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Autore: Selhen    09/07/2014    3 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Da quando Dahnael era praticamente scappato da me, quella sera del Beach Party, non l'avevo più rivisto. Per un'intera settimana, indipendentemente da qualunque ora del giorno io passassi a Pandemonium, i miei occhi cadevano sempre là, in quel punto dove alcuni giorni prima Dahnael aveva agitato le braccia allegro per salutarmi, e ogni volta che lo facevo distoglievo lo sguardo un pò più triste, chiedendomi dove fosse il mio amico e che fine avesse fatto.
Era difficile incontrare Dahnael per Pandemonium. Odiava i gruppi numerosi e i luoghi affollati. Eppure non potevo far finta di nulla e dimenticare.
Dahnael non stava bene, ed esattamente come mi ero promessa, io l'avrei tirato fuori dai guai a qualunque costo.
Con questi pensieri percorrevo un vialetto tortuoso costeggiato da lussuose ville dai tetti spioventi, a Pernon.
Mi era giunta voce, chiedendo ai compagni della sua legione, che Dahnael si fosse trasferito proprio lì dopo la sua promozione ad ufficiale a una stella.
E così, dopo aver girato a vuoto per un pò di tempo alla ricerca del cartello che recasse il suo nome, ero riuscita a trovare la villetta interessata.
Era un cottage in legno molto semplice. Aveva il tetto spiovente come la maggior parte delle altre e un comignolo sbucava curioso sull'ala destra della casa.
Davanti la porta, in quello che doveva essere il giardino, crescevano dei rigogliosi cespuglietti accuratamente coltivati.
Cauta mi avvicinai all'uscio e con non poca insicurezza bussai.
Dapprima non udii nulla, se non i rumori della città che si svegliava e delle cicale che frinivano tra le folte chiome dei viali alberati. Alla fine, uno scatto della serratura mi annunciò l'imminente apertura della porta, e un ancora assonnato Dahnael comparve dallo spiraglio, coi candidi capelli scompigliati e due nere occhiaie inquietanti, sintomo di una probabile notte insonne.
"Selhen", disse sorpreso. Le sue morbide labbra sottili si atteggiarono in un sorriso sincero, come se Dahnael avesse già rimosso dalla sua mente tutto quello che era successo tra noi l'ultima volta che ci eravamo incontrati.
D'istinto mi lanciai contro di lui che mi strinse in un abbraccio mantenendo sul viso un'espressione di sana curiosità.
"Sei sparito ancora... per un'intera settimana", gli dissi con tono lamentoso arricciando il tessuto della maglietta sulla sua schiena con le dita, mentre lo stringevo.
Dahnael sospirò prima di sciogliere quell'abbraccio. "Scusami", mi disse con quello che mi parve un tono che stentava a nascondere una certa infelicità.
"Non importa", farfugliai abbassando lo sguardo.
Dahnael mi prese per mano e mi invitò ad entrare. "Vieni, ti faccio vedere casa nuova, mi sono trasferito da pochissimo. Come sei riuscita a trovarmi così in fretta?".
Sorrisi. "Ho le mie risorse, anche tra i tuoi".
Dahnael aggrottò la fronte. "La mia legione?".
"Mh, mh", assentii facendo cenno col capo.
Dahnael scosse la testa con un mezzo sorriso e mi diede una veloce illustrazione di quella che era la sua nuova casa. Le finestre, immense e luminose, adornate da colorati tendaggi, avrebbero dovuto lasciare entrare nell'ambiente una grossa quantità di luce, eppure le tende erano tutte calate e la luce filtrava appena da sotto i pesanti tessuti dei tendaggi.
A illuminare la stanza c'era solo un lucernario acceso alla parete.
"E' giorno!", gli dissi stranita guardandolo. "Perchè non lasci entrare un pò di luce?".
Dahnael mi guardò come se nulla fosse scuotendo il capo. "Certo che no, se non amassi la mia adorata oscurità, che Asmodiano sarei?".
Senza dargli tanto ascolto mi mossi decisa verso le due cortine e le spalancai.
Un raggio di sole, prepotente, tagliò in due l'oscurità della stanza filtrando dalla finestra, e a quel mio gesto improvviso Dahnael ebbe un cambiamento repentino nell'atteggiamento.
Si precipitò verso di me e spingendomi da una parte, richiuse la tenda stropicciandosi fastidiosamente i due occhi vitrei. "No Sel, non voglio luce".
Provai a scherzarci su: "Hai problemi di fotosensibilità più grossi dei miei?". Ridacchiai pensando al mio primo giorno ad Eltnen.
"Più o meno è così", disse Dahnael appoggiandosi con noncuranza alla parete con un piede e prendendo a giocare con l'anellino all'orecchio, in un atteggiamento piuttosto nervoso.
Lo fissai per qualche istante. Avrei avuto il coraggio di chiedere informazioni in merito all'altra sera?
Avevo paura che potesse riemergere il Dahnael inquietante e aggressivo di quel momento.
"In questi giorni non ti ho visto molto in giro", gli dissi tentando di cominciare una conversazione.
Dahnael annuì smettendo di torturarsi l'orecchio. "Sì, è vero... sono stato poco bene".
Curvai la testa da una parte senza capire.
"Adesso però va molto meglio", terminò profetico allargando le braccia come a mostrarsi in buona salute, cosa che, dopotutto, non era riuscita a convincermi così tanto.
Incrociai le braccia scrutandolo severa. "Cosa c'è che non va in te, Dahn? Perchè non sei più come un tempo, nei miei confronti?".
Dahn inarcò un sopracciglio e si rimise dritto, sgravando dal suo peso la parete. "Non ho assolutamente nulla Selhen, togliti dalla testa quelle strane idee paranoiche che ti sei fatta".
"Non mi sono fatta nessuna idea paranoica!", protestai.
"E allora mi spieghi qual è il problema?", chiese Dahn tranquillo. Un'ombra inquietante percorse i suoi occhi incavati nel semibuio della stanza.
"I tuoi cambiamenti d'umore non sono normali", pigolai.
Dahnael serrò i pugni, come a voler trattenere un eccesso d'ira, poi sospirò profondamente e sollevò una mano in atteggiamento paziente, improvvisando una spiegazione. "E' solo che...i troppi impegni a volte mi mandano in escandescenza".
Mi voltai di spalle arrabbiata, umiliata... era ovvio che mi stesse mentendo, e io ero stufa di bermi tutte le sue assurde frottole.
"No Dahnael, non è così!", lo fulminai con uno sguardo tagliente. "Tu non stai bene! E quando dico che non stai bene intendo... fisicamente!".
Il mio amico rimase immobile e taciturno a quelle parole, vagamente spiazzato.
"E tu non fai che raccontarmi menzogne su menzogne. Che ne è stato di quello che eravamo, Dahn?", proseguii implorante cercando il suo sguardo assente.
"E' stato un bel passato", concluse gelido.
"Se pensi che sia solo passato, per me, ti sbagli di grosso... scoprirò cosa mi nascondi. E se mai dovessere esserci un responsabile che ti ha reso quello che sei, adesso, la pagherà cara quant'è vero che Asmodae ci è madre!".
Dahn rise sarcastico. "E' carina la Selhen in versione paladina della giustizia!". A quel sorriso i suoi canini bianchi e leggermente affilati luccicarono sinistri.
"Non sono un ribbit, quindi non darmi della carina", ribattei acida.
Quando Dahn riprese a ridere qualcosa nel tono della sua voce era curiosamente cambiato.
La scena del Beach Bar parve ripetersi davanti ai miei occhi come un dejavò. Gli occhi di Dahnael si erano trasfigurati e le sue gambe avevano ceduto rovinosamente.
"Dahn!", sobbalzai preoccupata per chinarmi ad assicurarmi che non si fosse fatto niente.
I suoi occhi vitrei si riaprirono. Mi parvero vuoti e spiritati. "La fiala", lo udii farfugliare tra sé spaventato, rovistandosi nelle tasche.
Impietrita lo osservai nel panico più totale mettere sottosopra le tasche dei suoi pantaloni per poi sollevarsi e precipitarsi al comodino poco vicino aprendo uno dopo l'altro tutti i cassetti e buttandone all'aria, impaziente, il contenuto.
Non ebbi il coraggio di proferire parola. Il silenzio di quella casa buia e solitaria era rotto solo dai forti ansimi di Dahnael che adesso, in preda a un'ansia crescente, si era spostato verso l'ingresso imprecando. "Non è possible!", stava urlando.
Il rumore di un vaso infranto, dall'altra parte della casa, mi fece sobbalzare, poi vidi Dahnael tornare e abbandonarsi sfiancato su di una poltrona. "Devi andartene...", biascicò.
"Non... non vado via", dissi testarda.
"Potrebbe essere pericoloso Selhen, vai...", urlò innervosito.
"Mi stai chiedendo di lasciarti da solo in queste condizioni? Stai scherzando?".
Dahnael scartò da una parte con un braccio, fracassando con un colpo preciso un suppellettile poggiato sul mobile accanto. "Vattene Selhen!".
"No!", dissi raddrizzandomi sulle spalle con aria sicura. Era Dahnael, il mio amico Dahnael. Non mi avrebbe fatto del male. Quel suo atteggiamento non mi avrebbe intimorito.
Dopo una successiva imprecazione, sicuramente poco decorosa, vidi Dahn accasciarsi sulla poltrona e nascondere la testa tra le mani. I suoi respiri erano ancora rotti e faticosi.
"Va bene...", disse in un sussurro, arreso, tentando di calmarsi. "Soffro di crisi d'astinenza", farfugliò colto da un tremito.
Mi accigliai incredula. "A... astinenza?".
Dahn scosse il capo con un sorriso amaro. "Astinenza", confermò.
Dovevo ammettere che un pensiero del genere mi era già passato per la testa, ma lo avevo quasi subito escluso, eppure... ora che me lo diceva lui tutti i pezzi tornavano al loro posto: gli sbalzi d'umore, la polvere dorata che avevo visto quella notte sul dorso della sua mano, l'oggetto che aveva nascosto quando mi aveva notata.
Dahnael si drogava? Non era possibile! Non potevo crederci.
"Se stai pensando all'eventualità che io mi droghi, stai andando nettamente fuori strada", intervenne lui come se avesse letto i miei pensieri. Riversò la testa indietro e stirò le membra come scosso da un brivido.
"Sono... costretto", biascicò. "Dipendo da quella dannata roba che mi rende solo per un po', un daeva più normale".
Non lo seguivo, nè capivo cosa volesse dirmi. Accennai un passo cauto verso di lui ma rimasi sempre a debita distanza.
"Sono vittima di una maledizione, Selhen, per cui non c'è assolutamente nulla da fare".
Le mie labbra si spalancarono dallo stupore.
"Sono un mostro sotto sedativo.. e il mostro sta per risvegliarsi quindi, vai via...", rantolò, "ho finito le mie scorte di polvere di odella, sono a corto". Chiuse dolorosamente gli occhi e deglutì.
Le condizioni del mio amico mi sconvolsero.
"Dimmi dove posso procurarti questa dannata polvere", dissi isterica all'improvviso. Se quella roba avesse potuto farlo star bene sarei stata io stessa ad andargliela a procurare.
"E' escluso", mi liquidò Dahnael col tono più autoritario che gli riuscì.
"Come vorresti fare ad andare da solo, in queste condizioni?".
Dahnael mi indirizzò uno sguardo infastidito. "Me la caverò"-
"Per Aion! Dahnael...", sbottai inferocita. "quale dannato contrabbandiere può vendermi questa polvere?".
"Usarla è contro la legge... ti metteresti nei guai...", disse Dahn a fatica, "è roba di Mau!".
"Se è ai Mau che devo rubarla non sarà un problema", dissi io risoluta cominciando a muovermi verso l'uscita.
"Aspetta!", mi chiamò Dahnael esasperato.
"Che vuoi?".
"Cosa vuoi fare? Pazza suicida...", sbottò spazientito passandosi nervosamente una mano tra i capelli. "Pandemonium, l'aerodromo", concluse diffidente.
"Bene!", annuii senza aggiungere altro. "Vedi di resistere ancora qualche minuto, sarò presto di ritorno e dopo... mi spiegherai il perchè di questa storia". Il mio tono non accettava repliche.
Uscii di casa sbattendo la porta, che mi accorsi, rimase aperta, e i miei occhi faticarono ad abituarsi alla luce del sole.
Senza indugi estrassi dalla tasca una pergamena del teletrasporto per Pandemonium. Dovevo fare in fretta.
Pronunciai in sussurro la formula magica dopo averla srotolata e mi dissolsi da Pernon per ricomparire nelle mie solide fattezze, al grande tempio di Pandemonium. Corsi a perdifiato attraversando tutta Pandemonium fino al deserto angolo nord-occidentale. Uno shugo sospetto che si aggirava per quella zona attirò la mia attenzione.
"Ehi tu", lo chiamai.
L'esserino si strinse nel suo cappuccio marrone sentendosi chiamato in causa.
"Shugo!", continuai afferrandogli la mantella per voltarlo. L'animale coi baffi tremolanti e un chiara espressione colpevole sul visino tondo, mi guardò.
"Shugo non ha fatto nulla, jang jang", disse per discolparsi da una possibile accusa.
"Non mi importa nulla di cosa tu abbia fatto o non abbia fatto", dissi con un sentore di perfidia nella voce. "Dammi dell'odella in polvere e ti pagherò tutti i kinah che vuoi... so che la contrabbandi".
L'esserino si ritrasse, come colto nel tenero dei suoi segreti, e strattonò la sua mantellina perchè lo lasciassi. "Shugo non ha nulla di quello che cercate, jang jang".
Era evidente che quel tizio mi stesse mentendo.
"Ne sei proprio sicuro?", chiesi pacata estraendo un revolver luminoso fuori dal fodero.
Lo shugo tremò nervosamente e indietreggiò di un piccolo passo.
"E' una questione urgente, shugo... non farmi perdere tempo", dissi con un falso tono melodioso.
"Qua... quanta?", balbettò infine fissando impaurito il mio revolver a etere carico davanti al suo naso.
"Quanto basta per risolvere una questione di una certa urgenza". Mi ravviai i capelli portandomeli dietro le spalle, nervosa.
Vidi l'esserino rovistare in una borsa di cuoio che teneva a tracolla ed estrarvi cinque fiale di vetro contenenti della fine polvere dorata.
Le afferrai con poco garbo infilandomele nella bisaccia e depositando al loro posto un sacchetto contenente un milione di kinah in contanti.
"Sono tanti, vedi di farteli bastare e...", mi poggiai un dito sulle labbra puntandolo coi miei occhi rossi e severi, "acqua in bocca".
Lo shugo abbozzò un sorriso a quelle ultime parole. "E' stato un piacere fare affari con voi, oggi... signora, jang jang".

Quando ritornai a casa di Dahnael in tutta fretta, mi curai di spalancare la porta che per l'occasione avevo lasciato appena chiusa.
Come un uragano attraversai l'ingresso per correre ai piedi della poltrona dove Dahnael, con due ombre sempre più scure sotto gli occhi, respirava con affanno.
"Ci hai messo davvero poco", rantolò roco. I suoi canini erano maggiormente affilati e gli occhi, contornati dal nero delle occhiaie, erano diventati acquosi, quasi demoniaci e incavati.
"Eccoti una fiala di polvere", dissi frettolosa mettendogliela tra le mani.
Osservai Dahn stapparla vorace e versarsene la metà del contenuto sulla lingua per lasciarsela sciogliere in bocca e deglutirla.
Corsi al tavolo, dov'era poggiata una brocca piena d'acqua e gliene versai una piccola quantità nell'elegante bicchiere vicino, per portargielo e permettergli di bere.
"Grazie", sussurrò Dahnael a fatica sfinito dalle convulsioni che avevano straziato il suo corpo fino a quel momento.
"Da quanto tempo va avanti questa storia?", chiesi piano.
"Due anni".
"Due anni...", ripetei, "due anni di totale assenza, due anni di maledizione e morte, due anni di guerra... due anni di silenzio", conclusi sofferente guardandolo negli occhi.
"E' stato a Tiamaranta. Nell'occhio. In quel luogo oscuro e ostile vive un drago che avevo avuto l'incarico di annientare...".
Mi sedetti accanto a lui prestandomi all'ascolto. Finalmente potevo conoscere tutta la verità.
"Non fu il drago, la causa di questa maledizione...", continuò Dahnael con la fronte imperlata di sudore e le labbra umide, "so solo che udii una voce e poi più nulla. Era una formula oscura... una maledizione mi aveva colpito. Quando mi risvegliai da quel torpore ero già fuori dall'occhio. Avevo ripreso lucidità ed ero tornato alla fortezza per chiedere a un guaritore dell'anima di controllare che stessi effettivamente bene". Si interruppe.
Posai una mano sul suo avambraccio incitandolo a continuare e Dahnael, con un sospiro, proseguì la narrazione.
"Per farla breve. Più tardi scoprii a mie spese il peso di questa maledizione divenendo io stesso l'assassino dell'unica persona che avessi mai amato. Adesso rifuggo la luce, brucia... evito le relazioni e gli affetti. Quando non ho odella a sufficienza comincio a diventare aggressivo, poi mi tramuto dopo tanti spasmi di dolore. Dipendo da questa sostanza che...", rantolò mentre le pupille dilatate tornavano pian piano al tipico colore argenteo e sollevò la fiala semivuota, che conteneva ancora della polvere dorata. "Una sostanza che non è una medicina. Non mi cura, ma mi ha reso schiavo...", deglutì nell'urgenza del racconto, "ne ho bisogno, un terribile... innaturale bisogno. Mi assuefaccio al suo sapore, ma ogni volta che ne mando giù una piccola quantità, perdo un briciolo di umanità".
Rimasi attonita ad ascoltarlo senza sapere realmente cosa dire.
"Ogni daeva resta nel profondo del cuore quello che era... un umano. Abbiamo molto più di quanto pensi di umano, e ben poco di divino... che alla fine dei conti è ciò che ci rende perfetti". Sospirò. "Con l'odella invece, la parte crudele e oscura che ogni asmodiano controlla con la sua umanità emerge più prepotente alla fine dei suoi effetti di assuefazione". Il suo viso si chinò in avanti stancamente.
"Anche oggi, ho perso un altro briciolo di umanità e tu... tu hai perso un briciolo di Dahnael, il Dahnael della tua infanzia, il tuo compagno di accademia...".
"Ti prego, non dire così", lo implorai con gli occhi lucidi.
Dahn sorrise amaro e mi accarezzò una guancia con la mano. "Adesso sai la verità".
Sollevai il viso a quella carezza e strinsi il mio amico in un abbraccio trasportato. "Giuro che troveremo il responsabile di tutto questo, e quando quel giorno verrà, lo ucciederemo. La tua maledizione si spezzerà!", dissi risoluta.
Dahnael mi rivolse un tenero sorriso. "Piccola Selh, la maledizione si spezzerà, ma la mia dipendenza... il mio bisogno sfrenato... questi non finiranno. L'odella potrà anche impedire una mia mutazione repentina, ma finirà comunque per trasformarmi in un mostro".

[Beeeene u.u ecco svelato un piccolo tassello della nostra storia. Dahn comincia ad essere un personaggio portante in tutta la vicenda, ma chi sarà stato a lanciare al migliore amico di Selhen questa brutta maledizione? E in cosa consiste veramente?
Continuate a seguirmi. Le visualizzazioni accanto ad ogni capitolo che pubblico... quei numerini, sono la mia gioia **
Vi adoro tutti! E fatemi sapere cosa ne pensate nelle vostre recensioni <3 ç_ç
se voi siete curiosi di leggere il capitolo, io sono curiosa di sapere che ne pensate per essere sempre più motivata a scrivere per voi]

  
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