Weasley?!” borbottò, punzecchiandolo con un dito e imitando la sua voce quando faceva un'affermazione un po' più spinta del solito.
Jackie mugugnò e un sorriso enorme si formò sul viso di Lucy.
“Vuoi venire con me? Ho una torta di cioccolato proprio nell'ufficio qui accanto...” mormorò con voce perversa e zuccherosa, sbattendo civettuola le lunga ciglia e allibendo i presenti.
“Non dirmi che ha davvero intenzione di...” iniziò Alice, venendo interrotta proprio dal balzo di Jackie.
“Cibo? Dove? Quando? Portamici!” sbraitò, mentre Lucy nascondeva le mani dietro la schiena e ridacchiava perfida.
Annie si toccò la fronte, chiedendosi se veramente la Weasley avesse il coraggio di approfittare di suo fratello in quelle condizioni.
“Vieni con me, su!” cinguettò Lucy, prendendolo per mano e portandolo fuori dalla Sala meeting con un sorrisetto che non prometteva nulla di buono.
Sì, aveva il coraggio di approfittare di suo fratello anche in quelle condizioni.
“Tuo fratello suona il violino?”
Lily apparve alle sue spalle quasi causandogli un infarto e Annie ingoiò una bestemmia giusto per tenere integro il suo bel collo da cigno.
“Ma chi, Jackie?” borbottò, sbattendo le palpebre ripetutamente e stringendo le labbra per trattenere una risata a fondo gola.
“Quanti fratelli hai?” sibilò Lily, assottigliando gli occhi in una linea sottile e fissandola con aria omicida.
Annie scoppiò a ridere, piegandosi su se stessa e colpendosi ripetutamente le ginocchia.
Jackie! Jackie a suonare il violino!
“Ma l'hai visto? Quello è fatto ventiquattro ore su ventiquattro, se vede un violino lo brucia e se lo mette nella cartina credendolo fumo Africano!” sbottò, rossa per le troppe risate.
Lily alzò gli occhi al cielo.
“Jackie a suonare il violino! Jakie!” ripeté Annie, scuotendo il capo e asciugandosi le lacrime dalle troppe risate.
“Simpatica” soffiò Lily con aria mortalmente letale, zittendola sul posto e facendola sbiancare.
La Potter sorrise, mostrando delle belle zanne da squalo.
“Scusa” miagolò Annie, torcendosi le mani e diventando più bianca di suo zio Barnie sul letto di morte.
“Hn” e con quel soffio – così gelido da immobilizzarla sul posto – Lily le diede le spalle e raggiunse Blaise dall'altro lato della sala.
Sculettò, giusto per fare scena e fissò storto Malfoy dall'altro lato della stanza. Questo ricambiò stizzito.
“Merlino, se mi ispira sesso quando è incazzato” sospirò vicino all'uomo di colore, sogghignando alla faccia incazzosa del suo fidanzato.
“Vacci piano, bambolina...” mormorò Blaise, fissandola con i suoi occhi color carbone e pietrificandola.
“Cosa stai insinuando?” domandò, attorcigliandosi una ciocca di capelli rosso fuoco tra le dita pallide e lunghe.
“È pur sempre un Malfoy, mia cara. E i Malfoy distruggono tutto ciò che toccano” sussurrò Blaise – accarezzando il sigaro cubano preso da una custodia d'argento dal taschino interiore della giacca che indossava.
Oh, Lily lo sapeva.
Ah, se lo sapeva.
I Malfoy erano fiori: perfetti nella loro forma, nel loro odore e nella loro essenza.
Oh, e che bell'aspetto mostravano.
Ma loro non erano colorati, dall'aspetto sublime e ammaliatore...erano pallidi, cresciuti senza sole – senza acqua. Avevano petali delicati, fragili – quasi vicini allo sgretolamento, ma erano belli.
Ah, se erano belli. Ma non in un modo buono, soddisfacente, no.
I Malfoy erano belli in un modo che portava all'ossessione, in un modo che portava quasi alla pazzia.
E Lily lo sapeva. Ah, se lo sapeva.
I fiori del male, ecco cos'erano i Malfoy.
Fiori dai colori pallidi, che sprigionavano veleno.
Fiori che uccidevano, lasciando dietro sé solo una lunga scia di cadaveri – passati per sbaglio, per fortuna o per volere, sulla loro strada.
“Lo so”
E con questo affermò ad alta voce che conosceva la sua condanna. Lei sapeva oramai di essere sulla strada di quei fiori maledetti e non se ne dispiaceva.
E non si preoccupava di poter cambiare rotta.
Era quello il suo destino ed era troppo tardi per tirarsi indietro.

***
 

 

Thomas Nott non aveva preso parte agli allenamenti di Lily Potter e gli Auror. Non aveva voluto sapere nulla dei loro consigli – delle loro raccomandazioni.
Erano oramai una settimana e dieci ore che non chiudeva occhio: continuava a pensare la stessa cosa, allo stesso motivo che lo aveva portato a chiudersi nella sua stanza a Serpeverde e non uscirne più.
Le pareti di pietra non avevano più segreti per lui... oramai conosceva ogni crepa, saldatura e chiodo che le costitutiva. E stava impazzendo.
Lui sapeva che stava impazzendo.
Con le dita giocava con il ciondolo di serpente che portava al collo, oramai, da quando aveva due anni e suo padre ne aveva fatto una copia per lui e sua sorella.
Sua sorella. La sua piccola e dolce Chrysanta, che aveva fatto sempre fuoco e fiamme per lui.
La sua piccola e dolce sorellina, che da piccola – quando fuori c'era un temporale – si rifugiava tra le sue braccia.
Come aveva potuto? Come aveva anche solo potuto pensare di poterlo tradire? Di portarlo al patibolo con le sue stesse mani?
Aveva voglia di stringerle le mani alla gola fino a sentirla esalare l'ultimo respiro.
“Tesoro, va tutto bene?”
Tom socchiuse gli occhi e sentì il cuore quasi incrinarsi quando sentì quella voce.
Giuda. Sua sorella portava il nome di Giuda.
“Va via. Fa le valige e va via.
Non so dove e nemmeno mi interessa, ma va via da Hogwarts...anzi, va via dall'Inghilterra!” sbottò, alzandosi di scatto e fissando gli occhi blu sulla figura longilinea di sua sorella dall'altro capo della stanza.
Chrysanta spalancò lo sguardo simile al suo e si bloccò, sorpresa.
“Di cosa stai parlando?” mormorò, portandosi una mano al petto nella pallida imitazione di una persona ferita.
Tom rise e si portò una mano tra i capelli disastrati.
Quante volte ci aveva passato le mani attraverso? E quante volte aveva pensato che era solito farlo lei quando dormivano insieme?
“Hanno scoperto che sei tu la spia” sussurrò, girandosi verso di lei e abbassando le spalle – sconfitto.
Perché Tom lo sapeva: aveva perso. E quella era la battaglia finale, quella che lo avrebbe reso felice alla fine di quella guerra.
Perché lui avrebbe avuto Dalton indietro e anche Scorpius. Perché lui ora aveva Rose che lo stringeva quando qualcosa non andava bene, ma aveva perso la parte più importante della sua vita.
Aveva perso un pezzo della sua famiglia, quello che lo teneva integro. Quello che lo faceva sentire bello, importante.
Il pezzo che lo faceva sentire qualcuno di degno, infinitamente umano e capace di amare.
Chrysanta sgranò gli occhi e Tom storse la bocca in quello che voleva sembrare un sorriso, ma era una smorfia in piena regola.
“Io non...” iniziò Chrys, venendo interrotta sul nascere da una mano alzata del fratello.
“Non voglio sentire nulla, nulla.
Non mi interessano le bugie, Chrysanta, me ne hai raccontate per diciassette anni e credo che ora basti per una vita intera” sputò velenoso, strappandole un sorriso.
“Il mio piccolo gioiello” ridacchiò lei, rovesciando il capo all'indietro e guardando il soffitto.
Era strano guardare una persona che credevi di conoscere praticamente da una vita intera e...e non riconoscerla; lui guardava sua sorella e non vedeva la stessa ragazza che si rannicchiava al suo fianco quando – in uno dei tanti tradimenti di sua madre – suo padre lanciava oggetti e urlava come un invasato.
La maledizione delle Greengrass.
“Il mio piccolo e splendido gioiello” soffiò ancora Chrysanta, avvicinandosi a lui e fossilizzando lo sguardo nel suo.
Era così uguale alla loro bellissima madre... così ammaliatrice, così bugiarda e traditrice. Bella, nella sua maschera d'amore.
Bella, nella sua meschinità e nella facilità nel tradire il prossimo.
“Io prenderò parte a questa battaglia, Chrys” disse Tom, ritrovandosela improvvisamente a pochi centimetri dal viso.
Allacciò le braccia sottile al suo collo e si alzò sulle punta per arrivare a pochi centimetri dalle sue labbra... e Tom si sentì morire. E Tom sentì il terreno franargli sotto i piedi.
Come aveva potuto? Come aveva anche solo potuto pensare di poterlo uccidere con le sue stesse mani?
Con quale coraggio – quale forza – sarebbe stata capace di impugnare la bacchetta al suo petto e pronunciare quella formula finale? Quella che avrebbe dichiarato la sua fine?
“E io, a differenza tua, non voglio che tu muoia” finì Tom, socchiudendo lo sguardo e lasciando che le ciglia nere come l'ebano nascondessero tutto il dolore, la rabbia e l'angoscia che gli stava scatenando lei.
Chrysanta chiuse le mani a coppa sulle sue guance, accostando la fronte alla sua e respirando sulla sua bocca.
“È così sciocco da parte tua pensare che io possa sparire per sempre dalla tua vita” rispose, tenendosi in equilibrio con i gomiti poggiati sulle sue spalle.
Era così bella, vestita dei suoi tradimenti e delle sue bugie.
Così bella, mentre lo pugnalava alle spalle ancora e ancora. E ancora e ancora.
“E io non sarei mai stata capace di ucciderti, fratellino” continuò, sfiorandogli le labbra in modo leggero – simile al lontano battito delle ali di una farfalla.
“Vattene” sussurrò Tom, senza procurarle il minimo fastidio con quelle parole.
La maledizione delle Greengrass.
Essere amate fino allo stremo, fino a non rimanere dietro di loro nient'altro che dolore... e non ricambiare mai. E non sapere nemmeno il significato della parola amore.
“Sei tale e quale a nostra madre” rise, senza reale divertimento, Tom.
Chrysanta gli accarezzò con dolcezza una guancia, sfiorandogli il naso con il proprio.
“E tu sei tale e quale a nostro padre” bisbigliò in risposta, curvando le labbra amaramente.
Essere amate letalmente – in un modo ossessivo compulsivo – e non sentire niente. Niente di niente.
Era quella la maledizione delle Greengrass.
“Va via, ti prego”
Tom non aveva mai supplicato nessuno, ma aveva bisogno di allontanarsi dal profumo intossicante di sua sorella. Aveva bisogno di sapere che non sarebbe stata presente a quella battaglia maledetta e lui non avrebbe corso il rischio di vederla... di vederla cadere al suolo senza vita.
Perché lei poteva non amare, perché lei poteva anche essere una maledetta Giuda senza cuore – ma lui la amava.
“Ci vediamo presto, te lo prometto” mormorò Chrysanta, baciandolo ancora una volta sulle labbra, ma questa volta sostando un secondo in più.
Per suggellare quella promessa, per magari fare in modo che non dimenticasse mai più quel sapore – quel profumo e quella pelle, che facevano parte di lui. Che erano lui.
“Addio” disse a bassa voce, quasi come se Tom avesse paura di renderlo reale a voce più alta.
Chrys scosse il capo e sorrise ancora una volta – portando le dita alla bocca e lanciandogli un bacio volante.
“È un arrivederci, fratellino” ridacchiò, prima di uscire dalla stanza.
Tom quasi ebbe paura di quell'affermazione: sarebbe tornata un giorno, lo sapeva, ma sotto quale aspetto? E con quali intenzioni?
Con quali progetti?

   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: PeaceS