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Autore: SmileRed    04/07/2014    9 recensioni
Leòn Vargas è uno dei ragazzi più sfigati del liceo. E' un ragazzo molto introverso, non parla e sta sempre per i fatti suoi. Viene spesso preso di mira dai ragazzi della squadra di basket e dalle cheerleader non sapendo di essere il sogno proibito di ognuna di esse.
Violetta Castillo è la ragazza più amata in tutto il liceo. E' la capo cheerleader, ha un carattere forte e deciso si può dire che sia una ragazza senza scrupoli.
Potrebbe mai nascere una storia d'amore fra questi due individui ?
[...]
"- Sai, amare è la cosa più bella che possa esistere, ma essere amati; è la completezza che avvolge l'anima inquieta. Ed è bello anche; poter con un sorriso ed un abbraccio esprimere tutto ciò che si custodisce nel cuore, tutto questo sai, non ha eguali. E ancora, poter con una stretta di mano sfiorare i brividi dell'emozioni altrui "è vivere" semplicemente vivere... poter sentire le carezze del cuore, mentre nella complicità appagante di un anima affine, si placa l'eterno uragano della lontananza "è melodia perfetta" che combina e sincronizza l'impercettibile sinfonia di un cuore colmo di felicità! Ho l'amore, semplicemente meraviglioso! Sai. -
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eres mi mayor peligro.
Capitolo 2.


Il giorno seguente tutto era cominciato male. Io e Diego avevamo litigato, Francesca non mi rivolgeva più la parola e Leòn non si era ancora fatto vivo.
Non che me ne importasse più di tanto ma era stato ' pestato ' per colpa mia diciamocelo, ancora non riesco a togliermi dalla testa l'immagine del suo viso ricoperto di lividi, e pensare che tutto era incominciato con una semplice chiacchierata per poi finire con una rissa per non si sa quale motivo. Certo non per gelosia ho sempre ribadito a Diego che non avevo intenzione di intraprendere una vera e propria relazione ma rimanere su quel filo su cui camminavamo da almeno sei mesi.
- Guarda guarda, la rubacuori - sentì una voce conosciuta alle mie spalle e di scatto mi voltai - non fa ridere Cami, davvero, non fa ridere - ripetei mentre lei era piegata in due dalle risate,
- dovresti vedere la tua faccia Vilu che c'è per pensare a Vargas ora non riesci neanche a dormire ? -. - Oggi sei proprio spiritosa eh ? comunque Leòn non c'entra niente mio padre è stato sveglio fino alle cinque a litigare con mia madre per telefono e le urla si sentivano fino in camera mia -. - Aspetta un momento, da quando Vargas è diventato Leòn ? - la osservai per un momento e sospirai - basta Cami ! La cosa è seria per colpa di uno stupido ballo Fran non mi rivolge la parola e Diego mi ignora come se non esistessi in più mi sento in colpa per tutto quello che è successo, se Leòn in questo momento ha il viso sfregiato è per colpa mia. Se non avessi accettato la sua proposta in questo momento tutto starebbe andando per il meglio: Io e Diego ci saremmo salutati con la solita ' limonata ', con Fran sarebbe tutto a posto e Leòn sarebbe seduto per terra vicino all'angolino del muro con le cuffie nelle orecchie, l'album da disegno fra le mani e senza nessuno livido sul volto... almeno nessuno provocatogli da Diego - in quel momento mi liberai di tutti i miei pensieri - va bene, prima di tutto prendi fiato e poi questa storia che è tutta colpa tua è davvero assurda, insomma da quando sei così Vilu ? cosa sta succedendo ? dov'è la Violetta senza pensieri, la ragazza che sculettava tutti i giorni per i corridoi fregandosene di tutto e di tutti, quella che non rispettava le regole, quella che non esitava a mortificare qualcuno perché era vestito male. Che hai Vilu ? - in effetti Camilla aveva ragione. Dove era finita la mia superbia, la mia superiorità, il mio fascino da cheerleader. Dovevo ritornare la Violetta di sempre, quella a cui non importa dei sentimenti altrui, quella a cui importa solo di se stessa.
- Hai ragione Cami, perché preoccuparmi tanto. Sono Violetta Castillo cavolo, sono la capo cheerleader -. - No aspetta ! Io non volevo dire che dovevi ritornare quella di prima volevo solo sapere dove era finita - disse cercando di fermarmi, ma il tentativo era inutile quanto le parole sprecate, ero già per i corridoi a pavoneggiarmi come non mai.
Top, minigonna, scarpe da ginnastica e sorriso smagliante Violetta Castillo era tornata all'attacco.


L'aula di scienze era vuota, le sedie erano in perfetto ordine, i banchi puliti e le scritte sui muri erano state ricoperte da vernice bianca. 
- Ma guarda - dissi girando su me stessa per poter osservare meglio l'aula pulita e messa in ordine - bella vero ? - girai lo sguardo ed incontrai il viso di Diego a due centimetri dal mio,
- pensavo fossi arrabbiato - sussurrai girandomi dal lato opposto - senti lo so di aver sbagliato e me ne pento ma l'ho fatto solo perché mi rodeva e non poco vederti attaccata a quel criminale di Vargas. Avevo paura per te. Vedi com'è finita Francesca per essersi presa una sbandata per lui ? beh se non l'avessi notato ora è in cortile a riempirsi di caramelle gommose quasi come se ci fosse stato qualcosa tra loro, io non voglio dire che tu sia vulnerabile come lei anzi... ma il fatto è che io non voglio perderti per un fottuto poveraccio che viene a scuola pieno di lividi per chissà quali motivi. Se tu non l'avessi ancora notato io ci tengo a te - rimasi stupita dalle sue parole, così dolci, così sincere soprattutto perché erano uscite dalla sua bocca. Dalla bocca di Diego Hernandez. Gli allacciai le braccia al collo, gli lasciai un tenero bacio sulle labbra, lo strinsi a me, inspirai il suo odore: Acqua di colonia e poggiai il capo nell'incavo del suo collo.
- Non avrei mai pensato di udire parole così poetiche uscire dalle tue labbra. Mi hai stupita Diego - sussurrai questa volta poggiando il mento sulla sua spalla, lo sentì sorridere per poi stringermi a se circondandomi la vita con il braccio destro. Chiusi gli occhi e rimasi qualche secondo a godermi quel momento.
A farmi riaprire gli occhi fu un tonfo provenire dal fondo della classe. Era Leòn. Cuffie e cappuccio in testa, questa volta la felpa era aperta facendo così notare la maglietta blu che portava sotto ma ad attirare la mia attenzione fu il braccio fasciato, ero sicura che Diego lo avesse colpito solo in viso che difatti era ricoperto di lividi. Lentamente Diego si allontanò e si avvicinò a Leòn. - Senti scusa per ieri, io... davvero non volevo ridurti così ma ero accecato dalla rabbia. Sapere che il livido sull'occhio mi fa un male cane ti fa star meglio ? o preferisci colpirmi un'altra volta, scegli tu sono pronto a qualunque cosa per farmi perdonare - il mio sguardo era posto su di loro. Diego aspettava la sua risposta ma lui non fece niente stette per qualche secondo a guardarlo e poi si gettò sulla sedia abbassando lo sguardo verso il suo cellulare. Diego sospirò rassegnato e allargando le braccia in segno di resa disse - potresti almeno rispondermi ! So che parlare non è il tuo forte ma è possibile che è da quasi tre anni che ci conosciamo e non ho mai sentito la tua voce ? -. Beh la sua voce. La sua voce è una delle voci più belle sulla faccia della terra, una voce da ragazzo adulto, un po' da ragazzo duro il quale era. Alzò lo sguardo verso lui e in quel momento intravidi la ispida barbetta che gli circondava il volto partendo dai capelli ad arrivare al mento e il suo piercing a forma di anello sul labbro inferiore - non credo di avere niente da dirti. Mi hai preso di mira perché sono diverso prendendomi per il culo sei giorni su sette, dandomi del drogato e del pazzo, scherzando sulla mia vita come se fosse un gioco, sai Hernandez per quante volte avessi voluto e potuto prenderti a pugni non l'ho fatto perché non mi sarei mai abbassato ai tuoi livelli e per quanto volessi farlo adesso non lo farò. Tu e quei quattro coglioni montati che ti ronzano attorno non fate altro rendere la mia vita uno schifo più di quanto già non fosse, mi chiamate pazzo solo perché non sono come voi. Non sono un figlio di papà e sono fiero di non esserlo perché io un padre nemmeno ce l'ho. Non hai mai sentito la mia voce in tre anni perché non ho mai avuto niente da dirti perché se l'avessi fatto ti avrei fatto più male con le parole che con i pugni, pensi che io sia un fragile ragazzo che in vita sua non ha mai spezzato le gambe a qualcuno ma credimi sono stato capace di fare cose che tu nemmeno riusciresti ad immaginarti, se lo avessi voluto ti avrei spezzato le braccia dal primo giorno - rimasi di colpo alle sue parole la sua voce era così calma e ferma, stringeva tra le sue mani la camicia di Diego che era come immobilizzato colpito dalle sue forti parole. Avevo una voglia matta di correre da lui e stringerlo con tutte le mie forze, avevo le lacrime agli occhi più lo guardavo e più avevo voglia di difenderlo come si fa come un cucciolo abbandonato. In quell'istante lasciò la camicia di Diego che come spaventato indietreggiò di qualche metro. - Adesso sei tu quello che non ha il coraggio di parlare. Non dovrei accettare le tue scuse ne stringerti la mano in segno di resa e infatti non lo farò anche perché poi se le accettasi che cambierebbe ? ti farei solo un favore no ? non tutti i cani scappano con la coda tra le gambe ma sembra che tu lo stia facendo. Credi di essere superiore perché sei nella squadra di basket e non ti fai scrupoli a pestare la gente ? io non lo farei. Dal primo giorno che sono entrato qua dentro sarei potuto essere uno dei ragazzi più titolati qua dentro solo per averti reso invalido, ma non l'ho fatto solo per due motivi uno di questi già l'ho detto e non lo ripeterò il secondo è perché mi sarei potuto portare sulla coscienza un'altra persona e ne ho già troppe per essere un diciassettenne - se prima ero rimasta di colpo in quel momento rimasi pietrificata. Lui aveva ragione in tutto, ogni sua parola aveva un significato preciso, ogni sua parola faceva parte del suo significato di " Esistere ". Mi sentivo uno straccio, solo perché sapevo di essere stata una persona non degna di essere persona nei suoi confronti. - A... a... andiamo Violetta, prendiamo qualcosa al bar - afferrai la mano di Diego e lanciai un ultimo sguardo verso Leòn che era ritornato al suo posto come se niente fosse.


- Mi sento una merda Vilu. Aveva ragione le sue parole mi hanno fatto male più dei pugni, mi sento sporco, mi sento vuoto. Ma che sono diventato ? perché le sue parole mi hanno distrutto ? - sospirai e bevvi un sorso del succo alla pesca che avevo ordinato al bar - se potessi darti una risposta lo farei ma sinceramente non so nemmeno io cosa dire - risposi abbassando lo sguardo. - Parliamo d'altro. A che ora ti passo a prendere questo pomeriggio ? - corrugai la fronte - dai Vilu non puoi essertelo scordato. Questa sera. Cinema. Tu. Io. -. - Si scusa è che non ci ho fatto proprio attenzione non che non mi piaccia l'dea sia chiaro. Comunque potresti venire verso le sei e trenta -. - Bene allora alle sei e trenta sotto casa tua - rispose sorridendo,
- Andiamo in classe, stanno per cominciare le lezioni -. Gli circondai il busto con le braccia e ci avviammo in classe.
Questa volta la classe era piena, ognuno aveva già preso posto al suo banco. Francesca al primo banco con Ludmilla, Maxi e Marco dietro e ancora dopo Seba e Federico. Infondo alla classe invece c'era lui. Non aveva un compagno, era sempre solo spesso Maxi, Marco, Seba e Federico avevano cercato di allacciare rapporti con lui ma era sempre molto restio non amava la compagnia, stava sempre per le sue l'unico suo compagno era quello skateboard nero con i teschi che si portava dietro ogni giorno. Era come un compagno di viaggio per lui, spesso quando papà mi accompagnava a scuola lo vedevo girovagare sullo skateboard sia con la pioggia che con il sole e so che può sembrare strano ma anche quando cadevano fiocchi di neve.
Mi posizionai al mio posto accanto a Camilla. 
Durante la lezione di scienze lo sguardo di Francesca era sempre posto su Leòn che stava incidendo qualcosa con le forbici sul banco. Devo ammettere che anche io non riuscivo a staccare gli occhi da lui e infatti se ne accorse anche Camilla che ogni tanto mi dava delle gomitate.
- Ma la vuoi finire - sussurrai all'orecchio della mia compagna di banco - Vilu non so se te ne rendi conto ma Vargas prima o poi lo consumi - continuò lei - ma che stupidaggini vai dicen...-.
- Torres, Castillo volete farci presenti della vostra conversazione ? - domandò il professor Galindo - cose personali prof. Cose che non la riguardano - risposi giocherellando con una matita,
- Castillo spostati vicino a Vargas - a quell'affermazione spalancai gli occhi, tutti ma Leòn no ! Presi la mia roba e mi avvicinai al suo banco. Le forbici erano posate sul banco mentre lui aveva poggiato la testa al muro, mi accomodai sulla sedia e cercai di prestare attenzione alla lezione del professor Galindo.
Stare così vicina a lui dopo l'accaduto mi rendeva ancora più nervosa di ieri notte, aveva il braccio poggiato sul banco e le maniche della felpa erano arrotolate fin sotto il gomito, le vene che aveva sul braccio erano visibili come se sotto il tessuto epiteliale non ci fosse né grasso né sangue, non aveva molti peli ma quelli che c'erano erano ben visibili per il loro colore scuro, intravidi un tatuaggio sull'avambraccio interno non riuscì a vedere se era una scritta o un'immagine.
Aveva gli occhi chiusi ma sentivo il suo sguardo su di me.
- Bene ragazzi oggi ho intenzione di farvi lavorare ad un progetto. Non di scienze. Questo è un progetto sociale. Per quanto in questi tre anni abbia cercato di unirvi intendo come classe non ho ricevuto ottimi risultati, quindi ho deciso di formare tre gruppi ognuno formato da quattro persone, faremo un sorteggio quindi non voglio lamentele. Questo progetto consiste nel conoscervi l'un l'altro almeno iniziando con dei gruppi, vi incontrerete due volte a settimana avrete a disposizione un mese, voglio che in queste settimane voi prendiate appunti sulle vite dei vostri compagni basandovi sulle informazioni che loro vi forniranno alla fine ognuno di voi leggerà qui davanti a tutti la propria relazione. Incominciamo col primo gruppo - il professor Galindo sembrava molto deciso e devo dire che per la prima volta sono d'accordo con lui conoscere la vita o almeno qualcosa sulla vita delle persone che ' vivono ' con te l'esperienza dell'inferno è una cosa interessante. Girai lo sguardo verso Leòn che probabilmente si era addormentato - Allora il primo gruppo sarà composto da: Marco Tavelli, Sebastian Lopez, Camilla Torres e Elena Navarro. Il secondo gruppo: Leòn Vargas, Francesca Cauviglia, Diego Hernandez e Violetta Castillo. Terzo gruppo: Brodwey Nascimento, Natalia Navarro, Maximiliano Ponte e Ludmilla Ferro. - dopo l'annuncio dei gruppi suonò la campanella.
Mi alzai e lanciai un ultimo sguardo a Leòn che ormai era caduto in un sonno profondo.
- Ehi almeno stiamo nello stesso gruppo - sussurrai all'orecchio di Diego, sorrise e mi cinse la vita - credo che il nostro primo incontro sarà molto impegnativo - continuò lui con fare malizioso,
stavamo per far combaciare le nostre labbra in un bacio passionale ma venimmo interrotti da Francesca - è inutile che ve lo dica la prima settimana sto io con Leòn - aveva un'aria felice spruzzava gioia da tutti i pori - per me va bene - rispose Diego rivolgendomi uno sguardo - bene allora è deciso. Io e Leòn - anche se non lo davo a vedere stavo impazzendo, avrei voluto essere io in coppia con Leòn insomma solo per conoscere la sua storia non per altro sia chiaro. 


Quel pomeriggio ritornai a casa a piedi. Diego era dovuto rimanere a scuola per gli allenamenti e mio padre usciva tardi dal lavoro. Odiavo con tutta me stessa tornare a casa a piedi, era stancante oltre che noioso e anche pericoloso anche se abitavo nelle strade più protette della città per arrivare a casa dovevo passare comunque per La Boca uno dei quartieri più pericolosi, lì vi si trovavano locali come birrerie, night club, sale giochi ma la cosa che spaventava di più era " La tana del lupo " il cosiddetto locale della morte. Ragazzi e uomini di tutto l'età andavano lì per morire o per veder morire. Lì non c'erano regole potevi uccidere il tuo avversario come se niente fosse erano scontri fino all'ultimo sangue. So queste cose perché mio padre ha fatto chiudere molti di questi locali ma La tana del lupo era impossibile chiuderla aveva un giro di persone da far invidia perfino ai locali di New York.
Vidi un uomo posare lo sguardo su di me per poi sorridere, spaventata accellerai il passo.
- Ehi bambolina dove corri - era visibilmente ubriaco la puzza di alcool la si poteva sentire anche a metri di distanza - non scappare - continuò avvicinandosi sempre di più, d'un tratto sentì un braccio cingermi le spalle e un profumo di tabacco inebriarmi le narici - lei è con me Gordo - riconobbi la sua voce calma e distaccata - io... non lo sapevo, scusa ragazzina - si scusò il gigantone ubriaco. Strinse ancora di più la presa e continuò la strada. - Non dovresti camminare per queste vie sola - disse tenendo lo sguardo fisso sulla strada - io non sapevo che strada imboccare per tornare a casa - sussurrai in preda al panico per la vicinanza dei nostri corpi - è lontano da qua ad arrivare a casa tua -. - Come fai a sapere dove abito -. - Come se nessuno conoscesse casa Castillo - sorrisi al suo tono ironico avevamo superato La Boca ma il suo braccio cingeva ancora le mie spalle, mi piaceva il suo odore di tabacco ma la cosa più strana era che sentire il suo corpo così vicino al mio mi faceva sentire bene, protetta come da uno scudo.
- Mi dispiace per ieri... - dissi appoggiando istintivamente il capo sul suo petto - non preoccuparti - rispose continuando a camminare per la retta via, alzai lo sguardo per osservare il suo volto,
il suo occhio era viola e il labbro era spaccato senza volerlo il mio naso sfiorò la sua barba.
- Sta piovendo - sussurrai stringendomi alla sua maglia, d'un tratto si fermò allentando la presa veloce mente si sfilò la felpa e la poggiò sulle mie spalle, rimasi zitta per tutto il tempo, una volta avermi poggiato la felpa tornò a circondare le mie spalle.
Mentre stavamo camminando una macchina si fermò al nostro fianco bussando il clacson. Un uomo  sulla trentina dai capelli mori e il volto ricoperto di barba.
Leòn girò lo sguardo verso me e accennò un sorriso - scusa ma ora devo andare - disse scostando il braccio per poi avvicinarsi all'auto - aspetta la felpa - urlai, lui fece un cenno con la mano e poi salì sul mezzo. Guardai la macchina andare avanti mentre svoltai nella stradina della " Lion Statium ".
Rientrai in casa e corsi in camera a cambiarmi per l'appuntamento con Diego. Prima di sfilarmi la felpa la strinsi a me per conservare nelle mie narici il suo profumo.
Leòn Vargas sei letteralmente in pole position nella mia mente.



Angolo Autrice: Ciao a tutti ragazzi !!!! Come state ? spero bene. Prima di tutto volevo ringraziare tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite e le preferite ma soprattutto chi ha recensito che sicuramente mi ha aiutato a fare un passo in più per continuare la storia. Grazie a tutti.
Non so se questo capitolo vi sia piaciuto quanto vi sia piaciuto il primo ( per quanto ho letto nelle recensioni ). In più mi volevo scusare con le ragazze che hanno recensito e a cui non ho avuto il tempo di rispondere. Non so ma la cosa che mi ha colpito di più in questo capitolo sono le parole di Leòn, non so voi ma mi hanno toccato.
Bene spero che questo capitolo sia di vostro gradimento, scusate per eventuali errori grammaticali o di battitura ma non ho riletto la storia nel caso dopo possa rileggerla e trovare errori riposterò il capitolo corretto. 
Grazie ancora, baci a tutti voi.
Ciao !!!!!!
  
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