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Autore: thedailysmiles    10/07/2014    2 recensioni
2054, il mondo è ormai nelle mani della tecnologia. La McArry Company e la Cosmos hanno creato tutto ciò di cui l'uomo ha bisogno. Ma la McArry ha già in mente un nuovo progetto per infrangere ogni barriera dell'impossibile, e la Cosmos è ormai stufa di perdere la continua competizione.
Justin Bieber, nuovo vice direttore della McArry, dovrà difendere il nuovo progetto con tutto se stesso.
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"Abbiamo già provato con un infiltrato"
"E se la spia fosse creata da noi? Se non fosse umana?" [..] "magari una bella ragazza"
Genere: Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeremy Bieber, Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                      Justin pov



Thinkin’ ’bout changing my mind, I’ve been talkin’ to myselfI thought I put your memory high upon a shelf”

 

Cosa c'era di meglio di questo?
Stavo sfrecciando nel deserto più deserto che avessi mai visto. Mi ero spinto a chilometri di distanza dallo stato di New York, ero in viaggio da un giorno intero.
Avevo preso la decappottabile e avevo la musica country nelle orecchie mentre io e Elle cantavamo. Avevo due settimane prima di ritornare a casa e volevo andare tanto, tanto lontano.
Non avevo organizzato nulla, forse avrei dormito in macchina. E non sapevo neanche dove stavo andando ma mi piaceva così tanto. Quella sensazione di libertà.
Quando sarei tornato a New York sarei diventato il vice direttore della McArry e cazzo, era quello che non volevo succedesse mai.
Avevo in mente tutto il discorso da fare a mio padre per dirgli che a me non piaceva quel lavoro, e lui si sarebbe arrabbiato e sarebbe rimasto deluso ma tutto si sarebbe risolto e sarebbe stato tutto troppo fantastico per essere vero.
E invece..

 

Un'altra inutile riunione, non dobbiamo divulgare le informazioni eccetera eccetera. Era come dire ad un bambino di non accettare caramelle dagli sconosciuti, e credetemi, mia madre aveva fatto in modo che quella frase mi fosse rimasta bene in testa. Pensandoci, è da tanto tempo che non chiamo mia madre...

...ed è un onore affidare questo grande incarico al figlio di Jeremy, Justin.”

Il mio nome, e degli applausi. Io che mi alzo, mi guardo in torno e tutti sorridono, mio padre fiero con gli occhi lucidi, vedo tutto in slow motion.

Mi alzo, le gambe si muovevano automaticamente verso quella merda di Paul McArry, quel vecchio di novant'anni, il direttore di questa baracca. L'uomo più ricco di questo inutile pianeta.

E' fantastico,grazie” dico.

E mi facevo schifo da solo.

 

 

Ma ormai quel che era fatto era fatto.
Non si tornava più indietro. Avevo due settimane di completo relax ed era quello che importava.




 

Marzo 2054

 

 

Un dolore acuto alla testa.
Si diramava in tutti i nervi del mio corpo e sentivo qualcosa di strano all'altezza del mio seno che pulsava. Non smetteva mai, e sentivo ogni suo bum bum bum, e ad ognuno sentivo un nuovo muscolo che mi faceva male. Da quando avevo i muscoli?
I muscoli erano degli umani, non miei. Non avevo mai provato dolore. In quel momento capii cosa si provava. Bruciava tutto
Sentivo delle voci, piuttosto lontane. Era come essere in una stanza nera e buia con migliaia di aghi nella pelle. Pelle?
Istintivamente alzai la mano destra per toccarmi il viso, uno scatto veloce che provocò degli urli lontani da parte di qualcuno. Mi faceva male ma toccarmi mi dava sollievo. Non avevo mai avuto un corpo. Come ero fatta? Chi mi aveva fatto questo?
Quelle voci ripetevano una frase, molte volte. Dicevano “occhi” ma non capivo perchè.
Poi una luce accecante.
“Riesci ad aprire gli occhi?”
E li aprii all'istante. Avevo davanti un uomo con degli occhiali e una mascherina che lasciava intravedere la barba.
“Mi fa male la testa” Fu la prima cosa che dissi. Notai che in quella stanza c'erano almeno una decina di persone, tutte che mi fissavano con un'espressione... sorpresa?
“Lo so, ma non sappiamo cosa fare per il dolore. Sei il primo esperimento riuscito”
Ero un esperimento? Non sapevo se fosse una cosa brutta o no. Ma una cosa mi faceva paura, ed era il fatto di essere sola.
“Come la chiamiamo?” chiese qualcuno.
“Dean ha detto Cheyenne.. E' strano ma è adatto,non ti pare? Un computer installato in un corpo umano..”

 

“Ti vuoi guardare allo specchio?” Mi chiese qualcuno da dietro
Gli uomini nella stanza erano andati tutti via. Anzi, ora che ci facevo caso non era la solita stanza, mi avevano spostata, questa era più calda e confortevole. Mi avevano fatto domande su domande, mi avevano controllato i riflessi e c'erano state mille analisi, e ad un certo punto mi ero improvvisamente addormentata, ma non mi ero ancora guardata.
Mi girai verso l'unica persona in quella stanza oltre a me e mi fermai a fissarlo.
Un ragazzo giovane, il primo che vedevo dopo tutte quelle persone oltre i cinquanta anni.
Era moro, alto e degli occhi che si illuminavano.. era bello.
Non avevo mai sentito tutta questa attrazione verso qualcuno fino ad ora, ed era strano.
“Scommetto che stai morendo dalla voglia di vederti” Le sue labbra si rilassarono in un dolce sorriso e, non so il perchè, ma sorrisi anch'io.
“si”
Mi fece un cenno con la testa “Vieni”
Mossi le gambe, era ancora una sensazione strana, e dopo due passi una gamba cedette per poco. Mi scappò un urlo ma il ragazzo appoggiò la mano sul mio braccio.
“E' normale, tranquilla. Devi fare solo un po' di movimento. Ricordati che sei un esemplare unico.” e sorrise ancora. Sentii un calore improvviso sulle guance e lo guardai imbarazzata.
“Sto arrossendo?”
“Già” e dopo un pò si mise a ridere.
Mi guardai intorno e notai che quella stanza era una camera da letto, era bianca con qualche rifinitura rossa.
“Mi avete spostata prima”
Chiesi alzando il capo verso di lui.
“Prima eri in laboratorio, non penso tu ci voglia ritornare.” E senza aggiungere altro mi prese la mano e mi portò in un'altra stanza. Bagno?
C'era un grandissimo specchio e il mio corpo si fermò prima di andare avanti a vedere il proprio riflesso. Paura.
“Un po' spaventata?”
Scossi la testa insicura. Passo dopo passo mi trovai davanti alla grande lastra di vetro. La ragazza che vedevo ero io. A me sembrava..
“bellissima” aggiunse il ragazzo un sospiro.
Sul serio? Era quella l'immagine di una persona 'bellissima'?
Ero pallida,troppo. E bionda, i capelli mi piacevano, avevano delle sfumature dorate.
E gli occhi...
“I miei occhi” Urlai. Feci un salto all'indietro. Andai a schiacciarmi contro una parete e il ragazzo subito mi era davanti.
“hey, hey non preoccuparti. E' normale, sono venuti così.”
“no,non è normale” la mia voce era isterica “Sono di due colori diversi”
Mi riavvicinai di scatto allo specchio per guardarli meglio.
Erano di un blu troppo acceso che andava a schiarirsi all'interno verso la pupilla per poi diventare verde smeraldo.
“Il corpo aveva gli occhi verdi, sono diventati blu appena ti abbiamo...inserito. Tutto il corpo è cambiato. Non capisci? E' una grandissima scoperta. Vuol dire che i Take Care possono essere installati su dei corpi e che li modificano, facendoli migliorare.”
La testa mi girava un po', pensandoci non sapevo ancora chi ero, dov'ero, e perchè ero lì.
Feci un grande respiro.
“Tu chi sei?” chiesi al ragazzo.
“Dean Ross, figlio del presidente della Cosmos”
“e cos'è la Cosmos?”
“Un'azienda di alte tecnologie..la tua casa ora.”
Lentamente uscii dal bagno e mi guardai intorno nella piccola casa.
Non ci avevo fatto caso ma si sentivano dei rumori. Mi avvicinai alle grandi vetrate e notai di essere in un appartamento di un grattacielo, tante macchine sfrecciavano lungo la strada.
“Ma perchè mi avete creata?”
Dean Ross si sedette in uno dei divanetti della stanza “questo è più complicato”
Mi guardò attentamente e la sua espressione diventò seria.
“Il mondo ha fatto notevoli cambiamenti negli ultimi quarant'anni e tutto, credimi, tutto è basato sulla tecnologia ormai. Anche se ci sono delle piccole civiltà che vivono nei boschi e tutto quello che hanno è il fuco ma tranne loro, tutto ha qualcosa a che fare con dei piccoli fili che trasportano elettricità. Ora, tutte queste grandi invenzioni sono state fatte da noi della Cosmos e dall'azienda della McArry, purtroppo loro hanno in mente un altro progetto e noi vogliamo..”
“rubarlo? Devo infiltrarmi fra di loro?”
“sei intelligente. Un altro segno che l'esperimento è andato a buon fine. Vedi, penso che il tuo esperimento possa benissimo battere il loro nuovo progetto, ma se ne parlassimo ora in giro, la McArry ne approfitterebbe subito per rubarci l'idea. E credimi, ci sono voluti mesi di tentativi e non vogliamo che tutto vada perso.”

Tutto stava andando troppo velocemente per i miei gusti. Il mio corpo agiva automaticamente a certi stimoli e non ero abituata. E poi questo ragazzo che parlava, parlava e parlava. E come se tutta la situazione non fosse stata abbastanza, Dean, il tipo, era estremamente carino, ma parlava troppo e la testa mi girava.
“Ascolta, Dean, sinceramente sono un po' confusa e tutte queste informazioni mi stanno... spaventando, vorrei buttarmi dalla finestra, non so se mi spiego, puoi rallentare o solo... smettere di parlare e basta?” accompagnai il discorso con un sorriso tirato. Volevo essere più dura ma ero vittima di quel bel faccino che avevo davanti.
Dean mi guardava fermo, aveva un'espressione illeggibile, forse un po' buffa.
“Forse non capisci quello che ti dicendo” Aprì la bocca per dire altro ma scosse solo la testa.
Questo ragazzo ha dei seri problemi mi trovai a pensare. Dean parlò
“comunque è un progresso, ti sei svegliata e da quanto ho visto hai un bel caratterino, è logico essere confusi.”
Si stava dirigendo verso la porta d'ingresso mentre parlava.
“Domattina ti porto alla Cosmos e parleremo di quello che devi fare. Cerca di riposare, il frigo è pieno, mangia quello che vuoi”
Aprì la porta e prima di uscire si voltò verso di me un'ultima volta.
“Non azzardarti ad uscire da questa stanza. Parla con qualcuno e sei morta.” Chiuse la porta.


Ma io,per quanto strano e pericoloso poteva essere, avevo voglia di uscire da quella stanza e di parlare con qualcuno.

 

 

Era un enorme grattacielo quello dove mi avevano messa. Avevo fatto metà delle scale per arrivare al primo piano, erano passati dieci minuti ed ero ancora là. Mi fermai davanti ad una porta grigia metallizzata. Un ascensore. Che stupida, non potevo forse pensarci prima?
Entrai e in meno di dieci secondi le porte si riaprono per dare spazio ad una meravigliosa hall. Era tutto così moderno. Il bianco prevaleva. I miei ricordi lo paragonarono ad un'ospedale psichiatrico ma l'effetto era molto più carino di un manicomio.
C'erano molte persone, tutti vestiti eleganti. Abbassai lo sguardo sul mio corpo e vidi una maglietta e un paio di jeans. Troppo semplice per i loro standard ma almeno ero vestita. Non era poco.
Mi ricordai che non dovevo essere lì. Cammina disinvolta, non guardare nessuno negli occhi. Già, i miei occhi. Se li avesse visti qualcuno? Cosa stavo facendo, dovevo per forza fare di testa mia e uscire da quella stanza,vero?
Ormai ero uscita e attraversai quella hall a grandi passi.
La grande porta di vetro si aprì appena passai e un enorme frastuono mi riempì.
New York, ero in centro. Macchine e persone erano ovunque.
Mi ci volle qualche secondo per abituarmi a quel casino ma dopo un po' non era così male.
Cominciai a camminare verso sinistra e osservai il paesaggio che mi circondava. Tutti si muovevano come se fossero stati programmati, come se fossero piccole formiche con i propri compiti. Del resto, io ero più programmata di tutti loro, chi ero per giudicare?
Ma io non volevo, non sapevo neanche il mio compito e in quel momento ero dispersa in una città che neanche conoscevo.

Camminai, camminai e camminai. Vedevo grandi bar alternati a piccoli ristoranti, grattacieli enormi e vecchietti bassi con la gobba. Non si sentivano soffocati tutti?
Non sapevo dov'ero, non sapevo chi ero. Ma continuavo a camminare.
Gelato.
Mi venne in mente quel cibo freddo e buono con colori diversi. Non ci volle molto prima di arrivare davanti ad una gelateria.
Era carina e invitante. Mi venne da sorridere come una bambina. Entrai e vidi una decina di persone ad aspettare davanti a quel bancone. Altrettante erano sedute a mangiare a dei tavoli .
Sorrisi a dei bambini che mi guardavano.
Dietro al bancone c'erano quattro persone che svelte mettevano palline di gelato su dei coni. Dovevo chiedere a loro per un gelato. Mi feci spazio fra la gente davanti a me e notai che molti mi guardavano male.
Mi sentii picchiettare sulla spalla e mi girai per vedere una donna con dei capelli fucsia e occhiali tanto grandi da coprirle la faccia.
“C'è la fila, se non lo avessi notato” disse.
Alzai la testa e notai che tutti mi stavano guardando. Sentii di nuovo il rossore tornare sulle guance e mormorai un piccolo “scusa” e andai verso la porta. Dovevo trovare una gelateria che non aveva fila quindi?
“Se c'è fila non vuol dire che devi uscire” pensai avesse parlato un uomo.
Mi girai per vedere un ragazzo che mi guardava divertito.
Dio.
Poteva veramente essere Dio quel ragazzo, si, era certamente lui. Il calore alle guance tornò. Potevo sentire il cuore che cominciava a battere più velocemente. E pensai a qualcosa di intelligente da dire. Ma era così bello. Indossava una giacca, era vestito molto formale, mentre io sembravo una venditrice di zucchero filato. Aveva capelli castano chiari, molto simili ai miei e degli occhi...
“mi..mi piace il g-gelato” balbettai sussurrando. Il cuore mi batteva e subito spalancai gli occhi. Che cavolo avevo appena detto?
Il dio greco sembrò voler trattenere una risata e sapevo che lo fece solo per non umiliarmi ancora di più.
“Questo si può capire, se sei entrata in una gelateria..”
Anche la sua voce era qualcosa di estremamente ultraterreno. E le sue labbra mentre parlava.
Le guance non avevano smesso di bruciare e tirai un sospiro prima di parlare e dire qualcosa di sensato.
“Già, è solo che non...”
“I tuoi occhi, sono bellissimi” disse lui. Questa volta era lui ad essere incantato. E mi ero scordata dei miei occhi inquietanti.
“Si, è una..cosa che ho.. ereditato da mia nonna, già, niente di grave..ecco”
Il ragazzo aveva la bocca un po' aperta, le labbra sembravano ancora più grandi. I suoi occhi erano posati su di me con un'intensità
che non avevo visto neanche a Dean. Per la prima volta sentii una sensazione strana e intensa nel basso ventre e mi colpì come un
fuoco e per un attimo mi sentii imbarazzata.

Ci stavamo fissando da molto e abbassai lo sguardo.
“allora lo vuoi prendere il gelato?” sorrise.
“oh si, mi piacerebbe”
mi sentivo felice, per un gelato ed un ragazzo. Un bel ragazzo che mi invitava a prendere un gelato. Cibo e un bel ragazzo.
Mi uscì una risatina. Una risatina che non avevo mai fatto. Mi sentii stupida. Ma lui sorrise e il suo sorriso mi fece capire che anche
lui era felice per quello scambio di frasi imbarazzante.

Ci rimettemmo in fila e lanciai un'occhiata quasi di sfida alla donna di prima. Mi sentivo parte di qualcosa ora. E non uno stupido
esperimento creato per fare del male a qualcuno.

Aspettavamo che arrivasse il nostro turno e intanto non sapevo di cosa parlare. Anzi, non sapevo neanche se dovevo parlargli.
“comunque io mi chiamo Justin” disse il ragazzo.
Mi girai e gli sorrisi “Io sono..Cheyenne”. Nome strano, occhi strani, ormai non potevo essere più strana di così.
“Cheyenne, originale” sussurrò fra se e se.
“Già”
La donna chiese a che gusto volessi il gelato e io mi persi in tutti i colori. Ne scelsi uno a caso.
“Mmh lampone?”
La donna annuì e Justin prese il suo.
“Sono tre dollari”
Dollari..soldi, merda. Mi guardai in tasca ma quei pantaloni erano completamente nuovi e non trovai neanche un centesimo.
“No,non serve, pago io” Justin mi sorrise e pagò i gelati.
Ero arrabbiata con Dean perchè non mi aveva lasciato soldi, ma se ci pensavo, io non dovevo neanche uscire da camera mia, i soldi
non mi sarebbero dovuti servire. E poi quello arrabbiato sarebbe stato Dean, quindi.

“Grazie mille, davvero. La prossima volta pago io” aggiunsi un po' imbarazzata. Non volevo farmi pagare un gelato da uno
sconosciuto.

“Mi stai chiedendo di uscire?” Ridacchiò lui.
Oh, è così che funziona?
Lo guardai agitata e increspai le labbra in un sorriso molto tirato.
“non..”
Justin si mise a ridere. Ho già detto che aveva la risata più bella del mondo?
“Non si può neanche scherzare con te che subito ti agiti, ma da dove vieni?”
dimmelo te perchè io non l'ho ancora capito.
Ridacchiai e cominciai a mangiare il gelato. Faceva schifo.
Mi venne da tossire ma lo nascosi e continuai a mangiarlo per non fare altre figure di merda.
“Allora, quanti anni hai?” mi chiese. Eravamo usciti e stavamo andando da qualche parte per quell'enorme città. Speravo che lui
sapesse dove stessimo andando. Perchè io mi ero già persa e stavo andando nel panico per la domanda.

“16?”
Cominciò a tossire e smise di camminare. “cosa?” disse con voce strozzata.
“no no” risi. Merda. “volevo vedere come reagivi. Ho.. venti..du..tre anni, all'incirca. E' da tanto che non festeggio il compleanno.
Storia complicata.”

“oh” Era stranito. Ricominciammo a camminare.
“tu?”
“ventisette.” rispose semplicemente. Eravamo in un piccolo parco e ora che ci facevo caso era sera. Ormai era diventato tutto buio e
delle luci a neon erano accese per tutte le strade.

“E' tardi” sussurrai guardandolo. Ero nei guai, lo sapevo.
“Devi tornare a casa?”
“Mmh..” Cinque minuti non avrebbero cambiato poi molto. Ormai ero uscita dalla stanza e avevo parlato con qualcuno. “posso
restare un altro po'...vivi qui?”

“Si, nato e cresciuto a New York. Vorrei viaggiare ma il lavoro non mi fa spostare neanche di un isolato.”
“Mi dispiace..cosa fai?”
“Sono il presidente della Mc..”
Il suo cellulare squillò e lui alzò gli occhi al cielo prima di guardarmi dispiaciuto.
“scusami..”
“fai pure”.
Mentre rispondeva a chi lo aveva chiamato lo osservai fino allo sfinimento. La conversazione lo doveva far agitare un po' perchè non
faceva altro che corrugare la fronte. Arricciava il naso e sembrava ritornare un bambino di cinque anni che veniva brontolato. Non
faceva altro che sbuffare silenziosamente mentre l'altro parlava.

Ad un certo punto si girò verso di me e si mise a sorridere mentre la povera persona dall'altra parte del telefono veniva ignorata.
“si..si ti ascolto” Alzò gli occhi al cielo e mi prese la mano, cominciando a giocarci mentre sussurrava dei 'si' veloci. Spostai lo
sguardo sulla sua mano e sentii per l'ennesima volta un'emozione da bambina felice. Avevo qualcosa nello stomaco che stava
ballando come un ragazzo ubriaco.

“va bene” e staccò.
“Devo andare” Si alzò dalla panchina e mi trascinò con lui tirandomi con la mano che aveva ancora fra la sua.
“oh, okay” Ero ancora in trance e probabilmente avevo un filo di bava al lato della bocca.
“Ti accompagno a casa” disse pronto.
Casa? E ora come facevo a tornare?
“no,non ti preoccupare. Io voglio fermarmi ancora un po' qui... Mi piace New York...di notte”
Mi sorrise stanco e si guardò intorno “Già, piaceva anche a me”.
“Allora ci rivedremo, e la prossima volta sceglieremo un gelato che ti piacerà, ho notato che non ti va a genio il lampone.”
Lo guardai ridendo “va bene,ciao”
“ciao”
Si allontanò camminando. Lo guardai per un'ultima volta. Aspettai che non fosse più vicino e cominciai a camminare anche io.
Non sapevo dove stavo andando eppure qualcosa dentro di me sapeva come tornare a casa.
Ripensavo a come era stavo gentile Justin, era elegante e bello. Semplicemente perfetto.

 

“si torna alla Cosmos, dolcezza” Una voce e qualcosa che pizzicava nel braccio.

“Pensavi non mi sarei accorto che sei uscita? Mi sottovaluti, ora vedremo un po' quanto il tuo corpo sopporta il dolore.”



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Vi piace? Potete commentare e criticare quanto vi pare,ricordatelo, cerchiamo di arrivare a qualche recensione. . 
Scusate se aggiorno in ritardo ma non faccio altro che aggiungere nuove cose.

Un bacio.

 

  
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