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Autore: Bluelectra    03/07/2014    6 recensioni
E se il Destino avesse assegnato a Dudley Dursley una figlia speciale? E se il Destino, che spesso sembra imprigionare dentro una morsa, si rivelasse la miglior arma per spiccare il volo?
Dal Capitolo 5:
"Ci è stata rivolta una domanda di ammissione alla famiglia da parte di Albus Severus Potter, in quanto cugina di secondo grado dei qui presenti Potter," Angie si chiese come diamine ragionassero quei Grifondoro... Ammessa alla loro famiglia?! Lei ce l'aveva già una famiglia! Ed era pure affezionata a loro.
"Quindi per entrare a far parte della famiglia devi sottoporti ad una... Prova. Ognuno di noi ha il diritto di farti una domanda, a cui devi rispondere sinceramente, escluse me e Rox che possiamo farne due."
"Perché?" chiese candidamente Angie.
"Perché siamo i capo-famiglia e comandiamo noi." disse sbrigativa Roxanne.
"Accetti?" chiese Victoire sempre con lo stesso tono grave e un cipiglio serissimo.
"Ma figurati! Non vedi che se la sta facendo sotto!" disse con tono irriverente James Potter che sedeva sul poggiolo di una finestra con accanto Dominique.
Angie guardò Potter e fissandolo dritto negli occhi rispose con un sorriso:
"Accetto."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Cap.18 Something there
 
Con l’esaurirsi del mese di Febbraio e l’incedere promettente della primavera, i problemi che avevano afflitto la giovane Dursley sembrarono diradarsi notevolmente.
A partire dal fatto che la “piccola palla di pelo rossa”, nota ai più come Antares, aveva accettato di essere nutrita anche da Hagrid oltre che da Angelique, liberandola dunque dall’impegno di doversi recare almeno cinque volte al giorno dal guardiacaccia per somministrare il rancio alla piccola fenice.
Inoltre Sophia Osborne, forse per la schiacciante vittoria riportata sui Corvonero che aveva condotto i Serpeverde ai vertici della classifica del Quidditch o forse per il rinnovato amore con Henry Saint Claire, aveva restituito la vita sociale ai componenti della sua squadra diminuendo la frequenza degli allenamenti.
E ultime ma non meno importanti erano arrivate le vacanze di Pasqua, che avevano concesso un respiro di sollievo a tutti quanti. O quasi.
Martha era entrata in una fase di ansia e panico acutissimi in vista degli esami del primo anno, che si sarebbero svolti due mesi e mezzo dopo, ma che lei sentiva incombere come una spada di Damocle sul suo capo. Così aveva passato la settimana abbondante di pausa per organizzare i propri ripassi e studiare come una forsennata, a nulla erano valsi i tentativi di Elena e Angelique di trascinare la rossa nel parco di Hogwarts per godersi le prime giornate di mite sole.
Un giorno Albus riguardo a questo comportamento ossessivo aveva farfugliato qualcosa di incomprensibile, (a causa della cioccolata delle uova fatte in casa da sua nonna Molly che dominava incontrastata nel suo cavo orale), ma che conteneva sicuramente “Zia Hermione”.
Mentre la compagna di stanza stava china sui libri, Elena e Angelique avevano dato il via ai primi tentativi di addestramento della fenice, la quale cresceva con velocità strabiliante e dopo solo un mese aveva raggiunto le dimensioni di una papera.
Eppure anche questo breve periodo di riposo era giunto al termine e le lezioni avevano ripreso a pieno regime, trascinando nel proprio vortice frenetico i Serpeverde appartenenti al primo anno.
Così era trascorso Marzo e buona parte di Aprile, che avevano visto un classico clima primaverile con l’alternarsi di acquazzoni violenti a giornate di sole con cielo terso. Un sabato pomeriggio appartenente a quest’ultima categoria Elena era riuscita a convincere i propri amici a passare qualche ora di svago sulle sponde del Lago Nero.  
La giovane O’Quinn era stata convinta con la blanda minaccia che, se non fosse uscita dai sotterranei del castello, tutti i suoi schemi per i ripassi programmati sarebbero stati bruciati di notte da un misterioso spiritello con enormi occhi verde scuro e la risata simile ad un ululato. Così aveva ceduto.
Angelique era passata da Hagrid e aveva preso Antares, per proseguire nell’addestramento che non stava producendo alcun risultato visibile. Così, nascosti da un insenatura per evitare di attirare sguardi indesiderati sulla piccola fenice, i sei Serpeverde si erano radunati sulla riva sassosa.
Elena aveva con sé il fedelissimo blocco da disegno e l’astuccio che Angie le aveva regalato a Natale. Si era messa all’opera non appena aveva trovato un masso sufficientemente comodo. Albus e Berty si erano lanciati in un agguerritissima partita a Sparaschiocco, Martha sedeva con le gambe al petto e, rosicchiando le unghie della mano destra, guardava alternativamente gli altri componenti del gruppo, ripetendo con voce funerea “Dovrei essere a studiare Trasfigurazione”.
Angie e Scorpius erano leggermente isolati rispetto agli altri e in mezzo alle risate provavano a far rispettare dei semplici ordini ad Antares, come cercando di farla stare ferma o convincerla a mangiare da sola. La fenice tuttavia sembrava sorda ad ogni tentativo di disciplina, continuava a zampettare attorno alla loro zona e strusciarsi sulla gamba di Angie per ricevere una carezza.
Ad un certo punto i due biondi risero più forte e gli altri si voltarono verso di loro.
Antares era scivolata su un masso coperto da licheni viscidi ed era piombata inesorabilmente nei pochi centimetri d’acqua della riva del lago, riemergendone poco dopo fradicia e starnazzante.
Il volto angosciato di Martha si distese in un sorriso compiaciuto quando inquadrò Angie e Scorpius che si spanciavano delle risate, poi i suoi occhi color cioccolato incontrarono quelli verdi di Elena, che avevano appena visto la stessa cosa e in cui brillava una pericolosa luce malandrina.
Dopo alcuni secondi di contatto visivo entrambe risero sommessamente attirando l’attenzione di Albus.
“Perché ridete voi due?” chiese con aria confusa osservando le due ragazze che continuavano a ridacchiare tra di loro.
Elena posò il blocco da disegno e dopo qualche istante di riflessione se ne uscì con un sorriso criptico:
“Qui forse… c’è qualcosa che prima non c’era…”
Albus corrugò le sopracciglia tanto da farle sfiorare, poi con un’improvvisa illuminazione si voltò verso i due biondi che ormai avevano smesso di ridere e stavano asciugando insieme la piccola fenice con getti di aria calda provenienti dalle bacchette, e anche il suo volto si distese in un sorriso furbo e pieno di significato.
There may be something there that wasn’t there before
 
Antares con tutte le penne arruffate e gonfie come un piumino da cipria si avviò verso la conca formata dalle gambe incrociate di Angie e si posizionò lì con un gorgoglio soddisfatto.
“Che animaletto buffo.” commentò Scorpius allungando una mano e accarezzando col dorso dell’indice la testa rossa della fenice.
Angie osservò con affetto Antares tendere il collo per avvicinarsi a Scorpius e facilitarne le carezze. Poi alzò lo sguardo su di lui e una fitta intensa e profonda le trapassò lo sterno andando a posizionarsi al centro del petto, era così viva da renderle difficile respirare liberamente.
Il tutto era dovuto al sorriso che campeggiava sul viso magro di Scorpius. Quelle labbra appena tese verso l’alto, in un misto di divertimento e di tenerezza, ammorbidivano i tratti leggermente spigolosi e illuminavano i suoi occhi grigi solitamente seri e duri. Era davvero bello.
Rendendosi conto dell’ultimo pensiero passato per la sua testa la ragazza distolse lo sguardo con un certo imbarazzo e le gote in fiamme.
Le era già capitato di restare stupita da quanto le labbra rosee di Scorpius modificassero il suo viso appena si aprivano in un sorriso, ma mai in quel modo.
Che cosa stava succedendo?
“Facciamo due passi, Angie?” la voce di Scorpius la riscosse dalle sue considerazioni e lei si alzò bruscamente, dimenticandosi del pennuto spaparanzato tra le sue gambe.
Antares sarebbe sicuramente caduta se Scorpius non si fosse mezzo lanciato sulle rocce levigate e l’avesse presa al volo. Ella emise un verso contrariato mentre il giovane la stringeva ancora tra le dita.
“Oh cavolo!” esclamò Angie rendendosi conto della mossa completamente sbagliata che aveva appena eseguito. Così la ragazza si chinò per aiutare l’amico, ma quando le sue mani si posarono su quelle di Scorpius per prendere la fenice, lui sollevò lo sguardo e i loro volti si ritrovarono a pochissima distanza, forse un paio di centimetri.
Angie rimase immobile con le labbra leggermente dischiuse mentre i suoi occhi sondavano quelli del ragazzo davanti a lei. Erano spalancati e la fissavano intensamente, senza sapere come interpretare quella strana elettricità tra di loro. Nonostante la posizione assurda, con Scorpius puntellato precariamente sulle rocce del Lago e lei china a sovrastarlo leggermente, nessuno dei due voleva muoversi. Tranne quel famoso animaletto che restava sopito nelle viscere di Angie e che i quel momento si stava contorcendo convulsamente, come se fosse stato colpito dalla voglia improvvisa di ballare la macarena.
Angie si sentiva sospesa in una sorta di bolla, in cui le uniche cose che avevano veramente senso erano quelle iridi color ardesia che la scrutavano e la fitta che le spezzava il fiato e la faceva sentire stranamente leggera. Era bello davvero Scorpius.
 I wonder why I didn’t see it there before
 
Un verso acuto proveniente dal becco spalancato di Antares ruppe lo strano incantesimo che si era creato tra di loro.
Angie si alzò in piedi e si schiarì la voce cercando di levarsi dalla testa la strana sensazione che sentiva. Scorpius riuscì a rimettersi in piedi e si spolverò i calzoni scuri che indossava.
Angie osservò che si muoveva sempre e comunque con un eleganza innata, anche mentre si sistemava dopo una caduta. Le mani erano affusolate e bianchissime, come tutta la sua carnagione, compivano gesti fluidi…
“Angelique stai bene?” per la seconda volta le sue elucubrazioni furono interrotte dalla voce chiara del ragazzo.
“Eh?” borbottò lei corrugando le sopracciglia e iniziando a camminare sulla sponda del Lago Nero con Antares appollaiata su una spalla.
“Mi sembri un po’ strana.” rispose lui scrollando le spalle e afferrandole subito la mano libera che penzolava lungo il fianco.
Angie sussultò leggermente ma non lasciò la presa e sperò vivamente che non si accorgesse del cambiamento di colore sulle sue guance.
There may be something there that wasn’t there before
 
 
Angie cercava di farsi largo nella folla che ostruiva il corridoio. Era l’ultimo cambio dell’ora di lunedì pomeriggio e una calca immane rendeva veramente difficile il transito da un capo all’altro.
E pensare che lei aveva le ultime due ore di Pozioni tre piani sotto e non sarebbe nemmeno dovuta passare in quel caos infernale!
Si maledisse da sola per aver scelto un momento tanto sbagliato per… Un gomito anonimo le si piantò nel fianco mozzandole i pensieri e strappandole un gemito di dolore.
In un impeto di frustrazione iniziò a spintonare anche lei alla cieca e con parecchia foga. Pur di riuscire a raggiungere la sua meta avrebbe anche estratto un machete dalla borsa e minacciato di far piazza pulita, quindi un po’ di lividi o al massimo un paio di costole rotte, a scapito degli altri, non le sembravano tanto gravi!
Finalmente riuscì a individuare il piccolo cortile che si apriva sul lato destro del corridoio sovraffollato e anche una chioma nera come il carbone, le cui ciocche erano sparse in direzioni spaziali del tutto casuali.
Per fortuna Rose le aveva dato delle indicazioni esatte!
Con un ultimo sforzo riuscì a riemergere dal fiume di persone, si arrampicò sul bordo di un arco scavalcandolo con agilità e piombando con un piccolo balzo sull’erba bagnata dal temporale mattutino. Con gli occhi fissi sui capelli scuri prese un profondo respiro e iniziò a camminare verso il piccolo crocchio di persone, ma dopo appena tre passi si fermò con la bocca spalancata.
Sotto la luce grigiastra di quel pomeriggio d’Aprile era comparsa una testa d’oro zecchino, di bronzo e di mille altri riflessi che danzavano tra quei fili preziosi come prismi al sole.
Angie deglutì a fatica e stava per voltarsi dandosela a gambe quando gli occhi scuri di Derek la incrociarono per caso e si illuminarono insieme al resto del volto in un sorriso amichevole, accompagnato da un cenno della mano.
Così Potter, la Paciock, Weasley, Jordan e un altro paio di ragazze di Grifondoro, di cui lei ignorava fino a poco prima l’esistenza si voltarono a fissarla, con un gamma di espressioni che andava dal sorpreso nei migliori dei casi ad una sorta di disgusto nel peggiore. Erano tutti attorno ad una panchina di pietra accanto alla fontanella al centro del cortile.
Angelique si morse il labbro inferiore mentre il suo istinto i sopravvivenza e il suo cervello ingaggiavano una lotta all’ultimo sangue, in qualche frazione di secondo.
Era da sola, senza Al, senza nessuna delle Weasley e doveva dirigersi verso un gruppo di persone che detestavano la sua Casa ed erano più grandi di lei… Ma se fosse scappata, come la sua autoconservazione stava urlando, avrebbe fatto una colossale figuraccia… Per di più davanti a Derek.
Inoltre l’aveva con sé da troppo tempo, all’inizio se ne era pure dimenticata, ma quando lo aveva trovato il giorno prima nella libreria si era convinta a restituirlo
Quindi prese un altro respiro molto profondo e si diresse lentamente verso Jessy, stringendosi tanto forte al petto il libro consunto che temeva si sarebbe sbriciolato.
Sul volto di Potter comparve il solito ghigno insopportabile che Angelique conosceva come le proprie tasche. Mentre lei si avvicinava però le sembrò che insieme a quell’espressione ci fosse anche una luce benevola nei suoi occhi, quasi di felicità… Ma ovviamente si stava sbagliando.
“Toh! Hanno lasciato aperte le gabbia del serpentario, Vipera?” chiese con il tono canzonatorio che perfettamente si accompagnava alla sua espressione. Le due ragazzine a lei ignote scoppiarono a ridere.
Angie alzò appena il mento e con tono glaciale rispose:
“Evidentemente anche quelle dei babbuini.”
Fu il turno di Fred e Derek di ridere fragorosamente mentre le due tipe si guardavano sconcertate. Sembrava che non riuscissero a capacitarsi del fatto che una ragazza potesse rivolgersi in quel modo a James Potter.
“Senti Potter…” riprese subito Angie, “Sono venuta solo per ridarti questo e ringraziarti.”
E così gli porse “I tre moschettieri” ma Potter osservò un po’ stranito il libro e poi la ragazza, senza prenderlo in mano.
“Non so di cosa tu stia parlando.” rispose poco dopo inarcando entrambe le sopracciglia.
Angie spalancò la bocca stupita, ma si riprese velocemente e proseguì con tono infervorato:
“Ma sei tonto?! Su questo libro ci sono scritte le tue…”
“Ti dico che i stai sbagliando! Io non ho questo genere di libri!” la interruppe lui mentre Derek si avvicinava di qualche passo e sbirciava il titolo sulla copertina.
“No, in effetti non mi sembra che ci siano manici di scopa o giocatori di quiddich… Quindi direi anche io di no!” aggiunse il biondo con un sorriso sghembo e appoggiò un avambraccio sulla spalla dell’amico.
“Potter…” sibilò Angie stringendo gli occhi e cercando di reprimere la rabbia che iniziava a crescere a dismisura dentro di lei. “Se non ti riprendi questo libro io…”
“Tu?” incalzò lui divertito.
“Io… Io…” effettivamente non aveva ancora elaborato una minaccia sufficientemente cruda, quindi si passò una mano sul volto e fece un profondo respiro. La situazione stava degenerando.
“Riprenditelo!” ordinò alla fine puntandogli il libro contro lo sterno.
“Gigì” iniziò con tono stranamente accondiscendente “Se un libro non mi appartiene io non me lo prendo… So che questo tipo di correttezza è ignoto a voi Serpeverde, ma dovresti capire lo stesso.”
Le due ragazzine sogghignarono alle spalle di James. Se Angie non fosse stata impegnata a trucidare con gli occhi Potter sicuramente avrebbe rivolto a loro quel preciso sguardo.
Il petto della ragazza si alzava e abbassava con velocità, a dimostrarne la rabbia, e gli occhi verdi scintillavano di furore per essere stata presa in giro, o peggio per aver commesso un errore.
Il volto di Jessy si aprì in un ulteriore ghigno di soddisfazione mentre lei abbassava il libro e se lo posizionava ancora vicino al petto.
Ma lei non poteva essersi sbagliata! C’erano le sue iniziali sulla prima pagina e il libro era comparso sul suo comodino non appena Potter era sparito sotto il Mantello!
“Sei talmente stupido Potter che mi passa la voglia d insultarti.” concluse con espressione dura e si voltò sferzando l’aria con la treccia di boccoli biondi.
 

In lontananza si sentì il suono della campanella che segnava la fine del cambio dell’ora e i Grifondoro si mossero verso l’aula di Incantesimi, tranne James e Derek.
Entrambi osservavano la figura slanciata e furente di Angelique allontanarsi con passo da generale.
“Quella è proprio una ragazza strana.” commentò Derek aggrottando le sopracciglia.
“Quella è unica.” concluse James riprendendo la sua tracolla lasciata accanto alla panchina e lasciando finalmente uscire quel piccolo sorriso sincero che aveva trattenuto per tutta la durata dello scontro-incontro.
Lui e un perplesso Derek si incamminarono verso il professor Vitious, mentre ripensava a quello che era appena successo.
C’era mancato poco che Gigì lo scoprisse a causa di quelle iniziali che si era completamente dimenticato di cancellare! Eppure alla fine, nonostante gli insulti e la rabbia, Angelique aveva tenuto il suo libro con sé e questa era l’unica cosa che davvero gli importasse.
Aveva calcolato tutto apposta perché accadesse esattamente ciò che era avvenuto, in modo che la sua Vipera potesse tenere sempre accanto a sé una parte di lui, una parte tanto cara al giovane Potter.
Non che questo avrebbe mai cambiato nulla nel loro difficile rapporto, ma il pensiero che il suo libro preferito, su cui aveva fantasticato per ore ed ore negli anni passati, fosse tra le dita sottili di Gigì gli dava un barlume di speranza.
A volte però la speranza non è forte come la verità.
 

Era a dir poco furibonda!
Come si permetteva quel bamboccione, quel microcefalo, quell’insopportabile borioso di farla passare per matta e per stupida?!
La prossima volta che lo avesse affrontato gli avrebbe rifilato una fattura ancor prima che aprisse bocca. Anzi lo avrebbe preso a schiaffi ancor prima che aprisse bocca per emettere solo stupidaggini!
Si ritrovò davanti alla porta dell’aula di Pozioni e la spalancò senza tante cerimonie. Troppo presa a inveire mentalmente contro Potter, non si rese conto che la Blackthorn era già entrata in classe.
La professoressa di Pozioni puntò il suo sguardo blu imperioso sulla ragazza e inarcò un sopracciglio con cipiglio severo.
“Mi scusi professoressa… Non credevo di essere in ritardo!” balbettò la ragazza con le gote in fiamme e avrebbe aggiunto volentieri che in ogni caso era tutta colpa di Potter quando la professoressa la anticipò:
“Si sieda Dursley. Due punti in meno a Serpeverde per il suo ritardo. Stavo dicendo…” e mentre la donna proseguiva nella spiegazione della pozione che avrebbero prodotto quel pomeriggio, Angie si avvicinò ad Elena, la sua solita compagna di calderone, e le si sedette accanto.
Quando la mora la guardò con aria interrogativa, lei le fece segno che avrebbero parlato dopo, non voleva far arrabbiare ulteriormente la sua direttrice di Casa.
Quindi non appena la voce della professoressa si fu spenta e tutti ebbero preso posizione davanti ai propri calderoni per mettersi all’opera, Elena bisbigliò al suo orecchio:
“Che cos’è successo?”
“Potter…”sibilò a denti stretti Angie mentre iniziava a sminuzzare forse con eccessiva foga una radice di Levitisco.
Albus, che lavorava assieme a Rose nel posto accanto al loro, si sporse oltre il calderone e la guardò con aria colpevole e mortificata, come se fosse pienamente consapevole che era colpa sua.
“L’altro, l’idiota!” bisbigliò Angie con un cenno della mano per rassicurarlo.
Elena ridacchiò e chiese divertita mentre le passava alcuni ingredienti:
“Che cosa ti ha fatto stavolta?”
Angie sussurrò in modo conciso gli avvenimenti dell’infermeria e quelli del cortile, mentre controllava l’andamento della pozione, che pareva impeccabile. Alla fine del racconto Elena stette in silenzio, seduta sul suo sgabello con le labbra arricciate e lo sguardo vagamente perso.
Passarono parecchi minuti prima che riprendesse la parola.
“E… Con Derek?”
Angie smise di far cadere col contagocce il distillato di fiori di Aconitum nel calderone e la osservò un po’ stranita.
“In che senso?” chiese con tono perplesso.
“Per le mutande di Merlino, ma sei veramente irrecuperabile! Nell’unico senso possibile Angie!” ribatté l’altra con tono spazientito. “Che cos’hai fatto davanti a lui? Che cosa hai provato?”
Angie spalancò la bocca per ribattere ma si bloccò con un espressione confusa stampata in faccia.
Già, che cos’aveva fatto? Che cos’aveva provato davanti al ragazzo che aveva popolato i suoi sogni nel suo primo anno di scuola ad Hogwarts?
Boccheggiò un paio di volte, annaspando per respirare, davanti alla risposta sconcertante e impossibile che le si palesò nella mente.
Niente.
Nulla.
Nisba.
Non aveva provato praticamente nulla, se non un vago imbarazzo per la bellezza del giovane. Ma non un solo istante l’animaletto, che solitamente si contorceva facendo le fusa non appena lo vedeva in lontananza, aveva dato segni vitali. Non un istante il suo stomaco aveva fatto le capriole o il suo fiato si era mozzato soffermandosi sui tratti cesellati di Derek. Non una volta aveva percepito la vertigine che invece aveva provato sempre più spesso con…
Il suo sguardo spiritato si spostò rapido da Elena a Scorpius.
Il giovane Malfoy stava collaborando con Martha ed era intento a mescolare la pozione.
Angie vide le sue labbra sottili muoversi per sussurrare a sé stesso il conto dei giri antiorari da eseguire. Un ciuffo biondo scivolò via dalla pettinatura perfetta e si posizionò davanti dal suo occhio sinistro.
L’occhio sotto cui c’era un neo minuscolo, quasi invisibile.
Scorpius era troppo concentrato nel suo calcolo per curarsi di quella ciocca ribelle.
“E altre volte ci si innamora della persona giusta senza nemmeno accorgersene.” la voce piena di comprensione e di tenerezza di Martha risuonò nella sua testa.
BUM!
Esattamente come nella capanna di Hagrid, con le tazze e la teiera, Angie fu colpita all’improvviso dalla consapevolezza di qualcosa che era rimasto in sospeso dentro di lei fino a quel momento.
Nello stesso istante Scopius alzò lo sguardo e incrociò il suoi occhi frastornati e stupiti. All’inizio la guardò un po’ interrogativo, ma si riprese quasi istantaneamente e le sorrise.
La pipetta del contagocce, che ancora stava tra le dita della sua mano destra, fu svuotata completamente nel calderone, mentre Angie si perdeva in quel sorriso luminoso e sincero che lui le stava rivolgendo.
Udì appena la debole protesta di Elena, secondo cui la dose di distillato era eccessiva, perché il suo cervello stava urlando a gran voce la verità appena svelata.
Lei..
“Angie…”
Era completamente…
“Angie… il calderone sta iniziando a muoversi!”
Innamorata…
“Angie credo sia meglio allontanarci.”
di Scorpius.
Ebbe appena i tempo di ricambiare il bel sorriso con uno molto ebete, prima che il suo calderone esplodesse con un gran baccano.
 

Scorpius era veramente perplesso. Sia dal sorriso strano che Angie gli aveva rivolto, sia dal fatto che avesse fatto esplodere un calderone, visto che ormai era chiaro a tutti che fosse la migliore della classe in Pozioni, sia dal fatto che la ragazza non sembrava nemmeno un po’ contrita davanti alla ramanzina che la Blackthorn le stava facendo per il rischio che avevano corso tutti quanti in quell’aula.
“Ehi O’Quinn, non trovi che la tua amica sia parecchio strana ultimamente?” chiese osservando Angie che non riusciva a smettere di sorridere mentre la professoressa toglieva cinque punti a Serpeverde.
“Non lo so Malfoy… Direi che strana per lei non sia una condizione eccezionale…” mormorò la rossa osservando l’amica con un sopracciglio inarcato.
In effetti anche lui aveva notato come fosse cambiata negli ultimi tempi. Loro erano sempre più vicini, sempre più complici e ogni tanto lui si imbambolava a osservarne il profilo. Ma al contrario dei primi tempi in cui gli sembrava che lei fosse distante anni luce e che fosse completamente inutile cercare di farle capire i suoi sentimenti, ora lei era vicina, presente in ogni istante, intuitiva nei suoi riguardi.
Sopra ogni cosa però Scorpius aveva notato come lei lo guardasse in modo diverso.
Non avrebbe saputo definire in che cosa consistesse quel cambiamento, eppure c’era qualcosa… Che semplicemente prima non c’era.
Quando finalmente la Blackthorn ebbe lasciato libere le due ragazze Angie si voltò verso di lui e gli sorrise esattamente come aveva prima, in quel modo un po’ ebete ma tanto splendente come se lui fosse il suo Sole personale. Sentì Martha ridacchiare mentre li osservava ma non le badò.
But then she's never looked at me that way before
E accadde.
O meglio cadde.
Martha all’improvviso si irrigidì accanto a lui e cadde per terra in preda a forti convulsioni.
Aveva gli occhi riversi indietro e le labbra livide si muovevano frenetiche, come a sussurrare qualcosa che lui non riusciva a distinguere. Si chinò immediatamente accanto a lei e chiese aiuto con tutto il fiato che aveva in gola.
La ragazza continuava a muoversi con scatti fulminei degli arti e della testa, rischiando di farsi del male con gli oggetti attorno a lei.
In un baleno la professoressa comparve, seguita subito da Angelique ed Elena, che osservavano terrorizzate l’amica riversa a terra. La Blackthorn ordinò a tutti di stare lontano mentre sfoderava la bacchetta e cantilenava degli incantesimi per bloccare l’attacco che stava scuotendo il corpo di Martha.
Lentamente le sue membra si rilassarono e si movimenti si placarono, finché la ragazza rimase immobile sul pavimento scuro dei sotterranei, i riccioli color del rame sparsi dovunque e il pallore mortale sul suo volto da bambola.
 
Angelique non seppe quanto attesero fuori dall’infermeria.
C’era stato un viavai frenetico di persone dentro e fuori dal quella maledetta stanza in cui loro non erano ammessi. Avevano ascoltato muti e immobili gli ordini che un Medimago mandato dal San Mungo aveva impartito con voce forte, avevano visto sfilare avanti e indietro la Blackthorn, Madama Chips, la McGranitt, Vitious e poi erano giunti anche i genitori di Martha.
I signori O’Quinn erano in tale contrasto tra di loro da risultare buffi.
Lui era altissimo, superava il metro e novanta abbondantemente, aveva gli stessi capelli rossi e disordinati della figlia e teneva stretta a sé la moglie come se fosse potuta scappare da lui con la prima folata di vento. Lei era di statura normale, ma sembrava una bimba accanto all’uomo, aveva lo stesso sguardo inconfondibile di Martha, pieno di calore e di gentilezza, i capelli castani e lisci erano racchiusi in una morbida coda bassa e si aggrappava al fianco del marito come se stesse per essere portata via da una folata di vento.
La preoccupazione per quello che era accaduto alla loro bambina era palpabile attorno a loro. Camminavano veloci e in sincronia per raggiungere al più presto la figlia nel momento del bisogno.
Ripensandoci, si disse Angie, non erano buffi, erano splendidi.
“Pe-pe-perché nes-s-suno vie-e-ene a dirci qua-a-alcosa, maledizione!” sbottò irato Berty tirandosi in piedi e rompendo il silenzio surreale che si era esteso per tutto quel tempo.
“Perché forse è più grave di quanto sembrasse.” mormorò Elena con tono vacuo e lo sguardo perso nel vuoto. Lo scricciolo moro si strinse nella sua divisa con un fremito, così Albus le passò un braccio attorno alle spalle nel tentativo di riscaldarla. La ragazza scoppiò a piangere contro la sua spalla.
Angie la vide per la prima volta singhiozzare aggrappandosi al maglione di Al e il suo cuore si strinse in una morsa di preoccupazione e ansia ancor più forti.
Così lei serrò più forte le dita attorno a quelle di Scorpius che non l’avevano mai abbandonata quel tetro pomeriggio, si aggrappò a quella mano mentre pregava nel modo in cui suo nonno le aveva insegnato.
Niente Ave Maria, niente Padre Nostro o Salve Regina, niente parole vuote e meccaniche, ripetute come automi.
“Quelle Pesciolino,” diceva sempre nonno Etienne “non servono a niente. Le ripetono quelli che non hanno pensieri per Dio. Tu ce li hai dei pensieri per Dio, Pesciolino?” e quando lei annuiva convinta lui sorrideva attraverso la barba ordinata e proseguiva: “Allora prega con i pensieri che vengo dal cuore e dalla testa, prega Dio come se stessi parlando con Lui, non come se dovessi ripetere quella stronzata del rosario.”
Sì, il nonno diceva le parolacce quando si arrabbiava, ma il Pesciolino aveva capito la differenza tra pregare col cuore e con la testa e blaterare parole vuote scritte da qualcuno due millenni prima.
Così rannicchiata vicino ad una colonna fredda, con la mano stretta in quella di Scorpius, pregò Dio come aveva pregato per Antares, una vita che le era stata affidata, ma lo fece con molta più intensità. Pregò che la sua amica, la prima che le avesse teso la mano quando si sentiva tradita dal comportamento di Scorpius, stesse bene e si riprendesse. Pregò per quel sorriso vivace, quello sguardo dolce e quella combattività che nessuno avrebbe accreditato ad un viso di porcellana come il suo. Rivolse a Dio tutti i pensieri belli che aveva su Martha, perché migliorasse e tornasse quella di sempre.
“Io l’avevo detto a quel cappello sudicio! Gliel’avevo detto!” singhiozzò Elena più forte dopo parecchi minuti.
“Di che parli?” chiese Scorpius con voce leggermente roca per il prolungato silenzio.
Il viso di Elena fece capolino oltre la spalla di Albus, stravolto e lucido di lacrime, e iniziò a parlare piena di foga gesticolando animatamente:
“Gliel’avevo detto che non volevo andare a Serpeverde! E quella cosa tutta sbrindellata e bruciacchiata mi risponde: -E dove vorresti andare?- e io gli dico:- Dovunque possa essere libera dalla mia famiglia!-. E che fa quel cretino? Mi manda proprio a Serpeverde!”
“Ma-ma-a che c’entra scu-cusa con Martha?” chiese Berty strabuzzando leggermente gli occhi.
Era infatti quello che si chiedevano tutti.
“Perché se mi avesse mandato da qualche altra parte non saremmo diventate amiche! E lei non avrebbe dovuto diventare matta per aiutarmi! E non le avrei mai fatto degli scherzi! E non si sarebbe stressata! E non sarebbe stata male per colpa mia!” le ultime parole erano state rotte dai singhiozzi che poi ripresero più forti di prima, mentre Elena nascondeva la testa tra mani.
Angie si alzò lasciando la mano di Scorpius e si sedette accanto all’amica abbracciandola. Era così magra e piccola tutta rannicchiata contro di lei.
“Ele…” la chiamò facendole alzare il volto. “Non è stata minimamente colpa tua. Non è stata colpa tua! Hai capito?”
La mora tirò su col naso in modo rumoroso e asciugandosi gli occhi e le guance con la manica della divisa chiese:
“Dici che non è stato perché l’ho minacciata di bruciare i suoi schemi?”
“No Ele.” rispose con fermezza Angie.
“E nemmeno perché le ho fatto passare tre ore a ripetermi come si faceva la trasfigurazione del colore dei fiori?”
“No.”
“E nemmeno perché le ho nascosto per due giorni il libro di Astronomia?”
“Beh, forse questo l’ha un pochino turbata…”
“E nemmeno perché le ho bruciato davvero uno schema di Pozioni per sbaglio?”
“Ehm…”
Ma mentre Angie cercava una scappatoia, la porta dell’infermeria si spalancò e la Direttrice di Serpeverde ne emerse con i capelli un po’ scarmigliati e l’aria stanca. Al suo fianco un uomo con una semplice tunica azzurra dall’aspetto molto professionale parlò:
“è sempre un piacere lavorare con te, Trix.”
Angie riconobbe la voce come quella che dava gli ordini dentro la stanza.
La professoressa si lasciò sfuggire un sorriso esausto e rispose:
“Non esagerare John, sono parecchio arrugginita…”
“Ma che dici?! Sei sempre stata la migliore al corso, Beatrix! Il caporeparto del Soccorso Auror piange ancora la tua perdita! E non è il solo…” e detto ciò prese una delle sue mani e la racchiuse tra le proprie.
“John…” la voce della Blackthorn era stranamente dolce e malinconica, come se stesso rivolgendo una tacita preghiera all’uomo che le stava di fronte.
“Professoressa!” disse all’improvviso Albus alzandosi e avvicinandosi alla donna, imitato subito dopo da tutti gli altri compagni.
“Siete ancora qui ragazzi?!” chiese leggermente stupita lei osservandoli uno ad uno.
“Ma certo! Non potevamo andarcene senza aver avuto notizie di Martha!” ribatté Elena con fermezza nonostante gli occhi rossi e la faccia stropicciata dalle lacrime.
“Oh beh… Sta molto meglio! Starà un po’ in infermeria per riprendersi, ma non è stato nulla di troppo grave.” rispose la Blackthorn decisa ma sul “nulla di troppo grave” Angie fu sicura di aver percepito un tremito.
Era stato grave eccome, altrimenti non avrebbero chiamato uno del San Mungo!
“Bene, allora possiamo entrare a salutarla?” chiese subito Angie con un sorriso entusiasta. “L’ha detto lei che non è stato nulla di grave! Quindi possiamo almeno vederla?” aggiunse subito dopo vedendo l’incertezza negli occhi della professoressa.
“Sarebbe molto meglio di no…” iniziò la donna ma John la interruppe con una risata leggera.
“Avanti Beatrix! Vogliono solo salutare l’amica! Sono rimasti qui tre ore a gelarsi il culo sul marmo!” ma non appena si rese conto della parolaccia detta davanti ai ragazzi si mise una mano sulla bocca con aria colpevole. La Blackthorn strinse le labbra per non scoppiare a ridere e con un gesto del capo fece segno ai cinque Serpeverde di entrare.
Mentre passavano uno ad uno davanti ai due adulti, Elena osservò con aria sorniona le mani ancora intrecciate della professoressa e del Guaritore. Quando anche la Blackthorn se ne rese conto, ritrasse istintivamente la mano e osservò truce John.
Mentre Angie chiudeva la pesante porta dell’infermeria avrebbe giurato di sentire il rumore di uno scappellotto sulla nuca e quello di un gemito di dolore.
 
I signori O’Quinn si presentarono a tutti, con modi gentili e per nulla affettati. Avevano la stessa aria provata della Blackthorn e di John. Dopo qualche istante di conversazione li lasciarono da soli davanti al letto della ragazza.
Martha giaceva supina tra le lenzuola, con le braccia candide stese lungo i fianchi. Il suo petto si alzava e abbassava regolarmente, il volto era rilassato e sereno, come se non fosse mai accaduto nulla.
La prima ad avvicinarsi fu Elena che prese una delle mani dell’amica e se la portò vicina al viso, poi iniziò a elencare in un sussurro appena udibile:
“Mi dispiace tanto! Scusa per il libro di Astronomia, per i fiori, per la divisa di ricambio che ti ho fatto sparire! Scusa per aver bruciato quello schema, giuro che non l’ho fatto apposta! Scusami per quando a gennaio ti ho rubato l’ultima cioccorana, avevo tantissima fame! Scusami per …”
Angie si mise di fronte ai piedi del letto e fu subito affiancata da Scorpius, il quale si mise ad osservare Elena che si confessava e si incolpava praticamente anche della crocifissione di Gesù Cristo.
Mentre Elena parlava alla bionda parve di vedere l’ombra di un sorriso spuntare sul volto di Martha… Eppure sembrava che dormisse…
Solo quando la O’Quinn aprì un occhio e sbirciò Elena che aveva fissato il proprio sguardo sulle coperte, Angie non poté trattenersi dall’esclamare:
“Ma sei sveglia!” e subito si precipitò ad abbracciare l’amica, che scoppiò a ridere vedendo l’espressione allibita sul volto della Zabini.
“E mi hai lasciata blaterare per tutto questo tempo?!” chiese Elena incrociando le braccia davanti al petto.
“Volevo sentire per bene tutte le scuse che, se fossi stata sveglia, non mi avresti mai fatto!” ammise Martha alzando le spalle con aria innocente.
Elena continuò a borbottare come una pentola difettosa mentre anche i ragazzi salutavano la rossa. Angelique osservò le guance di Martha colorirsi di un leggero rossore quando Albus le confessò abbracciandola che erano stati tutto molto preoccupati.
“Che-che-che cosa ti-ti-ti è successo?” chiese Berty mentre Elena finalmente la smetteva di brontolare.
“Oh… Ehm…” la voce le si incrinò, ma schiarendosi la gola riprese con più energia. “Il Medimago mi ha spiegato che si è trattato di… di un… attacco epilettico.”
Angie trattenne il fiato rumorosamente.
No.
Non a Martha!
“No!” esclamò con forza mentre stringeva i pugni fino a far sbiancare le nocche.
Martha le sorrise un po’ tristemente ma proseguì nel racconto:
“Dicono che probabilmente la tensione accumulata ha fatto scoppiare l’attacco, ma che si sarebbe potuto verificare anche in un qualsiasi altro momento…”
“Ma è grave? Che vuol dire attacco epiplessico?” chiese Elena con sguardo angosciato.
“Epilettico, Ele. L’epilessia è una malattia molto particolare, che causa delle scosse elettriche in tutto il corpo e lo fa muove incontrollatamente. Esistono alcune cure, ma non si posso prevedere le crisi.” disse con tono accademico Angie e poi si rivolse con speranza a Martha: “Però mia madre mi ha detto che può verificarsi anche un solo attacco nella vita di una persona e poi non accadere più! C'era un bambino nella mia scuola che…” ma venne interrotta dalla testa ramata di Matha che si scuoteva con vigore.
“Il Medimago ha detto che le crisi si ripeteranno.” disse con un tono che non riusciva a dissimulare il dolore.
Il silenzio calò sul gruppo. Mentre Angie continuava a ripetersi che non era possibile che Martha fosse condannata a quella malattia. No. Non poteva.
“Io di-dico al dia-a-avolo il Medimago!” esclamò all’improvviso Berty tirandosi su gli occhiali sul setto nasale con fare estremamente deciso.
Martha lo osservò inizialmente stupita e poi un sorriso felice si aprì sul suo volto, rise per alcuni istanti e poi osservò ciascuno con grande intensità. Gli occhi color cioccolato erano leggermente lucidi quando dichiarò poco dopo:
"“Sono una persona davvero fortunata… Ha proprio ragione il Cappello Parlante: O forse a Serpeverde, ragazzi miei, troverete gli amici migliori!
“Non parlarmi di quel coso pulcioso!” sbottò Elena e riuscì a far ridere tutti quanti, nonostante il peso sul cuore per la condizione dell’amica.
Quelle risate ovviamente attirarono Madama Chips che si avvicinò a grandi falcate e li spedì tutti fuori senza che riuscissero a salutare Martha.
Appena la porta fu sbattuta dietro le loro spalle Elena prese a braccetto Berty e Albus e iniziò a blaterare qualche cosa riguardo agli Snasi, come che fossero degli animali estremamente sottovalutati.
Scorpius aggrottò leggermente le sopracciglia e fece per seguire gli altri tre, ma Angie lo trattenne per un braccio facendolo voltare verso di sé.
Era il momento giusto.
Doveva farlo, ora o mai più.
“Angie?!” la chiamò lui in risposta allo strano sguardo che lei gli stava rivolgendo.
“Scorpius.” disse lei annuendo a sé stessa per convincersi a parlare.
Il giovane Malfoy corrugò le sopracciglia tanto da farle scontrare ma non riuscì a trattene un sorriso confuso.
“Devi dirti una cosa Scorp.” aggiunse con tono grave.
“Ehm… Ok.”
Angie annuì di nuovo e prese un respiro profondo.
“Beh… Non so come dirtelo. Insomma me ne sono resa conto oggi… Cioè non è che prima non avessi mai fatto caso, però oggi è stato talmente evidente che mi sono sentita una sciocca per non averlo capito prima!” e si passò nervosamente una mano tra i capelli spostando alcune ciocche di ricci.
Scorpius aggrottò le sopracciglia ulteriormente cercando il filo invisibile del discorso insensato di Angie.
“Intendo dire che Martha ha appena scoperto di avere una brutta malattia e che se la porterà dietro per tutta la vita, ma ha visto le cose belle e le ha apprezzate ancora di più! Noi siamo le sue cose belle, le cose per cui vale la pena sorridere quando si soffre, per cui vale la pena lottare! Ecco… Tu sei la mia cosa bella… Tu sei la mia tazza preferita.” aggiunse le ultime parole avvicinandosi al volto del ragazzo con gli occhi fissi nei suoi.
“Che diamine vuol dire?” chiese in un sussurro Scorpius.
Erano talmente vicini che Angie poteva sentire il respiro accelerato del ragazzo sulle proprie labbra. Appoggiò la fronte a quella di lui e con un sorriso bisbigliò:
“Fattelo spiegare da Hagrid. Io non sono capace!”
Il giovane Malfoy le sorrise di rimando, pur non avendo capito nulla ma forse avendo realizzato le cose fondamentali, e sussurrò:
“Anche tu sei la mia tazza preferita.”
Le distanze furono colmate e le loro labbra si sfiorarono delicatamente mentre su di esse campeggiava ancora un sorriso.
Fu un bacio piccolo, timido e pieno di insicurezza. Fu però pieno di sentimento e di emozione, pieno di promesse per un futuro che non vedevano l’ora di affrontare insieme, mano nella mano. Proprio come fecero appena il loro primo bacio finì, intrecciarono le loro dita e camminarono insieme nel corridoio deserto, con un sorriso incontenibile a illuminare i volti di entrambi.
There may be something there that wasn't there before
 

 
Nota personale:
Finalmente sono uscita dal tunnel di esami che hanno prosciugato ogni mia energia! Ed eccomi qui.
Spero davvero che il capitolo sia piaciuto a tutti, ma so già che qualcuno vorrà la mia testa su una picca per aver unito questi due biondi. Mi auguro tuttavia che continuerete a seguire nonostante tutto.
La canzone da cui è tratto il titolo e le frasi inserite all’interno di esso è quella de “La Bella e la Bestia” in versione originale “Something there”, in italiano “Uno sguardo d’amore”.
Ringrazio immensamente le donzelle che hanno recensito gli scorsi capitoli:
Cinthia988, Ayumi Edogawa, Aduial, Martina87, Astoria McCartney, Sono_un_unicorno e FleurDa.
Aspetto i vostri pareri e le vostre recensioni.
Tanti baci a tutti.
Bluelectra.
  
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