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Autore: mattmary15    07/07/2014    1 recensioni
Cosa accadrebbe se, ai giorni nostri, l'erede della famiglia Holmes fosse una stramba ragazza dagli occhi di ghiaccio e dai riccioli neri? Sociopatica e iperattiva, intelligentissima quanto bella. Ha un fratello che lavora per il governo, un ex ragazzo psicopatico e un paio di corteggiatori imbranati. Lei preferisce la solitudine e i delitti efferati. Almeno fino a quando incontra John. Così comincia il gioco una mattina di un martedì di ordinaria follia...
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Spoiler!, Triangolo
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Comincia il gioco



Il taxi lasciò Sherly all’ingresso del parco di Finsbury all’altezza della fermata della metro di Manor House. Non era il tipo da inquietarsi per l’ora tarda né per alcuni ragazzi fermi a bordo strada che fumavano. Memorizzò ogni particolare che veniva illuminato dalla tenue luce dei lampioni. Il parco era immerso nell’oscurità.
-234, Sloan Square. Sherly.
Inviò l’indirizzo di Casey Abbot a Jhon e raggiunse il civico 44 di Seven Sister Road.
La luce era accesa e al piano terra poteva distinguere, dietro ad una finestra con delle tende a righe di dubbio gusto, la sagoma di una donna su di un divano intenta a guardare la televisione. Amy Mayers era ancora viva. Probabilmente l’assassino non aveva ancora deciso se completare il suo lavoro quella stessa notte o meno. Sherly era convinta che di certo l’assassino sapeva che adesso la polizia aveva molti più elementi per cercare qualcuno che non fosse legato solo alla vicenda della cospicua donazione e pertanto doveva sbrigarsi.
Si guardò intorno e individuò almeno due punti dai quali un ex soldato con una buona mira poteva puntare alle finestre di Amy Mayers.
Capì che doveva pensare velocemente. Si passò le mani sul viso e immaginò di rinchiudersi nel suo palazzo mentale. Palazzo azzurro sulla sinistra che al quarto piano aveva un appartamento palesemente sfitto a giudicare dallo stato di abbandono del suo balcone o terrazza del palazzo bianco con le persiane verdi leggermente più a destra?
Niente portinaio per il palazzo azzurro.
Portone rotto per quello bianco.
Accesso facile per entrambi i casi.
Altezza simile per tutte e due le soluzioni. Diede un’altra rapida occhiata all’ambiente ed optò per la terrazza del palazzo bianco. L’appartamento del palazzo azzurro dava di fronte ad una sorta di bar con un’insegna enorme. Troppo luminosa, poteva disturbare la visuale.
Raggiunse senza dare nell’occhio il portone socchiuso e spinse l’anta. La porta cigolò appena e si lasciò aprire. La scala era poco illuminata e Sherly salì senza fare rumore. Come aveva previsto la porta di ferro della terrazza era aperta. L’assassino intendeva defilarsi in fretta dopo aver sparato. Guardò l’orologio. Le 23.30 erano passate da qualche istante. L’aria sul terrazzo era fredda ma non c’era vento. Sentì vibrare il telefono.
-Casey Abbot non è in casa. Non fare niente di stupido. Sto arrivando. John.
-Non necessario. S.
-Ti ho detto di aspettare. Chiamo la polizia. J.
-Ho da fare adesso. Il gioco è cominciato. S.
Sherly ripose il cellulare e fece qualche passo allo scoperto. Una figura le puntava contro un’arma.
“Tutti e due sappiamo che non mi sparerai.” Disse Sherly decisa sollevando comunque entrambe le mani in segno di resa. L’uomo non rispose. Sherly sorrise. Il gioco era davvero cominciato.

Correva. John correva. Non credeva avrebbe corso così mai più. Non dopo il suo ritorno a Londra. Nessun taxi lo avrebbe mai portato in tempo a Finsbury.
La fermata della metropolitana era a due passi. Corse fino a che l’aria nei polmoni non cominciò a bruciare. La linea azzurra andava diretta a Finsbury Park. Contò le fermate. Sette. Si sentì davvero uno stupido.
“Forse potresti essere d’aiuto. Victoria o Finsbury? Rimangono due persone nel mirino e io non so ancora quale delle due è la prossima vittima del nostro reduce folle. Una abita a Finsbury, l’altra a Victoria. Quale prendi John? Si tratta di salvare una vita. Allora Abbott Casey a Victoria o Amy Mayers a Finsbury? Scelgo io. Vado a Finsbury. Tu andrai a Victoria. Ti mando un messaggio sul cellulare con l’indirizzo preciso.”
Ripensò alle parole di Sherly. Lo aveva manovrato. Gli aveva fatto credere, per un minuto, di avere avuto una scelta. Ora sapeva che la ragazza, sin dal principio di quella conversazione, aveva calcolato ogni cosa. Persino la sua indecisione. Aveva sfruttato a proprio vantaggio la capacità di leggerlo come un libro aperto e lo aveva mandato nel posto sbagliato. O giusto. Comunque lontano dall’assassino. John era certo che l’aveva calcolato.
“Conosci gli indirizzi della gente a memoria? Ovvio che no! Ho cercato su internet. Smartphone!”
Anche John possedeva uno smartphone e aveva cercato su internet il numero di telefono di casa Abbot. La conversazione che ne era seguita gli aveva aperto la mente.
“Pronto? Casa Abbot.” La voce di una donna.
“Pronto? Buonasera cerco Casey Abbot.” Aveva detto John con tono deciso.
“Chi è lei? Come mai cerca mio marito a quest’ora?”
“Signora mi perdoni per l’ora ma è di vitale importanza.”
“Mio marito non è in casa. Lei chi è?”
John avrebbe potuto dire qualsiasi cosa. Che era un medico ad esempio. Era la verità ed era la descrizione di se stesso che preferiva. Oppure poteva inventare che era un amico di Abbot. Poteva dire che era della polizia. Poteva dire che era un investigatore privato. Non gli piaceva mentire e disse comunque la verità.
“Sono il capitano John Watson.”
“Capitano? Oh ma certo!” Disse la donna cambiando completamente tono di voce “Perché non l’ha detto subito? Immagino che abbia bisogno di parlare con Casey. Sono dispiaciuta ma è di turno stasera.”
“Dovrei parlare con lui. E’ urgente davvero.”
“E’ per i problemi con l’associazione? Casey non ha fatto che parlarne ultimamente. Ormai ne è fuori. Non li perdonerà mai per avere usato i problemi dei soldati per interessi personali. Quando ha scoperto che usavano i soldi delle donazioni in modo improprio non ha voluto più parlare con nessuno dei vecchi compagni. Lei deve essere uno dei suoi amici che lo hanno aiutato a scoprire la verità.”
“Già.” Disse solo John.
“L’intervista di un paio di settimane fa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ha detto che li avrebbe denunciati anche se io non credo che la giustizia sia uguale per tutti. Sono personaggi in vista nella nostra comunità. Non gli faranno niente.”
A quelle parole John si era fermato in mezzo alla strada. Aveva capito. Sherly conosceva i nomi dei cinque membri originari della Croce di Sant’Andrea. Ne conosceva anche le professioni. Probabilmente aveva capito tutto sin da quando aveva visto il cadavere all’orfanotrofio.
La metro si fermò a Green park. Scendere per prendere la linea blu o continuare sull’azzurra? Rimase sul treno. Prese il cellulare. Alle fermate c’era campo. Mandò alcuni messaggi a Sherly. Aveva conosciuto quella ragazza da circa dodici ore. Come poteva averlo coinvolto così? Una cosa era certa. Da quando aveva incontrato quella strana ragazza aveva smesso di sentirsi morto. Non aveva più pensato neppure alla polvere. 
-Casey Abbot non è in casa. Non fare niente di stupido. Sto arrivando. John.
Scrisse velocemente prima che il treno fosse ingoiato dal tunnel della metro.
-Non necessario. S.
Aveva risposto Sherly. Come poteva non esserle necessario il suo aiuto? Le rispose immediatamente.
-Ti ho detto di aspettare. Chiamo la polizia. J.
Il telefono rimase senza linea fino alla fermata di Oxford Street. Fu allora che lesse la risposta.
-Ho da fare adesso. Il gioco è cominciato. S
John cancellò il messaggio stizzito. Come poteva essere un gioco tutta quella brutta storia? Ripensò alle parole di Mycroft Holmes. Sua sorella era psicologicamente instabile. Sociopatica iperattiva. Iperattiva di certo.
A Warren Street riuscì a chiamare la polizia e a farsi passare Greg Lestrade. L’uomo si ricordava di lui e fu facile convincerlo a mandare qualcuno a Finsbury quando nominò Sherly Holmes.
John era inquieto. Nonostante a quell’ora la metro fosse vuota, rimase in piedi con una mano a tenersi in equilibrio e con l’altra ad armeggiare con il telefono. Alla fermata della Euston Station il telefono non aveva segnale e John si figurò che sarebbe arrivato a Finsbury Park in tempo solo per vedere portare via il cadavere della ragazza dalla polizia. A King’s Cross salì un po’ di gente. John provò a chiamare Sherly. Niente, il telefono era spento. Strinse più forte la barra di sostegno del treno e posò il telefono in tasca. La mano corse involontariamente all’arma nascosta sotto il cappotto. Ormai mancavano solo due fermate.

“Tutti e due sappiamo che non mi sparerai.” Disse Sherly decisa sollevando comunque entrambe le mani in segno di resa. L’uomo non rispose. Sherly sorrise.
“Non ho nulla contro di lei, signorina. Tuttavia le sparerò se mi ostacolerà.”
“Io non sono qui per ostacolarla. Sono qui per parlarle.”
“Non ho tempo per le chiacchiere.”
“Cos’è la sua? Vendetta?”
“Giustizia.” Disse l’uomo.
“La giustizia si trova nei tribunali non per le strade di Londra. Non l’hanno istruita a dovere nell’esercito?”
L’uomo digrignò i denti.
“Non c’è giustizia nei tribunali, signorina.”
“Non c’è giustizia affatto, allora! Glielo richiedo. Cos’è la sua? Vendetta?”
“Spenga il telefono.” Disse l’uomo e Sherly lo assecondò. “Per anni mi hanno fatto credere che tenessero a me. Che avessero messo su questa organizzazione per aiutare quelli come me. Persone che tornano dal fronte e non riescono a dimenticare. Ma hanno giocato con i miei sentimenti. Per questo avrei potuto anche perdonarli. Hanno tradito la fiducia di persone a cui io avevo fatto delle promesse!”
“Crede che diventare un assassino farà sentire meglio quelle persone?”
“Stia zitta!” urlò l’uomo “Dopo quell’articolo uno dei ragazzi che era da poco tornato dal fronte si è suicidato. Un colpo alla testa. Andato. Ho giurato che avrebbe trovato pace. Fosse l’ultima cosa che faccio.”
“Quindi è questo il suo piano? Ucciderli tutti e poi suicidarsi? Non lo trovo geniale.”
“Non potrei comunque tornare alla mia vita.”
“Vero. Ma io non disdegnerei così la vita. Anche se vissuta dietro le sbarre.”
“Che ne può sapere lei di sbarre?”
“Non esistono solo le sbarre delle prigioni. Lei dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro!”
Sherly fece qualche passo verso l’uomo mantenendo le mani alzate.
“Ferma!”
“Ragioni. Ormai la polizia sa che il filo conduttore degli omicidi è la croce di Sant’Andrea. La polizia sarà qui a momenti. Tutto questo non ha più senso.”
“Questo lo dice lei.”
“Ragioni ho detto. Ha una sola pistola. O mira a me o Amy Mayers. Se punta la pistola verso la finestra, io la fermerò. Se spara a me il colpo attirerà l’attenzione. C’è troppo silenzio qui. Non avrà la possibilità di sparare una seconda volta.”
L’uomo strinse di più l’arma al punto che le nocche della mano sbiancarono. Poi prese un respiro e sorrise allentando la tensione nelle spalle.
“Si sbaglia. Non ho tempo per sparare due volte e fuggire ma ho tempo per sparare tre colpi. Sono un soldato e sono preciso.” Concluse l’uomo togliendo la sicura dell’arma.

La metro ci stava mettendo troppo. ‘Maledizione’ era la parola che John aveva continuato a ripetere ossessivamente nella sua mente. Ad Highbury il telefono di Sherly era ancora spento. Richiamò casa Abbot.
“Signora Abbott, ho bisogno di un favore enorme.”
“La sento male. Mi dica.”
“Deve chiamare Casey. Lo farebbe per me?”
“E cosa dovrei dirgli?”
“Che sto arrivando.” Disse John dopo un attimo di incertezza. Si stava giocando il tutto per tutto.
“Capitano Watson, arrivando dove? Non la sento!”
Cadde la linea e John pregò che la donna lo ascoltasse. Non voleva sulla coscienza la vita di diverse persone. Non voleva arrivare e trovare Sherly cadavere.
La prossima fermata era Finsbury. Quando le porte si aprirono, spintonò un paio di ragazzi e schizzò fuori dalla metro. All’aria aperta riprese il telefono e cercò l’indirizzo di Amy Mayers. Maledisse la sua sfortuna.  Doveva correre ancora. Impugnò l’arma e corse.

“Si sbaglia. Non ho tempo per sparare due volte e fuggire ma ho tempo per sparare tre colpi. Sono un soldato e sono preciso.” Concluse l’uomo togliendo la sicura dell’arma.
Sherly non si fece intimidire.
“Torniamo al punto di partenza. Lei non mi sparerà.”
“Certo che lo farò. Ora si volti.”
Sherly sorrise di sfida.
“Se vuole uccidermi, dovrà farlo guardandomi negli occhi perché io non mi volterò. Cosa vuol fare per costringermi? Minacciare di uccidermi?”
In quel momento un telefono squillò. L’uomo rispose senza distogliere lo sguardo da Sherly.
“Pronto? Jenna, non posso parlare, sto lavorando. Cosa? Chi? Sta arrivando? Ok.” Fece l’uomo riponendo il cellulare in una tasca per poi rivolgersi di nuovo alla ragazza.
“Chi è John Watson?” chiese. Sherly poche volte aveva associato la parola ‘intelligente’ ad una persona che non fosse se stessa o Mycroft. Quella notte, con una pistola puntata alla testa, pensò che John Watson, per quanto ordinario, fosse straordinariamente intelligente.

John raggiunse il numero 44 di Seven Sister Road. Ricordò che Sherly aveva parlato al detective Lestrade di un assassino che sparava da lontano. Si guardò intorno. Dove potevano essere? Lui da dove avrebbe sparato se avesse voluto colpire con precisione e dileguarsi velocemente? Pensò da soldato e individuò la terrazza di un palazzo bianco con le persiane verdi. Lo raggiunse e salì le scale cercando di fare poco rumore. Fu allora che sentì la voce di un uomo. Si affacciò dall’apertura in cima alle scale e la vide. Tirò un sospiro di sollievo. Era viva. In piedi, con le mani alzate di fronte all’assassino. Lo sentì chiedere.
“Chi è John Watson?”
Tolse la sicura alla propria arma e facendo cenno a Sherly di non tradire la sua presenza, arrivò alle spalle del killer.
“Io sono John Watson.” Disse puntando l’arma alla schiena dell’uomo “E tu sei il tenente in congedo Casey Abbot. Non so se ci tieni davvero a sparare. Io non ci tengo affatto ma sono un soldato, come te, e non esiterò se penserò che la mia amica è in pericolo di vita.”
L’uomo parve sorpreso e, allo stesso tempo, colpito dalle parole di John e esitò.
“Capitano Watson, io non riesco a sparare guardando in faccia le mie vittime. Tu, invece, sei tipo da sparare alle spalle?” fece l’uomo sorridendo senza dare il tempo a Sherly e a John di capire.
Improvvisamente si voltò verso quest’ultimo e sollevò la pistola contro di lui. John, che non aveva mai davvero avuto intenzione di fare fuoco, si trovò spiazzato e si sbilanciò all’indietro. Fu allora che il killer fu spinto a terra. Sherly gli era corsa addosso e avevano iniziato a lottare per il dominio dell’arma. Partì un colpo. John vide Sherly rovesciarsi a terra. Abbott puntò l’arma contro di lei e John sparò. L’uomo urlò tenendosi il braccio. La mano di John non aveva tremato e aveva centrato perfettamente il bersaglio. In quello stesso istante le grida di Lestrade e di una decina di poliziotti che facevano irruzione sulla terrazza fecero piombare quel luogo desolato nella confusione.
John corse vicino al corpo di Sherly e, con il terrore negli occhi, la sollevò tra le braccia. Aveva una ferita alla testa ma, la sua esperienza, lo tranquillizzò subito. Si trattava di un colpo di striscio. Una ferita superficiale senza conseguenze gravi. Lestrade gli fu accanto in un secondo e provò a togliergliela dalle braccia. John la tirò verso di sé.
“Sta bene. E’ un graffio ma per precauzione la porto in ospedale.”
Lestrade tirò un sospiro di sollievo.
“Vi accompagno io in ospedale con la mia auto. Andiamo. Grazie per aver chiamato. Se fosse stato per lei, si sarebbe fatta ammazzare su questo tetto.”
“Lo so.” Disse solo John.
“Andiamo. Comunque io sono Greg. Puoi chiamarmi per nome. Ho la sensazione che ci incontreremo spesso da oggi in poi.”
“Io sono John. Ne ho il sospetto anche io.” Concluse sorridendo e sollevando la ragazza dai lunghi capelli corvini.

L’ospedale St.Bartholomew era silenzioso. John credeva che Sherly sarebbe stata ricoverata al pronto soccorso invece Lestrade la fece portare all’obitorio. Quel luogo era inquietante ma John si stava adattando. Ogni cosa che riguardava Sherly era particolare.
A riceverli fu Molly Hooper che non riuscì a definirsi amica della strana ragazza ma che sostenne con fervore di tenere molto a lei. La medicò e la fece distendere su un lettino improvvisato sul tavolo da lavoro dell’obitorio.
“Si spaventerà se si risveglia in questo luogo.” Disse ingenuamente John.
“Ti assicuro, John, che questo è uno dei posti preferiti di Sherly!” esclamò Greg.
“In effetti, non stento a crederti.” Disse John raggiungendo la ragazza. Dio, quant’era bella. Forse un po’ troppo magra ma bella. Molly lo avvicinò.
“E’ la prima volta che vedo Sherly in compagnia di qualcuno.”
“L’ho conosciuta oggi.”
“Davvero? Sembri preoccupato per lei.” Disse Molly con stupore e John si chiese che razza di gente senza sentimenti frequentasse quella signorina Holmes.
Il suo telefono vibrò.
-Ottimo lavoro, capitano Watson. Mycrof Holmes.
John lesse il messaggio e alzò gli occhi al cielo. Il fratello di Sherly sapeva cosa era successo e non gli importava di raggiungere la sorella quanto mandare un sms a lui. Gli rispose.
-Dovrebbe essere al capezzale di sua sorella. J.
-Non ne ha bisogno. C’è un medico con lei. M.
-Ora sono un medico? Credevo mi considerasse un soldato! J.
-Vanno bene entrambe le anime. Credevo di essere stato chiaro. Non amo ripetermi. M.
-Neanche io. Sua sorella è in ospedale con una ferita alla testa. Dovrebbe essere qui. J.
-C’è lei, lì. Tanto basta. Devo dedurre che ha accettato il lavoro. M.
-No. Non lavoro per lei signor Holmes. J.
-Se lo farà gratis per me va bene. M.
-Sherly meriterebbe un fratello più presente. J.
-Imparerà a sue spese che Sherly non ha mai meritato niente. M.
John ripose il telefono stizzito. Molly e Greg si offrirono di andargli a prendere qualcosa da mangiare. Appena la porta dell’obitorio si chiuse, Sherly Holmes aprì gli occhi sbuffando.
“Se ne sono andati?”
“Tu eri sveglia?”
“Da diverso tempo.”
“Da quanto tempo, per l’esattezza?”
“Da quando tu e Gary vi siete presentati.”
“Si chiama Greg. Diamine ti sei fatta portare in braccio ed eri sveglia!”
“Non volevo parlare con Gary e neppure con Molly. E’ una ragazza gentile ma quando comincia a parlare diventa di una noia che può uccidere.”
“Non sei gentile.”
“No, non lo sono.”
“Sei anche un’esibizionista.”
“Sì, lo sono.”
“Stanotte hai rischiato di morire.”
“Sì. E’ così.”
“Ed è una cosa che ti capita spesso da poterla definire normale?”
“Effettivamente sì.”
“Splendido!”
“Trovi?”
“Era un commento sarcastico.”
“Il tuo sarcasmo mi sfugge, John.”
“Davvero? O è un’altra delle tue finte?”
“Potrebbe.”
“Non approvo il tuo comportamento. Potevi morire e tu consideri tutto ciò un gioco.”
“La vita è un gioco, John. Alcuni vincono, altri perdono. L’importante è giocare. Se non giochi, non vivi. Non credi che sia così?”
John ripensò a tutte quelle settimane in cui si era lasciato avvolgere dalla polvere del suo appartamento e in cui gli unici momenti di vita erano stati quelli in cui aveva preso la sua pistola e aveva esploso colpi contro alberi o lattine. In fondo se Sherly si sentiva viva solo inseguendo criminali per le strade di Londra, lui poteva davvero biasimarla?
“E’ un gioco che si fa da soli o in compagnia?” chiese John controllandole la ferita sulla tempia destra.
“Solo con la compagnia giusta.”
“E qual è la compagnia giusta?”
“Hai visto molte cose terribili quando eri in Afghanistan vero? Morte, malattie, depravazioni, giusto?”
John annuì.
“Ti va di vederne ancora?” chiese Sherly come se stesse invitando qualcuno ad andare al cinema.
“Diavolo, sì.” Rispose John.
“Sarà pericoloso.” Insistette Sherly.
“Ok.”
“Allora tu, John Watson, sei la compagnia giusta.”
Il ragazzo, per la prima vota da quando era tornato a Londra, sorrise davvero divertito. Sherly si mise in piedi con un salto.
“Ehi, tu sei ferita!”
“Superficiale e irrilevante. La ferita. Andiamo John. Abbiamo un triliardo di cose da fare e la prima di queste è un trasloco.”
“Traslochi?”
“No, mio caro! Tu traslochi.”
“Davvero?” chiese John seguendo Sherly che camminava, guardandosi in giro, nei corridoi dell’obitorio.
“Shh, o Gary e Molly ci scopriranno! Certo che traslochi! Mica puoi restare in quell’appartamento piccolo e triste! E poi è troppo lontano da Baker Street.”
“Come fai a sapere che il mio appartamento è piccolo e che è lontano dal tuo? Lascia stare. Non voglio davvero saperlo!”
Sherly sorrise uscendo dal Barth’s e puntò i suoi occhi di ghiaccio su John.
“Andiamo Watson, il gioco è cominciato!”
John l’affiancò ed ebbe la sensazione che la sua vita fosse ricominciata daccapo proprio in quel momento. 

Note dell'autrice:
Ecco qui che finisce il terzo capitolo. E' mia intenzione far risolvere a Sherly e John un caso ogni tre capitoli. Una sorta di omaggio alla serie della BBC. Ad ogni modo in questi primi tre capitoli abbiamo conosciuto Sherly, John e Mycroft. Marginalmente sono apparsi Lestrade, Donovan e Molly. Lestrade e Molly sono due personaggi che mi piacciono. Vi è piaciuto il caso della croce di Sant'Andrea? Sto cercando di non utilizzare i casi della serie. Mi diverto davvero ad immaginare delitti e misteri da risolvere. Sociopatica iperattiva? Mi piacerebbe.
Spero che seguirete il prossimo caso, quello delle campagne pubblicitarie anche perchè sta per fare capolino un altro dei miei personaggi preferiti... Ah, ah, ah, ah stayin'alive, stayin'alive.... Se escludi l'impossibile, tutto il resto per quanto improbabile, non può essere che la verità... A presto. Kisses.

  
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