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Autore: Fradale91    05/07/2014    16 recensioni
“Mi stai dicendo che due mesi fa ti sei iscritto ad una chat per ragazzi omosessuali e che lì sopra hai conosciuto questo Harvey” - “Harry…” lo sentii puntualizzare a mezza bocca- “e che adesso lui ti ha chiesto di poterti vedere in webcam?”.
[...]
“Farai tu le videochiamate al posto mio.” mi spiegò risoluto, sicuro come non lo avevo mai visto essere su niente da quando lo conoscevo.
[Larry/Ziall, Catfish!AU.]
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Niall
 
Ottobre era arrivato a Chicago così come nel resto del mondo.
La differenza fu che da noi, nell’Illinois, sembrò giungere con una certa violenza, quasi arrabbiato.
Quel giorno goccioloni enormi e fitti presero a venire giù fin dalla mattina. Il cielo non sembrava voler smettere di piangere per nessun motivo al mondo.
Era un lunedì ed io mi trovavo in facoltà da un numero di ore improponibile; sentivo solo l’irrefrenabile voglia di tornare a casa, mettermi una tuta e origliare l’ennesima chiamata tra Louis e Harry.
Recuperai l’ombrello dallo zaino e lo aprii quando ero ancora dentro l’edificio del campus. Mi feci coraggio, uscii dalla porta spingendo sulla leva anti-incendio e lasciai che un’aria gelida mi colpisse in pieno facendo sussultare l’ombrello.
Lo strinsi forte e mi avviai verso la fermata dell’autobus. Non c’erano stazioni metropolitane nelle vicinanze dell’università –cosa che mi lasciò parecchio interdetto la prima volta che mi ero ritrovato a mettere piede nel campus – quindi l’unico modo per tornare a casa era aspettare lì sperando che un mezzo pubblico arrivasse presto.
L’acqua e l’umidità minacciavano di penetrarmi fin dentro le ossa.
Due ragazzi fermi sotto la banchina sbuffarono prima che uno dei due “E’ mezzora che aspettiamo, Calum!” si lamentasse, quasi totalmente bagnato dalla testa ai piedi.
L’altro, Calum, scrollò le spalle e “E’ impossibile che non passi neanche un autobus!” gli rispose, come se si rifiutasse di accettare l’idea.
Tuttavia sbuffai anch’io nel sentire quella notizia: aspettare in quel gelo non era esattamente un’idea allettante.
Un lampo squarciò il cielo nero e rabbrividii prima ancora di sentire il rumore del tuono.
I due ragazzi si guardarono.
“Ok, torniamo dentro.” disse di nuovo Calum con il tono sconfitto di uno che stava cedendo troppo in fretta.
Sul viso dell’altro si dipinse un sorriso e un secondo dopo mi passarono entrambi davanti rientrando nell’edificio.
Il mio desiderio di andare via, però, era troppo forte per poter seguire il loro esempio.
Mi strinsi nella giacca, imperterrito, e aspettai ancora.
Dieci minuti e un bel po’ di brividi dopo, tuttavia, iniziai ad accusare segni di cedimento: l’aria era troppo gelida e ammalarmi era l’ultima cosa che avrei voluto.
Un’influenza mi avrebbe impedito di seguire le lezioni, di studiare e di fare una marea di altre cose che non potevo permettermi di abbonarmi.
Così, seppur a malincuore, dovetti far pace con la consapevolezza che non sarei mai tornato a casa in tempo per la videochiamata con Harry e che, per la prima volta, avrei dovuto lasciare tutto in mano a Louis.
In fondo rimandare di qualche ora non era possibile visto che a Londra era già tarda sera.
Feci una corsa per rientrare nel palazzo dell’università. Una volta dentro chiusi l’ombrello del tutto bagnato e mi tolsi la giacca gelida quasi quanto l’aria di fuori.
Mi addentrai di nuovo nei corridoi per cercare un posto più tranquillo e lontano dal chiacchiericcio degli studenti che, come me, erano rimasti bloccati lì per il mal tempo.
Cercai il numero del mio coinquilino in rubrica e quando fui totalmente avvolto dal silenzio avviai la chiamata.
Mi rispose dopo qualche squillo con un “Dimmi.” distratto, me lo immaginai seduto sul tappeto del salotto a giocare all’Xbox.
“Sono bloccato al campus, Lou.” gli riferii senza troppi giri di parole.
Lui restò in silenzio, forse aspettando che continuassi. C’era davvero bisogno di aggiungere altro?
“Mi stai ascoltando?” gli chiesi quando per troppi secondi non ricevetti risposta.
Borbottò qualcosa d’incomprensibile, sicuramente verso il televisore, e “Sì.” mi assicurò, salvo poi specificare “Ma non ho capito come la cosa possa riguardarmi.”.
Alzai gli occhi al cielo per poi rendermi conto che non potesse vedermi.
“Sono le quattro, Louis!” gli ricordai “Tra un’ora avremmo la telefonata con Harry.”.
Emise un suono che sembrò quasi un risucchio.
Percepii il suo panico dall’altra parte della cornetta: mi fu facile immaginare la sua faccia terrorizzata.
Beh,” disse poi “rimandiamo, no?”.
Tipico di Louis. L’idea di prendersi una responsabilità come quella lo stava mandando in iperventilazione.
Buttai fuori una risata.
“No Lou,” lo contraddissi “farai la videochiamata senza di me. A Londra è già tardi e non voglio rimandarla. Ha aspettato fino a quest’ora per parlare e mi dispiacerebbe dargli buca.”.
Imprecò qualcosa tra i denti ma lo ignorai.
“Puoi cavartela benissimo. Non agitarti, ok?” lo rassicurai ancora.
Va bene.” cedette infine “Ma se qualcosa dovesse andare storto non prendertela con me.”.
Poi la sua voce riprese vigore e “Aspetta un attimo!” disse allarmato “Hai il tuo pc dietro, genio, come dovrei chiamarlo?”.
Era forse un ultimo estremo tentativo di convincermi a rimandare la videochiamata? Alzai di nuovo gli occhi al cielo.
“Hai il tuo computer, Louis. Usa il tuo Skype e chiamalo. Inventati qualcosa!” ribattei.
E per non dargli occasione di rispondere ancora lo liquidai con un “Devo andare ora.” riappendendo subito dopo.
 
Feci una passeggiata fino al bar interno del campus per ammazzare il tempo d’attesa. L’ira del cielo sembrava non volersi placare e sentivo la pioggia sbattere violentemente contro i vetri delle aule man mano che le superavo procedendo lungo il corridoio.
Presi volutamente la strada più lunga per raggiungerlo: il peso dello zaino gravava sulle mie spalle ma avevo bisogno di far passare i minuti.
Mi scontrai con qualche ragazzo del mio stesso corso che, costretto dal maltempo, stava ciondolando come me da una parte all’altra di quell’ala dell’edificio.
Con qualcuno mi fermai addirittura a parlare; altri andavano troppo di fretta perché ancora impegnati con qualche lezione.
Alla fine, dopo circa cinque minuti di cammino, mi ritrovai di fronte al bar che, come temevo, aveva un bel po’ di persone davanti al bancone.
Mi avvicinai per mettermi in fila dietro a tutti. Avrei perso venti minuti per prendere un caffè ma tanto non potevo di certo dire di aver fretta. Nessuno mi avrebbe creduto visto che eravamo tutti lì per lo stesso motivo.
Quando pensai che la giornata non potesse andare peggio, però, il fato mi stupì ancora una volta: parecchi posti davanti a me una cresta di capelli neri svettava sulle altre teste, troppo riconoscibile per passarmi inosservata.
La vidi muoversi a destra e a sinistra: Zayn si stava guardando intorno.
Feci per andarmene proprio per evitare di essere visto ma la sua voce e il suo accento strano emersero nel chiacchiericcio generale.
“Ehi Niall!” mi sentii chiamare e fui costretto a fermarmi. Non che mi fossi mai fatto problemi a trattarlo con freddezza ma voltargli le spalle senza ritegno sembrò troppo anche per me. Era pur sempre il migliore amico di Louis.
Gli feci un cenno con la testa sperando che volesse solo salutarmi ma lui, invece, mi invitò a raggiungerlo. Mi guardai intorno e valutai la situazione: non sarebbe stato giusto passare avanti a tutte quelle persone ma ci pensò lui a togliermi dall’imbarazzo.
“Lui è con me.” lo sentii comunicare ai ragazzi che gli erano attorno.
E allora, non avendo praticamente altra scelta, mi avvicinai.
“Così ti risparmi un po’ di fila,” mi sussurrò direttamente nell’orecchio sinistro, stando attendo a non farsi sentire, “io sono qui già da dieci minuti.”.
Borbottai un “Grazie.” senza neanche guardarlo e presi a torturarmi le mani.
Sentivo il suo sguardo scuro bruciarmi il profilo del viso tanto che mi vidi costretto a girare la testa totalmente alla mia destra per riprendere fiato e lasciargli solo la visuale della mia nuca.
L’idea di distogliere i suoi occhi da me, tuttavia, non sembrava sfiorarlo e non si preoccupava neanche di comportarsi in modo discreto: mi guardava e basta, come se la cosa non fosse affatto inquietante.
“Pensi di smetterla?” gli chiesi infine, rivoltandomi per guardarlo a mia volta.
Lui sussultò, neanche l’avessi fatto tornare in un attimo con i piedi per terra dal pianeta in cui si era rifugiato.
“Di fare cosa?” mi domandò con aria innocente.
Non gli ero mai stato così vicino: il suo viso mi parve perfettamente simmetrico e proporzionato. Un filo di barba gli ricopriva il mento e le guance del tutto incavate; il suo naso non era né troppo grande né eccessivamente piccolo. E gli occhi… beh, quelli avrei anche potuto definirli belli se solo la mia testa non fosse stata programmata per detestare lui e tutto ciò che lo riguardasse.
“Di fissarmi.” dissi in un soffio con una voce che non mi apparteneva, debole e secca.
La sua vicinanza mi aveva appena messo in difficoltà senza che potessi accorgermene. Avvampai per quella debolezza che avevo appena mostrato del tutto in contrasto con gli atteggiamenti freddi e distaccati che ero sempre riuscito ad assumere in sua presenza.
Maledissi la facilità di arrossire che il mio viso si ostinava ad avere sempre nelle situazioni meno opportune e imprecai nella mia testa già convinto che quel rossore avrebbe aumentato a dismisura l’ego già parecchio sviluppato del ragazzo che mi era di fronte.
Mi aspettai di vederlo ghignare soddisfatto, convinto di aver conquistato anche me con quel suo fascino da cattivo ragazzo in conflitto con se stesso. Però non accadde.
Ciò se successe, invece, mi lasciò del tutto interdetto.
Arrossì anche lui, nonostante la sua carnagione olivastra avesse reso la cosa quasi del tutto trascurabile, e, distogliendo gli occhi dal mio viso fin troppo vicino al suo, “Scusami,” mi disse “certe volte non me ne rendo neanche conto.”.
L’avevo davvero messo in imbarazzo? Se qualcuno mi avesse raccontato di aver assistito ad una scena del genere non ci avrei mai creduto.
Pensavo che Zayn non si facesse intimorire da niente, che fosse uno di quei ragazzi spavaldi e senza scrupoli capaci solo a farti sentire inferiore.
Non che avrei smesso di ritenerlo irritante, ma almeno mi consolò il fatto di essermi, in parte, sbagliato su di lui.
“Ok.” fu tutto ciò che mi sentii di dire prima di procedere di qualche passo dietro la fila.
 
“Cosa vi porto, ragazzi?” ci chiese Ed, un tipo dai capelli letteralmente arancioni, passando uno strofinaccio su una parte di bancone dove doveva essere caduto un po’ di caffè.
Zayn ordinò rapidamente un latte macchiato prima di girarsi verso di me per spronarmi a rispondere.
Ci pensai su qualche secondo per poi chiedere solo un caffè semplice senza troppe pretese.
Ed batté il nostro ordine sul registratore di cassa e ci chiese due dollari e settanta centesimi. Mi dimenai nel poco spazio che avevo a disposizione per recuperare il portafoglio dallo zaino ma Zayn mi bloccò il braccio senza aggiungere niente.
Pagò prima ancora che potessi protestare e mi ritrovai a fissarlo come la bocca leggermente aperta.
Uscimmo fuori dal quel fiume di gente che ci permetteva a malapena di respirare e solo quando fummo del tutto lontani dalla mischia accennai al secondo “Grazie.” della giornata.
Lui alzò le spalle con noncuranza e “Figurati.” rispose abbozzando un sorriso con gli occhi rivolti verso la sua tazza fumante.
Spostai il mio peso da un piede all’altro per placare la mia insofferenza: non avevamo mai parlato tanto come in quell’ultimo quarto d’ora e difficilmente sarei stato in grado di restare lì ancora per molto.
Tossicchiai guardandomi in giro: “Forse è il caso che io torni alla fermata dell’autobus per vedere se… sai…” incespicai nelle mie stesse parole.
Lui annuì, forse in imbarazzo quanto me e “Oh, ok…” concordò.
L’espressione sul suo viso era del tutto indecifrabile. Sembrava quasi… delusa? Rifiutai quell’opzione.
“Grazie ancora per il caffè.” aggiunsi, già indietreggiando verso il corridoio dal quale ero venuto.
Sorrise appena.
Ma mentre mi allontanavo da lì mi sembrò di sentirgli dire “Grazie a te per la compagnia.”.
 
 
 
Louis
 
Ero nel panico totale.
Dopo la telefonata di Niall avevo spento il televisore prendendo il telecomando con mani tremanti. Ero rimasto seduto sul tappeto del salotto immobile per un intero minuto, come se avessi appena ricevuto la notizia più brutta del secolo.
L’idea di chiamare Harry per la prima volta da solo, senza la presenza del mio coinquilino, mi stava terrorizzando inspiegabilmente.
Sapevo che Niall aveva ragione: avrei potuto farlo tranquillamente, senza alcun intoppo. Durante le ultime videochiamate avevo fatto tutto da solo, senza che lui mi aiutasse in alcun modo o mi suggerisse nulla.
Eppure la sua presenza nella stanza, seppur inconsapevolmente, mi aveva sempre tranquillizzato, come se nel momento del bisogno sarebbe potuto intervenire senza problemi.
Che avrei fatto, invece, se nella videochiamata che stavo per fare fosse successo qualcosa?
Cercai di concentrarmi e di trovare gli aspetti positivi in quel cambio di programma.
Il primo che mi venne in mente era, allo stesso tempo, anche il più sbagliato: sarei stato da solo con Harry. E la cosa non poteva che infondermi una certa gioia.
Ero consapevole che, almeno per lui, non sarebbe cambiato niente rispetto alle altre volte. Ma per me sì, ed ero esaltato e terrorizzato insieme.
L’avrei chiamato con il mio account, dalla mia stanza e avrei parlato da solo con lui. Questo insieme di piccole cose mi mandò letteralmente fuori di testa.
Mi precipitai in camera senza neanche mangiare: l’avrei fatto dopo con la scusa di aspettare Niall per non farlo cenare solo.
Non avevamo mai usato il mio pc per le videochiamate: Harry non conosceva il mio account ma sperai che accettasse lo stesso la mia richiesta.
Quando lo fece, avviai subito la chiamata.
Ci mise un po’ a rispondere e lo immaginai seduto sul suo letto con le gambe incrociate a mordersi le unghie chiedendosi se fosse il caso di farlo o no.
Stavo per abbandonare tutte le speranze ma alla fine la sua immagine mi apparve sullo schermo.
Mi hai fatto prendere un colpo.” fu la prima cosa che mi disse quando mi vide. Poi sospirò tranquillo.
Ridacchiai nel vederlo così agitato.
Ho risposto solo perché sapevo che stavi per chiamarmi.” specificò ancora con un piccolo broncio ad increspargli le labbra.
Mi sembrava più raggiante del solito. Aveva una luce soffusa a circondarlo: forse aveva spento la luce principale e lasciata accesa solo la piccola lampada accanto al suo comodino.
“Scusa.” abbozzai incerto ma divertito.
Avrei potuto esporgli la situazione, dirgli la verità e spiegargli che quell’account apparteneva al “coinquilino Louis”. Ma non lo feci.
Vidi l’opportunità di poterlo richiamare altre volte in totale solitudine e così “Ho un secondo account.” gli mentii spudoratamente, “Quindi potresti ricevere altre chiamate da questo profilo.”.
Lui annuì soltanto. E quando rispose “Lo terrò a mente.” non riuscii proprio a sentirmi in colpa per la bugia appena detta: tutto quello che percepivo era soddisfazione mista ad una strana forma di adrenalina.
Mi sarei ricavato dei momenti solo per noi oltre alle chiamate con Niall.  
 
“Che ore sono lì da te?” chiesi per dare ufficialmente il via alla conversazione.
Lui spostò lo sguardo oltre la webcam, probabilmente per controllare un orologio, e poi “Quasi le undici.” mi rispose “Oggi è presto per me. Non dovresti essere a lezione ora?”.
Alzai le spalle, per niente in ansia per quella domanda scomoda.
“Sono tornato prima per il mal tempo.” spiegai, dando una versione totalmente diversa dalla realtà.
Piove?” mi domandò sovrappensiero.
Io risi sarcasticamente e “Piove è l’eufemismo dell’anno! Sta venendo giù il mondo.” dissi guardando fuori dalla mia finestra. Lui, probabilmente, non doveva neanche essersi accorto che la stanza alle mie spalle non fosse la solita.
E fa freddo?” incalzò.
 A questa domanda, sul suo viso si dipinse un sorriso strano, uno di quelli che non gli avevo ancora mai visto e che, quindi, non sapevo ancora decifrare.
“S-si…” risposi balbettando, intento a capire il senso di quel terzo grado.
Lui abbassò la testa incassandola nelle spalle larghe e tatuate.
Se fossi stato lì ti avrei riscaldato io.” sussurrò poi, serio ma timido: non era riuscito a dire quella frase guardando dritto in camera.
Io, invece, non avevo mai distolto lo sguardo dal suo viso. La sua stanza era buia ma mi sembrò di scorgere un certo rossore sulle sue guance.
Era la prima volta che si spingeva tanto oltre. Non aveva detto nulla di straordinariamente “compromettente” ma il suo era stato comunque un piccolo passo verso qualcosa di nuovo.
Non potevo cambiare argomento: non avrei lasciato che quell’occasione mi sfuggisse di mano.
“Ah sì?” lo provocai godendomi la sua espressione. Lo stavo mettendo in difficoltà, ma non in senso scomodo. Sembrava più intenerito che in imbarazzo.
Sì.” rispose piano, sorridendo ancora verso le sue mani piuttosto che verso di me.
“E sentiamo…” continuai “in che modo mi scalderesti?”.
A quello s’irrigidì appena. Alzò lo sguardo e “Niall!” mi riprese con le guance in fiamme.
Feci finta di ignorare il nome con cui mi aveva appena chiamato e “Che c’è?” chiesi innocentemente “Hai iniziato tu!”.
Scosse la testa e una fossetta uscì fuori solo su un lato del suo viso.
Parlavo di abbracci.” specificò poi. E gli credetti.
“Ah… sei uno che fa le cose con calma.” lo schernii “Mi piacciono i tipi all’antica.”.
Rise di pancia ma non disse niente.
“Vorrai conoscere anche la mia famiglia prima di portarmi fuori per un appuntamento?” chiesi, salvo poi pentirmene subito dopo.
Era tutto così complicato. Lui e Niall avevano mai discusso della reale possibilità di incontrarsi e di uscire in un futuro più o meno vicino? Non ne ero sicuro. Forse il mio amico me ne aveva parlato in uno di quei momenti in cui avevo evitato di ascoltarlo.
In ogni caso mi pentii di aver tirato fuori l’argomento perché non potevo fare a meno di pensare che sarebbe piaciuto a me andare ad un appuntamento con Harry.
Quando rispose “Perché no?” ebbi la conferma che lui e Niall effettivamente avevano parlato dell’eventualità di vedersi.
Sono uno che piace alle famiglie!” aggiunse poi.
E avrei voluto tanto parlargli della mia, di famiglia. Avrei voluto dirgli che non avevo un fratello già sposato con tanto di moglie e figlio a carico ma solo una marea di sorelle biondissime e quasi tutte adolescenti.
Ma non potevo farlo, ovviamente.
Decisi di non rimanere su quell’argomento per evitare di addentrarmi troppo nella questione “Greg e la sua famiglia”, dal momento che non sapevo molto su di loro se non qualche cosa che Niall mi aveva raccontato in rare occasioni.
“Dove mi porteresti per un appuntamento?” indagai per creare un diversivo.
Lui si portò una mano sul mento, facendo finta di pensare a qualcosa, ma poi “Chi dice che dovrei organizzare tutto io?” mi chiese con un’espressione buffa.
Risi scrollando le spalle.
“Nessuno ma… nel caso in cui toccasse a te?” incalzai.
Ignoravo il motivo per cui mi stessi impuntando tanto sulla questione. Forse volevo semplicemente creare qualcosa di solo nostro da poter ricordare.
Probabilmente opterei per la semplice cena seguita dal cinema.” confessò infine “L’hai detto tu che sono uno all’antica.”.
Annuii e “Gli appuntamenti classici sono i migliori.” concordai, non tanto perché la ritenni un’idea geniale, quanto perché ero convinto che, con lui, ogni programma sarebbe andato più che bene.
Magari succederà prima di quanto pensi.” disse poi, quasi in sovrappensiero.
Ma non feci ulteriori domande.
 
 
 
Zayn
 
La notte tra il lunedì e il martedì non dormii.
Non che la mia insonnia fosse una novità negli ultimi tempi.
La vera novità, però, stava nel fatto che quella volta a tenermi sveglio non fu la questione “Harry”, ma il ricordo dell’incontro che io e Niall avevamo avuto al campus.
Era stato relativamente gentile, considerando che non avevo scorto sul suo viso lo sguardo di sufficienza che mi riservava di solito.
I suoi occhi erano rimasti limpidi per tutta la durata del nostro breve incontro.
Era stato bello, nonostante la sua insofferenza e il suo imbarazzo fossero visibili a chiunque.
Lui, al contrario di me, non avrebbe conservato quei momenti nella testa come l’avvenimento più bello delle ultime settimane. Ma la verità era che non me ne importava più di tanto.
Ciò che mi rendeva euforico era il fatto che, se avesse voluto, avrebbe potuto evitare di passare quel tempo con me. E invece aveva scelto di non ignorarmi.
Avrebbe potuto far finta di non sentire la mia voce al mio richiamo al bar o, peggio, sarebbe potuto andare via. Eppure si era girato e mi aveva raggiunto.
Aveva sopportato i miei sguardi, salvo poi farmi notare che averli così insistenti su di sé non si stava rivelando una sensazione del tutto piacevole.
Una parte di me sapeva che non era il caso di attaccarsi a quei pensieri: chiunque le avrebbe considerate cose da niente. Ma io conoscevo Niall ed ero al corrente del fastidio che la mia sola presenza era solita procurargli. La mia mente non aveva potuto fare a meno di godere per quel piccolo traguardo raggiunto, seppur insignificante agli occhi dei più.
 
Quella mattina, quindi, decisi che sarei rimasto a casa.
L’acquazzone che aveva stravolto Chicago il giorno prima sembrava non aver lasciato tracce se non nella mia testa sotto forma di pensieri assillanti.
Mi alzai con calma dal letto: ero rimasto a poltrire più del dovuto e solo quando arrivai in cucina mi accorsi che erano passate le dodici da qualche minuto.
Avrei saltato la colazione per passare direttamente al pranzo.
Mi avvicinai al frigo per decidere cosa mangiare e mandai un messaggio a Louis per dirgli di chiamarmi appena libero delle sue lezioni: sentivo il bisogno di parlargli di Niall visto che, molto probabilmente, il biondo non gli aveva accennato nulla del nostro incontro.
Mi aspettati di ricevere una risposta tramite sms ma mi arrivò direttamente la chiamata.
L’accettai e “Mr. Cowell ha finito in anticipo?” gli chiesi senza neanche salutarlo.
E “Se vuoi lo chiamo per chiederglielo.” mi rispose “Io non te lo posso confermare visto che ho saltato le lezioni della mattina.”.
Che novità. Saltare le lezioni mattutine era sempre stato l’hobby preferito di Louis.
“Ti chiederei come mai ma so già la risposta.” commentai con un sorriso che lui non poteva vedere.
E invece, Zay, questa volta non lo sai.” ribatté lui sorprendendomi.
Prima che potessi chiedergli di darmi spiegazioni parlò ancora.
Non sono riuscito a dormire.” disse.
E il “Pure tu?” che mi venne fuori dopo fu proprio spontaneo.
Lo sentii sospirare.
Il mio problema si chiama Harry Styles, il tuo ha sempre il nome del mio coinquilino?”.
Styles… quindi era quello il cognome di Harry.
Richiusi il frigorifero senza prendere nulla e mi spostai in salotto per sedermi sul divano.
“Sì…” risposi “ma inizia tu.”.
Sbuffò.
In realtà,” continuò poi “non ho molte novità se non quella che inizio ad essere seriamente ossessionato da lui.”.
Mi sfuggì una risata ma la situazione era davvero tragica.
Ieri Niall per colpa del diluvio non è tornato in tempo per la videochiamata e per la prima volta ho dovuto fare tutto da solo.” mi spiegò.
L’idea che il contrattempo che aveva reso felice me, probabilmente, avesse reso triste Niall mi attanagliò lo stomaco.
Ed è stato bellissimo, Zay.” aggiunse.
Potevo scommettere qualunque cosa che sul suo viso, in quel momento, ci fosse “lo sguardo” a modellargli gli occhi.
Non voglio neanche pensare a quanto questo sia sbagliato e inadeguato ma è stato come se ci fossimo solo io e lui e nessuna menzogna in mezzo.” concluse “E non riesco a smettere di pensarci.”.
Lo capivo totalmente, tranne per il fatto delle menzogne. Tra me e Niall non c’erano bugie, solo indifferenza da parte sua. Ma il giorno prima, al bar, mi ero sentito esattamente come Louis: come se ci fossimo solo noi due e tutto fosse estremamente giusto.
Sospirò, come se si fosse tolto un gran peso dal cuore.
Non mi sentivo di dirgli nulla e, se conoscevo un po’ il mio migliore amico, ero quasi certo che non si aspettasse rassicurazioni o commenti da parte mia sulla questione. Il suo era stato solo uno sfogo e per di più gli avevo già dato il mio parere a riguardo.
Dal suo resoconto dedussi, come già mi aspettavo, che Niall non gli aveva nominato minimamente il nostro incontro nel campus.
Ma l’avrei fatto senz’altro io, visto che era arrivato il mio turno di parlare.
“Ieri io e Niall abbiamo passato del tempo insieme.”.
Sentii Louis trafficare con qualcosa dall’altro capo del telefono per poi chiedermi “Quando?” con il tono di uno che aveva appena realizzato la notizia.
Mi strinsi le gambe al petto sedendomi meglio sul divano.
“Nel pomeriggio, quando siamo rimasti bloccati al campus per la pioggia.” gli spiegai. Improvvisamente raccontare quel ricordo mi stava mettendo in difficoltà.
Non vorrei spezzarti il cuore,” commentò “ma Niall non mi ha detto nulla a riguardo.”.
Ridacchiai, senza prendermela.
“Sta tranquillo, Lou.” lo rassicurai “non mi aspettavo niente di diverso.”.
Gli raccontai di come lo avessi visto al bar mettersi in fila dietro a tutti con aria abbattuta e di come l’avessi invitato a raggiungermi.
Tenni per me lo scambio di battute che io e il biondo avevamo avuto sugli sguardi e arrivai dritto al punto in cui gli avevo offerto il caffè.
Pensavo avessi deciso di non fare nulla, di non avvicinarti a lui.” mi interruppe Louis.
“Gli ho solo pagato un caffè…” abbozzai non tanto convinto “molti riterrebbero la cosa equivalente al nulla di cui parli.”.
Rise talmente forte che dovetti allontanare il cellulare dall’orecchio.
Appunto, Zay.” rispose dopo essersi ripreso, “Molti, ma non tu!”.
Odiavo il fatto che mi conoscesse così bene, soprattutto in una situazione complicata come quella.
“Okey…” gli concessi “in effetti potrei non aver dormito proprio per questo.”.
Ammetterlo mi stava facendo sentire ancora più fragile di come mi ero sentito la volta in cui gli avevo confessato di avere una cotta per Niall.
Mi aspettavo di sentire un’altra risata da parte sua ma non accadde.
Sono felice per te” disse dopo un po’ “ma in veste di tuo migliore amico mi sento di avvisarti che, conoscendo il mio coinquilino, la cosa potrebbe non avere un seguito.”.
Sospirai per il peso di quella verità.
Mi odi per avertelo fatto notare?”.
Sorrisi e “No, Lou.” lo tranquillizzai, “ne ero già consapevole.”.
 
 
 
Harry
 
“Questa sera niente videochiamata con Niall?” mi chiese Liam dall’altra parte del tavolo.
Avevo acconsentito ad una cena tra migliori amici perché era passato davvero troppo tempo dall’ultima volta in cui eravamo usciti da soli.
Tuttavia erano le otto e mezza di un martedì sera e, per quanto Londra fosse una città abbastanza viva a qualsiasi ora del giorno e della notte, sembravamo esserci solo noi al pub, considerato il silenzio che ci circondava.
Alzai le spalle e “Ti sei già stancato della mia compagnia?” gli chiesi, consapevole che non fosse quello il punto della questione.
Lui ridacchiò dolcemente.
“Chiedevo soltanto…” rispose “sai che sono contento di averti tutto per me qualche volta.”.
Sorrisi anch’io e poi risposi seriamente alla sua domanda.
“Stasera no, niente videochiamata.”.
Annuì come se avesse immagazzinato la notizia in qualche parte del suo cervello.
Non sembrava né sollevato né dispiaciuto per la cosa. Da un po’ di tempo a quella parte avevo notato quanto si stesse impegnando a nascondere le sue perplessità nei confronti di quella storia.
Lo apprezzavo davvero: come mi aveva promesso mi stava appoggiando senza riserve.
“Vedi?” chiesi “Non siamo così morbosi come credi!”.
Ridacchiò divertito e “No infatti.” concordò.
Per un po’, dopo quella piccola parentesi, cercai di cambiare argomento. Non volevo si sentisse in obbligo di parlare per forza di Niall nonostante non fosse più una questione particolarmente ostica per noi.
Mi raccontò di come andavano le cose tra lui e Danielle e del suo lavoro al negozio di dischi. Mi spiegò che il motivo principale per cui ultimamente si stava facendo dare sempre i turni serali era proprio per poter studiare di pomeriggio. Non mi ero accorto di tutti i sacrifici che stava facendo, troppo preso dalla mia vita sentimentale.
Mi sentii un po’ in colpa: una volta eravamo davvero solo noi due e nessun altro. Ci dedicavamo più tempo e non discutevamo mai.
Decisi che avrei ricavato più spazio per lui nella mia vita, a costo di trascurare un po’ tutti i miei nuovi interessi.
Cenammo con calma e, solo quando arrivammo al dessert, Liam tirò di nuovo fuori l’argomento “Niall”.
“Quindi non vuoi raccontarmi nulla delle ultime chiamate con il tuo amante oltreoceano?” mi chiese mentre prendeva una cucchiaiata dal suo tiramisù.
Sorrisi al mio piatto.
“Procede tutto bene… credo.” dissi con timidezza.
Lui lasciò perdere il suo dolce per qualche secondo e “Tutto qui?” incalzò un po’ deluso “Non hai altro da dire?”.
Mi accasciai sullo schienale della sedia e presi a torturarmi le mani.
“Non lo so, Lee…” iniziai “va tutto bene ma pensare che le cose non potranno evolvere a breve per colpa della distanza, un po’ mi rende… nervoso.”.
Stavo praticamente alimentando le paure che lui aveva avuto fin dall’inizio. Mi sarei aspettato di sentire un “te l’avevo detto” urlato a gran voce da lì a qualche secondo.
Si grattò il ponte del naso invece, la testa apparentemente da un’altra parte.
Non sembrava voler dire niente e allora continuai.
“Durante l’ultima videochiamata ci siamo messi a parlare di appuntamenti e... il fatto che al momento siano infattibili ha smorzato un po’ il mio entusiasmo.”.
Questa volta annuì, più a se stesso che a me dato che continuava ad evitare il mio sguardo.
“Capisco.” lo sentii sussurrare dopo un po’.
Aveva un’aria abbattuta, sembrava sinceramente dispiaciuto.
“So a cosa stai pensando.” intervenni per frenare i suoi pensieri “Hai sempre saputo che questo momento sarebbe arrivato, vero? Che avrei iniziato ad avere dubbi su di lui e su questa strana relazione che abbiamo.”.
Scosse la testa e “Veramente, Haz,” rispose “stavo pensando ad un modo per farvi avere il vostro appuntamento.”.
Aggrottai la fronte e “Come se la cosa fosse possibile!” quasi urlai, frustrato.
Sul suo viso apparve un sorriso enorme.
“Lo è,” mi assicurò “e succederà domani.”.
Tutto ciò che fece dopo fu spiegarmi la sua idea e darmi istruzioni su come metterla in atto.
 
 
 
Louis
 
Non degnai Mr. Cowell della mia presenza in classe neanche il giorno dopo, di mercoledì.
Non c’erano più i pensieri su Harry a turbarmi quella mattina, solo la pigrizia. Non potevo davvero chiamare in causa altre scuse.
La tenacia con cui Niall frequentava le lezioni al campus mi faceva sentire un po’ in colpa: era inversamente proporzionale alla mia voglia di andarci.
 
Lo sfogo avuto con Zayn, comunque, mi aveva calmato: non che il mio amico si fosse degnato di commentare in qualche modo la mia ossessione sbagliata nei confronti di Harry, ma anche il solo esporre i miei pensieri mi era stato utile per togliermi di dosso un po’ il peso delle mie azioni.
Restai a letto a rimuginarci su fin quando non presi il pc dal tappeto su cui l’avevo lasciato la sera della videochiamata con Harry. Lo accesi per passare un po’ il tempo.
Come d’abitudine avviai Facebook per controllare le notifiche: Lottie mi aveva scritto in chat dicendomi che la mamma sentiva la mia mancanza e accusandomi di essere un pessimo primogenito, il peggiore.
In effetti mi resi conto che era passata quasi una settimana dall’ultima volta in cui avevo sentito le mie donne.
Avviai Skype per vedere se mia madre fosse in linea ma il suo profilo non mi apparve disponibile in quel momento. Mi ricordai solo allora di quel piccolo dettaglio chiamato fuso orario: a Doncaster dovevano essere le quattro visto che da noi era quasi mezzogiorno. E il mercoledì alle quattro le gemelle avevano lezione di danza in centro.
Mi districai nelle lenzuola per afferrare il blocchetto di post-it sul comodino e mi appuntai di sentirla in serata.
Stavo per chiudere il pc quando, guardando di nuovo lo schermo, mi accorsi dell’arrivo di una chiamata: era Harry.
Mi irrigidii di riflesso.
Quando realizzai che ero solo in casa e che non c’era pericolo che Niall scoprisse quella chiamata esclusiva, risposi.
Sorrisi appena la sua immagine comparve sul mio computer.
“Che sorpresa!” lo salutai, davvero incredulo per il fatto che ci stessimo sentendo a quell’ora.
Le fossette sulle sue guance comparvero rendendolo bambino.
Stavo per mandarti un messaggio sul cellulare” mi disse “ma poi ti ho visto in linea con questo profilo e ho pensato di chiamarti direttamente.”.
Ringraziai la mia pigrizia e il mio talento nel saltare le lezioni per quello.
“Sentivi la mia mancanza?” gli chiesi ammiccando “Sapevo che un solo giorno senza di me ti avrebbe distrutto.”.
Scosse la testa ma sul suo viso c’era il sorriso più bello che potessi sperare di vedergli addosso.
Adoravo il modo in cui reagiva ai miei tentativi di flirt.
In realtà,” disse poi “ti ho chiamato solo per una comunicazione di servizio.” imponendosi di restare serio.
Annuii con cipiglio interessato, per dargli corda, e “Sono tutto orecchie.” gli riferii.
Si schiarì la voce.
Promettimi che non farai domande.” mi ordinò puntando addirittura il dito verso lo schermo.
Mi misi entrambe le mani sul cuore e “Giuro solennemente che terrò a bada la mia curiosità.” gli assicurai, un sorriso ad incresparmi le labbra per quella buffa conversazione che stavamo avendo.
Vorrei solo che oggi tu preparassi la tua cena diciamo per… le cinque.” mi spiegò, per poi specificare “Le tue cinque, ovviamente.”.
Aggrottai la fronte per quella richiesta bizzarra.
Ma poi “Considerando che è l’ora in cui ceno di solito, credo proprio di poterlo fare.” gli risposi convinto.
Lui batté le mani contento, come se gli avessi appena dato la soddisfazione più grande della sua vita.
Tuttavia non potei fare a meno di domandargli “Posso chiederti perché?” del tutto in contrasto con la promessa che gli avevo fatto qualche secondo prima.
Ovviamente no.” ribatté lui. E prima che potessi protestare un po’ “Avevi detto che avresti tenuto a bada la tua curiosità quindi adesso chiudo la chiamata e torno a fare quello che stavo facendo.”.
E lo fece davvero, ma non prima di ricordarmi “Ti chiamo alle cinque.”.
 
“Ti ha detto semplicemente così?” mi chiese Niall quando gli raccontai tutto ciò che era successo con Harry.
Erano le quattro e mezzo e lui era appena tornato dall’università. La sua espressione divenne subito pensierosa, come se si stesse arrovellando il cervello per cercare di capire cosa avesse in mente il riccio.
Poi, come realizzando solo in quel momento quanto fosse tardi, “Abbiamo solo mezzora per preparare la cena!” sbottò in ansia precipitandosi in cucina.
Evidentemente aveva rinunciato all’idea di trovare un senso a tutto quello.  
Lo seguii trascinandomi come un automa dietro di lui.
“Cosa mangiamo?” mi chiese ancora agitatissimo. Mi fermai sulla soglia della porta e lo vidi trafficare con pentole e padelle.
Alla fine, senza neanche aspettare il mio consiglio, optò per una cosa veloce.
Recuperò il pane dalla credenza e, prendendo ingredienti del tutto casuali dal frigo, compose un paio di sandwich: uno per me e uno per lui.
Si avvicinò alla credenza per tirare fuori qualcosa da bere ma il suo cellulare squillò proprio in quel momento distraendolo dalle sue intenzioni.
Sbuffò e “Mi prenderesti il telefono, Lou? Credo di averlo lasciato in salotto.” mi spiegò.
Feci come mi disse e recuperai il cellulare sul quale il nome Ashton stava lampeggiando per indicare una chiamata in arrivo.
Glielo posai sulle mani sporche di qualche strana salsa per sandwich e lui rispose.
“Irwin!” esordì contento “Dimmi tutto.”.
Dall’altra parte della cornetta il ragazzo aveva preso a parlare a raffica senza che io potessi sentire nulla. Tuttavia l’espressione sul viso di Niall mutò radicalmente facendomi capire che non doveva trattarsi di buone notizie.
Il mio coinquilino imprecò a bassa voce lasciando perdere i panini sul piano cottura e “Ho capito.” borbottò “Prendo il primo autobus e torno al campus.”.
Sgranai gli occhi mentre lui chiudeva la telefonata per poi scaraventare il cellulare con rabbia.
“Che succede?” mi arrischiai a chiedere.
Si diede uno schiaffo di frustrazione sulla tempia e “Succede che sono un coglione.” si insultò poi “Ho dimenticato di firmare la prenotazione per l’esame parziale della settimana prossima e devo tornare in facoltà prima che Mr. Higgins vada via.”.
La gola mi si seccò appena. Gioia o ansia?
“E come facciamo con…?” provai a chiedere alludendo alla videochiamata che sarebbe iniziata da lì a cinque minuti.
Lui sventolò una mano in aria come per zittirmi e “Sai già come fare, Lou.” mi liquidò sbrigativo.
Poi si calmò, forse rendendosi conto di essere stato un po’ brusco.
“Mi dispiace non esserci,” disse abbattuto “so che non ha senso mancare alle videochiamate con Harry ma è davvero un’emergenza.”.
Annuii. Avrei voluto dirgli di non preoccuparsi e che a me non dispiaceva affatto stare solo con il riccio, ma non mi sembrò la cosa più adatta da dire in quel momento.
Riflettendoci, quella sarebbe stata la cosa meno consona da dire in qualsiasi momento.
Uscimmo dalla cucina e lo accompagnai verso la porta stampandomi in faccia un’espressione tanto abbattuta quanto la sua.
“Cerco di tornare il prima possibile.” mi assicurò, ma io sapevo che per almeno un’ora e mezzo sarebbe stato via.
“Ok…” gli dissi. Ma con la mente ero già in camera mia con Skype acceso sul letto.
 
Risposi al secondo squillo, tanto per dare al mio cuore quell’attimo di tempo in più per tentare di calmarsi.
Non funzionò, ovviamente. Harry era in grado di ridurmi così già attraverso uno schermo.
Sventolò una mano per salutarmi appena accettai la richiesta di collegamento.
Adorabile.
Non potei fare a meno di pensare a quanto fossero lunghe le sue dita mentre si agitavano in aria frenetiche.
Hai fatto ciò che ti ho chiesto?” fu la prima cosa che mi disse.
“Ciao anche a te.” lo salutai sarcasticamente io.
Lui arrossì, in imbarazzo, e poi si scusò con l’espressione più innocente che avessi mai visto.
Scusami, sono solo un po’ agitato.” specificò.
Mi guardai le ginocchia: il piatto con il mio sandwich era lì, in bilico sulle mie ossa sporgenti venute fuori dalla posizione all’indiana che avevo assunto.
“Agitato per cosa?” domandai a mia volta, prima di ricordarmi di ciò che mi aveva chiesto lui e rispondere “Comunque sì, ho preparato la mia cena.”.
Batté le mani esaltato, esattamente come lo avevo visto fare la mattina di quello stesso giorno.
Piegò il busto il avanti, come se stesse prendendo qualcosa oltre il suo pc, e sullo schermo mi comparve solo uno zoom del suo petto tatuato che poteva intravedersi attraverso la t-shirt che stava indossando.
Il mio cuore fece una capriola.
Dopo qualche secondo tornò in webcam il suo viso sorridente e la situazione dei miei battiti cardiaci peggiorò ulteriormente.
Cercai di non darlo a vedere.
In mano, in quel momento, aveva un piatto dall’aspetto parecchio invitante. Doveva essere la sua cena.
Aggrottai le sopracciglia fissandolo.
“Ora posso sapere che significa tutto questo?” chiesi curioso e leggermente impaziente “Che stiamo facendo?”.
Lui sorrise e mi parve luminosissimo.
Non è ovvio?” domandò retorico “Ti porto a cena per il nostro primo appuntamento.”.
 
Le mani mi tremarono un po’.
Il mio cervello entrò in un attimo in conflitto con il mio cuore creando una crepa che temetti potesse apparire visibile anche dall’esterno.
Come avrei dovuto reagire? Se Harry fosse stato mio probabilmente sarei saltato sul letto per la gioia, di fronte a lui, senza vergognarmi di sembrare un bambino.
Ma quello non era il mio appuntamento, era l’appuntamento di Niall. Era Niall che Harry stava portando a “cena fuori”, non me. Che diritto avevo di rubar loro quei momenti? Nessuno.
Eppure, quando il riccio mi chiese “Non ti piace l’idea?” dopo diversi secondi di silenzio da parte mia, non potei proprio fare a meno di lasciare al mio sorriso più sincero la possibilità di nascere senza alcun intoppo.
Lui si rilassò nel vederlo, prima ancora di lasciarmi dire qualcosa.
Ma in fondo che avrei potuto dire? Come avrei potuto definire l’idea che aveva avuto?
Era la cosa più dolce e spontanea che qualcuno avesse mai fatto per me. Nonostante non fosse esattamente per me.
Scossi la testa per eliminare quei pensieri. Iniziavano quasi ad annoiarmi.
“Harry…” sussurrai sovrappensiero, “non so davvero che dire.”.
Scrollò le spalle, come se volesse dare alla cosa meno importanza di quella che effettivamente aveva, e “Dimmi solo se ti piace o se invece t’imbarazza.”.
Mi passai una mano sul viso e solo in quel momento mi accorsi di avere le guance in fiamme.
“Mi piace molto,” lo tranquillizzai “e, se ancora non l’avessi capito, accetto molto volentieri di venire a cena con te.”.
I suoi occhi brillarono nella penombra della sua stanza.
Meno male.” disse poi “Perché da me sono le undici e sto davvero morendo di fame.”.
Risi di cuore e mi soffermai a guardarlo mentre prendeva una forchettata dal suo piatto come se non mangiasse da un mese.
Sembrò non badare più a me, troppo preso dalla sua nuova attrazione.
Solo quando mi sorprese a fissarlo, abbassai gli occhi sul mio sandwich e lo presi per mangiare con lui.
 
 
 
Niall
 
Avrei voluto giustificare quella mia distrazione con il fatto che la mia mente fosse sempre più occupata a pensare a Harry ma, in realtà, avevo dimenticato di firmare la prenotazione per l’esame senza un apparente motivo valido.
Non c’erano giustificazioni di alcun tipo e stavo saltando quella che poteva essere una videochiamata importante solo perché la mia testa mi aveva fatto un brutto scherzo.
Mi maledissi per l’ennesima volta scendendo dall’autobus, il mio umore era di una sfumatura triste del grigio più scuro possibile.
Non potei definirlo nero per il semplice fatto che nero ci sarebbe diventato solo di lì a poco.
Mi precipitai dentro all’edificio in cerca dell’aula dove Mr. Higgins era solito ricevere gli studenti ma mi fermai non appena vidi Ashton in fondo al corridoio dal quale ero entrato.
Mi fece segno di raggiungerlo e corsi da lui con il fiatone.
“Allora?” gli chiesi prendendo fiato “In che aula sta?”.
Il mio compagno di corso scosse la testa, desolato, e “Ho cercato di trattenerlo il più possibile con domande assurde ma è andato via dieci minuti fa.” mi riferì senza avere il coraggio di guardarmi. Come se potessi prendermela con lui per la mia sbadataggine…
Sbattei un pugno sul muro al mio fianco per poi pentirmene quando le mie nocche assunsero un colore violaceo.
“Oggi non ne va bene una.” mi lamentai più con me stesso che con lui.
Ashton alzò gli occhi su di me e mi lasciò una pacca sulla spalla prima di borbottare un “Mi dispiace.” e lasciarmi lì in mezzo alla bolgia di studenti pronti a tornare a casa.
Mi portai le mani tra i capelli e li strinsi in un impeto di rabbia.
Avevo ancora la testa rivolta verso il pavimento quando mi sentii chiamare da una voce che, purtroppo, conoscevo bene.
Una brutta giornata non poteva definirsi veramente tale senza la partecipazione di Zayn Malik.
Che male avevo fatto per meritarmi tutto quello? Era davvero necessario il suo intervento dopo un pomeriggio del genere? Perché non potevo avere un po’ di tregua?
Ignorai la sua voce, al contrario di ciò che avevo fatto due giorni prima, e mi diressi di nuovo verso l’uscita.
Ma lui sembrava deciso a volermi parlare a tutti i costi.
“Niall!” mi chiamò di nuovo, raggiungendomi da dietro con una corsa.
E “Non mi hai sentito?” chiese quando fu al mio fianco.
Alzai gli occhi al cielo sperando con tutto me stesso che lo notasse.
Poi lo guardai e “Oggi non è giornata, Malik, lasciami stare.” gli dissi seccato.
Il suo viso non fece una piega, evidentemente era abituato ad essere trattato così da me. In ogni caso non riuscii a sentirmi in colpa per avergli risposto in quel modo.
La sua faccia stava soltanto peggiorando il mio umore e non era colpa mia se si stava trovando nel posto sbagliato al momento sbagliato.
“E’ successo qualcosa?” mi domandò. Sembrò davvero interessato.
Risi amaramente.
Qualcosa è riduttivo.” risposi seccato, riportando lo sguardo avanti.
Mi aspettai di vederlo andar via senza aggiungere altro ma non si scompose per niente di fronte alla mia acidità. Continuò imperterrito con il suo terzo grado.
“Vuoi parlarmene?” mi domandò per poi, forse, pentirsene. Cosa aveva in testa? Pensava davvero che mi sarei sfogato con lui come se fosse uno dei miei più cari amici? Io lo detestavo.
Spalancai la porta d’ingresso del campus e uscii fuori. L’aria fredda mi congelò il naso facendolo arrossare in un attimo.
Soltanto quando fummo in mezzo al cortile principale mi fermai di colpo.
“Ti sembro uno che ha voglia di fare conversazione?” lo aggredii con cattiveria.
Di nuovo, non riuscii a sentirmi in colpa.
I suoi occhi grandi si sgranarono ancora di più, forse colti alla sprovvista da quella mia reazione.
Si guardò intorno per controllare se qualcuno ci stesse osservando.
Diversi gruppi di studenti si erano girati verso di noi nonostante facessero i vaghi per nasconderlo.
“I-io…” balbettò in difficoltà “ volevo solo sapere se ti è successo qualcosa.”.
Buttai la testa indietro, esasperato. Il cielo su di noi era chiaro, in totale contrasto con tutto quello che stavo provando io.
“Se proprio vuoi saperlo te lo dico, così almeno sparirai dalla mia vista.” risposi poi, sempre più velenoso.
Lui fremette ma non disse nulla.
“Ero tornato a casa di buon umore ma poi una telefonata che mi avvisava di aver dimenticato di firmare la prenotazione per l’esame di Higgins mi ha costretto a tornare qui per farlo. E indovina un po’? Higgins è andato via proprio dieci minuti prima che arrivassi io.” dissi senza neanche respirare tra una frase e l’altra.
Sul suo viso si dipinse una smorfia dispiaciuta.
“E come se non bastasse,” continuai sempre più nervoso “non solo tornare qui è stato del tutto inutile, ma per farlo ho anche dovuto rinunciare ad una videochiamata con Harry!”.
Mi resi conto soltanto in quel momento di aver urlato verso la fine del mio discorso.
Gli studenti, in quel momento, avevano preso a guardarci senza neanche più cercare di essere discreti.
Zayn, di fronte a me, sorrise. E quello, se possibile, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
“Tutto questo ti fa ridere?” gli chiesi allargando le braccia per l’esasperazione.
Non potevo crederci: quello era esattamente il motivo per cui incontrarlo aveva solo peggiorato ancora di più il mio pomeriggio infernale.
Feci per andarmene voltandogli le spalle ma lui mi trattenne per un polso e “Niall.” mi richiamò piano per farmi girare di nuovo.
“Cosa?” sbottai con le guance in fiamme.
E in risposta mi baciò soltanto.
 
Ogni mio lembo di pelle minacciò di andare a fuoco.
Gli sguardi dei ragazzi del campus su di noi furono come benzina su brace. Io ero la brace.
Tenni gli occhi spalancati sperando che mi aiutassero a rendermi conto della situazione.
Zayn, al contrario di me, li aveva chiusi, quasi serrati, facendo sì che delle piccole rughe andassero ad increspargli il solco tra le sopracciglia.
Sembrava concentrato in ciò che stava facendo. O forse solo spaventato che io potessi allontanarlo bruscamente.
Ed ebbi la conferma di questa seconda ipotesi quando per avvicinarsi di più a me posò la mano con cui non era occupato a tenermi il polso su una delle mie guance roventi.
Le sue labbra si mossero piano in un movimento tanto rilassante che mi portò a chiudere gli occhi a mia volta.
Ciò che mi sconvolse più di ogni altra cosa fu il fatto che si dimostrò estremamente delicato.
Lui, la persona a cui se mi avessero chiesto di associare un colore - soprattutto in una giornata come quella - avrei dato il nero.
Nero come il colore dei suoi capelli, quel pomeriggio bassi sulla fronte, e della giacca di pelle che indossava sempre; nero come il cuoio delle sue scarpe, come i suoi occhi in piena notte quando, andando via dal nostro appartamento, lo vedevo salutare Louis con un abbraccio e me con uno sguardo all’apparenza ostile; nero come quello che credevo essere il suo animo.
Quando avevo riflettuto così a lungo Zayn Malik?
Il suo labbro inferiore si mosse sul mio inglobandolo e risucchiandolo appena, come se volesse tirarmelo via ma senza prepotenza.
Non seppi esattamente quanto durò quel bacio ma mi riscossi solo quando sentii la sua lingua farsi strada tra le mie labbra per sfiorare i miei denti.
Mi districai dalla sua presa e poggiai energicamente entrambi i palmi delle mie mani sul suo petto per spingerlo via da me.
Quando ci separammo boccheggiai per un attimo in cerca d’aria, gli sguardi degli altri studenti ancora su di noi e sul viso di Zayn un sorriso letteralmente estasiato.
Le sue mani andarono a coprire le mie e per un po’ me le lasciai stringere. Il tempo sembrava essere diventato molto relativo, non più un costante scorrere di attimi tutti uguali. Ma fu solo questione di secondi – o giorni? – e mi riscossi anche da quel gesto sfilando via la mia presa dalla sua.
“Che ti prende?” riuscii a chiedergli nonostante le parole facessero fatica a venire fuori: la mia gola non era mai stata tanto secca.
Lui sorrise maggiormente, come se non avesse neanche ascoltato la mia domanda, e la cosa mi mandò del tutto in confusione.
Scossi la testa e “Ripensandoci, non credo di volerlo sapere.” gli riferii facendo alcuni passi indietro.
Qualche risatina mi arrivò alle orecchie e mi guardai intorno per rendermi conto di quanti fossero, effettivamente, i nostri spettatori.
Parecchi.
In ogni caso, quando mi voltai di nuovo verso di lui, lui sembrava non avesse occhi che per me. Continuava a fissarmi, come se fossi una visione o un qualcosa di estremamente bello.
Mi sentii prezioso sotto quello sguardo ma me lo lasciai alle spalle senza voltarmi indietro.
 
 
 
Louis
 
“La buona notizia” esordii appena risposi alla chiamata di Zayn “è che questa volta Niall mi ha parlato di ciò che è successo tra voi.”.
Il mio migliore amico sospirò dall’altra parte della cornetta. Quelle “chiamate-confessioni” stavano diventando sempre più frequenti tra noi.
“La cattiva” continuai “è che sembrava davvero incazzato mentre lo faceva.”.
Di nuovo non disse nulla. Tuttavia riuscivo a sentire gli ingranaggi del suo cervello lavorare in modo frenetico.
Parlai di nuovo.
“Ti dispiacerebbe spiegarmi la cosa dal tuo punto di vista?” gli chiesi.
Le sue azioni, ultimamente, sembravano andare sempre più in contrasto con le sue parole.
“Non vorrei sembrarti ripetitivo, Zay,” aggiunsi “ma ero convinto che non volessi fare nulla, quindi… mi spieghi perché l’hai baciato di fronte a centinaia di studenti?”.
A quel punto sbottò.
Ha nominato Harry e non ci ho visto più, ok?”.
La sua voce mi arrivò distorta, forse a causa della foga con cui aveva pronunciato quella frase.
Lo lasciai sfogare.
Continuava ad urlarmi contro mentre mi raccontava la sua giornata, come se tutte le disgrazie che gli erano capitate fossero dovute alla mia sola esistenza e… quando ha parlato del fatto che, per stare lì, aveva dovuto rinunciare ad una chiamata con Harry ho pensato che, se proprio dovevo prendermi la colpa di tutto, allora tanto valeva prendermela per qualcosa di reale..
Non l’avevo mai sentito in quello stato: probabilmente mai nella sua vita aveva messo vicine tante parole, ma lo feci finire.
Sbuffò e “Non so neanche io cosa sto dicendo…” rifletté frustrato “non è colpa mia se dimentico anche da che verso gira il mondo quando si tratta di lui.”.
Sorrisi, intenerito.
Zayn, il mio migliore amico, quello sempre tranquillo, pacato e rilassato, stava andando nel panico più totale. E lo stava facendo nel modo più lontano da quella che era la sua persona. Se qualcuno mi avesse chiesto “secondo te Zayn bacerebbe un ragazzo nel bel mezzo di un cortile pieno di gente?” io, fino a qualche ora prima, avrei risposto con un “No!” bello secco.
Non era mai stato un tipo così plateale e spontaneo.
Mi sembrava di non conoscerlo più tanto bene. Ma quella presa di coscienza non mi mise in difficoltà.
Forse scoprire di non sapere poi molto sul mio migliore amico dopo anni e anni di conoscenza, avrebbe dovuto scaturire in me qualche reazione. Ma non accadde. Mi resi conto che il motivo per cui tutte quelle azioni che stava compiendo negli ultimi tempi mi erano parse così poco “da Zayn” era perché, da quando lo conoscevo, non l’avevo mai visto davvero innamorato.
In quel momento lo era. Per la prima volta.
Sono un disastro.” disse poi “Lo sono talmente tanto che sono arrivato a cercare persone con occhi azzurri e capelli biondi nella speranza che possano sostituirlo.”.
A quella confessione sgranai un po’ gli occhi. Mi chiesi da quanto tempo stesse in quelle condizioni. Soprattutto, però, mi chiesi come mai io non me ne fossi accorto prima.
Che poi… parliamoci chiaro: “sostituire” non è il termine che dovrei usare dal momento che Niall non è mai stato mio.” concluse “E mai lo sarà.”.
Seguirono dei momenti di silenzio. Non seppi davvero che dire per consolarlo.
Ma era davvero di parole confortanti che aveva bisogno? Forse, a quel punto, aveva più bisogno d’incoraggiamento.
“Zay,” lo informai deciso “anche se non so ancora se positivamente o negativamente, sei riuscito a sconvolgere Niall.”.
Mi schiarii la voce per esporre il mio pensiero.
“L’hai sconvolto a tal punto che, da quando è rientrato, non mi ha ancora chiesto come è andata la videochiamata con Harry.” raccontai “Ed è rientrato almeno due ore fa!”.
Non ero sicuro neanche io di dove volessi andare a parare con quelle riflessioni ma sentivo di dover dare fiducia al mio migliore amico. La stessa fiducia che lui aveva perso per colpa dei continui rifiuti da parte del mio coinquilino.
“Non voglio consigliarti di buttarti a capofitto in questa storia, perché so come ci si sente a ricevere solo dei no, ma… forse dovresti iniziare a pensare in modo più positivo.”.
Non potei fare a meno di realizzare che, se le cose fossero andate male, non mi sarei mai perdonato per avergli dato quei consigli.
Stai dicendo che dovrei continuare su questa strada?” mi chiese insicuro, fragile “Che dovrei seriamente provarci con lui?”.
Annuii a me stesso.
Non mi stai dicendo queste cose solo perché se riuscissi a conquistarlo tu avresti via libera con Harry, vero?” mi chiese poi. Nel suo tono di voce, però, c’era una venatura di risata.
Risi anche io, ma amaramente.
“No Zay,” risposi “io so di avere i tempi stretti con Harry. Prima o poi dovrò dire tutto sia a lui che a Niall.”.
Il peso di quella riflessione mi schiacciò il cuore.
Il mio migliore amico, probabilmente, lo percepì anche attraverso il telefono perché quello che mi disse dopo fu “Quando sarà il momento ci penseremo.”.
E quel plurale mi tranquillizzò. Con Zayn era sempre stato così: faremo, diremo, risolveremo. Un “noi” costante che mi dava la sensazione di non essere mai solo.
Sorrisi per la fortuna che avevo nel possedere un amico del genere.
“Grazie.” mi sentii di dirgli, sincero.
Lui fece finta di ignorare il mio ringraziamento e “Ora ti lascio,” rispose “devo chiamare Perrie e spiegarle perché sono sparito nel nulla.”.
Mi chiesi in che modo le avrebbe detto che i suoi occhi azzurri e i suoi capelli biondi non sarebbero mai stati abbastanza per lui.
In quel caso, però, gli avrei lasciato il compito di sbrigarsela da solo.
 
 
 
 
Louis
 
Mia madre ricevette la tanto attesa telefonata dal suo pessimo primogenito soltanto una settimana dopo tutti quegli avvenimenti. Scrivere sul post-it l’appunto di richiamarla era stato pressoché inutile visto che mi ero degnato di farlo solo dopo otto giorni.
Quel giovedì mi era tornata in mente la frase letta nella chat con Lottie ed ero saltato sul divano ricordandomi improvvisamente di dover chiamare a casa.
E così avevo mandato un messaggio a mia madre e lei si era connessa a Skype per parlarmi.
Quando rispose alla mia richiesta avevo un’aria addolorata stampata in faccia.
“Scusascusascusa.” biascicai cercando di sembrare il più dispiaciuto possibile.
Lei mi fissò per un po’. Mi chiesi se, in quanto sangue del mio sangue, avesse già scoperto la mia messinscena.
Ma quando parlò per la prima volta mi resi conto che quei secondi di silenzio le erano serviti per tutt’altro.
Allora,” iniziò “lui chi è?”.
E quello, se possibile, mi spaventò ancora di più.
Aggrottai le sopracciglia cercando di fare il vago.
“So che non ti chiamo da molto, mamma, ma sono stato impegnato con l’università, non con i ragazzi.” mentii, ancora convinto di poter far credere a mia madre ciò che volevo.
Lei rise portandosi una mano curata e smaltata di rosso a coprire le labbra, come se una signora non potesse lasciarsi andare così tanto.
Non è per quello che te l’ho chiesto, Boo.” rispose con lo stesso tono con cui da bambino mi faceva capire di aver detto una sciocchezza.
Poi si spiegò meglio.
So per certo che c’è qualcuno perché i tuoi occhi sono più luminosi rispetto all’ultima volta che ti ho visto.” mi disse affettuosa come solo una mamma poteva essere.
Il mio sguardo volò verso il soffitto, esasperato.
“Queste sono le sciocchezze che piace dire a voi donne.” ribeccai, per poi aggiungere “E a Zayn.” in un sussurro.
Sapevo che tra qualche minuto sarebbe riuscita ad estrapolarmi tutta la verità ma non ero sicuro che sarei stato pronto a raccontare di Harry a qualcuno che non fosse il mio migliore amico taciturno e tanto allergico ai giudizi da non darne.
Così, nonostante non avessi affatto paura del parere di mia mamma, cercai di tirarla per le lunghe. Cambiai argomento e le chiesi delle ragazze.
Beh… sono quasi tutte adolescenti.” mi disse sorridendo, come se mi stesse dando la notizia dell’anno.
“Raccontami qualcosa che non so, mamma.” le risposi infatti, vedendola scuotere la testa.
Si passò una mano tra i folti capelli scuri: sembrava stanca.
Era per dire che mi danno filo da torcere.” commentò. E solo in quel momento notai i suoi occhi gonfi e le piccole rughe intorno alle palpebre leggermente più accentuate di quanto ricordassi.
Avrei voluto abbracciarla: mi mancava il contatto con lei e non mi vergognavo ad ammetterlo. Cosa potevo dirle per rassicurarla? Che Lottie sarebbe cresciuta presto e che le avrebbe dato una mano con Daisy e Phoebe? In realtà per me sarebbero rimaste sempre delle bambine e se mi fossi permesso di dire quella frase ad alta voce, probabilmente io stesso non avrei creduto alle mie parole.
Fu lei, comunque, a togliermi dall’imbarazzo di dire qualcosa.
E Zayn come sta?” mi chiese infatti, come se giusto qualche secondo prima non mi avesse affatto mostrato il suo lato più fragile. Prese a sorridere, di nuovo radiosa.
Io temporeggiai un po’, sovrappensiero.
Come stava il mio migliore amico? Non avrei saputo dirlo.
Ma poi, “Innamorato.” fu tutto quello che mi uscì di bocca.
Mia madre batté le mani eccitata, come una bambina. Voleva molto bene a Zayn, a tal punto che lui, fin da piccolo, lui era sempre stato abituato a chiamarla “zia”. Mi piaceva guardarli dall’esterno, osservare il loro rapporto così unito.
E chi è la fortunata?” trillò subito dopo, per poi bisbigliare “Il mio bambino.” più a se stessa che a me. Forse voleva evitare che captassi il nomignolo con cui si era appena riferita al mio migliore amico.
“Mmm…” mugugnai, “è Niall, il mio coinquilino.”.
La testa di mia madre fece uno scatto sorpreso: i suoi occhi si spalancarono ma sulle sue labbra si dipinse subito un sorriso dolce.
Oh…” bisbigliò “inaspettato.”.
L’apparente cambiamento subìto dall’orientamento sessuale di Zayn sembrò non sconvolgerla più di tanto. La cosa non mi stupì affatto.
Su di lui non fece altre domande, comunque.
E il tuo fortunato chi è?” chiese invece, finalmente libera di tirar fuori la domanda che le stava pungendo la lingua dall’inizio della chiamata.
Sbuffai con un sorriso sulle labbra, già arrossito.
“Mamma…” cantilenai “è complicato.”. Sperai che mollasse l’osso lasciandomi un po’ di tempo ma non cedette.
E così le raccontai di tutto quello che mi era successo negli ultimi tempi. Lei mi lasciò parlare senza interrompermi mai, nonostante fosse visibile la sua voglia di commentare passo passo ogni cosa che usciva dalla mia bocca.
Le spiegai di come fosse iniziato il tutto e di come Harry mi avesse colpito fin da subito. Le parlai della discussione avuta con Zayn, quando entrambi avevamo avuto paura di esporci l’uno con l’altro per timore di esprimere ad alta voce i nostri sentimenti e di come, poi, avessimo chiarito subito perché l’opzione di perderci per una tale sciocchezza non ci era neanche passata per la testa.
Lei sorrise tutto il tempo cercando di mettermi a mio agio, ma quelle confessioni non facevano altro che farmi sentire sporco. Niall non meritava un amico così: era passato più di un mese da quando mi aveva chiesto di mostrarmi in webcam al posto suo e io, in quel tempo, invece di aiutarlo a trovare la fiducia di cui aveva bisogno per dire a Harry la verità mi ero permesso di maturare sentimenti del tutto fuori luogo per il riccio.
Andavo avanti continuando a giustificare il mio comportamento e ripetendomi a mente ciò che mi aveva detto Zayn: non sono cose che si possono controllare.
E da quella sera avrei aggiunto anche le parole di mia madre alla lista di frasi rassicuranti che la mia testa avrebbe ripetuto come un mantra pur di non lasciare ai miei sensi di colpa la possibilità di avere la meglio su di me.
Vedrai che si sistemerà tutto.”.
Ma non potevo fare a meno di dubitarne.
 
 
 
Zayn
 
Quel pomeriggio non bussai per entrare nell’appartamento del mio migliore amico: la porta era già aperta.
Non vedevo Niall da quando avevamo dato spettacolo al campus e Louis da appena qualche giorno.
Avevo la sensazione che il biondo mi stesse evitando ma fino a quel momento non me ne ero fatto un problema perché era servito anche a me del tempo per riflettere.
Le parole incoraggianti del mio amico mi avevano assillato da mattina a sera per tutti e dieci i giorni che erano passati dal bacio tra me e Niall. Avevo trascorso le ore a chiedermi se fosse il caso di dar retta ai suoi consigli e in quel momento mi trovavo, dopo non seppi neanche io quanti giorni, di nuovo nel loro appartamento pronto a parlare con entrambi.
Avevo il fiatone per le scale che avevo appena fatto in tempo record. In realtà avevo corso da casa mia fino a casa loro proprio perché la possibilità di cambiare la decisione che avevo preso non faceva altro che inseguirmi. Ed io stavo davvero cercando di non farmi prendere.
Ormai avevo deciso: avrei dato retta a Louis e non avrei mollato la presa con Niall per nessun motivo al mondo.
 
“Perché la porta è aperta?” chiesi a fatica appena misi piede nell’appartamento.
Louis, dalla sua solita posizione sulla poltrona, non si voltò neanche a guardarmi.
“Perché dovevo uscire a buttare la spazzatura.” rispose soltanto, distratto da chissà cosa.
“Devo chiuderla?”.
Lui alzò le spalle in un movimento buffo, data la sua postazione, e “Fa come vuoi, Zay.” mi concesse. Sembrava perso nel suo mondo.
Poi, però, finalmente mi guardò. In quel momento parve realizzare la mia presenza.
“Che fai qui?” mi chiese sorpreso “Niall è in camera sua, sei consapevole del rischio che stai correndo?”.
Quella domanda mi ricordò in un attimo il motivo per cui avevo sottoposto le mie gambe ad uno sforzo fisico non indifferente per arrivare fin lì. Scossi la testa, come per risvegliarmi a mia volta dal mio stato di trance, e “Ho deciso che hai ragione.” dissi, salvo poi accorgermi dell’insensatezza delle parole appena pronunciate.
Annuì e “L’hai deciso?” domandò invitandomi a sedere sul divano.
“Mh mh” confermai “quindi sono venuto per farmi avanti con Niall.”.
Lui - in ordine - sgranò gli occhi, rise e si ricompose per poi dire “Sono contento, nonostante sia ancora in pensiero per la tua vita.”.
Alzai gli occhi al cielo trovandolo esagerato.
“Tu che hai, invece?” indagai per cercare di calmare i miei nervi e di non pensare a ciò che avrei detto a Niall tra qualche minuto.
Scrollò le spalle e “Sono solo metereopatico, lo sai,” commentò “e le nuvole di oggi non aiutano.”.
Feci finta di credergli, nonostante fossi consapevole che i suoi pensieri portavano sempre il nome di Harry Styles.
Decisi che ne avremmo parlato in un altro momento, però: avevo altro da fare.
Lui si accorse della mia irrequietezza dal modo in cui la mia gamba continuava a rimbalzare frenetica per il nervosismo.
“Su, avanti!” mi disse “Vai e conquista. Mi mette ansia vederti così.”.
Mi asciugai i palmi sudati sui jeans e mi alzai dal divano: ero un fascio di nervi.
Gli passai accanto per dirigermi verso la camera del biondo ma lui mi prese per un polso proprio quando gli fui davanti.
Aveva un’espressione serissima in viso.
“Sappi che se qualcosa dovesse andare storto,” iniziò, facendomi salire il terrore alle stelle, “non lascerò il tuo corpo insepolto.”.
Le mie spalle precipitarono a terra per l’esasperazione.
Imprecai una bestemmia tra i denti per la sua idiozia e mi liberai dalla sua presa per procedere lungo il mio calvario.
 
La porta della camera di Niall, al contrario di quella dell’ingresso, era chiusa.
Mi ci fermai proprio di fronte, una mano già sulla maniglia fredda. L’impulsività con cui mi ero precipitato lì non mi aveva permesso di pensare a cosa dire. Mi insultai pesantemente per quello: non ero bravo con nessun tipo di discorso, tanto meno con quelli fatti a braccio.
Chiusi gli occhi e presi un po’ d’aria un paio di volte. Alla fine bussai.
 
Dall’interno mi arrivò uno sbuffo e un “Avanti!” parecchio annoiato.
Aprii uno spiraglio per affacciarmi solo con la testa e vidi il biondo seduto alla sua scrivania con la testa china sui libri.
Entrai chiudendomi la porta alle spalle nel più religioso dei silenzi, ma lui continuò a non prestarmi attenzione.
“Ho l’esame di Higgins da preparare per intero, Louis.” mi informò, convinto che fossi il suo coinquilino “Dimmi che almeno è una cosa urgente.”.
Aprii bocca per rispondere ma lui alzò una mano senza ancora guardarmi, come a bloccare qualsiasi mio tentativo di replica.
Scossi la testa e lo lasciai finire la lettura di quel paragrafo che, a quanto pareva, lo stava prendendo parecchio.
Nell’attesa mi persi ad osservarlo.
Aveva i capelli sconvolti dalle innumerevoli volte in cui le sue mani dovevano esserci passate attraverso. Era un gesto che faceva piuttosto spesso.
La sua pelle mi sembrò più bianca del solito, forse a causa della stanchezza. Mi chiesi da quante ore fosse piegato su quel libro.
Una vena più gonfia delle altre faceva mostra di sé sul suo collo niveo, liscio e sporcato, solo qua e là, da qualche piccolo neo. Ciò che avrei voluto fare con quella vena fu un pensiero che censurai persino alla mia testa.
Interruppi il mio percorso sul suo corpo soltanto quando lo sentii dire “Ok, dimmi tutto.” e lo vidi alzare gli occhi su di me.
Per un attimo, tutto sembrò fermarsi intorno a noi.
Poi la sua espressione cambiò. Il colorito del suo viso divenne di un rosa acceso e le sue sopracciglia s’inarcarono in un cipiglio sorpreso.
Lo vidi aprire bocca per sbraitarmi contro ma lo anticipai.
“Vorrei baciarti di nuovo.” mi sentii dire risoluto, senza alcun tremolio nella voce.
Lui strinse le labbra di riflesso e sbarrò gli occhi. Deglutì con difficoltà, come se stesse mandando giù un masso: non era abituato alla mia schiettezza tanto quanto io lo ero alla sua acidità. Si alzò in piedi facendo strisciare la sedia sul pavimento e prese in mano una penna per puntarmela contro come se fosse un’arma.
Sorrisi, intenerito da quel gesto.
“Perché sei in camera mia?” urlò quasi. E “Esci subito!” mi ordinò due secondi più tardi.
Avevo previsto una reazione del genere. Non ne fui affatto sorpreso.
Tuttavia, in totale contrasto con le sue parole, feci qualche passo avanti.
Lui, in risposta, ne fece qualcuno indietro.
“Cosa pensi di fare con quella?” chiesi, alludendo alla penna che stava brandendo in modo, secondo lui, minaccioso.
La guardò per una frazione di secondo, come se non si fosse accorto di averla afferrata nella foga del momento, e poi “Minacciarti di cavarti un occhio nel caso ti rifiutassi di uscire da qui.” improvvisò. Per un istante temetti fosse serio.
Sorrisi di nuovo. Lo trovavo bellissimo anche mentre era intento a mostrare il suo odio nei miei confronti.
“E non dire che vuoi baciarmi di nuovo, per l’amor del cielo!” urlò ancora. Nel dirlo, però, mi sembrò più terrorizzato che schifato dall’idea. La cosa mi tranquillizzò: contro le sue paure avrei potuto fa qualcosa, almeno.
“Perché non dovrei dirlo se è esattamente quello che vorrei fare?” domandai tranquillo, la paura di esprimere ciò che provavo per lui ormai dissolta nel nulla.
Fremette e lanciò letteralmente la penna sul tavolo per avere le mani libere. Se le passò tra i capelli tirando forte alcune ciocche.
“Ma perché?” sbottò, “Pensi sia divertente?”.
Negai con la testa. Aveva un’idea di me totalmente sbagliata. Forse pensava che tutto quello fosse solo un mio capriccio e che ci stessi provando gusto ad infastidirlo.
Mi avvicinai a lui vedendolo retrocedere fino a toccare il muro con le spalle. Non aveva realmente paura di me ma era talmente abituato a respingermi che certi gesti gli venivano naturali, ormai.
“Perché mi piaci.” risposi ignorando la seconda domanda. Poggiai le mani sulla scrivania che mi divideva da lui e lo osservai dritto negli occhi.
Le sue pupille sembravano incapaci di stare ferme: fremevano con lui e si spostavano di continuo ad esaminare ogni tratto del mio viso. Probabilmente stava cercando di capire se fossi serio oppure no.
“Da quando?” bisbigliò piano.
Aggirai il tavolo per fare in modo che non ci fossero più ostacoli tra noi. Lui non si ritrasse e non cercò di scappare da me: la cosa mi rese molto più felice di quanto fosse lecito.
“Da un po’.” risposi vago senza staccare gli occhi dai suoi e senza smettere di camminare verso di lui.
Non stavo evitando di dargli risposte certe ma la verità era che neanche io sapevo quantificare il tempo esatto che avevo passato a sognare di averlo.
“Non posso crederci.” sussurrò a se stesso.
Abbassò la testa scuotendola, incredulo.
Io fermai la mia avanzata soltanto quando mi ritrovai ad un palmo dal suo viso. I nostri petti si sfiorarono appena.
“Ora lo sai.” gli risposi alzandogli delicatamente il mento con una mano affinché tornasse a guardarmi.
Quella vicinanza lo fece arrossire.
“Posso baciarti adesso?” chiesi già sulle sue labbra.
Lui mosse appena la testa tentando di negarmi inutilmente quel permesso: me lo presi un secondo dopo.
Dovetti abbassarmi leggermente per farlo ma alla fine lo baciai di nuovo dopo quella che mi era sembrata un’eternità.
 
In un primo momento lo percepii ancora più freddo e immobile di quanto fosse stato durante il nostro primo breve bacio.
Ma quando sentii le sue labbra rispondere timidamente ai movimenti lenti delle mie, lo strinsi a me per avere di più.
Gli accarezzai la nuca con una mano e avvolsi il suo busto con l’altra per tirarmelo più vicino.
Avrei dato tutto pur di poterlo definire mio, pur di poterlo baciare in ogni momento esattamente come stavo facendo in quell’istante.
Immaginai noi due a cena fuori, al cinema e a fare una passeggiata mano nella mano.
Immaginai noi due fare l’amore tutta la notte.
A quel pensiero strinsi ancora di più la presa sul suo fianco magro.
Lui mugolò, forse più di fastidio che di piacere, ma non si staccò da me. Considerai quel mancato gesto come una prova, come la certezza che quella volta avrei potuto approfondire il bacio, assaporarlo meglio.
Strinsi tra i denti il suo labbro inferiore e lo succhiai appena per arrossarne i contorni. Mi presi delle libertà e violai spazi che non mi erano ancora stati concessi ma sapevo che non sarei mai arrivato a pentirmene.
La sua lingua mi sembrò calda e avvolgente mentre si lasciava accarezzare dalla mia, molto meno timida. Una voragine mi si aprì nel petto e fu la sensazione più forte che avessi mai provato in vita mia.
Ma tutta quella magia, purtroppo, svanì soltanto qualche secondo più tardi quando, per la seconda volta in dieci giorni, mi spinse via dall’assaggio di paradiso che le sue labbra mi avevano regalato, generose.
“Non si può fare.”.
Il suo respiro caldo s’infranse contro il mio mento risvegliandomi definitivamente dal mio sogno.
Lo scrutai per un po’. Il colore delle sue guance era lo stesso di quello della sua bocca martoriata dalle mie attenzioni.
“È per Harry?” chiesi, già sapendo la risposta.
Lui annuì senza dire una parola. Ma non mi lasciai spaventare.
Sapevo già che la strada per averlo sarebbe stata in salita e non mi ero fatto illusioni andando da lui quel pomeriggio. Non mi era mai passata per la testa, in nessuno degli scenari che avevo immaginato nei meandri più remoti della mia mente, l’idea che lui si sarebbe buttato tra le mie braccia come se niente fosse.
“E anche per… te.” disse incerto dopo un po’.
“Ah già,” pensai “c’è anche l’odio che prova per me da dover combattere.”.
Quell’idea mi strinse il cuore ma non lo feci trapelare.
“Non ho intenzione di rinunciare a te.” fu quello che gli dissi prima di riappropriarmi un attimo delle sue labbra, giusto per memorizzarne il sapore in previsione del tempo che, sicuramente, avrei dovuto aspettare per poterle sfiorare di nuovo.
E quando mi staccai, “Né per Harry né per quello che pensi di provare per me.” specificai allontanandomi da lui per lasciare la sua stanza.
 
 
 
 
Louis
 
Deambulavo per casa in cerca di uno scopo da dare alla mia serata.
Quel triangolo che si era venuto a creare tra me, Niall e Harry stava rendendo le mie giornate faticose da vivere.
Non ero in grado di prendere una decisione sulla situazione: il mio cervello sapeva quale fosse la cosa giusta da fare ma nessun atomo del mio corpo sembrava volergli dare retta.
Niall non aveva più parlato della possibilità di farsi avanti, di dire la verità al riccio. Non sapevo cosa gli stesse passando per la testa, se ci stesse pensando, e lui non riusciva a trovare il tempo per parlarmene. Non che io mi stessi comportando in modo sincero con lui…
Per di più Zayn si era aggiunto al nostro terzetto rendendo le cose ancora più complesse – o forse più semplici, non ne ero ancora sicuro. Sapevo cosa provasse lui nei confronti del mio coinquilino ma non cosa le sue confessioni avessero scaturito in quest’ultimo.
Mi sentivo intrappolato in un limbo: una parte di me avrebbe voluto dire la verità ad entrambi ma l’altra, quella interessata ad Harry, avrebbe voluto continuare a mentire e a tenersi quei momenti con il riccio tutti per sé.
Ogni volta che mi mettevo a riflettere sulla questione, però, finivo per distrarmi su altro senza arrivare ad alcuna conclusione.
 
Quella sera ero solo e i miei pensieri non mi erano mai sembrati tanto assillanti.
Niall era uscito per un lavoro di gruppo sul suo esame e di chiamare Zayn non se ne parlava: aveva già i suoi problemi con il biondo e, di fatto, non avevo novità da raccontargli.
La videochiamata con Harry era saltata proprio per gli impegni di Niall ed io non avevo neanche potuto improvvisarne una clandestina perché il mio coinquilino era uscito di casa verso le sei, quando da Harry era già troppo tardi.
In quel momento, erano le otto di un lunedì qualunque e per mia sfortuna ero chiuso in casa a fare nulla. Dovevo farmene una ragione e, possibilmente, trovare un modo per ammazzare il tempo e i pensieri.
Leggere un libro o guardare un film non erano opzioni da prendere in considerazione visto che, conoscendo la mia mente, sapevo per certo che si sarebbe distratta e concentrata su altro. Come… riccioli scuri e occhi chiari.
Mangiai, più per inerzia che per necessità, metà del pacco di biscotti che Niall aveva astutamente nascosto nella parte posteriore della credenza.
Ma, quando iniziarono a farmi nausea, la mia testa dovette davvero sforzarsi di trovarmi un’attività per la serata.
L’unica cosa che mi restava da fare era perdere un po’ di tempo al computer.
Mi trascinai in camera con la pesantezza di un elefante e mi buttai sul mio letto ancora sfatto dalla mattina. Recuperai il pc sulle gambe e lo accesi aspettando che si avviasse.
Sapevo che non avrebbe occupato tutte le seguenti ore di quel lunedì ma almeno mi sarei distratto provando a pensare ad altro.
Avviai i social su cui ero iscritto e diedi un’occhiata alla mia pagina Facebook giusto per controllare se qualcuno mi avesse cercato. La mia scarsa attività lì sopra fu ripagata da un numero di notifiche praticamente inesistente.
Sbuffai innervosito dal fatto che anche una realtà virtuale si stesse sfogando su di me e scrollai la home intento a farmi gli affari degli altri.
Lessi alcuni nomi di vecchi amici che non sentivo da molto e, quasi per riflesso, avviai Skype sperando di trovarne qualcuno in linea.
Ma soltanto dopo aver acceso il programma mi resi conto che nessuno di loro poteva essere connesso a quell’ora: in Inghilterra erano passate le due di notte da almeno mezzora.
E fu proprio per quel motivo che mi ritrovai a fissare lo schermo con la bocca leggermente aperta quando notai nella mia lista di amicizie qualcuno collegato.
Quel qualcuno, con mia sorpresa, era Harry Styles.
 
Mi morsi un labbro fino a sentire il sapore del sangue in bocca.
Era ancora sveglio ed io ero solo in casa, annoiato.
Il mio cervello, puntuale, tentò di dissuadermi dall’avviare una chiamata. Harry sapeva che Niall era uscito per lavorare al suo esame e avrei destato sospetti se avessi fatto qualcosa di tanto stupido come contattarlo.
Eppure il mio cuore, di nuovo, non volle sentire ragioni.
Senza neanche accorgermene mi ritrovai a mordermi anche le unghie in attesa di ricevere una sua risposta.
 
Ed avvenne dopo parecchi squilli. In quei secondi non avevo fatto altro che ripetermi in testa quanto fossi stato stupido ed impulsivo.
Magari aveva lasciato il computer acceso per sbaglio e l’avevo svegliato. O magari era semplicemente uno di quelli abituato a studiare di notte e l’avevo disturbato solo per colpa della mia voglia di sentirlo e della mia incapacità a stargli lontano.
Quando accettò la chiamata e il suo viso comparve sullo schermo, comunque, rimasi senza fiato.
Aveva le guance chiazzate di un rosso talmente acceso da superare di gran lunga il colore che di solito avevano le sue labbra. I capelli erano più scomposti del normale e non c’erano bandane o fasce a tenerli a bada.
Ma più di ogni altra cosa, furono il suo “abbigliamento” e la sua postura a seccarmi le parole in gola.
Era quasi totalmente nudo, ad eccezione del paio di boxer scuro che a malapena riusciva a coprirgli il necessario ed una delle sue grandi mani stava tentando, maldestramente, di nascondere l’evidente erezione tra le sue gambe.
Boccheggiai in difficoltà e arrossii con una tale velocità che non ebbi neanche il tempo di accorgermene e di provare a frenare il rossore.
Non l’avevo svegliato e tanto meno avevo interrotto le sue ore di studio notturne. L’unica cosa che molto probabilmente avevo interrotto era un orgasmo.
 
Non sapevo cosa dire e, anche se avessi trovato le parole adatte, non ero sicuro sarebbero riuscite ad uscire dalla mia bocca.
Lui si passò la mano libera tra i capelli e premette di nuovo l’altra sul cavallo delle sue mutande.
Annaspai e percepii un certo calore attanagliarmi il basso ventre. Cercai inutilmente di ignorarlo.
Non mi aspettavo una chiamata.” sussurrò a bassa voce senza guardarmi, come per giustificarsi. Non mi sembrò di vederlo arrossire ma non avrei potuto dirlo con certezza perché il suo colorito era già improponibile a causa dell’eccitazione.
La sua voce proruppe in un tono assai più basso di quanto mi sarei aspettato e quella costatazione non giovò alle mie terminazioni nervose. Mi sentii pervadere da una vampata di calore ancora maggiore di quella che aveva percepito il mio ventre qualche secondo prima.
Ingoiai a vuoto e “Scusami…” bofonchiai in imbarazzo. Scossi la testa e maledissi di nuovo la mia impulsività.
Pensavo stessi studiando, sono passate solo due ore da quando sei uscito e non credevo ci saremmo sentiti.” continuò, sistemandosi meglio sul suo letto. Il modo in cui cercava di nascondersi non faceva che rendere più evidente ai miei occhi il suo stato.
Di nuovo, la gola mi si seccò.
Io stavo solo…” tentò di spiegare ancora, ma non glielo permisi. Sarebbe stato davvero troppo imbarazzante. Forse avrei dovuto preoccuparmi di rispondere ai suoi dubbi riguardanti la mia presenza in casa, dirgli che io, Niall, avevo finito di studiare prima e che ero rientrato presto. Ma ero troppo distratto per preoccuparmene e per pensare alle conseguenze che quel mio gesto sconsiderato avrebbe portato.
Tutto quello che feci fu scuotere una mano di fronte alla webcam per fermarlo e “Lascia stare,” dirgli frettoloso “penso che ti lascerò alle tue… cose.”.
Ma fu lui in quel momento a mordersi il labbro con violenza.
Me ne accorsi a malapena, intento a trovare con il mouse il cursore sullo schermo che mi avrebbe permesso di chiudere il collegamento.
In ogni caso, non ci riuscii: Harry e le sue parole mi bloccarono ad un passo dal farlo.
Oppure…” mormorò “potresti unirti a me.”.
 
Mi fermai a riflettere: cercai nella sua voce cenni d’insicurezza ma non ne trovai. La sua richiesta mi era arrivata forte e chiara, l’eccitazione aveva cancellato ogni traccia della vergogna e della timidezza che erano tipiche della sua persona.
Sgranai gli occhi rendendomi conto in ritardo di cosa mi avesse appena proposto. Era una cosa del tutto nuova per me e, considerato il fatto che quello era l’ultimo posto in cui mi sarei dovuto trovare, non avrei neanche dovuto prendere del tempo per dare una risposta al suo invito. Avrei semplicemente dovuto dire qualcosa come “Non mi sembra il caso.” o “Magari un’altra volta.” ma la mia dipendenza da lui non mi permise di reagire neanche in quel caso. Per di più, la situazione nelle mie mutande era già diventata insostenibile nel sentirgli pronunciare quelle poche parole.
Mi massaggiai il ponte del naso, in difficoltà, e “In che senso…” provai a chiedere. Ma le parole, di nuovo, non ne vollero sapere di uscire.
La mano che fino a quel momento era rimasta premuta sui suoi boxer, aveva lasciato la sua postazione per intrufolarsi sotto l’elastico firmato, direttamente a contatto con la pelle tesa del riccio.
I suoi occhi rimasero fissi su di me ma io non riuscii a ricambiare lo sguardo, troppo preso dai movimenti lenti del suo polso.
Le mie dita corsero per riflesso oltre il laccio già allentato della mia tuta e sospirai quando le sentii fredde sulla mia pelle accaldata, pronte a darle sollievo.
La mia erezione, formata solo per metà, mi sembrò già troppo ingombrante intrappolata nei miei boxer, tanto che dovetti sistemarmi meglio sul letto in cerca di una posizione più comoda per potermi dare piacere.
Harry fece lo stesso, copiando a specchio i miei movimenti, ma sorprendendomi quando tolse direttamente via le sue mutande, rimanendo totalmente nudo di fronte a me.
La naturalezza con cui lo fece mi lasciò interdetto e piacevolmente sorpreso. L’idea che non si stesse facendo scrupoli, che fosse del tutto a suo agio con il suo corpo, mi ricordo il motivo per cui io - e non Niall - mi stessi trovando lì.
Lui, al contrario del biondo, non aveva mai avuto problemi con il suo aspetto ma non me ne ero mai reso conto del tutto fino a quel momento. Il modo in cui si stava toccando, continuando a fissarmi, mi fece provare invidia nei confronti della confidenza che sembrava avere con ogni parte di sé.
Velocizzai i movimenti della mia mano quando vidi scendere la sua fino ai testicoli per poi risalire più velocemente andando ad inglobare la punta ingrossata.
La massaggiò appena e gemette facendo scattare i muscoli del suo petto in un movimento involontario.
Mi sentii le guance andare a fuoco e percepii il mio respiro velocizzarsi notevolmente.
Una scarica di adrenalina mi portò a liberarmi a mia volta dei pantaloni e dei boxer senza che la mia mente poco lucida potesse rendersene conto.
Lui sorrise, soddisfatto, con uno sguardo carico di lussuria e “Più veloce.” lo sentii dirmi, ordinarmi.
Presi aria dalla bocca per respirare a pieni polmoni: non mi ero mai sentito così eccitato in vita mia. Probabilmente, gran parte di quella eccitazione era dovuta alle circostanze strane in cui stavamo condividendo quell’esperienza.
In ogni caso obbedii e velocizzai i movimenti del mio polso. Mi toccai come non facevo da un po’, con attenzione, come se lo stessi facendo per lui, per offrirgli una visuale che l’avrebbe presto portato al culmine del suo piacere.
E l’apice riuscivo a sentirlo anch’io già all’altezza del mio basso ventre, pronto ad investirmi in pieno.
Rallentai un attimo nel vano tentativo di ritardarlo, ma quando vidi Harry buttare la testa indietro mentre con il pollice faceva pressione sulla sua vena ingrossata non potei fare a meno di riadeguarmi al suo ritmo.
Sentii il mio seme colarmi sulle dita strette intorno alla mia base e continuai a massaggiarmi per godermi pienamente l’orgasmo mentre l’osservavo venire a sua volta.
Il suo piacere, probabilmente, fu più violento del mio perché schizzò sullo schermo all’improvviso.
Sorrisi d’istinto, contento nel vederlo così rilassato e piacevolmente sconvolto.
Ma tutta la mia gioia scomparve quando, inseguendo il suo orgasmo, lo sentii gemere tra i denti un “Niall…” che avrei volentieri fatto a meno di sentire.
 
Mi resi conto, in quell’istante, che la necessità di mettere un punto a quella storia si era fatta più urgente che mai. 










Note finali: vi ho anche risparmiato le note iniziali oggi. Quanto lo state apprezzando in una scala da 1 a 10? Lo so che sono una palla al piede con le mie lagne ma ho le ansie e devo parlarvi di molte cose quando posto una storia. Oggi non dirò nulla comunque. Vi ammollo queste 14k parole e lascio le chiacchiere a voi. Voglio solo ringraziare le dolcissime persone che mi hanno lasciato un pensiero al primo capitolo (risponderò, giuro!) e tutte quelle donzelle silenziose che hanno messo la storia tra le seguite e le preferite. Siete l’amore, davvero.
Vi posto, come al solito, il mio Twitter e il mio Ask e vi do i link delle tre meraviglie che Mary Grace (qui e qui) e Medusa (qui) hanno realizzato per questa storia perché tutti dovete apprezzarle.
Alla prossima per il terzo e ultimo capitolo. 
 
  
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