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Autore: Chains_    06/07/2014    25 recensioni

N= {a, i, l, n} A= {a, i, l, n}
Allin guardò il pezzo di carta passatole dal suo compagno di banco e si accigliò, non capendo subito le sue intenzioni.
“A meno N...” Sussurrò Niall scrivendo l'operazione d'insiemistica.
“Uguale insieme vuoto.”
“I nostri nomi!” Esclamò sorpresa la ragazza.
“Sì, sono composti dalle stesse lettere.”
“E se uno viene sottratto all'altro...”
“L'altro si annulla.” Concluse Niall sorridendo.

Quando Allin ebbe la possibilità di frequentare il liceo di Mullingar, non avrebbe mai pensato che la sua vita sarebbe stata sconvolta dalla presenza di un ragazzo. Per sfortuna gitana, acrobata nel circo di famiglia, non avrebbe voluto né potuto innamorarsi di un irlandese. Eppure fu grazie a Niall che Allin iniziò a credere in un futuro in cui essere zingara sarebbe stato solo un ricordo. Ma il peggio doveva ancora venire. I due dovevano ancora esser separati.

"Sai cosa c'è, cugina? C'è che è sempre stato A-N, non N-A. Chi vieni sottratto a chi? Ora lui sta ad XFactor ed io qui, distante chissà quanto!"

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=t652GzFXWqc
La Fanfiction prende ispirazione dal vero.
[Personaggisecondari: LittleMix, 5Sos...]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Through the dark.

Un grazie alla meravigliosa Lilac per l'altrettanto meraviglioso banner iniziale, senza cui non avrei potuto montare questo, sotto forma di gif.
 

Bene, eccoci qui. Che dire, ritardo assicurato sin da quando ho dovuto cambiare buona parte del capitolo. Ho poi preferito lasciar passare il ventotto e il ventinove, per ovvi motivi. Quindi, dal treno Roma/Torino, vi auguro buona lettura e spero tanto che il capitolo vi piaccia, pur essendo particolarmente di passaggio! Come sempre, vi invito a recensire e già che ci siete a leggere le note finali. Ho una cosa da chiedervi, sono curiosa. A domenica prossima! :)

 

Vorrei potermi svegliare con un’amnesia e dimenticare tutte queste stupide, piccole cose che mi legano a te. Come il modo in cui mi sentivo ad addormentarmi nel tuo letto, o il sapore della torta che mangiammo insieme la prima volta che venni a casa tua. Ricordi da cui non potrò mai scappare e che tu bruceresti. Tutta colpa mia. Non sono stata in grado di farmi credere, scusa amore." -Dal diario di Allin

 

Quella sera Allin era uscita di corsa dal locale, congedando frettolosamente Alex con un “ci sentiamo” biascicato in malo modo. La malizia dell'uomo avvicinatolesi al bar era stata decisamente il colpo di grazia per lei, in quella giornata iniziata come le altre e proseguita decisamente di male in peggio.

Con la speranza di lasciarsi alle spalle tutta quella frustrazione, appena fu in strada la ragazza non prese in considerazione la sola idea di tornare a casa, iniziando a girovagare senza meta. “Non so quanto ti farà piacere vedere la tua amica fare la puttana!” le continuava a ripetere una stridula vocina nella sua mente, incessantemente.

Passarono venti minuti, solo allora si fermò sebbene la tensione accumulata nel pomeriggio, continuasse ad accapponarle la pelle, facendole rizzare i peli biondi delle braccia. D'improvviso si alzò un forte vento che diede origine ad uno strano cigolio sinistro. Con il cuore in gola, Allin si voltò. “É solo l'insegna del locale” constatò decisamente sollevata, portandosi una mano prima sulla fronte, poi tra i capelli. Vivere con la paura di essere seguita la stava facendo impazzire, rendendola sempre sull'attenti.

Le ci vollero un bel po' di respiri prima che il cuore riprendesse a batterle regolarmente nel petto. Solo a quel punto la sua solita curiosità riemerse a galla. Chiudendo la zip della felpa, l'irlandese si avvicinò a quello che aveva tutta l'aria di essere un vecchio pub. Arrivata sulla soglia, alzò lo sguardo verso l'insegna. La parola 'Magic', in argento, spiccava sul blu navy dello sfondo. Corrucciata, Allin schioccò la lingua al palato. Cosa poteva esserci di magico in quel locale dall'aspetto melenso? Dondolandosi sui talloni, si domandò per vari minuti se entrare o meno. Una birra irlandese, infondo, non le sarebbe affatto dispiaciuta.

Ferma in mezzo alla strada come uno stoccafisso, si sentì ridicola quando un uomo, uscendone, le rivolse uno sguardo malizioso. Vestiti stropicciati, camicia sbottonata, cravatta annodata alla meno peggio, capelli scarmigliati. “Sicuro ha da poco fatto del buon sesso” commentò Allin, muovendo qualche passo dietro di sé, per nascondersi nella penombra.

Quando anche l'ombra dello sconosciuto sparì, ritornò allo scoperto, quindi diede una scrollata le spalle. Un sorriso rassegnato le curvò poi le labbra. Quel vecchio ci aveva preso, aveva pronosticato proprio tutto dandole schiettamente della puttana.

Ponendo da una parte i suoi sentimenti, Allin mise piede in quello che aveva capito essere un night.


* * *

Paradossalmente, seppur dall'esterno sembrasse piuttosto malridotto, all'interno il Magic era tutt'altro. Su più piani, poteva definirsi come tutto ciò che un lussurioso potesse desiderare. La musica alta, il profumo dell'alcol, l'odore pungente del sudore e la luce soffusa delle più svariate tonalità di colore lo rendevano quasi surreale.

Appena entrata, Allin si guardò attorno, stupefatta. Fece qualche passo, raggiungendo il centro della sala. Assunse un'aria sbigottita, quando vide che, delimitata da ringhiere in ferro battuto, vi era un'ampia finestra, che affacciava al un piano sotterraneo.


“Assurdo.” Questa fu l'unica parola che le uscì di bocca, quando si sporse per guardare giù.

Non fece in tempo a realizzare cosa ci fosse sotto che dovette velocemente rivolgere lo sguardo altrove, infastidita dal senso di vertigine. Pensare che neanche con anni e anni di esibizioni al circo era mai riuscita a superarla. Voltandosi, notò che, disposti tutt'intorno, ad occupare lo spazio vi erano numerosi tavolini colorati attorniati da poltroncine da sala in pelle. La bionda sgranò gli occhi. Questi erano difatti intervallati da numerose piattaforme su cui troneggiavano pali da lapdance che talvolta poggiavano direttamente sulla moquette dai motivi aztechi, a decorazioni bianche su sfondo nero, talvolta su piattaforme. Per ognuno di essi vi era almeno una ragazza in lingerie che si muoveva soavemente, dando l'idea di sentirsi una qualche divinità ultraterrena, accerchiata da uomini e donne di svariata età. Irritata da quell'esibizionismo, Allin rivolse lo sguardo altrove, prima a destra, poi a sinistra. E, se a da una parte il locale andava scemando di intensità dando accesso ai bagni, dall'altra indiscusso protagonista della scena era invece un ampio palco, dal sipario di pesante velluto rosso. Deglutendo, la giovane si fece spazio nella folla, cercando di raggiungere le scale per il piano inferiore. Le disse davvero fortuna, quando scampò dal soffocare in mare di gente, che sembrava muoversi per tutto il night ad ondate incessanti. “Sono viva” sospirò, quando scese l'ultimo scalino.

Anche lì il Magic restava un locale sorprendente. L'arredamento era coerente con quello dell'altro piano e ciò lo rendeva un ambiente decisamente armonioso. Bancone bar, sedie e tavolini erano presenti, ma ad occupare gran parte della sala era una sovraffollata pista da ballo che sembrava non avere fine e da cui, rivolgendo lo sguardo verso l'alto, si poteva vedere il soffitto del piano terra. Allin vi girò intorno accorgendosi poi della presenza di alcuni privé, ciascuno delimitato da una spessa tenda bianca, colorata dai vari giochi di luce. La bionda si immobilizzò, rapita da essi, quando un ragazzo le passò al lato, urtandola lievemente. Con indosso solo dei jeans sbottonati, Allin lo vide carezzare la coscia di un uomo sulla trentina, che lo iniziò a seguire. Incoraggiata dall'oscurità che si era momentaneamente creata, avvolgendola nel proprio manto, l'irlandese riuscì a trovare il coraggio di andargli dietro. Passando per uno stretto corridoio buio, irraggiato solo da alcune lucine led incastonate alle pareti scure, i tre arrivarono ad una piccola camera. Allin spalancò la bocca, meravigliata. Non seppe dire se ne fosse affascinata realmente, né se ciò era da considerarsi un male o un bene. Ma come non restare di stucco davanti ai numerosi specchi che ricoprivano le pareti, il soffitto e persino il pavimento?

“Proseguire o meno verso la porta?” si domandò la bionda. Fortunatamente, rivolse lo sguardo al soffitto, prima di incamminarvisi. Allora notò il riflesso di alcune coppie scambiarsi focose effusioni, nascoste com'erano da alcuni separé. Come se si fosse scottata d'improvviso, si dovette sforzare per non cacciare fuori un urletto scandalizzato. Ancora provata da ciò che le si era presentato davanti, tornò in corridoio quasi correndo. Solo questa volta notò esservi una seconda tenda. Afferrandone un lembo, la scostò da un lato, rivelando delle scale a chiocciola, prive di ringhiere. Con passo un po' incerto, la giovane iniziò a salirle. Le sorprese sembravano non esser destinate a finire. Le scale, difatti, se nella prima parte erano coperte, quando raggiungevano il piano terra costruite a vivo, così da risultare parte integrale dell'arredamento. Proseguendo, Allin raggiunse il primo piano. Si ritrovò così in un pianerottolo, ammobiliato elegantemente, in cui si affacciavano una ventina di porte, tutte uguali.

La diciottenne sussultò. Vedendone una ragazza uscirne con un uomo, tentò di nascondersi dietro ad una pianta, facendosi piccola piccola.

“Grazie mille” la vide mormorare a quello che capì essere il suo cliente, nel momento in cui notò infilarle una banconota nel reggiseno.

“Grazie a te del servizietto, Lilac” le ripose lui, poi sgattaiolò giù per le scale. Non c'erano dubbi. Il Magic era un nightclub di grande rilevanza a giudicare dalla paga che ricevevano i lavoranti.

La giovane stava per rientrare nella stanza da cui era uscita, quando vide Allin. “Mi spieghi cosa dovresti farci tu qui?” le domandò innervosita.

Capelli castani lasciati cadere lungo la schiena in morbide onde, labbra laccate in lilla, lingerie del medesimo colore. “Chissà quanti uomini ha ai suoi piedi” pensò la bionda.

“Vorrei parlare con il capo, sto cercando un lavoro” le rispose poi, sperando di non sembrarle nervosa.

Infondo, aveva visto un uomo morirle davanti giusto poche ore prima, una sua coetanea travestita da fatina dei boschi come poteva intimorirla?

Sorprendendola, l'espressione scocciata della castana cambiò, aprendosi in un sorriso comprensivo. Fece spallucce. “Certo, seguimi!” la incitò, dandole una spintarella. “Mi chiamo Tabatha, ma tutti qui mi conoscono come Lilac" aggiunse, sistemandosi la coroncina di lillà che teneva fieramente tra i capelli.

Commentando scherzosamente il locale, definendolo una gabbia di depravati, le due ragazze tornarono velocemente al piano terra, tramite un ascensore riservato al personale. Raggiunsero così una porta segreta. Risultando nascosta dietro a quella che aveva tutta l'aria di essere una classica tenda, nessuno la notava.

Prima di lasciarla sola con il capo del club, Tabatha afferrò Allin per le spalle. “Non devi essere agitata, capito? Basta avere un bel fisico, prende sempre tutte. Sono le paghe a cambiare” le mormorò, scuotendola leggermente, dopo aver notato il suo viso assumere un colorito verdognolo.

La bionda prese un respiro profondo ed annuì mentre l'altra bussò, non prima di averla vista riprendere colore.


“Nicholas, abbiamo una nuova recluta!” esordì entusiasta Tabatha entrando per prima nel piccolo ufficio del proprio capo. La giovane diede ad Allin una complice gomitata, infine si richiuse la porta alle spalle.

Così mentre una riviveva per un attimo i propri primi istanti nel locale, l'altra si trovava sola in quella che, nella sua mente, stava assumendo le sembianze della tana del lupo.

Questo, poco dopo, dacché se ne stava di schiena ad osservare il viale buio fuori dalla finestra, si voltò.

I suoi occhi verdi, che risaltavano dalla pelle olivastra e dai capelli scuri, la studiarono con attenzione trovandola in grado di far girare un bel po' di teste anche se in jeans e maglietta.

“Allora, dimmi un po'” iniziò poi a parlare, dopo aver sorseggiato una lacrima di brandy, versato poco prima in un bicchierino di vetro. "Cosa ti porta qui?" domandò, seppur sapesse già la risposta.

Allin ammiccò. Abituata alla sfrontatezza di Gonzalo, Nicholas non la metteva in soggezione come previsto. "Mi servono dei soldi. Questo è il modo più facile per guadagnarseli" affermò. La realtà era dura, le faceva male, ma andava affrontata.

Nicholas le sorrise languido. "Comprensibile" mormorò, annotando qualcosa nel proprio blocco, impugnando un'elegante penna argentata.

“Bene. Quando qualcuno si presenta qui per lavoro non lo rifiutiamo mai” aggiunse. Allin sorrise, sebbene fosse già al corrente di questo suo modo di fare. In una giornata come quella che si stava per concludere, almeno una bella notizia le ci voleva proprio.

“Ti darò una settimana di prova, in cui imparerai le basi. Vedo che hai già conosciuto Lil: lei ti farà da guida, ti giudicherà e così, a fine settimana, ci ritroveremo a discutere sulla tua possibile permanenza.”

“Perfetto, non la deluderò” affermò Allin, accennando ancora un occhiolino. L'uomo la guardò stupito. Sin da quel momento capì che, oltre all'innegabile bellezza, la ragazza davanti a lui aveva altri pregi, sebbene gli fossero ancora nascosti.

“Dimmi un po', come ti chiami?” le chiese, desideroso di aggiungere al più presto il suo nome ai turni serali che aveva assegnato già a Tabatha mesi prima.

“Clarylin Mason” disse Allin, mostrandogli la propria carta d'identità.

“Che nome-”

“Bizzarro, lo so.”

L'uomo sorrise alle parole della bionda. “Stavo per dire particolare!” esclamò bonariamente, levandosi quella maschera di professionale freddezza che era solito indossare.

Allin avvampò al repentino cambiamento. “Scusi signor Nicholas” mormorò, balbettante.

“Domani ti voglio qui alle otto di sera, okay?”

“Sarò puntuale.”

“A domani, allora.”

“Ne stia certo!” Un saluto veloce e la diciottenne uscì a gambe levate da quell'ufficio in cui sembrava esser finito ossigeno per respirare.

Cosa le riservava il futuro? Facile intenderlo. Le bastava osservare Tabatha concentrata a muoversi al ritmo della musica. “Forse è meglio che io resti un po' a guardare” pensò, sedendosi su una poltroncina libera ai lati della sala. In fin dei conti non aveva nessuno per cui tornare a casa. Chi scendeva e saliva le scale con foga, chi ballava in pista, chi si lasciava andare ad effusioni senza vergogna, chi, semplicemente, serviva da bere, ai tavoli o al bancone. Allin, ipnotizzata da quell'atmosfera accattivante, continuò a osservare per tempo indefinito ciò che le si presentava davanti senza battere ciglio. Tutto cambiò quando sul fondo della sala notò un ragazzo intrappolare quella Tabatha tra le proprie braccia, baciandola a mo' di sfregio. Allora, istante dopo istante, senza tregua, tutti i volti maschili del night iniziarono ad assumere le sembianze di quello di Tacho. Allin chiuse gli occhi, si fece forza e si limitò ad uscire. “D'altra parte avresti dovuto aspettartelo” mormorò a se stessa.


* * *

Quando fu fuori dal club, la bionda non fece in tempo a fare qualche passo che le cedettero le gambe, facendola crollare di peso sul marciapiede. Lo sguardo rivolto verso il basso, le mani tra i capelli, le palpebre chiuse e le ginocchia a contatto con il torace, scudo contro un mondo che sembrava ucciderla lentamente.

Lontana dall'Irlanda, odiata da Niall, legata a una vita che non le apparteneva, costretta a vendersi pur di distaccarvisi, Allin sentiva molto spesso una strana voglia di addormentarsi per non svegliarsi più. Con mani tremanti, afferrò il cellulare dalla borsa. Aveva bisogno di Alex.

* * *
Il ragazzo stava uscendo dalla palestra che frequentava tre volte a settimana, quando sentì il cellulare vibrare nella tasca della tuta. Non capendo chi potesse cercarlo a quell'ora, rispose all'istante. Si sorprese quando notò che ad averlo chiamato era stata Allin.

“Irlanda, che succede?” domandò, camuffando la propria inquietudine improvvisa.

“Clary!" insistette. Nessuna risposta. "Porca troia. Lin, mi vuoi rispondere?"


“Al, sto a due isolati da casa mia. Sai, la via in cui ieri ci siamo scattati una-"

"Arrivo" Cellulare in tasca, cappello in mano, borsone sulla schiena, Alex prese a correre, senza mai fermarsi. Il cuore in gola.


* * *

Quando il giovane la raggiunse, Allin se ne stava ancora accucciata al marciapiede, tenendo la testa incastrata tra le gambe. Appena la vide, attraverso il buio, Alex non si fece di certo scrupoli. Posò senza prestarvi attenzione la sacca della palestra in mezzo alla strada e le corse incontro. Poco gli importava se dentro aveva infilato il cellulare che si sarebbe potuto rompere. Allin era già in pezzi e rappresentava la sua priorità. Preso dalla foga, non le diede tempo di notarlo avvicinarsi che la strinse a sé, atterrando anche lui sull'asfalto, freddo e bagnato. La bionda saltò d'improvviso, poi appena inspirò, riconobbe l'amico grazie al suo profumo. Continuando a stringerla, lui non fiatò. Si limitò a carezzarle la schiena, posando la testa sulla sua spalla nuda. La ragazza sorrise impercettibilmente. Sentire il respiro caldo e costante dell'inglese sfiorarle il collo la stava calmando.

Dopo poco, difatti, riuscì a ricambiare la sua stretta. Sentendosi cingere la vita Alex tirò un sospiro di gioia. Erano anni che non si angosciava così tanto per qualcuno. Tornando a respirare normalmente, posò la fronte su quella della ragazza, incrociando il suo sguardo. Era struggente, guardarla negli occhi. Vi vedeva troppi segreti e preoccupazioni in grado di offuscare il loro azzurro acceso.

“Allora, mi spieghi?” le domandò, sfiorandole il naso con il suo, per farle solletico. Aveva sempre amato questo loro contatto fisico, gli faceva bene.

Alla fin fine glielo ripeteva spesso: dietro ai tatuaggi, ai piercing e alla faccia da duro si nascondeva un cuore tenero, accessibile solo a pochi eletti.

"Mi vuoi bene, Al?” gli chiese Allin di rimando, con voce stridula.

Il giovane scosse la testa, divertito da quella domanda innocente a cui era molto facile dare una risposta. “Certo che te ne voglio” mormorò, sfoggiando un dolce sorriso.

Allin prese un respiro profondo, abbassando la testa. "Ho trovato lavoro"

"E stai così per questo?! Ma è una cosa fantastica!" avrebbe voluto dire il ragazzo. Tuttavia decise di tenere a freno la lingua: gli sembrava chiaro che la bionda avesse altro da aggiungere.

Come previsto, subito dopo lei aprì nuovamente bocca. “In un club a luci rosse” mormorò, vergognandosi di se stessa come mai aveva fatto prima d'allora.

Alex chiuse gli occhi. Sentì il cuore creparsi, tanto che iniziò a tremare, quasi si fosse aperto uno spiraglio in cui riusciva a penetrare il freddo di dicembre. D'altra parta Allin gli ricordava incredibilmente sua sorella minore, morta dopo un incidente in moto anni prima, a causa sua. Lo studente di medicina ricordava ancora tutto alla perfezione.

Per il suo diciottesimo compleanno i genitori gli avevano regalato una moto Velocette. Volendola provare immediatamente, convinse la sorella ad accompagnarlo, direzione lungomare. Seppur scettica, la ragazza lo assecondò. Andava tutto bene, i due ridevano come se non ci fosse stato un domani. Poi uno sbando. Entrambi volarono dal sellino. Lei morì sul colpo. Lui, rialzatosi subito dopo la caduta la osservò spegnersi sotto i propri occhi allucinati. Aveva visto i suoi azzurrissimi perdere vita e il suo sorriso affievolirsi come un fiore appassito, mentre l'ambulanza tardava ad arrivare. Ed erano proprio quei dettagli del volto della sorella a ricordargli Allin, essendo inspiegabilmente simili, tanto più nelle sue foto da bambina.

“Lin” mormorò il barista, abbandonando il passato per tornare a vivere il presente.

Allin impallidì nel sentirsi chiamare in quel modo tanto familiare. “È l'unica cosa che posso fare, capisci? Quell'uomo, quello nel bar... Aveva ragione!” gridò. La sua voce vacillò ancora e, sofferente, la diciottenne, riprese a singhiozzare.


Alex sciolse per un attimo l'abbraccio. “Stai per piangere, piangi” le sussurrò, scostandole una ciocca di capelli appiccicatasi alla fronte imperlata di sudore.

In risposta, lei serrò le labbra. “No” gli rispose.

"Ti vergogni?"

"Io non piango mai"

E se la bionda non versò davvero neanche una lacrima, quella notte, la stessa cosa non valse di certo per Alex. "Finché non troverai il tuo principe azzurro, ci penserò io a te" le promise, asciugandosi del bagnato dalle guance sbarbate.

"Sebbene non ne sia proprio il prototipo" aggiunse poi, soffocando malamente una risata. Anche Allin sghignazzò poco dopo. Allora sì che i due tornarono ad essere gli stessi allegri disagiati di sempre, sebbene qualche ferita in più marchiasse i loro animi. Concedendosi altre risate, restarono seduti a lungo su quel marciapiede. Vi mangiarono, addirittura, approfittando delle patatine e della bibita energetica che il ragazzo aveva preso poco prima nei distributori automatici della palestra.

* * *
La bionda aveva appena chiuso gli occhi, quando Alex fece per alzarsi. Ci aveva messo un po', ma finalmente sembrava esser riuscito a farla addormentare.

Sembrava, appunto. "Resti a dormire qui?" gli chiese Allin con voce impastata dal sonno.

Lui sorrise dolcemente. "Se mi fai spazio, volentieri" le rispose allegro.

“Ti racconterò tutto. Al, te lo giuro" gli mormorò la ragazza, spostandosi da un lato del matrimoniale.

Alex, colpito dalla sua promessa, si liberò in fretta di scarpe e pantaloni, quindi la raggiunse sotto il piumone. Crogiolandosi in quel mare di affetto, i due godettero del appieno del silenzio notturno. Allin si accucciò al futuro medico, posò la testa sul suo torace, quindi ne ispirò il profumo di giovane uomo misto a sudore, deodorante alla menta e dopobarba. Due minuti più tardi stava già dormendo un sonno profondo.

* * *
Quando Allin riaprì gli occhi si erano fatte quasi le undici. La bionda sbadigliò, sbuffando fragorosamente. Sebbene avesse dormito tranquillamente, per la prima volta da tempo senza cadere vittima di incubi, aveva ancora piuttosto sonno. Strofinandosi gli occhi con una mano chiusa a pugno, con l'altra tastò il materasso, alla ricerca di Alex.

"Al?" esclamò non trovandolo accanto a sé, la voce al di sopra di un'ottava. Non ricevendo risposta, balzò in piedi, barcollando.

"Sto in vasca, vieni!" sentì urlare poi. Tranquillizzatasi, senza farsi problemi, la giovane si liberò da canotta e pantaloncini, raggiungendo il ragazzo nel bagno.

"Sì, sei completamente folle" affermo risoluta una volta che, poggiata allo stipite della porta, lo scoprì intento a spruzzarsi acqua sul viso, tirando fuori la lingua con tanta convinzione da risultare un cucciolo di cane.

"Senti chi parla!" le rispose chiudendo il rubinetto per lasciarla entrare tranquillamente.

I due si sorrisero. Da tempo avevano preso l'abitudine di farsi il bagno insieme, indossando l'intimo.


“Al... Io penso sia arrivato il momento di scoprire le mie carte" decretò Allin, una volta sistematasi a dovere.

Alex la guardò stupito. Tutto si sarebbe aspettato, ma non di certo una cosa simile. "Sono pronto" affermò, portandosi le ginocchia al petto. La ragazza si fece coraggio ed allora iniziò a parlare lentamente, snocciolandogli passo dopo passo la sua storia.

"Quel Niall Horan?!" la interruppe Alex, appena fece il nome del cantante della band che tanto ammetteva di adorare.

"Ho alcune sue foto, sul fondo di un cassetto. Amavo scattargliene" quasi fosse cosa da tutti i giorni, lei gli rispose facendo spallucce, per poi proseguire il proprio racconto.

[…]


"Tuo padre? Come ha fatto a falsificare la lettera?" le chiese ancora il barista, piegando la testa da un lato, decisamente confuso.

Allin sorrise imbarazzata. “Quando ero piccola, adoravo vantarmi di saper fare ogni cosa al meglio. Per scrivere bene mi esercitavo ricalcando la sua scrittura, quindi posso dirti con sicurezza che per lui sia stato facile falsificare la mia” spiegò, poi riprese a parlare.

Raccontò all'amico dell'agonia del viaggio che dovette affrontare per mare in una nave merci fino alla Spagna, del modo in cui aveva scoperto di essere frutto del tradimento di sua madre con un uomo a lei sconosciuto e della vita a cui aveva dovuto adeguarsi completamente.

"Okay, c'è altro?" Alex la guardò dubbioso. Non era affatto sicuro di voler sapere la risposta.

"Il matrimonio" gli rivelò, guardandosi istintivamente l'anulare della mano sinistra, ormai libero da ogni anello che potesse rappresentare un qualche vincolo.

"Tuo?" Una domanda, tante altre vicende da spiegare, fino ad arrivare all'attesa fuga, al cambio di identità, alla viaggio fino a Londra, a ciò che era successo la sera precedente.

“E questo è tutto” concluse Allin, abbozzando ancora sorriso.

"Sono..." balbettò Alex, incapace di formulare una frase di senso compiuto. Fortunatamente, prima che potesse dire altro, la bionda lo interruppe.

"Ah, c'è un'ultima cosa che non sai e che vorrei dirti" sussurrò, posandogli una mano sulla bocca.

“Per cambiare identità non mi sono bastati nuovi documenti e operazioni. Il mio vero nome è Allin Dooley, Al" confessò, guardandolo negli occhi e dandogli poi la possibilità di parlare di nuovo.

“Allin" ripeté lui, sorridendole con la lingua adorabilmente incastrata tra gli incisivi. Andava tutto bene. Ora capiva e sapeva come aiutarla. Comprese che a quella gracile ragazza che aveva di fronte non sarebbe servito altro che una persona su cui contare davvero. "Ti starò sempre accanto, lo giuro. Sei come una piccola sorellina, per me. Quella che non c'è più" mormorò, sporgendosi per abbracciarla.

“Si chiamava Liz, vero?” gli domandò Allin.

“Come hai...”

“Il tatuaggio, Al”

L'espressione del ventiquattrenne cambiò, diventando cupa. Allin, preoccupata, cambiò discorso. “Ne vorrei fare uno anche io, di tatuaggio" rivelò, guardando il corpo disegnato dell'amico. Un sorriso tornò sul suo volto.

"Possiamo andare dal mio amico, hai presente?" le propose, dopo averci ragionato su.

La bionda assunse un'espressione confusa. "Quello che lavora nel negozio subito dopo il bar?" tirò ad indovinare.

"Esatto" le confermò Alex, quindi iniziò a sciacquarsi dal sapone, per uscire dalla vasca.

* * *

Venti minuti più tardi i due si trovavano proprio davanti allo studio di tattoos.

“Ma è chiuso!” esclamò Allin dispiaciuta, quando vide il cartello 'closed' affisso all'entrata.

“Non per noi, Lin” le rispose Alex.

Il ragazzo tirò fuori dai pantaloni una chiave arrugginita ed aprì la porta d'ingresso. Fu lui il primo ad entrare, trascinandosi Allin dietro di sé. Daniel, proprietario dell'immobile, sentì il rumore dei loro passi, quindi posò la bottiglietta di inchiostro che stava ripulendo e gli andò subito incontro.

"Alex! Nuovo tatuaggio?" esclamò appena vide l'amico, dandogli un'amichevole spallata.

"E lei?" aggiunse sorpreso, quando notò la ragazza fare capolino da dietro il suo corpo.

"Daniel, ti presento Clarylin"

Il tatuatore, a quel nome, si illuminò. "È lei la ragazza di cui mi parlavi ieri sera in palestra? La tua migliore amica, no?"

“Chiamami pure Lin" intervenne la bionda, stringendo la mano destra di Daniel, anch'essa tatuata come buona parte della pelle visibile.

"Bene” acconsentì lui con un sorriso, ricambiando il gesto. “Allora, perché siete venuti?" domandò curioso.

Alex assunse un'espressione paragonabile a quella di un padre fiero della propria figlia.

"Primo tatuaggio per la signorina!" esordì, dando ad Allin una lieve pacca sul sedere, per incitarla a farsi avanti.

"Perfetto. Clarylin, hai già in mente qualcosa?" si informò, sedendosi sul bancone.

"Una scritta."

I tre ragazzi dovettero sfogliare album interi per trovare la calligrafia perfetta, poi Daniel poté iniziare a preparare lo stamp. Quando fu finito Allin si levò la maglia, sdraiandosi di pancia sul lettino da lavoro. Senza perder tempo il tatuatore le applicò una crema anestetica sulla porzione di pelle da trattare, quindi preparò l'inchiostro.

Mano destra stretta al bracciolo del lettino, la sinistra a stringere quella di Alex, occhi chiusi, Allin venne sopraffatta, anche se solo per un secondo, dalla paura. "Sentirai solo un po' di bruciore, te lo assicuro" le mormorò l'amico all'orecchio, quindi l'altro cominciò il proprio lavoro.

Quando si rese conto che, come le avevano anticipato, non faceva poi così male, riuscì finalmente a rilassarsi. "Sicuro meglio della ceretta" pensò, terrorizzata alla sola idea che prima di andare al Magic avrebbe dovuto fare un salto dall'estetista.

"Allin, abbiamo finito" annunciò Daniel soddisfatto, quindi uscì dalla stanza, dando alla sua nuova cliente il tempo di rivestirsi.

“E' bellissimo...” mormorò Alex, ritrovatosi solo con Allin.

Lei iniziò a canticchiare. “La canzone dei One Direction” indovinò lui, sorridendo.

Come aveva fatto a non capirlo prima? Infondo sapeva che ne era fan, tant'è che una volta le aveva proposto di accompagnarla ad un loro concerto. Solo in quel momento riuscì a capire il perché del suo categorico rifiuto. Come faceva a credere che Niall la odiasse o che si fosse dimenticato di lei?


Allin si guardò riflessa allo specchio, sorridendo sconsolata. “Chissà se lo vedrà mai.”

“Io dico di sì, senza dubbio.”

Rincuorata, la ragazza prese un respiro profondo, quindi si voltò di schiena per guardare il frutto del lavoro di Daniel. Sulla sua scapola destra, un'affascinante scritta in nero risaltava dalla pelle chiara.

"I'm broken, do you hear me?

I am blinded, 'cause you are everything I see. If I'm louder, would you see me? Would you lay down in my arms and rescue me, 'cause we are the same. You save me when you leave it's gone again."



* * *

"Niall, Niall non è successo niente, tranquillo!" Ripeté Zayn per quella che gli parve essere la centesima volta.

Appena tornati dalla Sala Bowling i ragazzi si erano ritrovati l'irlandese piangente sul pavimento, appoggiato di schiena al divano, completamente solo nel buio più assoluto.

Il ragazzo rivolse gli occhi arrossati al soffitto. "Ho fallito, sono uno stupido! Sembrava andasse così bene..." mormorò, asciugandosi con la manica della felpa un po' muco colatogli dal naso.

Liam si abbassò verso di lui. "Capita di cadere, Nì" gli rassicurò, passandogli una mano sulle guance per portarne via ogni lacrima.

Louis si sedette sulla moquette, vicino ai tre ragazzi. "L'importante è rialzarsi" aggiunse.

«Siamo qui per te” gli ricordò Harry, facendo spallucce come se non avesse detto niente di che.

Così, mentre Niall lasciava libero sfogo alle sue lacrime, i suoi amici lo stringevano fortissimo, scambiandosi sguardi complici: il biondino stava diventando forte, molto più di quanto avessero mai sperato e di quanto credeva. "Non lasciatemi solo per nulla al mondo" sussurrò d'improvviso, poi si alzò.

 

Testa alta ed occhi lucidi, il cantante raggiunse velocemente il bagno per sciacquarsi il volto con dell'acqua fredda. Lo sapeva. Era consapevole che, se ancora non era crollato, il merito era soprattutto dei ragazzi, capaci di tenerlo a debita distanza dall'orlo del precipizio. Senza pensarci, Niall spense la luce, ma non tornò subito nel salottino. Restò lì, nel buio. E, se a primo impatto non riuscì a vedere niente, poco dopo notò i suoi occhi luccicare, riflettendo nello specchio, e tutto ciò che gli era intorno iniziò ad assumere quasi magicamente contorni distinti.

 

"Perchè c'è lei, c'è lei nelle mie ossa, nella mia mente, nella mia vita e non riesco proprio a mandarla via." -Dal diario di Niall

 

Spazio autrice

Insomma, un capitolo lungo, ne sono consapevole e piuttosto tranquillo, ma solo all'apparenza. Ci sono molte cose che potreste capire e che sconvolgeranno la storia tra qualche aggiornamento. Inoltre egrave da considerarsi apertura di un periodo ambientato per lo più nel Magic che, proprio per questo, ho scelto di descrivere accuratamente. E poi, abbiamo un nuovo due nuovi ingressi. In particolare, vi piace Lilac? Nel prossimo capitolo la conoscerete meglio! Beh, vi anticipo che, oltre a questo, accadrà qualcosa di molto, molto significativo per Allin. Bene, non mi resta che darvi appuntamento a domenica prossima! Nella speranza di leggere un vostro parere, grazie di tutto.
Giorgia.

   
 
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