Cap
2
-
Eve, vuoi sbrigarti? –
Gabriel
camminava avanti e indietro per il salotto
come una pantera in gabbia. Il perché sua sorella dovesse
metterci sempre tutto
quel tempo a prepararsi era qualcosa che andava oltre la sua
comprensione.
-
Metterle fretta è inutile, ci metterà comunque
una
vita. – profetizzò Eric, avvicinandoglisi e
porgendogli una tazza di caffè. Lo
scrutò dalla testa ai piedi, quasi fosse alla ricerca di
qualche segnale di
chissà cosa.
-
Nervoso? –
Scosse
la testa, sorseggiando la bevanda bollente.
-
Bene, perché non hai motivo di esserlo. –
decretò,
asciutto.
-
Lo spero. – borbottò tra i denti, troppo piano
perché
suo padre potesse sentirlo.
Se
solo avesse saputo perché era
così nervoso forse le sue parole sarebbero state
diverse. Sapeva di essere il suo preferito; Eve poteva essere quella
coccolata,
viziata e iper protetta, ma era da lui che suo padre si aspettava il
massimo.
Si rivedeva troppo in lui per anche solo prendere in considerazione
l’idea che
potesse fallire.
-
Eric, dimmi che non gli stai mettendo pressione
già da adesso. – sospirò Fiamma,
scendendo le scale seguita a ruota dalla
figlia.
Vedendole
vicine non si aveva alcun dubbio su chi
avesse ripreso dal lato materno.
-
Non gli sto mettendo pressione. –
Inarcò
un sopracciglio, beffarda: - Ah, no? –
-
Lo sto incoraggiando.
–
Fiamma
alzò gli occhi al cielo, a metà tra il
divertito e l’esasperato. Conosceva abbastanza bene gli
“incoraggiamenti” di
Eric da sapere che in qualsiasi altro posto sarebbero stati etichettati
come “torture
psicologiche”.
-
Qualsiasi cosa ti abbia detto, Gabriel,
dimenticala. –
Il
ragazzo abbozzò un sorriso divertito proprio
mentre Eric apriva la bocca indignato.
-
Donna, mi stai sminuendo. –
-
Chiamami un’altra volta donna e
farò ben peggio che sminuirti. –
minacciò.
Per
un attimo gli sembrò di essere tornato ai giorni
della sua Iniziazione e dei loro battibecchi continui.
Chissà se anche Gabriel
avrebbe trovato un’Intrepida in grado di rimetterlo al suo
posto. In quanto a
Eve … Bè, che non provasse neanche a pensare
di trovare un ragazzo; era ancora troppo giovane e gli
adolescenti a quell’età
erano dei completi idioti. Se lo ricordava bene, perché
anche lui lo era stato
per un periodo, e decisamente non erano il tipo di persona che andava
bene per
la sua principessa.
-
Bè, noi dobbiamo andare. – ruppe il silenzio Eve,
abbracciando la madre per poi buttare le braccia intorno al collo del
padre e
stampargli un bacio sulla guancia. Sorrise nel vederlo arrossire
lievemente.
Gabriel
annuì, seguendola fuori di casa e in
direzione del treno.
Sul
binario trovarono Kate in compagnia dei
genitori, che tenevano per mano il fratellino Rob, intenti nelle ultime
rassicurazioni. Gli sguardi di Gabriel e della ragazza si incrociarono
per un
attimo finchè le loro espressioni mutarono in un cipiglio
disgustato e si
affrettarono a distogliere lo sguardo.
-
Non riuscite proprio a sopportarvi, eh? – rise Tris.
-
Meglio così. Quel ragazzo è troppo
Eric; certe volte mi sembra di rivederlo alla sua
età, è inquietante.
– ribattè Tobias.
-
È un pallone gonfiato, non lo sopporto, e neppure
il suo bell’aspetto migliora la situazione. –
confermò Kate, sorridendo davanti
all’espressione sollevata del padre. Durò poco,
però, perché Tobias sbiancò
all’istante.
-
Tu pensi
che sia di bell’aspetto? –
Si
morse la lingua, rimproverandosi mentalmente per
essersi lasciata sfuggire quel commento. Okay, era un bel ragazzo, ma
c’era proprio
bisogno di dirlo davanti a suo padre? Sì, se voleva fargli
prendere un infarto
prima del tempo.
-
Sì, ma te l’ho detto, è talmente
insopportabile
che non lo guarderei neanche se fosse l’ultimo essere
maschile sul globo. –
Tris
trattenne l’ennesima risata. Un tempo anche lei
aveva pensato lo stesso di Quattro, prima di imparare a conoscerlo e
scoprire
che quella era tutta una facciata sapientemente costruita.
-
Perfetto. Cerca di ricordartelo, okay? – borbottò
Tobias.
Kate
annuì, indicando con un cenno del capo Rashel e
Rafael che arrivavano proprio in quel momento.
-
Devo andare. – decretò.
-
Certo. Andrà tutto bene. – mormorò
Tris,
scompigliandole affettuosamente i capelli.
Sospirò,
per poi correre verso i suoi amici.
*
L’uomo
addetto allo svolgimento del test
attitudinale era un Intrepido che avevano visto spesso in giro per la
Fazione.
Non era mai stato un Capo, ma godeva di un certo rispetto e anni prima
era
stato uno degli Istruttori dei suoi genitori. Aveva capelli biondi e
occhi di
un blu assoluto e, malgrado fosse ormai più vicino alla
quarantina che alla
trentina, conservava una traccia consistente della bellezza che doveva
aver
avuto durante gli anni dell’adolescenza.
Scorse
l’elenco che aveva tra le mani, sgranando
leggermente gli occhi quando si soffermò sul cognome della
ragazza che avrebbe
dovuto esaminare.
-
Eve Murter. –
La
ragazza si alzò in piedi, rivolgendo un’ultima
occhiata al fratello che era stato chiamato nella porta accanto e
incamminandosi verso la porta a testa alta.
C’era
qualcosa di Eric in lei, forse la risolutezza
nello sguardo, ma tutto il resto era di Fiamma.
-
Accomodati lì, Eve. Io sono Bas … - venne
interrotto dalla voce della ragazza.
-
Lo so, tu e mia madre siete diventati amici
durante la sua iniziazione. –
Era
interessante il fatto che non avesse minimamente
accennato a Eric, come se sapesse perfettamente che tra loro non
scorresse
esattamente buon sangue. Era certo, però, che non fosse a
conoscenza del perché.
-
Bevi questo e rilassati, non è nulla di
allarmante. – la rassicurò, sistemandosi dietro al
monitor.
Obbedì,
vuotandolo d’un sorso e arricciando le
labbra per il disgusto. Poi, in appena un battito di ciglia, si
ritrovò nel
buio più completo.
Strinse
gli occhi, mettendo a fuoco, e si ritrovò
nella stessa stanza di prima. Questa volta, però era da
sola. C’erano due
piatti davanti a lei, uno con una fetta di carne e uno con un coltello.
“Scegli.”
D’istinto
afferrò l’arma, ricordando le parole di
suo padre: “Una buona lama può tirarti fuori dai
guai nella maggior parte delle
situazioni.”
Nel
momento stesso in cui ebbe fatto la sua scelta l’altro
piatto sparì e al suo posto comparve un cane ringhiante.
Rabbrividì, muovendosi
indietro finchè non avvertì lo specchio contro di
sé. Aveva sempre avuto una
fobia per i cani, da quando era stata morsa da piccola, e il coltello
sembrava
davvero la scelta migliore che avesse potuto fare.
Quando
l’animale scattò verso di lei, pronto a
morderla, sferrò un fendente preciso e conficcò
il coltello nel torace del cane
fino all’impugnatura.
-
Alzati. –
La
voce di Bas la spinse a riaprire gli occhi.
-
È già finito? – chiese, sorpresa.
-
Il test si sviluppa a seconda delle decisioni che
prendi. Chi uccide con tanta facilità non può
trovare il suo posto che negli
Intrepidi. –
Inarcò
un sopracciglio, piccata. – Stai insinuando
che sono un’assassina? –
Bas
scosse la testa, alzando le mani in segno di
resa: - Ehy, anche io sono tra gli Intrepidi, no? Siamo tutti dei
potenziali
assassini qui dentro. –
Ci
mise un paio di secondi per registrare il senso
di quella frase.
-
Quindi il test ha confermato che sono un’Intrepida?
–
-
Bingo, principessa! –
Non
avrebbe dovuto lasciare la sua famiglia né i
suoi amici. Poteva continuare a vivere la sua vita. Sentì le
labbra stirarsi in
un sorriso gioioso.
Mi
chiamo Eve Murter e sono un’Intrepida.
Una
stanza più in là, sotto l’attenta
analisi di una
ragazza dai ricci biondi e la tenuta degli Abneganti, Gabriel venne
fatto
accomodare sul lettino.
-
Devi bere questo, è il liquido con la simulazione
del test. – gli spiegò, sorridendo più
del necessario.
Sapeva
perfettamente dell’effetto che faceva sulle
ragazze, ma in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri.
Afferrò il
bicchiere, lo annusò con circospezione e lo bevve
lentamente.
Si
trovò davanti a due piatti, uno con la carne e
uno con un coltello. Prese l’arma all’istante e si
guardò intorno con
circospezione. Contro chi avrebbe dovuto usarlo?
Quando
il cane ringhiante si fece avanti, perse un
po’ della sua determinazione. Uccidere un animale, una
creatura che non aveva
fatto nulla che meritasse la morte? Era escluso.
S’inginocchiò
in modo che i suoi occhi e quelli del
cane fossero alla stessa altezza e lo fulminò con il suo
sguardo più
minaccioso. Sapeva che i cani si sottomettevano davanti a qualcuno
più forte di
loro e non gli restava che far capire all’animale che era lui
il maschio
dominante. Il cane gli girò intorno un paio di volte,
annusandolo, poi si
accucciò con un guaito e gli mostrò la gola in
segno di sottomissione.
“Cucciolo,
bel cucciolotto.”
Una
bambina stava richiamando il cane che nel giro
di un istante era tornato a ringhiare famelico. Si lanciò
contro la piccola a
denti scoperti.
Gabriel
valutò le possibilità di raggiungerlo prima
che l’aggredisse. Non era abbastanza veloce per farcela.
Soppesò
il coltello tra le mani. Non era bilanciato
e in condizioni normali lanciare con uno di quelli sarebbe stato molto
stupido,
ma in mancanza di meglio non gli restava che accontentarsi. Socchiuse
un
occhio, prendendo la mira, e lanciò. Il cupo tonfo della
lama che penetrava la
carne venne accompagnato dall’uggiolio della bestia, che si
accasciò a terra
priva di vita.
Riaprì
gli occhi, trovando l’Abnegante che lo
fissava mordicchiandosi il labbro con aria preoccupata.
-
Allora? –
-
Intrepido. –
Annuì,
soddisfatto. In fin dei conti aveva sempre
saputo di essere destinato alla sua Fazione.
-
Ed Erudito. – concluse la ragazza.
Il
sorriso scomparve dal suo volto.
Due
risultati?
-
E questo che
accidenti dovrebbe significare? – esclamò.
La
ragazza scosse i ricci biondi, desolata. – Non ne
ho idea. Verrai segnato come Intrepido; sei il figlio di un
Capofazione, è ciò
che si aspettano tutti. –
-
E, Gabriel, non una parola su questa anomalia. –
lo pregò.
-
Quale anomalia? – replicò, impassibile, mentre gli
occhi grigi erano tornati freddi come al solito.
Kate,
immersa nella simulazione, si ritrovò a
fronteggiare uno sconosciuto dall’aria minacciosa.
“Allora,
lo conosci?”
Prima
il cane e la bambina, adesso quello.
“No,
non lo conosco.”
L’uomo
se li avvicinò maggiormente, mettendole la
foto sotto gli occhi.
“Ne
sei sicura?”
“Assolutamente.”
La
simulazione s’interruppe. Con l’ultima parte era
certa di poter escludere i Candidi, così come il resto del
test aveva fatto
capire chiaramente che non poteva essere una Pacifica. Non che lo
avesse mai
ritenuto possibile, del resto.
Tori,
seduta dietro allo schermo, si portò una mano
tra i capelli.
-
Kate … il test è inconcludente. –
-
Che significa? –
Era
possibile che lei non fosse adatta a nessuna Fazione?
Il suo destino era
quello di diventare un’Esclusa?
-
Il test ha dato due risultati: Intrepidi e
Abneganti. – spiegò.
-
Quindi sta a me scegliere? – chiese, perplessa.
A
questo non aveva neanche pensato. Solitamente ci
si limitava a scegliere la Fazione indicata dal test, certi che quella
fosse la
scelta più saggia; l’idea di poter scegliere non
gli era mai sembrata un’opzione
valida. Non fino a quel momento, per lo meno.
-
Sta a te scegliere, ma è importante che nessuno
conosca il tuo risultato. Sul computer ho inserito che sei
un’Intrepida, ma
alla Scelta la decisione sarà solo tua. –
Annuì,
lasciandosi condurre verso l’uscita sul
retro.
-
Riflettici bene, Kate, perché non potrai tornare
indietro. –
-
Intrepido. –
Cesar
sorrise, soddisfatto, ben sapendo che non
sarebbe stato solo ad affrontare l’iniziazione. Troppo
egoista per gli
Abneganti, decisamente non era il tipo pace e amore dei Pacifici,
l’intelligenza
che possedeva non era proprio sopra la media né tantomeno
era provvisto della
sincerità disarmante dei Candidi.
La
Fazione era in cui era cresciuto era il solo posto
per lui, lo aveva sempre saputo, proprio come suo padre aveva lasciato
i
Candidi per unirsi agli Intrepidi. Ce lo avevano nel sangue, era
qualcosa che
gli altri vedevano come una scintilla di
“spietatezza” ma che lui preferiva
definire “determinazione nel perseguire i propri
interessi”.
-
Candido. –
La
parola rimbombava nelle orecchie di Rafael.
Avrebbe dovuto lasciare tutto ciò che aveva costituito la
sua esistenza per
sedici anni?
-
Puoi anche non scegliere la Fazione che ti viene
indicata. – gli fece notare la donna, scrutandolo con
l’aria di chi sapeva
perfettamente cosa gli stesse passando per la testa.
Ecco
la sincerità disarmante dei Candidi, persino
mentre parlavano con qualcuno che avrebbe potuto infoltire le loro
schiere d’iniziati.
-
Lo so. – mormorò, uscendo dalla stanza.
La
domanda che lo tormentava era un’altra: lui voleva
ignorare il risultato del test?
Rashel
uscì dalla stanza sorridendo. Intrepida,
proprio come aveva sempre sperato. L’unica cosa che la
turbava adesso era il
risultato di Rafael.
Ripensando
agli occhi castano verdi del cugino
avvertì una stretta al cuore. Sarebbe stata in grado di
lasciarlo andare se avesse
fatto una scelta diversa dalla sua? Teneva abbastanza a lui da volere
ciò che
sarebbe stato meglio per lui, ma allo stesso tempo era abbastanza
egoista da
pensare che solo l’averlo vicino le avrebbe impedito di
morire dal dolore che
le avrebbe causato una separazione.
Lei
e Rafael erano cresciuti insieme, quasi come
fratelli, ma il sentimento che in quegli anni aveva sentito crescere
dentro di sé
andava ben oltre il semplice amore fraterno e non voleva rinunciare a
lui … a
quello che un giorno sarebbe potuto diventare un loro.
Spazio
autrice:
Eccoci
con il nuovo capitolo. Allora, che ne
pensate? Sorpresi dai risultati oppure ve lo aspettavate? Spero che il
capitolo
vi sia piaciuto. Al prossimo, con la Scelta.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt