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Autore: Kaesy Jordan    10/07/2014    1 recensioni
Per Estella Seymour è già difficile mettersi in viaggio e abbandonare casa, figuriamoci sapere che da un momento all'altro può essere una donna morta. Quando lady Elisabetta Tudor, non ancora regina d'Inghilterra, le ordina di recarsi alla corte Francese come spia sotto copertura, la dama rossa, sa di dover ubbidire. Scoprire ben presto, però, di essere una pedina in un gioco più grande di lei la convince che l'unico modo per uscirne candida e pulita è quello di amicarsi la regina di Scozia: Maria Stuarda. Anche perchè una volta arrivata a corte, la Contessa Estella assieme alla sorella minore Annarose, è al centro di continui intrighi e malignità che faranno di tutto per far vacillare sia lei che Mary Stuart. In poco tempo, entrambe le dame, si accorgeranno di essere sulla stessa barca.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Francis, Mary Stuart, Nuovo personaggio, Re Enrico II, Sebastian 'Bash'
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2.

 
Due settimane prima, bosco della residenza Seymour nello Swansea (Galles).
Era l’inizio di Agosto e le calde giornate afose non lasciavano respirare neanche per un momento le giovani lady della contea meridionale dello Swansea, patria della famiglia Seymour. Mentre sua sorella Estella si era recata alla corte Londinese, ospite della regina Maria, Annarose era riuscita a sottrarsi alle amorevoli cure della sua governante ed era uscita di soppiatto dalla finestra della sua stanza, rischiando di rompersi una gamba, un braccio o qualsiasi altra parte del corpo. Sua madre, la Contessa Isolde, fin da bambine le aveva sempre raccomandate di non avventurarsi mai nei boschi da sole perché così com’erano belli e intrisi di mistero, potevano essere letali e pericolosi per una fanciulla che non aveva ancora la maggiore età. Ma tra le due sorelle, Annarose, era di certo quella più avventurosa, l’inguaribile romantica della famiglia e indubbiamente colei che aveva ereditato il fascino della famiglia francese della madre. Come le sue sorelle, anche lei aveva i capelli lucenti e rossi, di quel rosso chiaro che si avvicinava più al colore della ciliegia che a quello di una carota. Come Estella aveva la pelle lattea e visibilmente chiara che metteva in risalto i suoi magnifici occhi verde acqua. Il viso perfettamente ovale e le labbra talmente piccole da far risaltare più il nasino appuntito che aveva. Amava cavalcare come sua sorella, la poesia e la letteratura. E come tutte le sorelle minori che si rispettino, un giorno, sognava di divenire come la maggiore Estella. Tutte le attenzioni del loro padre erano incentrate su di lei, tutte le speranze nel far risalire d’importanza la famiglia Seymour. Annarose si sentiva leggermente a disagio e distaccata da i suoi famigliari. Fu in un giorno, quando decise di andare al mercato, che incontrò gli occhi belli, felici e vitali di Leith, il garzone che si occupava di fare il pane nella sua dimora. Eppure in Annarose non era mai sorta la curiosità di vederlo, di sentirlo, o di conoscerlo. Ben sapeva che da uomini come Leith, lei, doveva starne alla larga. Però al contrario di fabbri o altri garzoni del posto, Leith almeno non era un donnaiolo e sapeva che non l’avrebbe mai “rovinata” in quel senso, per quel che valeva la sua virtù poi. Ma sapeva che un giorno si sarebbe sposata con un uomo nobile e che magari aveva una posizione ben vista a corte e non poteva certo presentarsi al talamo nuziale, la notte delle sue nozze, già illibata. Sarebbe stato uno scandalo per lei e la sua famiglia, per di più per suo padre che era il consigliere della regina Maria. Mai avrebbe potuto dare un tale dispiacere a loro che l’avevano, e tutt’ora, l’amavano. Così come Estella, anche lei non doveva avere “distrazioni” di nessun tipo. Marian e Lydia erano già state date in sposa, erano già madri, e presto o tardi anche Estella l’avrebbe abbandonata, per andare a vivere con chissà chi e chissà dove. Sicuramente in un posto lontano dalla contea dello Swansea e solo allora, Annarose, si sarebbe sentita più sola di quanto non lo fosse adesso. Ovviamente pensava che dopo il matrimonio di sua sorella, sarebbe toccato a lei seguire il padre alla corte Inglese, questo avrebbe aiutato nel trovare presto un pretendente e avrebbe aiutato anche lei a togliersi subito quell’agonia.
Ma scacciò quei pensieri non appena sentì l’acqua del fiume farsi sempre più vicina. Leith la stava aspettando proprio sull’altra sponda, che avrebbe raggiunto grazie al ponte che il padre aveva fatto costruire alcuni mesi fa da i suoi servitori. Venne circondata da mille odori, quando giunse lì. Ma il primo che sentì fu quello di menta, che gli alberi intorno le procuravano, e soprattutto quello di fiume, più gradevole del solito. E il rumore del canticchio degli uccellini che svolazzavano. Erano inconfondibili, rispetto a quelli delle zone di caccia della regina Maria, che lei stessa aveva visto con i suoi occhi durante una colazione nella quale era stata invitata tutta la sua famiglia. Aveva bisogno di sentire le dolci parole di Leith, in quel momento. Non chiedeva altro.
Una volta superato il breve ponte e raggiunta l’altra sponda, scese da cavallo, incurante se l’orlo dell’abito color ocra si sarebbe sporcato o meno. Non le importava se la persona che doveva incontrare era Leith. Prese per le briglie il suo bel cavallo bianco, un purosangue Arabo, e iniziò ad avanzare verso quello che doveva essere il luogo del loro incontro. Avvertì un improvviso tuffo al cuore quando vide che ancora non era arrivato. Eppure doveva essere già qui.
Ma non fece neanche in tempo a formulare nella sua mente il pensiero tutto per intero, che da dietro un tronco spuntò una mano che stringeva dei fiori: delle rose rosse. Annarose sobbalzò leggermente per lo spavento ma non appena vide il volto divertito di Leith si calmò ed era sicura che se in quel momento non fosse stata una nobildonna, l’avrebbe ripagato con un bel pugno sul muso.
-Non era mia intenzione spaventarvi, milady, davvero.-
Lo so, stupido.
Annarose annuì leggermente, riservandogli poco dopo un sorriso smagliante, che faceva scoprire i denti perfettamente bianchi e allineati tra loro. Prese i fiori che Leith gli stava porgendo e li portò al naso, per sentirne il profumo.
-Sono bellissimi, Leith. Ti ringrazio.-
-Sono perdonato quindi?-
La dama rialzò il volto su quello del suo… prode cavaliere e annuì ancora una volta.
-Certo che lo sei.-
Leith sorrise, quasi nello stesso modo in cui lei gli aveva sorriso, quasi a voler ricambiare e si avvicinò alla rossa. Quest’ultima tornò con l’attenzione su i fiori, divenendo rossa sulle guance. Il garzone si chinò a darle un leggero bacio sulla guancia, anche se era sicuro che se non avesse distolto lo sguardo da i suoi occhi, avrebbe centrato appieno le piccole labbra della dama che aveva di fronte. Una dama che aveva sempre pensato essere bella, bellissima. Una dama che aveva sempre ammirato da lontano e che adesso aveva l’occasione di poter vederla da vicino. Di sfiorarla e magari anche di baciarla, ma sulle labbra agognava di farlo. Sulle labbra voleva fondere il sapore della farina con il suo, che già immaginava sapere di rosa selvatica. Come del resto la rosa faceva parte del suo nome e Leith sapeva bene che, come tutte le rose che si rispettino, avevano le sue spine che sapevano pungere proprio lì, dove batte il cuore. Il garzone, però, non aveva affatto timore di pungersi e ammirava come le gote pallide di Annarose si tinsero di rosso, come i suoi capelli e come le rose che le aveva appena regalato. Rosso come la passione, l’amore e il sole al tramonto.
-Guardami, Annarose. Cosa ti turba? Io, forse?-
La rossa rialzò lo sguardo su Leith. Lui non poteva neanche immaginare come la sua domanda fosse un altro tuffo al cuore. Non voleva mentirgli, dirgli che era tutto apposto. Perché Leith sapeva che non era così e se glielo avesse voluto far intendere, lui avrebbe capito che c’era qualcosa sotto, qualcosa che lei non voleva dirgli o che forse non poteva.
-No, tu non centri affatto.-
Rispose la giovane con tono cupo e privo di emozione, mentre lasciava ricadere le mani lungo i fianchi ma che con una mano continuava a stringere i vari gambi delle rose, uniti tra loro con un nastro verde smeraldo che il garzone si era procurato.
-E allora cosa c’è? Puoi dirmelo?-
Annarose ammirava il tono paziente che aveva assunto Leith. Lui era sempre così con lei: dolce, paziente, gentile e quando lei era triste per qualche cosa, lui cercava sempre di essere ironico con l’intento di farla sorridere.
-E che, noi, non potremo mai andare oltre dei semplici baci. Mi capisci, vero?!-
Leith solo allora sembrò capire il vero motivo del turbamento della sua Annarose.
-Si, ti capisco e lo comprendo. Tu hai… i tuoi doveri da compiere ed io i miei.-
Ne era rimasto deluso, la rossa lo percepì dal modo in cui disse quelle parole. Le dispiaceva ma era meglio mettere in chiaro fin da subito le posizioni di entrambi. Lei aveva bisogno di un nobile e non di un garzone, senza titolo e ne terre. Da ciò che era riuscita a sapere era stato un pecoraro prima di essere assunto dal Conte Philip in persona come garzone.
-Vorrei che non fosse così, credimi.-
Leith piantò i suoi occhi in quelli verde acqua della sua giovane amata e con tono perennemente triste, le rispose semplicemente:
-Anche io.-
In quel momento la tensione nell’aria crebbe e il caldo non aiutava di certo. Annarose, fortunatamente, non era una tipa impulsiva e non avrebbe preso nessuna iniziativa dettata dal cuore, lei sentiva sempre e solo la sua ragione.
-E poi tra noi c’è una grande differenza d’età, Leith. Non potrebbe funzionare comunque.-
Lui sorrise ugualmente. Per il semplice fatto che le faceva tenerezza la piccola della famiglia Seymour e l’ammirava molto. Sempre a preoccuparsi per i suoi famigliari, a preoccuparsi di non dar una brutta immagine di se in modo da non creare nessuno scandalo. L’amore è cieca devozione, non cieca ammirazione. Le due cose spesso e volentieri non coincidevano per niente.
-So anche questo. Ma che importanza ha l’età in confronto al bene che ci siamo scambiati l’uno per l’altro? Dimenticheresti anche questo mese passato insieme?-
Spezzargli il cuore era l’ultimo desiderio della dama ma il modo con la quale Leith insisteva era… snervante e non faceva che peggiorare la sua situazione. Gli aveva detto chiaramente di non poter ricambiare l’affetto che lui le donava, almeno non come fanno un marito e una moglie. Per lo meno loro non lo sarebbero mai diventati. Nessuno della famiglia di lei sarebbe stato d’accordo ad un unione simile.
-No, non dimenticherei e non dimentico nulla. Ti ho solo avvisato che se speri che io mi doni a te completamente, ciò non accadrà mai. La virtù per una donna è tutto, anche per una ragazzina come me, in età da marito.-
E vorrei che fossi tu quel marito, Leith. Con tutta me stessa, sul serio. Ma è inutile sognare quando un sogno del genere non potrà mai avverarsi. Ti amerò per sempre, anche quando ognuno di noi prenderà una strada diversa, perché succederà. Tu incontrerai una donna che abbia la tua stessa posizione sociale e altrettanto succederà a me. Ci sposeremo con coloro che potremo e condivideremo con loro ciò che noi non abbiamo potuto condividere in questo istante.
-A me basta solo sapere del sapore della tua bocca, Annarose. Non voglio che ti doni a me quando la tua mente e la tua ragione sono contrari. Io non ti toccherò, se non sarai tu a chiedermelo.-
Rispose Leith con tono seriamente dispiaciuto. La dama non sapeva per quale motivo di più di quell’emozione così triste. Se per il fatto di non poter andare oltre semplici baci o per il fatto che un giorno o l’altro quella magia che entrambi provavano sarebbe svanita, come neve al sole.
Il giovane bruno si avvicinò ancor di più ad Annarose e lei non si spostò, ne distolse lo sguardo da i suoi bellissimi occhi scuri. Fin dalla prima volta che l’aveva visto, la giovane dama aveva pensato che fosse un nobile cavaliere, uscito da uno dei suoi amati libri d’avventura per venirla a salvare da un destino già scritto, per portarla nel suo regno e dove insieme avrebbero camminato verso l’altare. Una cosa che molto probabilmente sarebbe successa, se solo Dio avrebbe concesso a Leith di nascere nobile.
Quando le fu abbastanza vicino, Leith alzò una mano per accarezzarle la guancia perfettamente candida. Tutte le figlie della Contessa Isolde avevano la pelle chiara, come lei del resto, e la chioma rossiccia e sfuggente, come il ricordo di un istante. Con i polpastrelli, Leith tracciò la linea del suo viso perfetto, quasi a volerlo disegnare sulla pelle della fanciulla. Con l’indice tracciò il contorno ovale del viso, fino ad arrivare alla fronte, alle ciglia fine, alle palpebre che ella chiuse al passaggio del dito di lui, poi fu il turno del suo nasino leggermente appuntito ed infine, Leith, scese sulle sue labbra dove si soffermò per alcuni secondi.
-Le tue labbra sono per me un dolce invito di tentazione, Annarose, ma per rispetto ai tuoi confronti non farò nulla che tu non voglia. Sei carina persino quando arrossisci perché i tuoi capelli e il tuo viso diventano tutt’uno.-
Entrambi soffocarono una risata, prima di tornare seri, non volendo rovinare l’atmosfera che si era creata intono a loro. Il dito di Leith riprese il suo cammino, scendendo sul mento di lei ed infine sotto l’incavo della gola. Annarose deglutì silenziosamente, continuando a tenere gli occhi chiusi saldamente.
-Sono davvero così tanto per te? Dimostramelo.-
-Prima dammi un bacio.-
Annarose riaprì gli occhi, solo per un istante, osservando i lineamenti del viso di lui. Lineamenti che sapevano di nobiltà ma che si stava lentamente indurendo con la farina che ogni giorno accarezzava con le mani. Distratta da quel momento, fece cadere le rose che stava stringendo fino a quel momento, e lo strinse a se, posando le sue labbra piccole sulle sue, grandi e calde. Tutto accadde in un attimo. Leith ricambiò la sua stretta, così come il suo bacio, facendolo diventare più intenso e profondo. Avrebbe voluto che quell’istante non sarebbe finito mai. Le mani di lei circondarono il viso di lui, mentre quelle del garzone erano posate sulle spalle della rossa. Solo Dio sapeva su quanto si stava trattenendo per non interrompere quel bacio, facendola stendere su quell’erba baciata dalla rugiada e farla sua. Non poteva. La rispettava, glielo aveva detto. Non voleva, inoltre, che i Conti Seymour la diseredassero a causa sua. Anche perché Leith sapeva che Annarose non aveva parenti da parte della madre e quelli da parte del padre non l’avrebbero mai accettata. In quel momento, entrambi, sembravano la posa esatta per un dipinto storico. Il garzone e la dama. La dama ed il garzone. Non c’era niente di meglio, però, che di un amore proibito. Il più dolce di tutto il pericolo che nella vita si potesse affrontare. Rimasero a lungo a baciarsi, fino a quando le mani di Annarose non scesero sul petto di Leith. Il garzone, tramite quel bacio, poteva sentire come anche il desiderio di scoprire cosa c’era dopo i baci, da parte della rossa, cresceva a dismisura dentro di lei.
-No!-
Esclamò lei con quanto fiato le rimaneva, staccandosi di colpo e allontanandosi da lui quanto poteva e quanto gli alberi attorno a lei gli permettevano. Non poteva farlo. Ne vade della sua reputazione. Con il fiatone e il cuore a mille prese ad osservare Leith, anche lui nelle sue stesse condizioni. Sembrava che avessero fatto una corsa.
-Io mi sono trattenuto.-
-Si… non c’è l’ho con te. E solo che…-
Come se avesse letto i suoi pensieri, Leith sorrise appena ed annuì, andandole vicino nuovamente. E per la seconda volta, Annarose non fece una piega, rimase dov’era.
-E’ stata dura trattenersi, non è così?-
La dama, in quel momento, si vergognò come non si era mai vergognata in vita sua. Neanche quando da piccola rubava dalla dispensa delle cucine si era mai vergognata tanto. Le gote, puntualmente, si dipinsero nuovamente di rosso acceso.
-Si.-
Leith le sorrise teneramente stavolta e la tirò a se con un gesto fulmineo, facendola accomodare sul suo petto. Annarose, con la testa sul torace di lui, poteva sentire il suo cuore battere come uno di quei martelli che i fabbri usavano per battere sul ferro caldo e rovente, come era stata la passione che aveva cercato di travolgerli. La rossa si strinse sul petto del garzone, per quanto le era concesso. I loro corpi aderirono perfettamente, all’ombra del fiume.
-Stringimi, Leith. Stringimi e fammi sentire che mi ami.-
Le venne da piangere e infatti lo fece. Pianse silenziosa ma Leith percepì le sue lacrime bagnargli la maglietta che indossava sotto  la giacca scucita di cuoio chiaro. La cullò, come si fa con una bambina che non vuole dormire. Mentre la cullava dolcemente tra le sue braccia, le sussurrò all’orecchio parole confortanti che le furono d’aiuto per calmarsi. Del tipo che tutto si sarebbe sistemato e che lui le sarebbe stato sempre accanto. Annarose lo ringraziò mentalmente. Quella piccola bugia l’aveva aiutata ad andare avanti nei giorni successivi, fino al giorno di Settembre, della fatidica partenza per la Francia.
Hai presente quella cosa che c’è tra il sonno e la veglia? E lì che ti amerò per sempre, Leith, e sarà lì che costruiremo la nostra famiglia, dato che nella realtà non ci è stato possibile.

 
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-Annarose? Hey, Annarose?-
Estella ottenne come risposta solo dei segni di vita da parte della sorella decisamente poco femminili, ma almeno si sarebbe svegliata. Non voleva che arrivasse di fronte a re Enrico e alla regina Caterina mezza addormentata.
-Sorellina, ci siamo quasi. Avanti, svegliati!-
Il tono di Estella era premuroso, come sempre quando parlava con la sua adorabile sorellina. Vide gli occhietti di Annarose riprendersi dal sonno e guardarsi attorno, come smarrita. Riconobbe la carrozza e la sua sorella, decisamente ben vestita. Estella aveva deciso di sfoggiare un visto color lilla, scollato leggermente sul petto, con balze alla gonna e a maniche lunghe. Alle orecchie aveva deciso di mettere due pietre azzurre, grandi, e i riccioli erano intrappolati nel capello viola con la piuma blu che indossava. Il capello era particolarmente bello per il lungo velo lilla che lasciava dietro. E ad ogni folata di vento nella carrozza, il velo del capello di Estella si muoveva armonioso quasi a voler sottoscrivere la sua sensualità e bellezza. Il vestito di Annarose era stato decisamente più “sobrio”. Aveva optato per un rosa antico, senza balze alla gonna, a maniche lunghe e con una leggerissima scollatura sul davanti. Non amava essere in mostra. Anche se sulla acconciatura aveva lavorato parecchio. Due trecce che le ricadevano davanti le spalle, mentre sulla testa, con il resto dei capelli, aveva ordinato alla domestica che aveva a disposizione sulla nave, aveva ordinato che le si facesse una specie intreccio di capelli che andava a formare come un risvolto molto grande e lungo. Sull’abito non ci aveva lavorato molto, ma sull’acconciatura c’era stata mezza giornata. Voleva apparire comunque bella di fronte al re e alla regina di Francia. Durante il viaggio, la sorella Estella gli aveva detto del perché quella visita alla corte Francese ed Annarose era ben felice di darle una mano. Alla fin fine non avrebbero ucciso nessuno, erano solo due spie a servizio di chi un giorno potrebbe regnare sull’Inghilterra.
-Stai pensando a lui, vero?!-
Ora il tono della sorella maggiore era autoritario. E per Annarose era difficile mentire a sua sorella, estremamente difficile. Quando mentiva, ella se ne accorgeva.
-Si.-
-Devi dimenticarlo.-
-Lo so.-
-Ma non lo fai. Posso sapere perché?-
-Da quando sei diventata così autoritaria? Credevo ti stesse a cuore la mia felicità!-
Il tono delle due si era alzato leggermente, ma sembrava non importare, a nessuna delle due in questione.
-Mi sta a cuore la tua felicità ma non voglio che tu soffra inutilmente. Leith non potrà mai darti ciò che tu desideri e probabilmente starà facendo il galante con qualcun’altra, fidati.-
-Perché devi augurarmi sempre il male, Estella!?-
-Stai delirando, Annarose, e ti consiglio di darti una calmata! Io voglio il tuo bene più dei nostri genitori, lo sai.-
-Ecco perché mi hai portata via dallo Swansea? Perché vuoi il mio bene? Che bel modo che hai di dimostrarmelo, sorella!-
Estella sospirò, cercando di riprendere calma e lucidità. Non voleva discutere con sua sorella a pochi passi dall’incontro con i sovrani di Francia. Entrambe sarebbero apparse esauste o, peggio, arrabbiate. Dovevano essere più calme possibili, altrimenti avrebbero riscosso dei sospetti e a quel punto… avrebbero potuto anche pregare per le loro anime.
-Nostro padre ha concordato che fosse meglio che assaporavi anche tu l’aria Francese. Io non ho mai pensato al tuo male, sorella cara, e non è neanche nei miei pensieri. Io ti voglio bene e nessuno può metterlo in dubbio. Sono solo preoccupata per te, Annarose. Niente di più.-
E la sorella minore la ringraziava. Certe volte pensava che se non ci fosse stata lei, non aveva motivo per credere in un giorno migliore. Estella, con una sola parola, rendeva migliore la giornata di Annarose ma lei questo non lo sapeva. Prese le mani della sorella maggiore tra le sue e la guardò negli occhi.
-E ti ringrazio, sorella cara. Sei la mia guida e sarei persa senza di te. Sono consapevole che il mio amore per Leith non può continuare e, forse, questo viaggio mi aiuterà a cercare di dimenticarlo. Non prometto niente. Ti voglio bene anche io, Estella.-
Le due sorelle si abbracciarono, facendo attenzione alle proprie acconciature e i propri abiti. Non volevano arrivare mezze stropicciate di fronte ai reali francesi. E poi Estella era curiosa di vedere Francesco come era cresciuto. A detta di sua madre, lei e Francis avevano passato dei giorni insieme, quando erano piccoli. Probabilmente il Principe non si ricordava, e neanche lei a dire la verità. Non ne aveva conservato nessun ricordo. Era andata in Inghilterra alla sola età di otto anni, prima aveva vissuto a Rènnas del Castèl, dove era anche nata. Una piccola residenza della famiglia di sua madre Isolde, che la Contessa aveva venduto quando il marito aveva ottenuto il lavoro a corte, ed era andata a vivere in quella che era la loro casa, nello Swansea.
Sia Annarose che Estella si ricomposero in fretta, mentre il conducente continuava a guidare la carrozza. La loro destinazione era il castello di re Enrico II di Francia, dove un corteo era già pronto per accoglierle. La vista del lago era una meraviglia. Quello fu il primo elemento catturato dagli occhi di Annarose. Estella catturò con i suoi occhi enigmatici quello del grande corteo radunato all’entrata del castello. Il cocchiere fermò la carrozza di lato alle persone che si erano radunate all’entrata, lasciando una strada aperta. Quando Estella li osservò le tornò alla mente i pini della sua residenza, schierati perfettamente in due file, allineati come soldati. Questo pensiero le fece allentare la tensione. Per un attimo chiuse gli occhi, che riaprì solo quando sentì la porta della carrozza aprirsi e vide il cocchiere tenderle una mano per aiutarla a scendere. Accettò volentieri quell’aiuto, alzando leggermente il vestito per non inciampare durante la sua apparizione. Deglutì silenziosamente, scansandosi dall’uscita in modo che il cocchiere potesse aiutare anche Annarose a scendere. Intanto Estella osservava i presenti incuriositi dalla sua venuta e poco dopo, gli stessi sguardi furono riservati a sua sorella quando la raggiunse. In fondo alla strada che si era creata intorno a lei, spiccarono tre figure ben vestite. Anche se le risultò difficile credere che la donna che era affianco al re era la regina Caterina. Sua madre gliela aveva descritta dalla classica bellezza Italiana, visto che Caterina apparteneva alla nobile famiglia De Medici. Tuttavia non lasciò che questi suoi inutili pensieri la distraessero troppo. Tra la folla uscì un ragazzo ben vestito, dalla chioma bionda, che si era avvicinato prima ad una donna e poi aveva iniziato a camminare verso di loro, con le braccia lungo i fianchi.
Dev’essere Francesco.
Nel dubbio, fece cenno a sua sorella di imitarla. Non appena il ragazzo le fu di fronte, si inchinò leggermente ed Annarose, come le aveva detto di fare sua sorella, la imitò facendo lo stesso.
-Contessa Seymour, Contessina, vi do il benvenuto nella nostra Francia. Spero che il vostro soggiorno qui possa essere gradevole.-
Fu Estella la prima a parlare. Evidentemente la lettera doveva essere giunta a destinazione alcune settimane prima della venuta di lei e sua sorella. Tornò con il busto dritto.
-E’ un piacere essere qui, altezza. Ringrazierò personalmente vostra madre. La Contessa Isolde, mia madre, le manda i suoi più sinceri saluti.-
Annarose, affianco alla sorella maggiore, non parlò ma annuì leggermente con un flebile sorriso sulle labbra.
-Vi faccio strada allora, milady. E, vi prego, chiamatemi pure Francesco.-
Detto ciò, Estella camminò affianco a Francis, lungo la strada che il corteo aveva creato. La rossa poteva sentire benissimo i passi di sua sorella, appena dietro di lei. Quando arrivò di fronte ai sovrani francesi, fece una lieve reverenza, come aveva fatto di fronte a Francesco poco prima.
-E’ un piacere ospitarvi nella nostra dimora, Contessa Seymour.-
Quando tornò dritta, prese ad osservare re Enrico che aveva appena parlato.
-Il piacere è mio, Altezza.-
Lo sguardo di Estella volò al volto giovanile che era la donna affianco a re Enrico. Non poteva essere la regina Caterina ma rivolse anche a lei un sorriso grato prima di incontrare lo sguardo della sovrana. Fece una reverenza anche a lei, osservandola.
-Mia madre vi manda i suoi saluti e vi ringrazia ancora di aver ospitato me e mia sorella, Altezza.-
-Ne sono felice di avervi qui. Vostra madre, per me, era ed è tutt’ora una mia grande amica. Mi fa piacere avervi qui. Tu devi essere Estella, giusto?-
La rossa maggiore annuì leggermente, senza dire nulla. Si limitò a far cenno a sua sorella di avvicinarsi. Quando lo fece, anche lei si inchinò leggermente di fronte alla regina Caterina.
-Vostra maestà, è un onore conoscervi.-
Caterina sorrise leggermente, annuendo appena.
-E tu devi essere Annarose. Ma certo! Assomigliate in modo così impressionante a vostra madre.-
Le due Contesse si limitarono a sorridere lievemente alla regina, un po’ in imbarazzo e un po’ con la tensione a mille per gran parte dei motivi. Uno fra tutti, il vero motivo per la quale erano state condotte lì, che era forse l’unico e il più timoroso di tutti.
-Francesco?-
Il biondo si fece strada tra la folla, raggiungendo sua madre.
-Ti ricordi di Estella? E’ stata qui quando era bambina, giocavate insieme.-
Lo sguardo di Francis si posò su quello di Estella per un attimo. La sua espressione da normale, divenne più rilassata. Rivolse un leggero sorriso alla dama rossa e alla sua sorella minore.
-Ma certo che mi ricordo. Avevate il vizio di nascondervi sugli alberi. Eravate così agile!-
Estella rise leggermente, annuendo.
-Vedo che vi ricordate bene, Francesco.-
Rimasero a guardarsi per diversi secondi. Prima che Caterina riprese la parola:
-Sarete stanche di questo viaggio, mie care. Francesco, perché non accompagni la Contessa Estella e la Contessina Annarose nelle loro stanze?-
-Con piacere. Prego, da questa parte, milady.-
Rispose il biondo, mettendosi a disposizione delle giovani dame, porgendo i suoi due bracci a tutte e due loro. Camminarono superando la folla che li osservava costantemente. Estella in quel momento si sentì veramente come una regina o un gioiello prezioso che non si poteva toccare. Talmente prezioso che rispendeva anche al sole che quella mattina si posava sulla Francia intera. Come gli aveva detto Caterina, Francesco scortò Estella ed Annarose alle loro stanze, che erano state messe vicine. Quando mostrò ad Estella la sua stanza, lei rimase leggermente stupita per la bellezza che emanava. I quadri appesi alla parete, il letto a baldacchino dalle tende rosse e oro, uno scrittoio in fondo alla stanza, un separé per cambiarsi, un baule ai piedi del letto. Il suo baule che era stato già portato di sopra. Si voltò verso Francesco, sorridente.
-E’ stupenda e perfetta, Francis. Grazie.-
Il Principe le sorrise appena, guardandosi intorno anche lui, come se fosse la prima volta che vedeva quella stanza.
-E’ stata mia madre ha pretendere che voi aveste questa stanza. E’ leggermente speciale. Doveva essere chiusa fino all’arrivo di Maria Stuarda ma pare che la servitù, sotto ordine di mia madre, le abbia affidato un’altra stanza.-
Dunque a Caterina piaceva a tal punto da richiedere la sistemazione di un’altra stanza per l’arrivo della regina di Scozia? Questo pensiero fece vibrare di emozioni interne la giovane rossa. Ma si contenne agli occhi del futuro sovrano di Francia.
-E’ stato un pensiero gentile da parte di vostra madre. Ringraziatela da parte mia.-
-Sarà fatto, mia Signora. Vi lascio riposare e cambiarvi.-
Francesco le si avvicinò ed Estella non tremò e ne distolse lo sguardo. Rimase a fissarlo con fare curioso. Le prese una mano e ne baciò il dorso. Estella non arrossì, per il semplice fatto che sapeva che il gesto di Francesco era del tutto galante e gentile.
-Vi ringrazio, Francesco. Ci vedremo questa sera.-
-Certamente, milady. Buon riposo.-
Detto ciò Francesco si congedò dalla Contessa, uscendo dalla sua stanza. Rimasta sola, Estella decise che era giunto il momento di cambiarsi. Andò vicino al baule e l’aprì, osservando i vari vestiti che aveva scelto per la partenza. Ne scelse uno celeste, lungo, a maniche anch’esse lunghe e aveva un coltello alto dietro la nuca. Avrebbe indossato un ciondolo con una pietra azzurra ovale che sua madre le aveva regalato prima di partire, come segno di buon auspicio. Sperò che funzionasse. Si levò il capello, posandolo su una sedia e, senza l’aiuto di una domestica, si svestì. Quando fu con i capelli sciolti e l’abito bianco che si metteva sotto un abito normale. Andò dietro un separé e trovò un ciotola con dell’acqua per lavarsi il viso. Pose le sue mani a coppa nell’acqua e, chinandosi, la portò al suo viso, levando tutta la polvere e il sapore di mare che aveva accumulato durante la traversata e il viaggio. La freschezza sul suo viso fece rilassare i muscoli, aiutata poi dal vento che la colpì in pieno.
Vento? Da dove proviene?
Si chiese Estella, guardandosi intorno. Il vento proveniva da una finestra aperta, vicino al letto a baldacchino. Con il volto bagnato e il vento ad accarezzarla, andò alla finestra così com’era: mezza nuda, incurante di qualsiasi cosa. Quando raggiunse la finestra per chiuderla, Estella di colpo si fermò. Qualcosa aveva attirato la sua attenzione. Nel giardino esterno, dietro il castello, c’era una grande distesa di prati. Più vicino alla sua vista c’era un bersaglio di paglia, dove c’era un giovane messere che stava tirando con l’arco. Estella rimase ad osservarlo per un po’ fino a quando questo, evidentemente che si era sentito osservato, non lasciò stare l’arco e alzò il volto verso di lei. In quel attimo, la rossa poté studiare i lineamenti del suo viso. Era bruno di capelli, di pelle chiara e aveva una leggera barba sul mento. I suoi occhi erano chiari, così chiari che Estella poté specchiarsi in essi, anche ad una distanza come quella. La dama si ritrasse con una mossa fulminea, chiudendo la finestra e tirando le tende, come a volersi nascondere nell’essere stata beccata in flagrante. Chi era quel giovane? Un servitore di certo non si metteva a tirare con l’arco in pieno giorno e in giardino poi. No, doveva essere anche lui un ospite del re. Avrebbe indagato quella sera a cena.
Tornò vicina al letto, trovando il vestito che aveva scelto perfettamente sul letto, ben composto. Come se qualcuno glielo avesse preparato. Si guardò intorno. Non era entrato nessuno, se ne sarebbe accorta altrimenti. Deglutì leggermente, un poco spaventata. Forse non se lo ricordava e ce l’aveva messo lei?! Forse. Tuttavia lo prese e se lo infilò, allacciandoselo per bene e andando subito dopo allo specchio per pettinarsi. In attesa della cena avrebbe letto un libro o si sarebbe sdraiata sul divano della stanza. Conoscendo Annarose, sicuramente aveva colto l’occasione per riposarsi. Sperò per lei di non sognare ancora quel garzone. Ma come si dice?! Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.

 
 
 
Note di Atena:
Buonasera a voi!^^
Che dire?! Ho voluto dedicare questo capitolo ad una coppia che adoro, anche se inventata dalla sottoscritta! *.* Come avrete capito… Leith è lo stesso Leith di Reign, ovvero il garzone che si innamora di lady Greer. Qui ovviamente modifico un po’ ma ci sarà sempre l’attrazione come viene descritta nella serie tv. Che ve ne pare dell’arrivo delle sorelle Seymour a corte? Ovviamente premetto che l’arrivo di Estella ed Annarose avviene un po’ prima di quello di Maria con le sue dame di compagnia. Ringrazio chi legge e recensisce! Un bacio a tutti voi!<3
Prima di concludere ci terrei a dire una cosa: a giorni dovrei cambiare nickname con il nome di “Kaesy Jordan”. Quindi non vi spaventate se trovate un nome diverso affiancato alla storia… sono sempre io!=)
Ora vi lascio! Buona notte!
Atena2011.

  
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