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Autore: GD_foREVer    07/07/2014    4 recensioni
Chiusi gli occhi, serrando le palpebre fino a sentir male.
Pregai di morire, con tutta me stessa.
Dio, ti imploro, uccidimi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Whatsername

La prima ora trascorse in maniera piuttosto calma, con il professore di matematica che faceva le solite domande di rito, del tipo “come avete passato quest’anno le vacanze? Raccontatemi un po’ cosa avete fatto.”
Sembrava simpatico quell’omone di mezza età, con quei capelli grigi tenuti in ordine da un sottile strato di gel e quei vispi occhietti neri che saltavo da un lato all’altro dell’aula.
Signor Patrick Reed, si chiamava.
Da quello che potevo notare non era sposato -non portava la fede-  e l’espressione dolce del volto mi poteva far intuire che fosse una persona calma e, dai discorsi, anche
abbastanza ragionevole. Ma questo sarebbe stato tutto da vedere.

La seconda e la terza ora passarono abbastanza veloci con la lezione d’arte, spiegata da una professoressa giovane dai lunghi capelli color del grano e gli occhi verdi che, non appena entrati in classe, ci aveva piazzato un immacolato foglio da disegno davanti e qualche matita, esortandoci a disegnare ciò che più ci ispirava mentre, di tanto in tanto, facevamo un po’ di conversazione. Si chiamava Jade Bordin.
Disegnai una ragazzina che dava le spalle, seduta su un’altalena sospesa su uno strapiombo ed appesa al ramo di un grosso albero nodoso tramite due corde spesse ma logore, che si stavano per spezzare.
Era da giorni che mi ronzava in testa l’idea di quel disegno e finalmente gli avevo dato vita.
Ho da sempre amato disegnare, e, fin dai primi anni di scuola, l’Arte era una delle materie che amavo di più in assoluto.
La quarta ora fu normalissima, con il professore d’Inglese, John Walkmann, che ci dava istruzioni su che materiali avremmo dovuto portare per le prossime volte.
Infine, alla quinta ora, quella prima del pranzo, facemmo lezione (e quando dico lezione, intendo proprio lezione) con il professore Stephen Talter.
Non appena entrata in classe -naturalmente trovata dopo un po’ di girovagamenti- notai che tutti gli studenti erano seduti ai loro banchi, composti, osservando un tirato silenzio. E questo era abbastanza strano dato che, alle ore precedenti, volavano cose ovunque e c’era un chiacchierio continuo.
Poco dopo il professore fece il suo ingresso e tutti si alzarono, facendo stridere le sedie dalle gambe di metallo, per poi risedersi al segno del signor Talter.
Non è che mi fosse capitato l’Hitler della scuola?
Fece l’appello e poi iniziò subito a spiegare l’argomento, infischiandosene che nessuno fosse ancora provvisto di alcun libro e riempiendo così la lavagna.
Era alto e magro, i capelli brizzolati iniziavano a diventare sempre più radi ed aveva uno sguardo severo e freddo con una voce a dir poco odiosa ed autoritaria.
Non fece altro che spiegare e lanciare occhiate truci tutto il tempo; e così anche la quinta ora passò, con una estenuante lentezza.
E i miei compagni? Beh, nella mia prima mattinata non avevo fatto amicizia con nessuno, se non scambiato un qualche timido “ciao”.
Ero stata praticamente un fantasma, sfuggendo alle occhiate gelide dalle classiche ragazze cheerleader o figlie di papà che non possono mai mancare; infondo ero quella nuova, e nessuno si era interessato a me più di tanto.
Grazie a dio.
Uscì così dall’aula ed imboccai un ampio corridoio, seguendo la mandria di ragazzi.
Così facendo, in teoria, mi sarei ritrovata alla mensa, ed avevo ragione: mi infilai dentro due porte grigie spalancate e mi ritrovai in una grande stanza avvolta nella confusione ed ampiamente illuminata tramite delle grandi finestre.
Dopo qualche minuto presi anch’io un vassoio, come facevano tutti, ed andai a mettermi in coda per ricevere il pranzo; una volta arrivato il mio turno, dopo 5 minuti circa, presi un po’ di pasta e dell’insalata sperando che il cibo non fosse così terribile come nell’ultima scuola in cui ero stata.
Mentre ero immersa nei miei pensieri la mia attenzione fu attirata da un braccio che si agitava da 6 o 7 tavoli dall’ingresso
Mike.
Mi diressi velocemente verso di lui, ignorando totalmente il perché una ragazza e la sua amica mi stessero fissando.
-Hey, ciao!- salutai sorridendo e prendendo posto nella sedia arancio di fianco a Mike. Non era solo.
Ma infondo  lo sapevo, aveva detto che mi doveva fare conoscere della gente.
-Ragazzi, vi presento Heaven, un’amica e nuova studentessa di questo schifo di scuola!- esclamò Mike, indicandomi e mettendomi così al centro dell’attenzione.
Cosa che odiavo.
Però mi aveva presentata come “sua amica”, e dovevo dire che questo non mi dispiaceva.
-Io sono Jinger, ma tutti mi chiamano Jin, piacere di conoscerti!- la prima a presentarsi fu una ragazza dai capelli lisci e a caschetto, leggermente più lunghi nel davanti e color rosso fuoco.
Il viso un po’ spigoloso, il naso all’insù e gli occhi verde smeraldo le conferivano un aspetto dai tratti quasi felini.
Era molto carina.
-Questo con la bocca perennemente piena, invece, è mio fratello, Johnny.- mi indicò il ragazzo di fianco a lei, che, in effetti, era impegnato a gustarsi un panino.
Mi sorrise, tirando su la mano in segno di saluto.
Al contrario della sorella aveva gli occhi nocciola, i capelli mossi dello stesso colore delle iridi e dei tratti più dolci.
-Piacere!- risposi impacciata, sorridendo ad entrambi.
-Allora, di dove sei, Heaven?- domandò Johnny, che nel frattempo aveva ingoiato il boccone.
-Di Los Angeles, mi sono trasferita qui all’inizio delle vacanze estive e… beh, eccomi qui!- risposi, incurvando verso l’alto un lato della bocca.
-Noi ci siamo trasferiti qui cinque anni fa da San Josè, quindi, per qualunque cosa, rivolgiti pure a noi. Sappiamo com’è essere i nuovi.- mi disse Jin.
-Grazie mille, almeno non mi sentirò sola!- risposi ridendo e prendendo una forchettata di pasta che, tutto sommato, non era nemmeno male.
Ero un po’ imbarazzata di fronte ai due nuovi individui.
-Mh, allora, com’è andata la prima mattinata di scuola?- domandò Mike, guardandomi ed alzando in aria la forchetta.
-Non c’è male, come prima giornata di scuola. Avevi ragione riguardo all’insegnante di matematica, non è poi tanto male!- risposi.
-Ecco, te lo dicevo io.- disse, tirandomi una gomitata.
-È quello di scienze il problema. Un certo Stephen Talter.- dissi, dando una scrollata di spalle.
-Oh, il caro e vecchio signor Talter.- disse Johnny, roteando gli occhi. -Ha avuto un esaurimento nervoso l’anno scorso, e se prima era uno stronzo, adesso lo è il triplo più le crisi di nervi.- continuò la sorella.
-Fantastico.- sospirai.
-Dai, non ti è andata poi così tanto male… guarda il lato positivo, alla fine dell’anno saprai scienze e geografia allo schioccare di dita!- disse Mike, facendo un sorrisetto.
-Molto incoraggiante Mike. Grazie, graz…- fui interrotta.
-No! Non tu, non Whatsername!- una voce maschile e leggermente nasale arrivò alle mie orecchie, facendomi girare di scatto.
I miei occhi neri come la pece entrarono nuovamente a contatto con un paio di verdi intenso.
-Mi chiamo Heaven. Mi pareva di avertelo già detto questo.- risposi, incrociando le braccia al petto.
-E a me pareva di averti già detto che ti chiamo come voglio.- controbatté.
-Wo. Fermi tutti. Voi due vi conoscete già?- domandò Johnny, inarcando un sopracciglio.
-Purtroppo si.- rispose Billie -E dato che questo tavolo è l’unico libero ed io ho abbastanza fame- si mise la mano libera dal vassoio sulla pancia -mi toccherà stare in compagnia di questa pazza. Che per giunta non so che stia a fare seduta qui.- sospirando si sedette di fianco a Johnny, mentre io lo guardavo stralunata.
-Pensavo di avere già chiarito a proposito di questo. Ma non preoccuparti, la pazza se ne va e ti lascia al tuo schifoso pranzo. Cerca di non strangolarti.- dissi arrabbiata.
Cosa gli avevo fatto di male? Perché continuava a trattarmi così?
Lo vidi sollevare lo sguardo per poi alzare le spalle ed iniziare a mangiare.
-Vaffanculo. Nuovamente.- borbottai a denti stretti.
Mi rivolse un sorriso che aveva tutta l’aria di essere canzonatorio.
-Ciao Mike, grazie.- mi rivolsi a lui, sorridendo. -Ci vediamo. Mi ha fatto piacere conoscere qualcuno.- dissi anche a Johnny e Jinger.
Nel frattempo  loro erano tutti rimasti ad osservare la scena, straniti.
Mi alzai senza dare il tempo a nessuno di replicare, presi le mie cose e me ne andai
dalla mensa, sentendo un “sei veramente un coglione quando ti ci metti” proveniente da Mike.

Percorsi il corridoio che avevo fatto all’andata, in questo momento deserto, e poi uscì dalla porta principale ritrovandomi in un affollato cortile.
Andai verso un albero, e, trovando riparo dai raggi del sole diventati piuttosto fastidiosi, mi
sedetti appoggiando la schiena contro corteccia dura.
Strappai qualche filo d’erba e mi persi ad osservarli, come quando facevo da piccola nelle calde giornate estive sotto l’attento sguardo celeste di James.
Non ce  l’avrei fatta senza di lui. Me lo ripetevo continuamente.
-Pensi di diserbarci tutto il cortile?- domandò un’allegra Jin.
-No… no, decisamente no.- risposi ridacchiando e lanciando lontano i fili d’erba
intrappolati fino a qualche minuto fa tra le mie dita.

-Non vale la pena di stare male per uno come Billie, Heaven. Lui è così, un po’…-
-Bastardo?- conclusi la frase per lei.
-Si, bastardo.- ribadì iniziando a ridere. -Però dopo un po’ che lo conosci si
ammorbidisce. Con le persone nuove fa sempre così, anche se con te sembra avere una particolare inclinazione a comportarsi in questo modo… se non sono indiscreta, cos’è successo tra voi due?-
-Ho avuto qualche problema poco tempo fa, Mike ha cercato di aiutarmi ma io ero abbastanza sconvolta, così ho reagito male. Billie ha parlato un po’ troppo ed io… beh, gli ho tirato uno schiaffo.- risposi.
-Cosa? Billie Joe  Armstrong che si fa picchiare da una ragazza?- Jinger scoppiò in una fragorosa risata. -Oh, diamine se avrei voluto esserci!- esclamò, facendo ridere anche me.
-Però sfortuna, o fortuna, volle che alla sera avessi bisogno di aiuto, di nuovo, è Billie me l’ha, diciamo, offerto. Volevo ringraziarlo, ma la voglia mi è completamente passata.- chiusi il mio discorso.
-Bah, adesso non pensarci più, ed anzi, Venerdì sera sei invitata al Gilman Street, lo conosci?- mi domandò.
-Certo che lo conosco, ma non ci sono mai stata. Me ne ha parlato spesso mio fratello…- mi bloccai, rendendomi conto di chi stavo per andare parlare.
-Fantastico allora! Venerdì si esibisce un gruppo veramente bravo, non accetto rifiuti, quindi ti passiamo a prendere davanti casa alle 21:15, ma anzi, conoscendo Johnny, è più probabile che saremo li per le 21:45!- ridacchiò -Quello è sempre in ritardo! Ah, se ti va di pure a tuo fratello di venire, più siamo meglio è!-
-Non penso che lui possa venire, sarà… sarà per un’altra volta.- le dissi con un sorriso tirato.
-Okay certo, non preoccuparti, li ci sono esibizioni ogni settimana, avremo altre occasioni per presentarci. Frequenta questa scuola?- disse parlando tutto d’un fiato, come un uragano e sbattendo i grandi occhi verdi contornati da uno spesso strato di matita nera.
-No… ha già finito gli studi.- risposi evasiva.
Certo, lui sarebbe venuto un’altra volta.
Sarebbe stato bello.
-Beato lui! Comunque, dove hai detto che abiti?- 

_____________Chi non muore si rivede_____________________________
Beh... ciao C:
Chiedo venia per il terribile ritardo, ma con questo capitolo le idee mi sono venute molto ma molto lentamente!
Spero comunque che vi piaccia e sarei felicissima di vedere una vostra recensione in cui mi dite ciò che pensate, critiche ben accette :D
Ringrazio Katy Gray che, come al solito, legge il mio capitolo in anteprima e mi dice quello che pensa :)
Naturalmente un enorme grazie va anche a Whatsername_xx e whatsername of suburbia che continuano a leggere e commentare questa Fiction, cosa che a me fa molto piacere :3
Alla prossima,
Rage&Nutella.
Ps. AUGURI DI BUON COMPLEANNO A QUEL PAZZO DI SYNYSTER GATES!

 

 

  
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