Capitolo 7
Una premessa: scusate per aver
pubblicato di nuovo il capitolo 6, ma quel ADORABILE computer che uso, al
momento della pubblicazione è andato in tilt, ragione per cui si è spento
all’improvviso e chissà che diavolo ha combinato…ora lo so! Quindi mi scuso per
l’inconveniente e…leggetevi questo NUOVO capitolo (sperando che oggi il mio
computer me lo permetta!!! XD XD)
Eccomi di nuovo qua, dopo due mesi di
splendide vacanze (quest’estate mi è andata proprio di lusso XD XD ) non ho
perso un secondo (sono tornata sabato sera) ed ecco a voi il settimo capitolo!
Ho cercato di metterlo il prima possibile per scusarmi dell’ENORME ritardo (che
non ha scuse lo so…ma niente sega elettrica eh? XD XD), quindi scusate per gli
eventuali errori ^^
Beh spero che tutte voi abbiate avuto
belle vacanze (senza nessuna materia rimandata...ti rovina l’estate >.<) e
spero che questo aggiornamento renda più lieto la fine delle vacanze
(noooooooooooooooooo!!!) e l’inizio di un nuovo anno scolastico (scommetto che
non vedete l’ora, eh? XD
XD).
Beh
che dire…good read! (le vacanze mi sono servite anche per imparare
l’inglese ^^ )
Nei giorni seguenti Sasuke si rifiutò di
uscire. Nonostante le pressioni di Naruto, preoccupato e curioso di sapere cosa
fosse successo, se ne stette tutto il tempo chiuso in
camera.
Usciva solo per andare in bagno e se non
fosse stato per Naruto, che gli portava da mangiare a letto, non avrebbe neanche
mangiato.
Il biondo non sapeva più che cosa fare,
era arrivato perfino a pensare di avere fatto qualcosa di sbagliato, anche se
era ben consapevole che il cambiamento di Sasuke non era stato determinato da
lui.
A scuola era sempre distratto, anche se
questo non è un aspetto particolarmente strano nella quotidianità scolastica di
Naruto.
Appena tornava a casa andava subito in
camera da lui, dove incontrava solo freddo e due occhi che non lasciavano
alternative se non quella, di andarsene. In quei momenti, non riuscendo a
sopportare quel silenzio così denso da poter essere respirato come aria, andava
da Shikamaru. Lì gli raccontava le sue incertezze, i suoi tentavi e il suo
dolore per ogni sguardo apatico che riceveva a ogni sua iniziativa. Il moro non
poteva fare altro che consolarlo fra le sue braccia e ripetere di avere
pazienza, pazienza ripeteva.
Naruto aspettava, ma ogni minuto
sembrava un ora e a fine giornata gli sembrava di essere un anno più
vecchio.
Alla sera i suoi genitori gli
telefonavano. Le solite cose. Come stai, cosa fai, come va la scuola. Solo per
accettarsi che non avesse mandato a fuoco la casa. Gli dicevano che gli mancava
e che sarebbero arrivati il prima possibile, ma per lui quelle parole erano solo
acqua e una paura nasceva al pensiero del loro ritorno. Le conseguenze sarebbero
arrivate.
“Tutti i nodi vengono al pettine” diceva
sempre Reira.
E alla notte sognava il ragazzo
incrociato al cancello di casa sua e continuava a immaginare il suo legame con
Sasuke. Amici. Nemici. Amanti. Fratelli.
Di quest’ultima cosa era molto incerto
poiché se fosse stato della sua famiglia avrebbe dovuto portarselo via, non
picchiarlo per poi andarsene. Però quegli occhi…
Qualunque cosa fossero, doveva davvero
essere una persona importante nella vita di Sasuke, nel bene o nel
male.
Quella sera, dopo cinque estenuanti
giorni di muta presenza, Naruto poggiò il vassoio della cena sul letto dove
Sasuke era steso. Il moro guardò il cibo, ma poi diresse il suo interesse alla
finestra, dove luci e rumori erano testimoni della vita notturna della
città.
“Dai Sasuke, per favore, mangia”
Il silenzio accolse la supplica per
niente nascosta dal tono stanco e disperato del
biondo.
“Fino a quando hai intenzione di andare
avanti così? Stai tutto il giorno a letto, ti alzi solo per andare in bagno, a
stento si può dire che mangi, non fai niente tutto il giorno, non mi parli, non
mi GUARDI nemmeno”
Neanche l’ultima frase, pronunciata fra
i singhiozzi trattenuti, era riuscita a far puntare l’attenzione di Sasuke da
quel poco che si poteva vedere dalla finestra alla faccia accaldata di
Naruto.
Il biondo sospirò bruscamente, cercando
di far fermare sul nascere le lacrime che premevano per uscire. Si passò una
mano sui capelli, intimandosi di calmarsi.
“Non capisco perché fai così. Non so chi
fosse quel ragazzo, non so perché ti ha fatto del male e non so che cosa volesse
da te…” il suo tono frustrato, divenne pieno di amarezza “ma so anche che finché
tu non mi racconterai niente, io non lo saprò mai. Continuerò a sentirmi
inutile, a dare la colpa a me stesso per non essere arrivato in tempo, a
soffrire perché non ho la minima idea di cosa fare…e perché il tuo silenzio mi
fa morire”
A quelle ultime parole finalmente Sasuke
distolse lo sguardo da fuori e posò gli occhi su Naruto. Non rispose, ma il
biondo si sentì lo stesso incoraggiato a
proseguire.
“Muoio perché non posso aiutarti, muoio
nel vederti così, nel vedere la tua pelle così pallida, i tuoi occhi così
spenti. Muoio perché…mi manchi. I tuoi sorrisi, i tuoi occhi, i tuoi baci, la
tua voce, il suono bellissimo della tua voce…ho paura di dimenticarli. Ma
soprattutto ho la terribile paura di averti perso. Non è così, vero Sasuke?
Dimmi che mi sto sbagliando, ti prego. Dimmi che le mie paure sono infondate,
che tutto tornerà come prima. Chiamami ancora per nome, ti prego, parlami
ancora. Non uccidermi con le tue stesse mani…”.
Calde lacrime scendevano dagli occhi
azzurri di Naruto, mentre con lo sguardo cercava una reazione, anche minima, su
quel corpo steso nel letto che una volta era Sasuke. Nonostante le sue speranze,
il moro non diede segno di aver sentito. Stava continuando a guardarlo, ma i
suoi occhi erano vacui, privi di espressione. Si asciugò le lacrime con il
braccio, indeciso se continuare a parlare o correre fuori da quella camera che
cominciava a odiare.
“Perché non riesci a fidarti di me?”
disse Naruto in un sussurro, carico di amarezza e
sconforto.
All’ennesima mancata reazione di Sasuke,
il biondo uscì lentamente dalla porta con la testa rivolta verso il pavimento,
chiudendosela dietro di sé.
Il moro continuava a fissare il punto
dove era sparito Naruto. Era immobile, niente faceva pensare che fosse qualcosa
di diverso da una bella bambola di porcellana, quelle da
collezione.
“Mi dispiace”
Fu appena un sussurro, così basso da far
venire il dubbio di essere stato solo pensato. Perfino Sasuke, unico testimone
di quel suono, si stupì della sua stessa voce.
Una lacrima segnò il suo passaggio sulla
candida guancia del moro. Passò alcuni minuti così, poi spense la luce, sperando
di addormentarsi per non svegliarsi più.
Una Mercedes nera si parcheggia davanti
a un piccolo negozio di alimentari. Un uomo vestito con un completo elegante,
probabilmente anche molto costoso, esce dalla macchina. La giacca nera
impeccabile sottolinea le ampie spalle e le braccia muscolose dell’individuo. La
camicia bianca senza cravatta spicca in mezzo a quel trionfo di nero. Giacca
nera, scarpe nere, pantaloni neri, capelli neri, occhi neri.
L’uomo si dirige ad ampi passi
all’interno del negozio. Il ragazzo giovane dietro al bancone al suo arrivo si
spaventa. Si agita, suda e sparisce subito dietro una porta,
inciampando.
Il ragazzo viene sostituito da un uomo
anziano, il proprietario. Spaventato quanto il ragazzo, ma con la testa alta
nonostante il tremore nelle gambe. L’uomo in nero chiede qualcosa. La sicurezza
del vecchio vacilla. Gesticola, cerca di spiegare. Invano. L’uomo infila una
mano all’interno della giacca e ne estrae un'altra cosa, anche quella nera. Gli
occhi grigi del proprietario si fanno grandi. Uno
sparo.
Tutto si fa nero.
Prima di cadere, due occhi gli penetrano
nell’anima. Occhi neri,impassibili.Il corpo del vecchio a terra.
Un sorriso.
L’uomo in nero che esce, calmo come era
entrato. Alcuni clienti urlano. Altri fuggono. Altri rimangono immobili davanti
alla scena.
Una giovane donna piange con la schiena
poggiata contro uno scaffale. Una macchia di sangue comincia a sporcare il
pavimento.
Il nero si tinge di rosso.
Gli occhi chiari dell’uomo ancora
aperti, chiedono aiuto, ma non possono.
L’uomo dalle ampie spalle entra nella
macchina, nera.
“Tutto a posto Fugaku?” chiede l’uomo al
volante.
“Sì, parti” rispose l’uomo in nero,
riservandogli gli stessi occhi neri impassibili usati mentre uccideva un
uomo.
La Mercedes con uno stridere di motori
parte, mischiandosi nel traffico cittadino.
Intanto una folla di curiosi si accalca
nel negozio. Chi si copre la bocca, chi vomita, chi guarda, chi non guarda.
Tutti sanno, nessuno può. Come la polizia. Perché la mafia è una forza che vive
apparentemente nascosta, ma è con noi, nella nostra vita di tutti i giorni,
senza che noi ce ne accorgiamo. Anzi no, senza che fingiamo di non
accorgercene.
Perché non si può fare altro. O meglio,
perché chi cerca di fare il giusto, non ha il tempo per capirlo. Il nero li
avvolge tutti, prima o poi.
Perché quando sei davanti alla morte non
sei più sicuro di non voler più vivere.
Sasuke aprì gli occhi leggermente
infastidito da quella luce che proveniva dalla finestra che Naruto aveva appena
aperto.
Il biondo gli posò il vassoio della
colazione sulle gambe, poi silenzioso come era entrato, se ne andò. Non aveva
avuto neanche il coraggio di guardarlo. Questa volta non aveva neanche provato a
parlargli. Perché per Naruto le parole di ieri erano state sufficienti, era
stanco di aspettare, era stanco di soffrire. Questo il biondo aveva pensato
quella mattina al suo risveglio, mentre il pensiero di Sasuke era stato ben
altro. Anche quella mattina si era svegliato, anche quella mattina era iniziato
un altro giorno, un giorno in cui non si sarebbe sentito partecipe, un giorno
scomodo come tutti gli altri. Certe volte ci si sente già morti prima ancora di
morire. Sasuke sentiva di non esistere, in un mondo che semplicemente accettava
di farlo.
Dopo un tempo che non seppe calcolare,
sentì la porta di casa chiudersi, per lasciare la casa apparentemente
vuota.
Appena senti quel rumore, Sasuke seppe
che Naruto era andato a scuola ed ebbe una tremenda paura di essere solo e così
come era successo per tutte le altre mattine da cinque giorni a questa parte,
consapevole di quella realtà si mise a tremare.
Tremava e piangeva. Stringeva con le
mani il cuscino e piangeva. Disperato, singhiozzava e il suo corpo fragile
veniva mosso da violenti rantoli.
Continuava così per ore fino a quando la
crisi scemava e il pianto lasciava il posto a quello stato di apparente
insensibilità in cui restava tutto il tempo in presenza di
Naruto.
Ma quella mattina durò molto di più. Il
significato delle parole pronunciate dal biondo la sera prima erano troppo forti
per essere ignorate.
Non uccidermi con le tue stesse mani
No non poteva essere, lui, proprio lui
che si era rifiutato milioni di volte di uccidere, di fronte a quegli occhi neri
che farebbero tremare anche il più impavido degli
uomini.
Il tuo silenzio mi fa morire
“No,NO!” urlava il suo cuore. Non poteva
fare questo a Naruto, l’unica persona importante per lui. L’unica che l’aveva
aiutato, l’unico che l’aveva fatto stare bene, anche se per
poco.
Perché non riesci a fidarti di me?
La sua voce, così triste e rassegnata
con cui aveva pronunciato quelle parole era stato per lui come milioni di
coltellate e risuonava nella sua mente vivida. Non era possibile, non poteva
essere lui a uccidere Naruto, l’angelo mandato sulla terra per salvarlo.
Allora alla fine era vero, era vero che
era scritto nel suo destino, era nato per uccidere. Suo padre aveva ragione,
quando diceva che non si può scappare da una cosa che fa parte del tuo DNA.
“NO, NO NARUTO! NOOOOO!
NOOOO”
Senza rendersene conto si era messo a
urlare e ora due occhi azzurri si erano precipitati nella stanza, preoccupati e
sorpresi.
Naruto non sapeva se gioire di quella
reazione o esasperarsi per la situazione critica.
Dopo un attimo di tentennamento, lasciò
lo zaino di scuola a terra e corse verso il letto, dove Sasuke stava continuando
a gridare e a piangere. Lo
abbracciò e sentii che tremava in modo violento. Al contatto il moro smise di
urlare anche se le lacrime continuavano a scendere copiose e i fremiti del corpo
non accennavano a cessare.
“Sasuke stai calmo. Sono qui, sono qui.
Non avere paura, va tutto bene. Tutto bene”
Erano parole stupide, senza senso e lo
sapevano tutte due. Però mentre lo abbracciava cullandolo e mentre sentiva le
sue mani stringere con forza la sua camicia, sentiva che erano le parole giuste.
Continuava a ripetere il suo nome, mentre sentiva la camicia bagnarsi dalle
lacrime e la stretta di Sasuke farsi più salda.
Continuò così fino a quando non lo sentì
sprofondare nel sonno e anche dopo rimase lì a letto con lui, stretto nelle sue
braccia.
Osservò il suo viso rosso dal pianto
rilassarsi nell’inaspettata tranquillità del sonno e il suo petto alzarsi e
abbassarsi a ritmi regolari.
Dopo un po’ si alzò e raccolse da terra
i resti della colazione sparsi su tutto il pavimento ancora tutti intatti, segno
che Sasuke non aveva toccato cibo.
Salì le scale con il pranzo e fu felice
di notare che il moro era ancora profondamente addormentato. Mise il pranzo di
Sasuke sulla scrivania e cominciò a mangiare il suo, finalmente pieno di
speranze e aspettative. Forse non era ancora tutto
perduto.
Aveva appena finito di mangiare quando
vide gli occhi del moro aprirsi. Aveva temuto questo momento fin da quando si
era addormentato, nell’eterna paura di trovare a guardarlo gli occhi passivi dei
giorni precedenti.
Quindi, gioì internamente quando
incrociò gli occhi, se pur tristi e arrossati, del Sasuke che conosceva e che
aveva imparato ad amare.
“Ciao…”
Non gli venne in mente nient’altro da
dirgli poiché qualsiasi cosa detta di sproposito avrebbe potuto rovinare
quell’attimo fragile.
“Naruto…”
La sua voce era debole, ma il biondo non
trattenne il sorriso che disperatamente cercava di affiorare. L’aveva chiamato
per nome, aveva parlato. Accolse l’attimo con
gioia.
“Vuoi mangiare qualcosa?” chiese
timoroso.
Sasuke scosse la testa. Aprì la bocca
per dire qualcosa, ma in un primo momento non ne uscì
niente.
“Naruto
io…”
“Sì lo so Sasuke, lo so. Non
preoccuparti. Per me va bene così, veramente”
I loro occhi si incontrarono e Naruto
non fu mai così felice come in quel momento. Quelle pozze nere valevano più di
mille parole. Vi leggeva tutto il dispiacere per quei giorni, i tormenti. Non
gli rivelavano la verità sui fatti accaduti, ma era fiducioso che presto Sasuke
si sarebbe confidato da solo.
Si avvicinò lentamente, osservando ogni
minima reazione. Quando allungò una mano per toccarlo, come aveva previsto,
arretrò. Il biondo non si scompose
e gli sorrise teneramente.
“Vieni giù con me? L’altro giorno ho
comprato un film bellissimo. Ti va di vederlo con
me?”
Il moro non rispose subito, ma dopo poco
annuì debolmente.
“Ok”
Quel semplice suono fu per Naruto una
liberazione dall’inferno. Con delicatezza lo aiutò a scendere dal letto e lo
aiutò ad andare in salotto. Lo stese sul divano ed accese il televisore.
“Mettiti comodo, io arrivo subito. Vado
a fare i popcorn”
Dopo due minuti, tornò con una busta di
popcorn di quelli “pronti in un minuto!”, come diceva l’etichetta. Mise su il
DVD e si accoccolò accanto al moro.
Non sembrava veramente interessato al
film, ma il fatto di poter passare quel tempo con lui, per Naruto fu il
paradiso.
A un certo punto sentì Sasuke
avvicinarsi più a lui e lo sentì sussurrargli
all’orecchio.
“Scusami”
Il biondino strabuzzò gli occhi,
incapace di credere a ciò che aveva sentito.
“Mi dispiace tanto, Naruto.Ti prego,
perdonami”
Naruto si voltò verso la faccia pallida
del moro, troppo sconvolto per dire qualsiasi cosa. Vide gli occhi colpevoli e
lucidi, le labbra serrate nervose.
E non poté resistere alla tentazione di
baciarlo, con dolcezza. Con suo grande stupore non lo respinse, allora
incoraggiato, continuò, accarezzandogli i capelli.
Quando si staccarono Naruto lo guardò
dolcemente, scostandogli dei capelli dagli occhi.
“Grazie. Grazie,
Sasuke”
E lo abbracciò certo che quei contatti
valevano più di mille perdoni. Sentì il corpo di Sasuke rilassarsi fra le sue
braccia, mentre la testa del moro premeva affondato nel suo petto. Non seppe per
quanto stettero lì, abbracciati mentre Naruto gli accarezzava i capelli, ma il
moro in quel momento sentì che gli era stata data un'altra chanche. Fu come
tornare alla vita.
Lo squillo del telefono li colse ancora
abbracciati sul divano. Naruto di malavoglia andò a
rispondere.
“Pronto?”
“Ciao tesoro come
stai?”
La voce di Reira lo colse alla
sprovvista.
“Ciao mamma. Bene grazie. Voi tutto
bene?”
“Sì grazie, siamo stanchi, ma bene. La
scuola?”
“Come al solito, mamma” disse
annoiato.
“Non ti fai sgridare dai professori
vero?”
“No,mamma. Me lo devi chiedere ogni
sera?”
La donna rise dall’altro capo del
telefono.
“Sì hai ragione, scusa. E’ che non mi
racconti mai niente di quello che ti succede… se hai qualche ragazzina, qualche
cotta…”
Naruto si fece improvvisamente
rosso.
“NO, mamma. Tutto nella normalità.
Piuttosto come sta la vostra amica?”
“Sachiko sta meglio. Molto meglio.
Continua a scusarsi con noi, per tutto il disturbo, gli dispiace anche per te da
solo a casa. Ma tanto te la cavi no?” senza dargli il tempo di rispondere sua
madre continuò.
“comunque non ti preoccupare. Entro un
paio di giorni saremo a casa. Ormai serviamo più là che qua e poi non vediamo
l’ora di abbracciarti!”
Naruto non rispose subito, impegnato a
comprendere le parole appena sentite. Soltanto due giorni. Due insignificanti
giorni e ancora i suoi genitori non sapevano dell’esistenza di Sasuke, con cui
peraltro aveva appena ristabilito un equilibrio precario che potrebbe
sciogliersi da un momento all’altro. Questo era il momento di dirglielo, ma
ancora una volta non ne trovava il coraggio.
La voce della madre riapparve
preoccupata.
“Naruto tutto bene? Non sei
contento?”
Naruto si affrettò a
rispondere.
“s..ì…certo, certo! E’ che mi hai colto
di sorpresa pensavo sareste stati di più via”
“Siamo già stati troppo. Dobbiamo anche
tornare a lavorare! Ma sei sicuro di stare bene? C’è qualcosa che ti preoccupa?
Lo sai puoi sempre dire tutto a…”
“Sì mamma tranquilla. Tutto ok. Salutami
Iruka, a presto ”
Prima ancora che la madre potesse
salutarlo, Naruto ripose la cornetta. Se adesso lo avesse detto a Sasuke, non
sapeva come avrebbe potuto reagire. Per lo stato emotivo in cui si trovava ora,
avrebbe potuto fare di tutto, anche uccidersi.
Tornò in salotto continuando a ripetersi
nella mente la stessa cosa. Si sedette accanto a Sasuke che lo guardò stranito.
Prevenendo la domanda rispose spiccio
“Tutto bene,
tranquillo”
Pentito del tono secco, gli sorrise con
dolcezza e gli diede un leggero bacio sulle labbra. Il moro sembrò soddisfatto
di ciò e poggiò la testa sulla spalla del biondo, mentre Naruto gli cingeva le
spalle con un braccio e riprendevano la visione del film, ormai giunto quasi al
termine.
Due giorni. La verità. La fine della loro
piccola realtà che si erano creati in un mondo crudele, che non aveva spazio per
loro. Due giorni per trovare una soluzione. Due giorni per evitare il disastro.
Due giorni per fare la somma delle loro azioni. Due giorni per affrontare le
proprie paure. I due giorni più brevi e allo stesso tempo più lunghi, della sua
vita.
Ringrazio mille chi commenta, mi fate
troppo felice e invito tutti a lasciare la propria opinione! Spero vi sia
piaciuto il capitolo ^_^