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Autore: insiemete    11/07/2014    10 recensioni
Tratto dal primo
capitolo:
Erin si calmò di getto, buttò a terra quel coltello che si era portata dietro e soffocò un urlo. Sapeva che la sua ora era finita, sapeva di non potercela più fare.
La creatura si protese verso il suo collo. Erin voleva scappare, ma era come se tutti i suoi muscoli si fossero bloccati, in una leggera stretta.
Erin pregò in tutti i modi di poter essere salvata, anche se non era fedele a nessuna religione. La creatura si posizionò sopra di lei, la fece cadere.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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BEAST AND 7 DEADLY SINS


CAPITOLO UNO
[revisionato]







Erin si calmò di getto, buttò a terra quel coltello che si era portata dietro e soffocò un urlo. Sapeva che la sua ora era vicina, sapeva di non potercela più fare. La creatura si protese verso il suo collo. Erin voleva scappare, ma era come se tutti i suoi muscoli si fossero bloccati, in una leggera stretta. Pregò in tutti i modi di poter essere salvata, anche se non era fedele a nessuna religione. La creatura si posizionò sopra di lei, la fece cadere.

La schiena della ragazza sbattè contro il terreno ciottoloso, portandole un dolore lancinante lungo tutto il suo corpo. Basta, il gioco era finito! Lei era la piccola preda. La creatura le leccò il collo in modo vorace, per poi annusarglierlo insistemente. Che cosa poteva fare lei?

Erin non ci pensò due volte. Allungandosi, con tutta la forza che poteva avere, prese il coltello e lo inficcò nella giugulare dell'essere. Il sangue schizzò da tutte le parti, il volto di Erin prese quel colore rossastro e la puzza nauseante del liquido non fece altro che aumentare la situazione di disgusto.

Erin si divincolò, fino a riuscire a scappare dalla presa di quel mostro. Erin corse, lasciò la stradina ciottolosa del cimitero per correre verso il centro città. Era allarmata, cos'era quell'essere? Non aveva mai visto niente di simile.

La ragazza non capì il fatto, non si ricordò quasi niente. Eppure quando era in cimitero, ci aveva giurato di essere sola. Stava sistemando i fiori sulla tomba del padre, mentre si trovava sopra la scala, quando qualcosa la fece cadere. Si ricordò a malapena due grandi occhi rosso sangue, con una striscetta verticale gialla accesa, all'interno. Sembravano occhi da gatto. Era troppo buio per vederci bene. Era stata trascinata fuori, verso un grande campo.

Lacrime rigarono il volto della ragazza, mentre cercava di fermare qualche automobilista, senza ottenere nulla. Il cellulare l'aveva lasciato laggiù, insieme a tutti i suoi beni. Erin si sentì sola, come se nessuno potesse vederla o sentirla; come se tutto fosse un incubo; come se lei non esistesse. Eppure la ragazza urlava e correva; ma le macchine, nessuna di quelle rallentava.

Erin non ce la fece più, si accasciò a terra, posando la schiena su un grande pino. Il vento pungente di novembre si fece sentire più persistente e le campane delle nove di sera echeggiavano da tutte le direzioni. Erin doveva spostarsi; quello non era un posto sicuro per lei.

Camminò a lungo per le strade della periferia di Dublino, fino a trovarsi davanti alla casa di sua nonna. Bussò al grande portone di legno intagliato, doveva riposarsi; le sue forze se ne erano andate durante quello scontro, contro quella strana creatura maligna, che non aveva volto. Erin cercò di strizzarsi il cervello, ma niente; solo immagini vacue e confuse. Non era conscia. Colpì altre volte la porta, finchè un'anziana signora sbucò da dentro.

<< Nonna >> disse, sforzando uno di quei sorrisi felici e rassicuranti.

Erin era stesa sul divano, a bere una calda tazza di tè. Sua nonna le aveva curato quelle ferite sul volto, e i ripetuti tagli sugli arti. La paura, comunque, si poteva vedere dagli occhi della ragazza. I suoi verdi smeraldi avevano preso un colore grigiasto tendente a scurirsi, il suo viso era cupo e nascondeva un grande timore. Era assente, come se tutto intorno a lei non esistesse.

<< Mi dici cosa è successo, Erin? >> balenò la nonna, seduta sulla poltrona accanto a lei.

Erin non proferì parola, era dell'idea che nessuno dovesse sapere quello che le era appena accaduto. La ragazza prese nuovamente del tè caldo dalla teiera e, messo nella tazzina con tre cucchiani di zucchero abbondante, se la portò alla bocca. Sorseggiò rumorosamente quella delizia, sperando che l'anziana cambiasse discorso, del tipo: "non essere maleducata, non fare rumore". Ma i tentativi della ragazza furono solo un incompleto successo.

La donna continuò ad istigarla.

<< Parlami, tesoro. Voglio solamente aiutarti, dimmi cos'è successo >> disse con tono molto calmo e rassicurante.

Non poteva saperlo, l'avrebbe solo spaventata; pensò la ragazza. Erin si girò verso la donna, che aveva stampato in volto tanta tristezza e preoccupazione, e le fece un tenero sorriso. Doveva bastarle!

<< Ora è meglio che io vada, il collegio si starà già preoccupando di me. Sono in ritardo, e il coprifuoco è già saltato, finirò in guai grossi >> disse, mentre continuava a guardare la televisione.

La nonna fece cenno di consenso con il capo. Le due si salutarono con un caloroso abbraccio.

Erin passeggiò più di venti minuti prima di arrivare nel suo alloggio. Suonò il citofono, dato che aveva perso le chiavi. Un bip lagnoso aprì il cancello di ferro dell'entrata.

<< Oddio, Erin. Sei qui, cosa ti è successo? Cosa sono tutti questi graffi? O Santo Dio, ti abbiamo chiamata parecchie volte ma non rispondevi mai >> disse allarmata Sarah, mentre abbracciava la ragazza.

Erin fece cenno di sì con la testa. << Ho perso la borsetta. Mi dispiace >> ammise, mentre guardava il pavimento.

<< Erin cosa ti è successo? Parla, per favore >> riformulò. Erin si scostò dalla donna e salì le scale per recarsi ai dormitori femminili.

Erin, appena entrata, salutò le sue compagne Kyla e Danielle, per poi rinchiudersi nel bagno. Scese con la schiena lungo la porta e si portò le mani al viso, pianse. Pianse tantissimo, uno di quei pianti silenziosi che servono per far svanire la rabbia. Erin non riuscì a sbarazzarsi di quella scena, non riuscì a togliere di mente quegli occhi e quello strano essere che si fiondò vorace su di lei, e sul suo collo. Portò la mani in quel punto, c'erano pesanti graffi, impregnati di sangue, del suo stesso sangue. Si levò i vestiti e si guardò nel piccolo specchio del bagno. Il collo era pieno di segno rossastri e violacei, in più uno strato di liquido rossastro contornava quello spettacolo; la fronte riportava un lungo taglio, che si spegneva all'inizio del sopracciglio destro; le mani erano impregnate di sangue secco, anche dopo tutte le lavate; i suoi capelli erano appiccicosi, tra il sudore e il liquido e gli arti erano pieni di tagli, fortunatamente bendati e disinfettati.

Erin non si riconosceva. Gettò via tutti i suoi vestiti, strappati e sporchi, degni di una lotta sanguinaria che nemmeno lei pensò di aver partecipato. Aprì il getto dell'acqua e si lavò tutti i residui di sporco. Con quale coraggio era riuscita a stendere o paralizzare quell'essere? Erin sorrise per il suo atto di coraggio, per poco dopo ricadere nel mondo delle lacrime, come lei osava definirlo. Le partì un urlo di paura, incontrollabile.

<< Erin, stai bene? Perchè hai urlato? >> chiese Kyla, suppose, non capiva molto bene la voce per colpa dello scrusciare dell'acqua.

<< Tutto a posto, ho visto solo un ragno, ma l'ho ucciso >> disse lei, inventando una balla madonnale.

Erin si strofinò il viso, per svegliarsi dal suo stato di trans che aveva appena preso. Fece un respiro profondo, e uscì dal box. Si asciugò velocemente i capelli e si mise il pigiama.

Erin non riuscì a chiudere occhio, e quando lo faceva, si posizionò davanti a lei sempre la stessa immagine: quegli occhi che la scrutavano. Erin pianse, soffocando i suoi gemiti sotto il cuscino di piume d'oca. Non ce la faceva più, le sembrava una persecuzione. Verso le tre di notte si alzò, scese le scale e andò nella piccola cucinina del dormitorio. Era stata messa per i ragazzi, quando necessitavano di qualcosa, c'erano un po' di bevande, dei cibi, dei farmaci e delle cosucce varie. Erin si preparò una tisana rilassante. Mentre l'acqua tentava di bollire, la ragazza si guardò attorno. C'era un silenzio tombale, tutti dormivano; ogni tanto si sentiva il russare di Sarah, la governante, che le fece strappare un leggero sorriso. Erin si avvicinò verso la minuscola finestrella del cucinino, guardò fuori. Un leggera brezza muoveva armoniosamente i rami dei grandi alberi, che stavano a segnalare l'inizio del bosco, e proprio laggiù, giurò di vedere quei due occhi rossi e gialli. Perse un battito. Le cadde di mano la tazzina e sputò un acuto grido.

<< Oh mio Dio, cosa succede tesoro. Cos'hai visto? >> chiese Sarah che si era precipitata nella stanzetta, ad accogliere tra le sue grandi braccia confortanti la ragazza.

<< Giur..o ddi aaa..ver..lo vii..stt..o >> sillabò la ragazza.

Sarah la strinse ancora più forte a sè, lasciandole leggeri baci sulla nuca rossastra della ragazza.

<< A chi ti riferisci, Erin? >> domandò con la voce roca.

Erin mandò giù la saliva rumorosamente.

<< Al demonio >> rispose titubante.

Sarah guardò in viso la ragazza e sgranò gli occhi.

<< Tesoro, ti serve una dormita. Devi essere molto stanca. Vai a letto, domani sarà tutto sistemato, e dirai, che non è successo niente >>.

Erin non si sentì per niente di conforto, sapeva di aver rivisto quegli occhi per qualche secondo. No, non se lo era sognato. Non spiegò niente alla donna, ma ritornò nella sua camera, con l'intento di dormire.

Come aveva programmato, la notte prima non chiuse occhio. Andò a prepararsi per le lezioni che si sarebbero tenute sessanta minuti dopo. Si lavò leggermente e si mise una semplice felpa azzurra, con dei jeans chiari e le sue amate scarpe da ginnastica azzurre medesime. Scese per andare a fare colazione nella sala del dormitorio, insieme a tutte le ragazze del padiglione. Si sedette affianco a Kyla e Dana. Non parlò molto, si limitò a sorridere e fare qualche gesto di consenso o di negazione.

Il professore di Letteratura entrò con il suo solito fare altezzoso in classe. Posò i grandi libri sulla cattedra di legno e si sedette. Fece l'appello e puntò le persone presenti e quelle assenti, come ogni volta. Erin sentì bussare alla porta, e si girò di scatto verso questa.

<< Avanti >> fece l'uomo scocciato, dato che aveva interrotto la sua interessantissima lezione.

Un ragazzo moro si presentò dentro, facendo un lieve cenno con il capo al docente.
Erin era incuriosita.

Era, bellissimo. Erin si puntò a guardarlo, non aveva visto niente di più bello. Il viso era candido e asciutto, di un colorito abbastanza chiaro; i capelli erano alzati in un ciuffo nè alto nè basso, castano scuro; gli occhi erano profondi, di un colore tendente al verde. Ma non come quelli di Erin, più chiari, verdi come l'erba dopo la pioggia, come i pascoli irlandesi. Il ragazzo passò al docente un foglio di carta, che venne firmato all'istante.

Il ragazzo misterioso non si presentò nemmeno, e questo aveva mosso qualcosa dentro Erin, nutriva già un senso di antipatia verso l'estraneo. Dana si girò verso la ragazza, che lo continuava a fissare.

<< Beh almeno è carino. Vero? >> disse la bionda, mentre continuava a scuotere il braccio a Erin. La guardò e sorrise. Dana si girò un pochino stranita, dal comportamento della ragazza.

<< Posso sapere il tuo nome? >> sentì Erin alle spalle, e si girò di scatto.

Con sua sorpresa il ragazzo si voltò verso di lei, continuava a fissarla senza badare alla ragazza che gli fece la domanda.

<< Aaron >> sussurrò.

Erin era pur sempre lontana, me sentì squillanti quelle parole dentro le sue orecchie. Aaron, si ripetè in mente; bel nome. Si rigirò nuovamente verso la sua direzione, ma questo era impegnato a flirtare con due oche. Erin scacciò immediatamente di mente il ragazzo. Ma che pensava, uno come lui, che stava con una come lei? Bah. Erin si lasciò andare sulla sedia, era stanca e aveva molta sonno, dato che la notte prima non aveva chiuso occhio.

Erin uscì in giardino, durante la pausa pranzo, non si allontanò però. Non voleva più spingersi lontana, aveva paura. Un senso di angoscia la stava divorando dentro; sentiva che qualcosa di oscuro era vicino a lei; sentiva ancora quel respiro e quegli occhi su di lei. Si girò, di scatto, per guardare l'edificio. Tutti i ragazzi erano dentro, che parlavano e mangiavano, non c'era nessuno; eppure Erin sentì una presenza. Si massaggiò le tempie, forse era meglio fare una dormita.

Si stese sul piccolo lettino a una piazza, abbastanza scomodo, e chiuse gli occhi. Davanti a lei si pararono sempre le solite immagini. Erin si sforzò a cancellarle di mente, eppure queste tornavano, anche più insistemente. Gridò. Erano passati solo due giorni, eppure lei era già stanca di quella situazione. Andò in bagno a sciacquarsi il viso, magari così poteva rilassarsi. Niente. Erin prese il libro di Letteratura, e nell'intento di leggerlo, sperò di prendere sonno. No, era più sveglia che mai.

<< Sì sì, guarda te lo giuro. No, non mi ha chiesto di uscire, però spero che lo faccia presto. Oh per favore, ma l'hai visto? Sembra un Dio greco in carne e d'ossa, cioè il suo viso sembra opera di chissà quali lavori >> sentì la sua amica Kyla, sulla porta, mentre parlava al telefono.

Erin pensò subito ad Aaron, a lui sicuramente la ragazza si riferiva. Non poteva immaginarsi un ragazzo più bello, le pareva più impossibile che raro.

<< Oh Erin, sei qui. Scusami, ti ho per caso svegliata? >> domandò con una sottile voce. Erin mosse il capo negativamente, sospirando rumorosamente.

<< Non riesci a dormire? >> chiese sempre la sua amica. Erin ripetè lo stesso gesto.

<< Io...ho...paa.u..raa >> ammise la ragazza.

Kyla si sorprese delle sua risposta, erano giorni che non proferiva quasi nessuna parola, si stava preoccupando. Kyla strinse a sè il corpo esile dell'altra, confortandola con delle dolci carezze sui capelli mossi.

Erin si alzò da quell'abbraccio e avanzò verso la porta, quando una mano le fermò il braccio.

<< Parlami, voglio solo aiutarti >> disse con voce flebile la ragazza.

Erin non voleva parlarne con nessuno, aveva solo accennato il fatto a Sarah, che l'aveva presa in giro, e lei non voleva ripetere lo stesso errore. Erin uscì nuovamente, scese le scale e tornò fuori all'aria aperta. Quel posto le faceva bene.

Prese aria nei polmoni e inspirò profondamente. Sistemò i suoi capelli rossastri dietro l'orecchio e cercò piano piano di avvicinarsi al bosco. Erin non era conscia, sembrava quasi che qualcosa la stessa trasportando. Erin era caduta nella trappola dell'orso. Singhiozzò, fece per piangere, ma si morse la lingua, per non creare ulteriori rumori. Oramai si era inoltrata, i rametti esili sotto i suoi piedi producevano dei suoni acuti. Erin non voleva farsi sentire, non dovevano capire che lei si trovava lì.
Ma da chi, poi?


****




SPAZIO AUTRICE



Allora, mi scuso ragazze, ma ho allungato questo capitolo.
Per mio sbaglio ho perso buona parte del secondo e del terzo, per questo mi ritrovo ad dover riscrivere tutto.
Siccome il tempo sarebbe stato abbastanza lungo, ho deciso di aggiungere al primo una parte (salvata miracolosamente) del secondo.
Spero sia di gradimento.

Ah, importante!
Se non vedo recensioni non continuo.


[BANNER PROVVISORIO]

Ci si vede, baci.
Insiemete.
  
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