Capitolo 1
Benvenuti ad Akathos
Quella mattina
c’era un gran trambusto a palazzo, Ariel e
Arren si stavano preparando per iniziare il loro viaggio di nozze alla
scoperta
dell’oceano indiano dove vivevano i familiari di Arren che
non avevano avuto la
possibilità di conoscere Ariel e nemmeno di partecipare alle
nozze più
chiacchierate degli ultimi decenni. Nella sala del trono Re tritone
aveva fatto
chiamare uno dei suoi più fidati consiglieri, doveva
affidargli una missione
importantissima.
-“Non
avrei mai pensato un giorno di poter chiedere una
simile cosa…” – diceva il sovrano seduto
comodamente sul trono. –“ ma vedi
Sebastian, io mi fido molto di te, e sono sicuro che potrai fare le mie
veci” –
Il granchio
nuotò fino ad arrivare sul bracciolo dov’era
solito mettersi quando era a colloquio con il sovrano, lo fece parlare
fino a
che non concluse.
“…
e quindi per questo
vorrei che tu andassi”. – concluse solennemente
Tritone
-“Sire,
voi sapete quanto vi rispetto e vi stimo ma … non
potete chiedermi di seguire vostra figlia in viaggio di
nozze!!” – esclamò
ironico il granchio
-“non
pensate che sia l’ora di lasciarli un po’ liberi
quei
due poveri ragazzi? Non hanno già passato abbastanza guai
negli ultimi tempi?!”
–
-“Ma
io non ti sto chiedendo di andare con loro… di tenerli
d’occhio, per me. Sono preoccupato…”- il
tono del re si fece grave, non avrebbe
voluto mettere in allarme i ragazzi e nemmeno Sebastian ma voleva
prendere le
giuste precauzioni dopo gli ultimi avvenimenti.
-“vostra
maestà c’è forse qualcosa che non mi
volete dire?” –
Sebastian poteva capire che il suo re fosse pur sempre un padre, ma
quale padre
non desidera vedere la propria figlia amata e rispettata dal proprio
compagno
per la vita? Arren voleva molto bene ad Ariel e l’aveva
dimostrato più volte
quindi sicuramente sua figlia era in ottime mani. Che ci fosse altro
sotto?
Qualche motivo che non voleva rivelargli?
Sebastian aveva
colto nel segno, ora stava a lui rivelargli o
meno la verità.
-“e va
bene Sebastian hai vinto” – disse in tono
rassegnato –“ti
racconterò cosa sta succedendo”.
****
-“credo
di aver preso tutto!” – esclamò Ariel
chiudendo
l’ultimo baule, Arren le nuotò in contro
-“ah
bene abbiamo solo questa valigia..?” – disse
ingenuamente non vedendo le altre 3 dietro.
-“emh
non proprio” – sorrise lei.
-“Credo
che tu abbia esagerato … ci bastava una valigia
…” –
sospirò lui aprendone una vedendo cosa contenesse.
-“non
lo dire a me… avevo detto anch’io la stessa
cosa…”-
fece spallucce lei.
-“ma
come non hai fatto tu le valige?” – dicendo questo
iniziò a scrutare le cose all’interno di quella
che aveva aperto, era piena di
cianfrusaglie assurde, richiuse la valigia dopodiché si
guardarono poco prima
di dire in coro –“alina”
–
Sua sorella
aveva riempito le valige con cose totalmente inutili, sia Arren che
Ariel
avevano un istinto più pratico sarebbero partiti persino con
un zainetto. Non
si poteva dire lo stesso della sorella maggiore di Ariel…
Dopo una
decina di minuti passati a recuperare l’indispensabile in
mezzo quell’oceano di
chincaglierie, finalmente
poterono
prendere la loro unica valigia e
dirigersi verso il cortile dove tutti li aspettavano per salutarli.
-“Ariel
abbi cura di te!” – la salutò
dolcemente Attina sciogliendola da quell’abbraccio . La sua
sorellina minore la
più piccolina della famiglia all’età di
17 anni si era sposata stipulando un
legame affettivo per l’eternità
con un
altro tritone, un giovane di 21 anni figlio di un antico generale di
guerra;
adesso partiva alla volta dell’oceano per appagare la sua
insaziabile sete di
conoscenza e avventura condivisa pienamente dal marito.
-“non
cacciarti nei guai!” – le raccomandò
Adella rivolgendo uno sguardo anche verso
Arren.
Ariel
indietreggiò fino a farsi cingere dal suo amato, aveva
finito di salutare tutti
e adesso si apprestava ad iniziare la sua luna di miele
–“Lo sai che non lo
farò” – sorrise lei lanciando un
occhiata furbetta ad Arren.
-“Arren
almeno tu, tienila fuori dai guai!!” –
rimbeccò la sorella con lo sguardo di
una persona rassegnata
-“oh,
ma lo
sapete meglio di me, è impossibile tenerla lontana, e poi io
sono qui per
tirarla fuori ogni qualvolta si dovesse ficcare in brutte situazioni,
credo di
aver firmato una clausola speciale nel nostro contratto di
matrimonio!” – rise
lui. Ariel lo guardava con il cuore traboccante di gioia, si volevano
molto
bene, lui l’amava moltissimo e in più occasioni le
aveva dimostrato tutto il
suo amore persino sacrificando la sua vita per lei, lei dal canto suo
non
avrebbe potuto immaginare una vita senza lui, era diventato come
l’acqua;
indispensabile.
-“avete
tutto , vero?” – ispezionava la carrozza Alina
-“sta
tranquilla, andrà tutto bene”- la
rassicurò Ariel.
Dopo gli
ultimi addii e commiati i due ragazzi salirono sulla carrozza adornata
con conchiglie
e stelle marine e diedero alle tartarughe marine i comandi per partire.
Le
tartarughe marine erano lente e calme, e uno dei mezzi più
sicuri per
viaggiare, ma erano anche veloci e intelligenti; i due ragazzi
iniziavano così
il loro viaggio alla volta dell’oceano indiano dove viveva la
famiglia di
Arren.
-“non
ho visto Re Tritone venirci a salutare…”
– le disse il
giovane seduto tenendo le redini
-“nemmeno
io, mi aveva avvisata che forse non avrebbe fatto
in tempo a venire per salutarci poco prima della partenza a causa di
una
riunione importante… non ti nego che ci sono rimasta un
po’ male.”- Ariel aveva
un tono deluso e malinconico.
-“Su
dai, non essere triste, fare il re è piuttosto
impegnativo.”- le mise una mano sulla sua
–“non fargliene una colpa”-
tentò di
giustificarlo.
Ariel si
voltò a guardarlo, Arren non aveva tutti
i torti adesso doveva pensare solo a loro e
al futuro che li attendeva. Lui le sorrise entusiasta e lei
ricambiò dapprima
poco convinta poi dimenticando quella malinconia volgendo un rapido
sguardo al
paesaggio che scorreva davanti a loro.
-“Credi
piacerò alla tua famiglia?”- si ricordò
ad un tratto
lei
-“Stravederanno
per te! Non ti devi dare troppe
preoccupazioni, sii te stessa e vedrai che farai innamorare di te anche
loro”-
le strizzò un occhio lui.
La rossa
appoggiò la testa sulla sua spalla –“Un
Versiv in
famiglia mi basta!” –
Ariel non aveva
mai sentito parlare della famiglia di Arren,
sapeva per fatti di cronaca che il nonno era un personaggio importante,
ma non
conosceva nulla sulle origini del suo sposo, non sapeva se aveva
fratelli o se
prima di lei avesse avuto qualche altra storia amorosa… il
solo pensiero
l’infastidì non poco, costringendola a scostarsi
da lui per sciogliere i suoi
dubbi.
Arren teneva
saldamente le redini, ci sarebbe voluta ancora
qualche ora prima di arrivare, ma tutto sommato il viaggio era
piuttosto
tranquillo.
-“Sei
mai stato fidanzato prima di conoscere me?” –
chiese a
bruciapelo la ragazza dai fluenti capelli rossi.
Al biondo non
potè che scappare un sorriso.
-“Allora..?”
– l’esortò lei dubbiosa
-“può
darsi…” – le rispose vago lui
-“come
può darsi? Non lo sai!?” –
-“certo
che lo so…” – la ragazza lo guardava
stizzita, Arren
le rivolse uno sguardo quasi impertinente ma che Ariel trovò
tremendamente Sexy
–“Solo che non te lo vengo a raccontare”
–
Ariel
incrociò le braccia come una bambina, arrabbiata e
irritata
-“Non
capisco cosa ci sia di male… tu l’hai pure
conosciuto
Eric” – borbottò
-“non
basterebbe una vita per farti conoscere le mie ex”
–
Ariel che gli
aveva rivolto le spalle si girò all’improvviso
guardandolo malissimo. Il suo Arren era un rubacuori?! Non riusciva ad
immaginarselo con più ragazze ai suoi piedi…
forse le conquistava con il suo
sorriso dolcissimo, oppure gli rivolgeva il suo sguardo profondo o
forse… ok si
stava dilungando un po’ troppo, ma ciò non
cambiava comunque le cose.
-“Dai,
ti stavo solo punzecchiando un po’” – le
tirò
leggermente una ciocca di capelli scarlatti per destare la sua
attenzione. Lei
continuava a guardarlo con gli occhi blu fiammeggianti tentando di
farlo
sentire in colpa
–
“magari 5 o 6”-
ridacchiò lui.
Ariel non gli
rispose voleva farla ingelosire e ci stava
riuscendo perfettamente –“ non importa chi siano
state le prime, tu sei il mio
unico amore” – adesso non rideva più era
serio nel dirle quelle parole e aveva
destato la sua attenzione sviando anche il discorso. Le guance di Ariel
si
tinsero di un delicato rossore –“non te la caverai
così… indagherò”-
sussurrò
lei mentre suo marito le scoccava un bacio sulla guancia.
Erano passate
diverse ore dalla partenza, finalmente erano
arrivati ai confini della città dove viveva Arren.
-“Ariel,
benvenuta ad Akathos la capitale dell’oceano
indiano”
– le presentò lui la città
addentrandosi con la carrozza.
Akathos era
diversa da Atlantica Ariel
la guardava meravigliata, non era
sfarzosa o eccessiva come la sua città, era piuttosto
caotica c’erano molte
case nonostante fossero ancora nella parte più remota e
tutto intorno sembrava
molto allegro, dagli sfarzosi colori tendenti al giallo arancionato
sino alle
persone che addirittura gli rivolgevano calorosi saluti.
-“…sei
molto conosciuto in città?” – chiese lei
continuando a
salutare le persone.
Il ragazzo
scosse le redini e prese un percorso che l’avrebbe
portato nel cuore pulsante della centro.
–“non
son proprio famoso però il nostro matrimonio non
è
passato del tutto inosservato, non ti stupire se ci saluteranno in
molti”.-
I tritoni
guardavano passare la carrozza e iniziavano a
vociferare cose del tipo “quella è la figlia de re
Tritone, la principessa di
Atlantica…” e nei peggiori casi invece rivolgevano
qualche critica acida verso
Arren “quel ragazzo è stato proprio furbo, non ha
esitato a incastrarla con il
matrimonio… lei è solo una bambina
ancora!”
Ariel rimase
interdetta nel sentire quegli stralci di
conversazione anche solo di sfuggita, non pensava che il loro
matrimonio
potesse causare simili maldicenze.
-“Arren
hai sentito anche tu..?” – gli chiese prendendogli
la
mano.
Il ragazzo le
sorrise –“ ti danno molto fastidio
perché pensi
dicano il vero?” –
-“oh
no!”- agitò la testa lei –“
non mi sognerei mai di
credere a simili cose, io ho una completa fiducia in te! Sono solo un
po’ infastidita
… tutto qui.” – volse il suo sguardo
verso le abitazioni attorno a lei
-“non
sono così differenti da quello che dicevano ad
Atlantica…” –
-“ad
Atlantica?! Non ho
mai sentito nulla del genere li!”-
-“Stavano
solo un po’ più attenti, pare che la gente mi
creda
un arrampicatore sociale o cose simili”. – parlava
lui piuttosto tranquillo
-“perché
non me ne hai parlato prima? Voglio che tu possa
fare affidamento su di me.” –
-“in
realtà non credevo fosse così importante, io so
di non
essere così e se lo sai anche tu a me basta.”-
La carrozza si
fermò davanti a una casa bellissima, era
un’architettura
gialla che si ergeva su due piani, il prospetto era incorniciato dalle
colonne
sistemate in maniera perfettamente distante l’una
dall’altra, il portone d’ingresso
era bianco avorio e si trovava circondato da un ampia veranda allestita
con
mobili da giardino.
-“siamo
arrivati,” – le porse una mano per scendere
–“benvenuta
a casa”. Nuotarono seguendo il sentiero in ghiaia circondato
da un magnifico
prato di alghe rosse tagliato all’inglese, superarono il
viale di alberi di
corallo giallo ritrovandosi davanti al portone.
Sopra il campanello vi era una targa che recava scritto:
Famiglia
Versiv
Arren
suonò il campanello. Dall’interno si
sentì un trambusto e una serie
di voci agitate.
-“oh cielo sono qui!!”-
-“ti
raccomando, non mi
far fare pessime figure, la prima impressione è quella che
conta!”- diceva
un’altra voce
-“vado
ad
aprire io”-
-“no
fermo!”
– altra serie di
rumori.
-“devo
aprire io che sono la suocera, è tradizione!”-
Arren
guardò Ariel imbarazzato scuotendo il capo, la ragazza
con i capelli rossi gli sorrise, dopotutto pure lei aveva una famiglia
fuori
dagli schemi.
Finalmente la
porta si aprì, Ariel rimase a bocca spalancata.
La porta era
stata aperta da un ragazzo alto affascinante dai
capelli corvini e gli occhi ametista dalla coda rosso scuro.
-“Salve
fratellino.”
Arren non ebbe
nemmeno il tempo di rispondere che dall’entrata
spuntò un bracciò che tirò dentro il
ragazzo e subito dopo ne uscì una figura
femminile, bassa un po’ minuta dai capelli castani raccolti
in uno chignon e
gli occhi ambrati . –“vi prego di scurarmi emh
scusarmi!” – la donna spalancò
la porta e uscì dalla soglia per salutare i ragazzi.
-“Io
sono Ofelia, la madre di Arren” – si
avvicinò ad Ariel
per abbracciarla calorosamente.
-“Salve
signora è un piacere conoscerla…”
– disse un po’ intimorita
lei.
-“Prima
regola, non chiamarmi signora! Sei una di famiglia
ormai, chiamami Ofelia o se preferisci mamma!” –
disse la signora dalla coda
argentea in un eccesso di entusiasmo. Arren cercava di farle cenno che
non era
il caso di accennare a farsi chiamare mamma dato la perdita di sua
moglie ma a
quanto pare Ariel era riuscita a ricomporsi rapidamente salvando la situazione come
sempre.
-“Ofelia
andrà benissimo, ha un così bel nome che sarebbe
un
peccato non utilizzarlo” – sciolse
l’abbraccio sorridendogli.
-“oh
Arren sono così contenta di vederti! Dovevi star via
solo qualche giorno e sono passati mesi!”- Ofelia
abbracciò anche lui poi gli
sussurrò piano ad un orecchio –“ Ariel
mi piace già moltissimo!!!”-
-“non
poteva essere altrimenti” – le rispose lui a voce
alta.
-“ ma
che maleducata che sono! Vi prego perdonate la mia
scortesia, lasciate pure qui i bagagli il maggiordomo si
occuperà di prenderli,
seguitemi all’interno della casa.”-
I ragazzi
oltrepassarono la soglia, Ariel guardò con
attenzione quella casa in cui si sarebbero fermati per un po’
di tempo e in cui
era cresciuto Arren.
Le pareti erano
bianche, riflettevano la luce e sembravano
ampliare gli spazi, come poteva immaginarsi c’erano appesi i
ritratti dei vari
antenati di Arren e in qualche angolo anche dei mezzi busti. Ariel si
fermò
davanti il ritratto che aveva visto sul libro in biblioteca.
Era un dipinto
fatto in Helios un tipo di pittura ricavata
dalle alghe che rendeva i colori brillanti e persistenti, il generale
era in
uniforme, aveva i capelli biondi gli occhi verde scuro e un paio di
folti baffi
incorniciati da altrettanto folte basette, era stato ritratto mentre
sfoderava
la spada e l’aurea in cui era circondato gli dava un
chè di eroico.
Recava la
scritta sotto il dipinto:
Ser
Arren Versiv difensore dei deboli
e protettore dei giusti.
1780 - 1905 morto
in circostanze
sconosciute.
La somiglianza
era incredibile, aveva lo stesso sguardo di
Arren per non parlare dei lineamenti poi…
-“ mio
nonno, non l’ho conosciuto ma dicono tutti che gli
somiglio molto”- Arrivò da dietro Arren facendola
sussultare.
-“già,
lo penso pure io…” -
appoggiò la sua schiena contro il suo petto.
-“credo
che gli saresti piaciuta”- la cinse lui rimanendo in
osservazione
del quadro.
-“è
stato un grand’uomo nonché eroe”
– poggiò le mani sulle
braccia di lui.
-“spero
un giorno di diventare anch’io coraggioso come lui”
–
-“spero
proprio di no!” – esclamò lei
–“ non sopporterei l’idea
di perderti per un qualche atto eroico!” –
-“ma come siamo
sentimentali… se
ascoltassi i vostri
discorsi un minuto in più credo di poter vomitare, e poi
Arren come sei
cambiato! Non ti avrei mai fatto capace di certi discorsi!”-
disse una voce
femminile.
Ariel si
sentì umiliata – “da quanto eri qui? E
poi tu chi
sei?!” – chiese esterrefatta sciogliendosi
dall’abbraccio con suo marito.
-“chi sono io, cara? Oh
io sono il tuo problema personale…”
Fine capitolo.
Angolo
autrice
Allora,
questo era il primo capitolo della seconda serie di Another Ending,
dato il
finale aperto non avevo escluso l’ipotesi di continuare la
serie e finalmente sono
riuscita a tirar su una seconda trama abbastanza avvincente e spero per
voi non
noiosa, ecco il secondo racconto di una forse… trilogia? Non
lo so, dipende da
come va questo secondo racconto, quando l’avevo iniziato a
scrivere non avevo
nemmeno contemplato una seconda serie. Come al solito aspetto vostre
opinioni
recensioni, e se avete suggerimenti perché no! Non rifiuto
nulla XD fa sempre
tutto piacere!
Un
abbraccio alle mie appassionate lettrici!
Clara_Oswin