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Autore: Dante8878    05/07/2014    0 recensioni
un ragazzo e uno strano destino, un legame con un passato a tratti sconosciuto ed un principe, che si risveglia da un sonno millenario e medita vendetta..
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Palazzo di cristallo si ergeva su una collina, più in alto rispetto alla città, ma più per una questione difensiva che per una separazione tra ceti, con un grande lago poco distante, un luogo che ha dato vita a molti miti e leggende, come il Palazzo stesso. Benché non particolarmente imponente, nei giorni assolati dominava le superfici deserte circondate da canali e acquitrini. Non si hanno certezze sulla data della sua creazione, o perlomeno mancano, nella biblioteca del palazzo dei dati certi per averne un riscontro obiettivo, fatto sta che la gente non si è mai posta il problema, lo ha sempre considerato come un immortale simbolo cittadino, e questo gli è sempre bastato. Poco prima di esso c'è uno strano edificio che tutti chiamano "l'osteria del lupo", un loco ove gli avventori si fermano per desinare o fittare una camera, specie emissari di mercanti o ambasciatori di rango minore venuti per discutere con il Gran ciambellano di corte o il Tribuno militare. All’esterno era percorso da una serie di finestrelle insinuate quasi a forza tra le murature. La facciata guardava a est. Sul fianco sinistro, c'è modesto campanile, ormai più una memoria storica che altro, veniva usato in tempi di guerra per avvertire i sudditi di un pericolo imminente, e quindi dargli modo di rifugiarsi nei lochi adibiti a ciò. Sole alto, neanche una nuvola solo una luce splendente che riflettendo sul palazzo crea arcobaleni di luce, che si specchiano nel lago vicino. Un sorriso balena sul volto del nunzio mentre si gode lo spettacolo mentre corre verso l'entrata, "c'è sempre il sereno prima della tempesta" pensa tra se e se mentre varca il grande cancello, una lacrima di sudore gli bagna la fronte, ansioso mentre si fa identificare dalle guardie al cancello e sentenzia ,furente Nel frattempo, nella Stanza senza trono, il duca e i vari componenti del gabinetto reale erano intenti nelle solite discussioni sulle varie problematiche del regno, il primo a parlare era come sempre il ciambellano, un omuncolo tozzo, zoppo con due baffoni all'insu, che per lunghezza eguagliavano quasi l'altezza dello stesso, si chiamava Morb, e oltre le apparenze, godeva di un prestigio non indifferente nel regno, era amato e rispettato, per i suoi modi cavallereschi e i suoi occhi, furbeschi di un verde acceso, che facevano intendere ad un osservatore esperto quanto egli fosse molto più di quello che si vedeva in superficie. Comincio lui, dopo le solite manfrine e i salamelecchi rituali, d'usanza in quasi tutte le corti del regno oppure tutte notizie più o meno positive, tanto che il duca mando un sonoro sbadiglio mentre si teneva la testa con una mano, appoggiando il gomito sul tavolo, annoiato, anzi ammorbato dalle solite conversazioni di corte, piene di politichese e zero significato. Era un vecchio veterano di guerra il duca, un soldato a tutto tondo che odiava queste riunioni di palazzo, infatti, ogni tanto, una volta o più al mese spariva per qualche giorno, senza dire una parola a nessuno, e come sempre venivano mandate pattuglie su pattuglie di guardie di palazzo a cercarlo, senza successo. Era un prode guerriero, pieno di cicatrici sia sul corpo che sul volto, alcune coperte da una barba folta e grigia, alto e muscoloso, ma inadatto alla vita di palazzo, spirito guerriero, in quel loco era come un leone in gabbia e non faceva nulla per non farlo trasparire. Sbuffava mentre il "ciambellino" finiva il suo discorso per passare la palla al tribuno militare un uomo secco come un chiodo, dai lineamenti molto comuni in realtà, tratto dolente la sua zeppola, che rendeva complicato per gli ascoltatori non ridere, persino le guardie ducali ogniqualvolta faceva un discorso di incitamento, dovevano trattenersi, sino al punto che alcuni soldati mettevano una mano davanti alla bocca per non ridere. Questa volta però, il problema non ebbe luogo come il discorso. Arrivo il nunzio che frettolosamente entro e dopo un paio di inchini e salamelecchi, cominciò il discorso, appena ebbe il permesso da parte del duca, che gli è lo diede con un alzata di mano annoiata. Mettendosi sull'attenti cominciò con tono serio e solenne: "Mio signore..è arrivato poco fa un dispaccio dall'ordine, pare che alcuni soldati siano periti mentre esploravano le vecchie rovine del castello nero a sud est.." Si avvicina così al tavolo quadrato e appoggia una lettera su di esso dal lato del Duca, sentenziando "questo è quello che ho saputo dal loro emissario..questa lettera invece è per voi, e voi soltanto.." Il Duca lo congederà con lo stesso movimento, anche se i suoi occhi cominciarono a brillare, e un mezzo sorriso si palesò sul suo volto, forse era il lasciapassare per qualcosa di più interessante della vita di palazzo doveva scoprirlo. Fini di ascoltare ciò che avevano da dire gli altri componenti del consiglio, per poi ritirarsi nelle sue stanze e finalmente aprire quella strana lettera.
   
 
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