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Autore: mithrinhin    26/08/2008    2 recensioni
Capitolo 2: Come Secchan si fece furbo. Che abbia imparato qualcosa?
Durante le piovose serate estive, un ragazzo rinchiuso in casa con due vecchietti, che può fare per divertirsi? Fiondarsi nel seno di Mele? Prendere in giro Sesshoumaru?
Attenzione, storia ad alto contenuto di Melesità: Se Sesshoumaru in panni domestici vi annoia o disgusta, non leggete.
Attenzione, storia ad alto contenuto idiota. Se i pigiami azzurri indossati da adolescenti (maschi) vi annoiano, non leggete.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sesshoumaru
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Come Secchan si fece furbo

 


Quello stupido ragazzino si aggirava iperventilando per la casa.
-Meelee… Meelee…- gemeva, gli occhi vuoti come un drogato e le mani tese.
-Mele non c’è. È uscita. Torna tardi.- Sesshoumaru gli diede il colpo di grazia.
Il ragazzo boccheggiò. Per un momento sembrò stesse per svenire lì, nel centro della sala.
Poi si riscosse. –Ah. Ok.- Si girò, aveva le spalle così curve che le mani ciondolavano davanti alle ginocchia.
Sesshoumaru, con i suoi occhiali dalla montatura nuova (perché all’altra aveva mordicchiato tutte le stanghette) assunse la sua migliore posa da intellettuale (altro che Richard Gere).
Se il ragazzo si fosse gettato dalla finestra per disperazione? Avrebbe dovuto far sparire i resti, o Mele si sarebbe arrabbiata.
Se c’era quello di mezzo, Mele si arrabbiava spesso con lui.
Lasciò perdere momentaneamente la sistemazione del suo CV (non dice mai “curriculum”, perché CV fa più figo).
-Ehi.-, il nome, il nome! Fischiò per richiamarlo indietro.
Sentì una porta sbattere, il rimbombo di una corsa. –Meelee!!-
-Mele non c’è, ti ho detto.-
No, eh… NO. Se si faceva venire una crisi isterica ora che erano a casa da soli, lo avrebbe affogato, lo avrebbe avvelenato con le sue stesse varie lozioni per il corpo (che schifo, un ragazzino che puzza peggio di una pasticceria dentro un centro termale).
-Cosa vuoi da lei?
Quello si dondolava, e le sue braccia facevano un po’ impressione, così morte.
-Devo andare a danza.-
Sesshoumaru arricciò il naso. –Eh. Che problemi ci sono?-
-Servizio sospeso!!-
Lo fissò da sopra gli occhiali. Ma lui era già così sconvolto, che non ottenne nulla.
-Cioè?-
-Non ci sono i pullman!!-
-Eh.-
-“Eh.” ?!-
Gli faceva il verso?!
-Come faccio ad andare in città se non ci sono i pullman?!-
-Perché, pensi che lei ti possa accompagnare fino in città? Non. Ha. La. Patente., ricordi? Non ha neanche un’auto, per questo.-
-Sì, però lei ha tutti quegli amici…-
Sesshoumaru strinse gli occhi. –Quali amici?-
-Bill, per esempio. Bill ha la D. Bill ha un camion!-
Scosse la testa, pedante come al solito, e fece per ricordargli che Bill i camion li guidava, ma visto in che stato mentale il poveretto versava, soprassedé. Sospirò.
-Quando.-
-Cosa?-
-Quando devi andare a… a quella cosa!-
-Domani. Domani, ore cinque e mezza, fino alle sette, in via…-
-Sì, sì, gli estremi dopo. Ti porto io.-
-Co…cosa?-
-Ti porto io, con la mia macchina.-
L’espressione mutò sul suo viso simultaneamente con le ultime sillabe di “macchina”. Il ragazzo si gettò in avanti e Sesshoumaru si preparò a scattare indietro, perché quell’idiota poteva benissimo avere in mente di saltargli in braccio.
Fece di peggio.
Si buttò per terra, scivolando fino a lui, gli abbracciò le ginocchia e ci premette contro il viso.
-Grazie, grazie, ti farò il caffè fino a fine mese, ti porterò le ciabatte, sarò il tuo schiavo personale finch…-
-Smettila.- Ecco, meglio evitare che facesse affermazioni che nella sua piccola mente bacata avrebbero potuto avere reconditi significati sessuali. Rabbrividì mentalmente.
-E staccati dai miei pantaloni. Dio solo sa quali porcherie ti sei spalmato in faccia.-

 

Mele tornò verso le sei di sera, con una borsa grande con dentro altre tre piccole più una nuova borsetta di stoffa, e i piedi che a suo dire stavano per riempirsi di lividi.
Il ragazzino le saltellava attorno come uno di quei cagnolini da salotto (Sesshoumaru si sentì infinitamente superiore, in quel momento), e guardarono i libri, i fumetti,  le cose per i capelli, la maglietta rosa confetto della stessa marca della borsa, ma ti rendi conto, finché non andò da loro cercando di sopportare quel chiocciare per ricordare che era ora di cena.
Mele preparò una cosa orrenda con mozzarella, pomodori, basilico, cetriolini e tonno frullato, ma Sesshoumaru si sentiva troppo depresso per lamentarsi.


-Sei stato gentile con Manenglî, oggi.-
Frusciare di lenzuola.
Sesshoumaru proprio non riusciva a dimenticare che quel nomignolo aveva a che fare con il miele (che ribrezzo).
La sua mano calda sul fianco nudo. Mele si avvicinava così di rado, quando faceva caldo.
-Sì. Era… sconfortato.-
-Povero!- La mano si tolse. Sesshoumaru si accorse con terrore che lei stava per alzarsi. La acchiappò all’ultimo momento.
-Ehi. Gli è passata, non ricordi?- Già. Lui avrebbe voluto scordare l’immagine di quello che saltella come una capretta per i corridoi (e quando si era fatto portare il caffé gli era proprio sembrato che scodinzolasse).
-Sei stato davvero carino.-
Abbracciare Mele. Tutta quella carne morbida dove affondare le dita (mordicchiarne un pezzetto. Pensava che quella cena lo avesse sfamato?).
-Lo so. Tu me l’hai chiesto, e io cerco di farlo.-
Mele si sarebbe commossa? Quando c’era quello di mezzo, Mele si commoveva spesso.
-Oh, quanto sei un tesoro!-
Ecco fatto. Il seno di Mele premuto sul petto. Non troppo, grazie, o toglie il respiro.
C’era da chiedere perché preferiva che lei stesse sotto?
-Mele, non fa tanto caldo, stasera, vero?-
-Aha. Vuoi che prenda la copertina?-
Sesshoumaru scosse piano la testa. Ridere? Piangere? Prenderla con filosofia?
Le sollevò la maglia fino alle spalle e la fece riaccomodare sul materasso.
La maglietta cadde vicino alla gatta, che scappò via.
Mele si permise un “Oh” di comprensione.

  
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