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Autore: HannibalLecter    07/07/2014    2 recensioni
A lei piace lui e lei piace a lui.
A lui piace lei e lui piace a lei.
Perfetto no?
Peccato che entrambi si ostinino ad ignorare questa faccenda continuando tranquillamente il loro percorso che si snoda lungo due rette parallele destinate a non allontanarsi mai ma neanche ad incrociarsi mai, o forse no?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Dicono che l'amore sia cieco ma io aggiungerei che sono le persone a volte ad essere più cieche delle talpe. I film e i libri ci mostrano centinaia di esempi di donne e uomini che finché non sbattono letteralmente contro il loro innamorato o innamorata non si rendono conto della pena che stanno provocando ai loro poveri spasimanti. Un esempio? Elizabeth Bennett, passino tutti i pregiudizi che le coprono gli occhi e le impediscono di vedere fin dall'inizio che Mr. Darcy è un uomo da sposare senza indugiare, ma chiedersi se lui l'amerà ancora dopo che ha dilapidato metà del suo patrimonio solo per salvare la sua sciocca sorella mi sembra veramente da ottusi. Se fossi stata io Lizzy sarei fuggita fin da subito nella meravigliosa Pemberley con l'altrettanto meraviglioso Mr. Darcy.
La protagonista del film non aveva ancora capito che il suo vicino di casa che la riempiva di regali, la invitava sempre a cena e le teneva il gatto quando andava in vacanza era irrimediabilmente cotto di lei con tanto di sguardo da pesce lesso innamorato. Io non avevo mai trovato un uomo che mi ricoprisse di doni, mi preparasse anche solo la colazione o mi tenesse quel grassone di Isidoro altrimenti sarei già sposata e circondata da tanti bimbetti saltellanti.

Sbadigliai per la centesima volta e, cercando di fare meno rumore possibile, mi chinai alla ricerca della mia borsa, nascosta nei meandri più irraggiungibili dello spazio sotto la mia poltrona. Il buio della sala del cinema non aiutava e così cercando alla cieca afferrai quella che credevo essere la mia borsa. Tastai sospettosa, da quando avevo una borsa di forma cilindrica? Alzai gli occhi imbarazzata e incontrai lo sguardo accigliato del ragazzo seduto vicino a me e spostai lentamente lo sguardo sulla mia mano che circondava la sua caviglia. Ringraziai tutti gli dei dell'Olimpo per l'oscurità della sala che impediva che il mio viso paonazzo venisse ammirato da tutti.
«Oddio scusi, è stato un errore io...» Feci per alzarmi in piedi ma urtai il bicchiere di coca cola della ragazza seduta accanto a me e quella scattò in piedi imprecando e guardandomi furiosa mentre io cercavo disperatamente la mia borsa e dei fazzoletti per aiutarla.
«Signorina, si toglie di mezzo?»
Mi voltai di scatto e incontrai lo sguardo stizzito del grasso signore della poltrona dietro alla mia.
Trovata! Afferrai velocemente la borsa, scovai i fazzoletti, li consegnai alla ragazza farfugliando delle scuse e mi diressi velocemente verso l'uscita.
Cosa avrei scritto di quel film? Che era una schifezza infarcita di romanticismo scaduto, creata per far scucire a della povera gente ignara i soldi del biglietto. Dovevo trovare un rimedio al più presto, la sfiga che mi perseguitava fin dalla culla unita al mio essere spesso maldestra formava un mix micidiale che un giorno o l'altro mi sarebbe stato fatale. Forse la soluzione era chiudersi in casa con una scorta di vaschette di gelato e una pila di dvd. No, ci avevo già provato e non avevo funzionato. Ricordo come se fosse ieri l'episodio della vasca da bagno, era stata una vera e propria serie di sfortunati eventi. Ero arrivata a casa distrutta dopo un giorno in università e mi ero concessa un lungo bagno caldo con tanto di schiuma e Debussy di sottofondo. Non so come mi addormentai e fui svegliata dai colpi insistenti alla porta d'ingresso. Io mi ero svegliata all'improvviso e avevo fissato confusa il mio bagno allagato. I momenti successivi furono un susseguirsi di episodi degni di Paperissima. Io uscii di corsa dalla vasca e mi precipitai ad aprire la porta, sulla soglia della quale mi attendevano cinque vicini inferociti. Uno di loro mise il piede nell'atrio, scivolò sul pavimento bagnato e pensò bene di aggrapparsi a me, che infreddolita e in accappatoio stavo cercando di giustificare il perché si fossero trovati improvvisamente i soffitti grondanti d'acqua. Finimmo entrambi in ospedale. Lui nel reparto geriatria con il femore rotto e io con il braccio ingessato. Inutile aggiungere che pagai i danni e cambiai appartamento. Però, a dispetto di tutto, rimasi in contatto con il povero Signor Arturo che andai a trovare spesso durante la sua convalescenza e le mie visite continuarono anche quando il suo femore si aggiustò e lui poté tornare ad andare a ballare il liscio la domenica pomeriggio.
Pescai il telefono dalla tasca interna della mia borsa di Mary Poppins e lo controllai velocemente.
Due messaggi non letti, una chiamata persa a una mail.
Lessi distrattamente i messaggi; Chiara che mi ricordava l'appuntamento di quella sera con le ragazze e mia madre che mi ordinava di chiamare una misteriosa zia di nome Agata per farle gli auguri e mi lasciava il numero della neo novantenne.
La mail era di Joanne, la mia amica francese, che mi rimproverava per il ritardo con cui rispondevo ai suoi messaggi e mi invitava da lei a Lione per il ponte di Carnevale. Pfff, come se a me fosse concesso di stare a casa per travestirmi da unicorno e girare per le strade a spargete coriandoli multicolore.
La chiamata persa era di Alfredo, il mio capo, che mi affrettai a richiamare.
«Cipollina perché non sei seduta su una poltrona intenta nella visione della nuova commedia romantica con Jennifer Aniston?»
Cazzo! Perché doveva sempre essere così preciso?
Tossii imbarazzata.
«Pandorina non c'è bisogno che ti faccia venire un attacco improvviso di bronchite: so perfettamente che quel film è una palla al piede. Ecco perché ti ho chiamata, volevo salvarti da una morte causata da noia acuta. Non ringraziarmi cara, come ricompensa accetto volentieri il tuo supporto per un pomeriggio di shopping! Come sono generoso, oltre che incredibilmente bello e talentuoso»
Sbuffai di fronte a quel commovente sfoggio di modestia e umiltà.
«Alfie piuttosto che sorreggere per un intero pomeriggio pile e pile di maglioncini rosa confetto e pantaloni giallo canarino torno in sala e finisco di vedere il film»
Sentii un risolino dall'altra parte della cornetta.
«Bene, stavo pensando a chi affidare l'articolo sul nuovo film strappalacrime basato su una storia di Nicholas Sparks ma dato che ti sei proposta come volontaria posso dire conclusa la mia ricerca!»
Oh no! Nicholas Sparks e le sue storie zuccherose mi facevano venire il voltastomaco. Una volta avevo provato a guardare con le ragazze 'Le pagine della nostra vita' ma neanche la meravigliosa visione di Ryan Gosling era riuscita a trattenermi su quel divano per più di dieci minuti.
«Brutto traditore frou frou! Quando vuoi andare?»
Quella settimana dovevo scrivere due articoli, vedere due film, andare ad un party di beneficenza organizzato dall'associazione attori italiani e presenziare alla festa di benvenuto del nuovo misterioso collega che sarebbe giunto a fine settimana. Alfie ogni volta che lo riempivo di domande sul nuovo arrivato mi rispondeva con uno strano sorrisino e un irritante 'aspetta e vedrai'.
«Giovedì pomeriggio? Così mi compro un completo nuovo per venerdì sera e ne approfitto per assicurarmi che tu venga vestita in modo adeguato. Sai topolina cosa ho visto ieri? Una cosa meravigliosa e stupefacente: saldi da Dolce&Gabbana! In vetrina c'era un incantevole abitino di pizzo rosso che su di te starebbe divinamente»
Alzai gli occhi al cielo. Pallida com'ero il vestirmi di rosso non faceva altro che mettere in evidenza il mio incarnato da Dracula. Quando Alfie iniziava a blaterare di saldi e vestiti il mio cervello si scollegava. Mi piaceva fare shopping ma dove volevo io, nei negozi che volevo io e per comprare qualcosa che volevo io e non il mio adorato capo gay. Alfie aveva uno stile tutto suo e cercava di convertire tutti alla sua personalissima concezione di eleganza. A Natale mi aveva regalato un cappottino color azzurro puffo che avevo messo una volta solo per farlo contento.
«Va bene, comunque adesso vado a pranzo e poi passo in ufficio ok?»
«Perfetto, così mi racconti di quanto fosse entusiasmante il film. A dopo carotina!»
Riposi il telefono e mi guardai attorno. Quel giorno per pigrizia avevo deciso di non attraversare la città per andare al solito piccolo cinema di fiducia ma di affidarmi alla più vicina multisala che si trovava in un grande centro commerciale inaugurato da poco.
Dopo aver mangiato una piadina al volo e aver chiamato la mia presunta zia Agata, che era convinta mi chiamassi Ermengarda, tornai in ufficio. Una volta entrata nell'atrio scambiai due parole con Carmen, la segretaria, mia fonte di pettegolezzi e scoop sui membri della redazione, e mi diressi agli ascensori. Ogni mattina mi promettevo che avrei iniziato ad utilizzare le scale per arrivare al terzo piano ma poi ogni giorno arrivavo di fronte alla scalinata e i miei buoni propositi si smaterializzavano. Vidi di sfuggita le porte dell'ascensore chiudersi e senza pensarci due volte mi lanciai in una folle corsa. Non so grazie a quale miracolo riuscii ad entrare nell'abitacolo un secondo prima di finire schiacciata tra le due porte metalliche come una foglia d'insalata in un sandwich. Non avevo ancora tirato un sospiro di sollievo quando mi resi conto con sommo orrore che la mia cartelletta era rimasta incastrata. Cazzo la cartelletta no! Lì dentro c'erano tutte le bozze degli articoli che avrei dovuto scrivere nelle prossime due settimane e piuttosto che perderli mi sarei trasformata in Hulk e avrei separato con la mia super forza bruta le due porte per liberare la mia preziosissima cartellina. Iniziai a tirare con tutte le mie forze ma quella non ne voleva sapere di muoversi. L'ascensore non si muoveva perché probabilmente aveva rilevato che le porte non erano chiuse correttamente. Non mi persi d'animo, ignorai il signore alle mie spalle, si, perché non ero sola, e mi appesi alla cartelletta tirando verso di me. Niente. Sull'orlo di una crisi di nervi mi voltai per chiedere al signore se poteva in qualche modo aiutarmi ma rimasi a bocca aperta. Perché ogni volta dovevo rendermi ridicola davanti a dei novelli Jude Law? Perché le mie avventure degne di un film di Fantozzi dovevano avvenire sotto gli occhi di questo meraviglioso esemplare di uomo simile al Tom Cruise dei tempi d'oro di Top Gun? Perché ero sfigata ed evidentemente da piccola avevo in qualche modo offeso qualche divinità ed ora ero destinata ad anni di sventura peggio del povero Ulisse costretto a vagabondare per i mari per dieci interminabili anni. Il ragazzo, eh si perché oltre che incredibilmente figo era anche giovane, mi sorrise e pigiò un tasto sulla pulsantiera dorata dell'ascensore. Le porte si spalancarono e la mia cartellina scivolò a terra. Meraviglioso, non solo ero sembrata pazza ma anche scema. La raccolsi e dopo essermi assicurata che il suo prezioso contenuto fosse al sicuro mi rialzai stringendomela al petto.
«Grazie mille»
Quegli occhi verdi mi fissavano curiosi e mi sembrava di essere tornata ai tempi dell'esame di maturità tanto mi sentivo in soggezione. Suvvia Ginevra svegliati! Quando mai ti sei fatta intimorire da un ragazzo per quanto belloccio sia? Mai. Mi riscossi e lo osservai a mia volta senza mostrare il mio imbarazzo.
Lui sorrise un'altra volta come se in me avesse visto qualcosa di buffo e mi porse la mano.
«Di nulla. Io sono Alessandro Grimaldi, piacere»
Simulando una sicurezza che non possedevo gli strinsi cordialmente la mano. Me la strinse energicamente e con ciò segnò un punto a suo favore perché non sopportavo le persone che me la stringevano debolmente o lasciavano la mano molle e passiva. Ovviamente oltre che dolorosamente bello aveva anche una voce calda e suadente che sembrava avvolgerti e prometterti mille sottintesi.
«Ginevra Visconti»
In quel momento l'ascensore ci annunciò con un rapido scampanellio che eravamo giunti a destinazione e le porte si aprirono. Mi riscossi e uscii decisa dall'abitacolo diretta al mio ufficio cercando di scrollarmi dalla mente un paio di occhi verdi corredato da una sensuale voce roca.
Non feci in tempo a salutare Francesco e ad appoggiare la borsa sulla scrivania che in un turbinio arrivò Alfie che mi afferrò per un polso e mi spinse a forza nel suo ufficio.
«Lo sai vero che se il tuo essere dell'altra sponda non fosse così palese gli altri potrebbero pensar male? È più il tempo che passo chiusa con te nel tuo ufficio che quello che passo alla mia scrivania, non che mi dispiaccia»
Alfie si spaparanzò comodo sulla sua poltrona girevole da boss e con fare cospiratore aprì il cassetto della sua scrivania e ne estrasse un fascicolo. Non appena lo ebbi sotto il naso scoppiai a ridere. Altro che fascicolo di documenti quella era una copia dell'ultimo Vogue USA. Quell'uomo era assurdo, lo conoscevo da sette anni e riusciva ancora a sorprendermi.
«So che mi stai lanciando un messaggio ma non è detto che io voglia coglierlo»
Lui continuò imperterrito a sfogliare le pagine patinate fino a quando una sua esclamazione di vittoria rese manifesto il fatto che la sua ricerca si era conclusa con successo. Ruotò la rivista e picchiettò con fare insistente su una fotografia. Sospirando abbassai lo sguardo e rassegnata guardai la modella che indossava un abito color verde bosco lungo fino alle caviglie.
«Venerdì indosserai questo»

Questo è un esperimento o meglio una sfida con me stessa, devo riuscire a portare a termine almeno una storia senza abbandonarla alla sua triste sorte dopo soli sette capitoli, spero di farcela!

S.

  
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