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Autore: Acinorev    11/07/2014    22 recensioni
"A quel punto Harry rise. Rise con le fossette accentuate ai lati della bocca e facendo un passo indietro, con una mano tra i capelli e gli occhi praticamente chiusi. «Ragazzina», esclamò affievolendo la risata. «Ragazzina, rallenta», ripeté.
Ed Emma assunse un’espressione un po’ più seria, mentre sentiva l’eco di quelle parole nella sua testa.
Ragazzina.
«Ascolta», ricominciò Harry, frugando nella tasca dei suoi pantaloni stretti e tirandone fuori un contenitore di metallo sottile dal quale estrasse una sigaretta, probabilmente confezionata da lui. Continuò a guardarla, però, senza lasciarla libera nemmeno per un istante. «Apprezzo l’intraprendenza, ma andiamo… Mi sentirei una specie di  pedofilo», aggiunse, scuotendo di nuovo la testa mentre una ciocca di capelli gli ricadeva sulla fronte."
Spin-off di "It feels like I've been waiting for you", da leggere anche separatamente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Little girl'
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Capitolo ventisei - I can't breathe
 

 

Era il due maggio: la primavera tentava di uguagliare l'estate e le sue temperature torride, nonostante non riuscisse nella sua impresa e si dovesse accontentare di risultare una copia sbiadita e flebile della sua meta. Quel pomeriggio, infatti, il sole faceva da padrone incontrastato nel cielo di un azzurro pastello privo di nuvole, ma non poteva fare altro che riscaldare tiepidamente tutto ciò su cui gli era concesso di regnare.
La brezza fresca, soffiando delicatamente, si intrufolava tra le fronde dei grandi alberi addossati gli uni agli altri e provocava naturali melodie silenziose: giocava ad agitare i fili d'erba che riflettevano i raggi solari e tentava dispettosamente di voltare le pagine del libro che Emma teneva tra le mani, sollevato davanti al volto.
L'auto di Harry era parcheggiata al centro dello spiazzo di verde che più volte li aveva ospitati, fungendo loro da rifugio e da protettore, da discreto testimone: con lo sportello anteriore del passeggero aperto, la musica a basso volume proveniente dalla radio si mischiava a tutti gli altri leggeri rumori, a formare un sottofondo di tranquillità che contribuiva ad estraniare quei metri solitari dal resto del mondo.
Qualche passo più in là, una coperta di lana a quadri rossi e verdi era stata distesa sul prato, perché troppo vecchia e consumata per poter essere usata per qualcos'altro: Emma ed Harry vi si erano sdraiati sopra, prima per possedersi come avevano fatto per la prima volta un mese e mezzo prima - bisognosi di riaffermarsi l'uno sull'altra senza fermarsi -, poi semplicemente per essere lì, per esserci insieme. Lei, con gli occhiali da sole a trattenerle i capelli sul capo, stava ripassando la lezione di biologia sulla quale il giorno dopo sarebbe stata interrogata: indossava una t-shirt bianca che non le arrivava a nascondere l'ombelico, dove incontrava l'orlo della gonna di un rosa pallido che la copriva fino a metà coscia. Ogni tanto mormorava qualche nozione scientifica, chiudendo gli occhi per memorizzarla meglio o mordendosi le labbra con un sospiro, nel caso di un errore: le lentiggini che le macchiavano timidamente il viso erano evidenziate dal sole.
Harry, alla sua destra, mostrava coraggio nel restare a petto nudo, nonostante il sole non fosse così caldo, né l'aria così piacevole: con le braccia incrociate dietro il capo, si rilassava canticchiando distrattamente le canzoni che si susseguivano alla radio, piano per non disturbare troppo. Ormai, dopo tutto il tempo trascorso, non c'era più bisogno di riempire i silenzi con parole e discorsi: ormai bastava condividere lo stesso spazio, sentirsi vicini.
Emma la percepiva eccome, la vicinanza di Harry: anche immersa nello studio, non riusciva ad ignorare nemmeno il più piccolo spostamento al suo fianco, che la obbligava tacitamente a comportarsi di conseguenza. Talvolta si straniva nel constatare come le venisse naturale muoversi impercettibilmente in accordo alle azioni di qualcun altro, quasi potessero guidarla. Così, in quel momento, notò anche il viso di Harry che si voltava nella sua direzione, il suo sguardo puntato su di sé: lei si schiarì la voce e riprese a ripassare nella propria mente, abituata ad essere studiata silenziosamente, nonostante non restasse più niente da scoprire o da indagare. E si accorse della sua mano, che scivolò lentamente sulla propria coscia, accarezzandola con i polpastrelli leggeri prima in una direzione, poi nell'altra: quel contatto la fece rabbrividire.
«Ragazzina» sussurrò lui, a bassa voce ma senza esitazione.
«Hm?» Rispose Emma, senza distogliere lo sguardo dalle pagine del libro.
Dopo qualche secondo di silenzio, provò a capire perché Harry non avesse continuato: girò il viso verso di lui, con la lana della coperta che le solleticava la guancia destra, e si specchiò negli occhi che si trovò di fronte. Erano seri, assorti: poteva vantarsi di aver raggiunto un certo grado di abilità nell'arte di decifrarli, ma non era ancora un'esperta indiscussa, perché per quanto ci provasse, si scontrava sempre con piccole sfumature ingannevoli o dettagli sfuggenti.
Harry aspettò ancora qualche istante, prima di schiudere le labbra rosee e parlare. «Tu mi ami».
Nessuna domanda, nessun dubbio: solo una certezza, intrisa di convinzione e priva di esitazioni. Per Emma fu come se le avesse strappato la verità dall'angolo più remoto della propria sensibilità, come se non avesse nemmeno chiesto il permesso per farlo: non aveva mai verbalizzato i propri sentimenti, non aveva mai espresso a parole ciò che provava ogni volta che le dita di Harry definivano il suo corpo o quando non potevano farlo, perché non ne aveva sentito il bisogno. Sapeva perfettamente di cosa si trattasse e le bastava sentirlo fino a farsi male, le bastava esserne succube senza una via di uscita.
Qualcuno avrebbe potuto dire che l'amore, quello vero, non era possibile a soli quindici anni: persino lei ne era stata convinta fino a poco tempo prima, eppure non riusciva ad immaginare qualcosa di più forte e totalizzante di ciò che le faceva da guida e vincolo. Non poteva ammettere l'esistenza di un sentimento ancora più profondo, perché era convinta che nessuno sarebbe riuscito a sopportarlo: per questo, alla fine, aveva dovuto accogliere l'idea di amare Harry con tutta se stessa e con molto di più.
E lui lo sapeva.
Emma sostenne il suo sguardo per una paio di secondi, paralizzata dalla consapevolezza con la quale si era appena dovuta confrontare e che le era stata imposta con una innocente prepotenza: il cuore le batteva talmente forte da costringerla a posare il libro sul proprio petto, come a volerne attutire il rumore ritmico e per lei assordante. Distolse gli occhi da quelli di Harry, improvvisamente incapace di affrontarli ancora e forse spaventata all'idea di mostrarsi vulnerabile, e spostò la mano destra fino a raggiungere la sua, che si trovava ancora sulla sua coscia, delicata ed indiscreta. La sfiorò con i polpastrelli, in una risposta silenziosa ed inequivocabile, poi fece intrecciare le proprie dita alle sue.
Le sue labbra, svincolate dalla ragione o da qualsiasi forma di volontà, si incurvarono arbitrariamente in un sorriso spontaneo: Emma voleva rischiare, mettere alla prova ciò che fino ad allora aveva sospettato, ma che era sempre rimasto sottinteso. Improvvisamente necessitava di una certezza fatta di parole sincere e non solo di supposizioni, perché era convinta che ne sarebbe valsa la pena. Continuando a sorridere, quindi, si voltò verso di lui.
«E tu-»
Ami me, avrebbe voluto dire, ma le sillabe le morirono in gola, assieme ai loro significati. Era stato un semplice attimo, un fugace e rivelatore secondo: la mano di Harry si era rilassata impercettibilmente, come se avesse cercato di ritrarsi da una verità o da un'aspettativa, pur non volendo rendere quella sua reazione palese o persino vergognandosene. Ed i suoi occhi, quelli che non l'avevano abbandonata sin da quando si erano posati su di lei, avevano mostrato un apparentemente trascurabile guizzo, che però si era tradito e l'aveva spezzata.
Emma tornò a respirare solo dopo pochi istanti e lasciando che ogni pezzo a renderla intera si sgretolasse e la privasse di qualsiasi confine. «Tu no» riprese in un sussurro tremante.
Dimmi che sto sbagliando.
Harry si limitava a guardarla come se lei non avesse ancora parlato, come se non avesse ancora capito, ed Emma avrebbe voluto afferrarlo dalle spalle e scuoterlo fino a fargli vomitare anche solo una parola: non riusciva a pensare lucidamente, a confrontarsi con una nuova eventualità totalmente destabilizzante e assurda. Era sempre stata convinta che anche lui provasse lo stesso: in qualche modo gliel'aveva dimostrato ad ogni sussurro, ad ogni carezza più esigente o silenziosa.
Per favore, dillo.
I secondi passavano e lei era lasciata sola ad affrontare il tumulto di pensieri che in un attimo le aveva affollato la mente: cercava di essere obiettiva, di ripercorrere velocemente ogni momento trascorso insieme, per scovare piccoli dettagli che avrebbero potuto farla ricredere riguardo le sue convinzioni. Ma era doloroso e terribilmente sbagliato, perché Harry... Lui...
Ti prego.
Non poteva essere stata così stupida e cieca: si ribellava a quell'ipotesi, perché Emma aveva sentito tutto ciò che avevano condiviso e non poteva averlo semplicemente immaginato. O forse sì? Forse aveva vissuto filtrando ogni esperienza con i propri sentimenti, giovani ed irrequieti, irresponsabili. Forse, per la prima volta, era stata lei a dare qualcosa per scontato. Forse aveva riempito e ricucito qualsiasi piccolo sospetto, ai suoi occhi invisibile, con quel troppo che provava e che condizionava tutto ciò che le stava intorno, fungendo da discreto compenso.
Eppure le era bastato così poco, in quel momento, per carpire la verità: un semplice sguardo ed un fugace movimento subentrati nell'attimo giusto - o sbagliato. Era bastato così poco per distruggere così tanto.
Incapace di respirare a dovere, si alzò in piedi frettolosamente, chiudendo gli occhi ed allontanandosi di qualche passo: gli dava le spalle, tentando di proteggersi dalle iridi che le erano ancora addosso e che non capiva più cosa volessero. Improvvisamente erano diventate estranee ingannevoli: tutto ciò che pensava di aver capito di loro sembrava una menzogna.
«Non ancora» esclamò finalmente Harry, mettendosi a sedere. La sua voce conservava la sua compostezza.
Emma serrò la mascella. «Cosa?» Chiese flebilmente, pentendosi subito dopo di quella fragilità e senza voltarsi a guardarlo.
Udì qualche rumore, ma non si domandò cosa lui stesse facendo, se si stesse avvicinando. «Non ti amo ancora» precisò Harry, come se con quella correzione avesse potuto migliorare le cose, rassicurarla. Lei percepì la nota di tenerezza che aveva caratterizzato quella frase, ma non l'accolse a dovere.
Spalancò gli occhi e batté più volte le palpebre, allibita: subito dopo si voltò nella sua direzione e sobbalzò lievemente nel trovarselo a nemmeno un paio di passi di distanza. «E questo cosa dovrebbe significare?» Domandò stridula, non in grado di realizzare a fondo ciò che stava accadendo.
«Non farlo» rispose Harry in un mite sospiro, passandosi una mano tra i capelli e sottintendendo la profonda conoscenza che aveva del suo carattere e dei suoi pensieri, per quanto irruenti. Emma serrò le labbra in una linea dura, quasi potessero rappresentare una ben più efficace barriera, e non parlò oltre, sicura che il suo silenzio sarebbe stato compensato da parole non proprie.
«Non fermarti di nuovo al tutto o al niente. Non escludere quello che sta nel mezzo. Non escludere me» continuò lui, come a voler sottolineare le previsioni che la riguardavano e che sapeva essere fondate.
Lei sostenne il suo sguardo per provare a smentire le sue supposizioni, per mascherarsi d'orgoglio in modo da non dargli la soddisfazione della ragione, ma era troppo debole per fare del suo meglio, per combattere energicamente gli istinti che la stavano dilaniando. I propri occhi erano una fonte di informazioni priva di qualsiasi filtro, in quel momento, e potevano essere decifrati senza alcuno sforzo: era vero, il fatto che Harry non l'amasse era in grado di azzerare e sminuire tutto il resto, quasi avesse perso di ogni minimo significato. La sua mente ed il suo cuore erano succubi di quella verità, che non lasciava spazio a null'altro.
«Tu non mi ami» si limitò a ripetere Emma, meccanicamente: sentiva il bisogno di pronunciare ancora quelle poche sillabe, ricche di così tante conseguenze e ferite, per potersene convincere. Le stava usando come aiuto per raggiungere un certo grado di obiettività, sperando che Harry potesse comprendere il suo stato d'animo anche senza ulteriori spiegazioni, che lei non sarebbe stata capace di fornire. Avrebbe voluto formulare una frase che andasse oltre le poche parole, avrebbe voluto spiegare ciò che stava affrontando dentro di sé, ma non ci riusciva.
«Questo non vuol dire che non lo farò mai» tentò lui, avvicinandosi di un passo con cautela: era evidente come stesse cercando di contenere e prevenire una discussione più accesa, era evidente come stesse cercando di farla ragionare per evitarle del dolore.
Emma reagì abbassando per un attimo le palpebre, scottata dai significati che doveva affrontare. «Invece è proprio così» mormorò tornando a guardarlo, mentre sentiva le gambe tremarle appena, incapaci di sopportare il peso di quella consapevolezza.
Harry corrugò la fronte ed attese qualcosa che lo aiutasse a capire meglio.
«Ti ho già dato tutto, fino a non lasciare più niente per me» riprese lei, con la voce ferma ma flebile, sulla soglia di un controllo che stava per cedere. «Ti ho mostrato quello che sono, ti ho fatto conoscere lati di me che non mi erano nemmeno chiari. Se fino ad ora tutto questo non è bastato, di cos'altro potresti innamorarti?» Trattenne inconsapevolmente il fiato, mentre cercava di digerire quelle parole, pronunciate prima ancora che la sua testa potesse formularle in un pensiero chiaro ed insistente. Le facevano così male da essere insopportabili.
Harry reagì con un altro passo in avanti, veloce e quasi preoccupato, come se fosse appena stato minacciato, come se avesse voluto trattenere una possibilità o una convinzione. Fece per allungare una mano verso il braccio destro di Emma, ma rinunciò quando la vide irrigidirsi. «Che stai dicendo?» Chiese piano. Sembrava sconvolto. «È proprio tutto quello che mi hai dato che mi farà innamorare di te: ho solo bisogno di più tempo. Sai che ne ho sempre avuto bisogno».
Sì, lo sapeva. A differenza di Emma, che si era sempre spinta oltre ogni limite sin da subito e senza alcun ripensamento, lui si era cucito addosso il ruolo di chi preferisce non buttarsi a capofitto nelle cose, di chi preferisce procedere lentamente e con più ragione, che istinto, appellandosi ad una maturità che forse fungeva da protezione. Ma questa sua caratteristica non poteva riguardare qualsiasi aspetto della sua vita, non qualcosa di così intenso come i sentimenti.
«Tempo?» Gli fece eco, con il bisogno di allontanarsi dal suo corpo. «A cosa ti servirebbe? Forse ti aiuterebbe a farmi diventare un'abitudine, ma di certo non ti insegnerebbe ad amarmi per quella che già sono e che dovresti già amare».
«Credi davvero che potresti diventare un'abitudine?» Chiese Harry, inarcando le sopracciglia per manifestare l'offesa ricavata da quell'insinuazione. «Non ti lascio sminuire quello che provo, quello che sei per me, solo perché non è quello che vorresti» la ammonì, indurendo il tono di voce. Il nervosismo si stava facendo largo in entrambi, assumendo sfumature differenti che si scontravano ad ogni vibrazione causata dalle loro parole o dai loro piccoli movimenti.
«Ma non è questo il punto, non capisci?» Esclamò Emma, vittima dell'esasperazione. «Io non metto in dubbio quello che senti: come potrei farlo, se fino a pochi minuti fa credevo fosse amore? Sto parlando di quello ci aspetta! Io...» Come raramente succedeva, non trovava i pensieri giusti da pronunciare, non riusciva a formulare una frase che potesse spiegare al meglio ciò che intendeva dire: ogni volta che ci provava, le sue emozioni la disturbavano e la privavano della concentrazione, condizionando anche tutto il resto.
Harry le si avvicinò velocemente, afferrandola per le braccia ed accarezzandole la pelle fino a posare le mani sulle sue guance, ignorando il suo estraneo disagio: le sollevò il viso per poter ottenere i suoi occhi e si inumidì le labbra, parlando prima con le iridi che con la bocca. «Ricordi quando ci siamo conosciuti? Quando dicevo di non volere qualcuno come te?» Le chiese, servendole quei ricordi senza alcun imbarazzo. «Mi sbagliavo: tu sei quello che voglio».
Emma non poteva dubitarne, sarebbe stato assurdo e terribilmente ingiusto. Anche in quel momento non le era dato di rinnegare tutto ciò che avevano condiviso: respirò a stento e fece un passo indietro, svincolandosi senza fretta dalla sua presa. «Lo so» mormorò stringendo i pugni. «Ma non nel modo in cui dovrebbe essere».
Lo vide irrigidirsi, in una reazione che voleva testimoniare la tensione sempre più evidente ed indiscreta. «Nel modo in cui dovrebbe essere? Non c'è un copione da seguire, una scaletta da rispettare!» Sbottò infatti.
Rimasero entrambi inerti, immobili a poca distanza l'uno dall'altra, una distanza che forse non era mai stata così salutare. Emma, dopo qualche istante, cedette al dolore che provava: abbassò lo sguardo e chiuse per un attimo gli occhi, perché le era insopportabile il pensiero che le iridi di Harry non la vedessero come lei avrebbe voluto. Cosa provavano nel posarsi su di lei? Cosa non era stato abbastanza, per loro?
«Guardami» le ordinò lui, smorzando il tono in qualcosa di simile ad una preghiera.
Non voleva farlo, perché non voleva sentirsi incapace di affrontare i suoi occhi e perché aveva bisogno di proteggersi. Non lo ascoltò, limitandosi a stringere i pugni per sentire le unghie contro i propri palmi e potersi concentrare su un altro tipo di dolore.
«Guardami» ripeté Harry, con più decisione.
Non si riconosceva nella ragazza che gli stava di fronte, senza energie per compiere una semplice azione. Nel respiro corto ed irrequieto. Nel silenzio che l'aveva avvolta inesorabilmente. Nella debolezza che aveva sempre disprezzato. Non le piaceva quel suo lato indolente: avrebbe voluto protestare contro se stessa e rimproverarsi, spronando la sua solita caparbietà a farle da scudo e a darle coraggio.
Harry non insistette oltre e si allontanò a passi nervosi, senza che lei lo seguisse fisicamente né con lo sguardo: Emma sapeva che sarebbe andato a prendere le sigarette nell'auto, quindi non si stupì nell'udire tutti quei piccoli rumori che ormai conosceva a memoria e che le permettevano di dipingere nella propria mente una scena che si rifiutava di osservare direttamente. Si strinse nelle braccia e si concentrò sul proprio respiro, tentando di regolarizzarlo per poterne ricavare un certo conforto.
Aspettò che la sigaretta di Harry si consumasse tra le sue labbra increspate, senza sentire il peso dei secondi che passavano, cullati in modo irreale dalla radio ancora accesa, perché doveva affrontarne uno ben peggiore.
 
Qualche minuto dopo Emma era ancora nella stessa posizione, anche se le sue mani avevano iniziato a tremare lievemente: non riusciva a smettere di pensare e non sapeva a quale emozione dare la priorità, su quale concentrarsi per prima in modo da processarla e metabolizzarla. Nella confusione dei suoi sentimenti, c'era qualcosa, però, che purtroppo non poteva mettere in dubbio: era convinta che Harry non sarebbe mai arrivato ad amarla.
«Perché non parli?» Le domandò lui, all'improvviso e senza muoversi nella sua direzione: si era seduto sul cofano dell'auto con le braccia incrociate al petto ed i capelli in disordine, ancora a petto nudo.
Emma alzò lo sguardo solo in quel momento, sforzandosi di non abbassarlo più. «Cosa vuoi sentirti dire?» Ribatté: forse era meglio così, forse era meglio farsi guidare nel discorso, anziché fallire in ogni tentativo di iniziarne uno.
«Voglio che tu mi smentisca» rispose Harry, mentre lei non si lasciava sfuggire l'imperativo utilizzato, seppur smorzato da un tono accomodante. «Voglio che mi dica a cosa stai pensando e voglio che sia sbagliato rispetto a quello che credo».
Sapeva perfettamente a cosa si riferisse, non poteva fingere il contrario, eppure non ebbe l'occasione di accontentarlo, nonostante stesse già raccogliendo le forze ed il coraggio per riuscirci. Harry, infatti, si allontanò dall'auto e fece qualche passo verso di lei, così lentamente da risultare snervante. «Dimmi che non è vero, che credi ci sia una possibilità» esclamò.
Si fece più vicino.
Emma indietreggiò impercettibilmente.
«Dimmi che per una volta puoi accontentarti anche tu» continuò, obbligandola con un solo e prolungato sguardo a non distogliere il proprio. «Che puoi aspettarmi».
Ancora più vicino.
Emma trattenne il fiato.
«E dimmi che mi ami abbastanza da volerlo fare».
Quello fu un colpo basso. Harry si era appellato ai suoi sentimenti per far leva sulla sua determinazione, sulla caparbietà che lei aveva sempre dimostrato nel volerli vivere fino in fondo: stava cercando di incastrarla nei suoi stessi vincoli. Ma non avrebbe funzionato.
«Non posso dirtelo» sussurrò lei, con la voce che le veniva meno. Osservò i lineamenti di Harry plasmarsi istantaneamente per manifestare la ferita che gli era appena stata inflitta e che derivava da un'altra.
«Cazzate» rispose lui, indurendo lo sguardo ed irrigidendosi nella sua tensione. «Le tue sono solo cazzate!» Ripeté, quasi urlando e voltandole le spalle, mentre si passava una mano tra i capelli in un gesto di puro nervosismo. Emma ne approfittò per respirare a pieni polmoni, sfruttando la sua momentanea lontananza, ma non ribatté, perché lo conosceva e sapeva che aveva appena iniziato.
«Ti sei sempre vantata di saper lottare per ciò che vuoi» riprese infatti Harry, tornando a guardarla ed abbassando la voce. «Allora perché non sei più disposta a farlo, ora che ce ne sarebbe bisogno?»
«Perché è difficile» fu la risposta appena mormorata. Emma non sapeva più come ripristinare la sua originale forza, non sapeva più come ergersi contro le accuse e come impostare una motivazione a sostegno delle proprie convinzioni. Semplicemente, era sull'orlo di un baratro: in equilibrio precario, si sentiva in procinto di esplodere, quasi come se il suo organismo stesse risparmiando tutte le energie solo per proteggersi e prepararsi.
«Difficile? E secondo te per me non lo è?» Ribatté Harry, gesticolando. «Te ne stai qui, pensando di poter decidere dei miei sentimenti, quando solo io posso farlo, e non parli, Cristo! Non parli e sto cercando di capire che cazzo vuoi fare!»
«Non lo so!» Ammise lei, alzando la voce per la prima volta. «E sai quanto mi piacerebbe poter effettivamente decidere dei tuoi sentimenti, invece di sapere di non poter far nulla per cambiarli?» Liberare quelle parole, dando piena aria ai polmoni, le procurava un certo sollievo, che però veniva inevitabilmente sostituito da una fitta insopportabile di dolorosa consapevolezza.
«Perché?! Perché credi di non poter fare niente, quando hai già fatto così tanto?!» La corresse lui, sempre più alterato.
«Perché fa male!» Sbottò Emma, sentendo cedere i freni nei quali si era ritrovata costretta ed intrappolata. «Fa male non essere stata abbastanza!» Aggiunse, inspirando a fondo mentre cercava di decifrare l'espressione di Harry, che probabilmente non si aspettava una reazione così improvvisa, nonostante la stesse cercando. Dopo qualche istante tentò di riprendere. «Secondo te dovrei accontentarmi e aspettarti, visto che ti amo, ma è proprio per questo che non posso farlo: io non respiro, quando sono con te, non capisci? Non respiro, mentre tu... Per te non è lo stesso e questa cosa non riesco... Non posso neanche guardarti senza chiedermi perché tu non provi lo stesso, senza sentirmi esausta: non ho più nulla da darti. Tu mi hai finita, Harry. Non mi hai lasciato niente ed io non so più come andare avanti».
Quando anche l'ultima lettera ebbe lasciato le sue labbra, Emma si sentì completamente vuota: Harry si era già preso tutto, ma ormai anche i pensieri più profondi ed irruenti l'avevano abbandonata, privandola di qualsiasi contenuto e aprendo una profonda voragine di nulla. Restò immobile nella sua sensazione di sottile annientamento e sopportò gli occhi di Harry, accesi da un'emozione particolare e nuova: apparivano incapaci di relazionarsi con la verità con la quale si erano appena scontrati, di ribattere e resistere.
Emma sentiva le lacrime affiorare, ma non voleva cedere: si stava trattenendo con tutte le proprie forze, perché voleva aggrapparsi all'unica sensazione che riusciva a provare, pur di non precipitare nel suo baratro personale. Preferiva soffrire, che abbandonarsi.
Abbassò le palpebre per un istante e chinò il capo come se non potesse più lottare contro l'improvvisa stanchezza: aveva bisogno di fuggire e pensare fino a non esserne più capace, ma non avrebbe potuto farlo davanti ad Harry. «Puoi portarmi a casa?» Domandò a bassa voce, tornando a guardarlo solo per carpire il suo stato d'animo: non riusciva a decifrarlo.
Lui fece un passo indietro, come se si fosse appena riscosso, e aspettò qualche secondo prima di annuire lentamente: non era convinto, glielo si leggeva in ogni curva del suo viso teso, e di certo non era tranquillo, perché i suoi movimenti risultarono rigidi e nervosi quando si diresse in silenzio verso l'auto. Emma lo seguì con i piedi pesanti di chi è costretto a spostarsi pur non avendone le forze: si ricordò della coperta ancora stesa sul prato e del suo libro abbandonato su di essa e ne approfittò per rimandare il momento in cui avrebbe dovuto condividere pochi metri quadri di incredibile tensione con Harry.
Si piegò sulle ginocchia per raccogliere i due oggetti lentamente, limitandosi ai contatti prettamente necessari: la lana sulla quale solo poco prima avevano vissuto l'ennesima intimità ormai consolidata le bruciava le pelle e gli occhi, il cuore. Una volta piegata a dovere, si rialzò tenendola tra le mani insieme al libro e si voltò: Harry era già seduto in macchina e aveva spento la radio, condannando entrambi ad un silenzio che avrebbe rappresentato una battaglia. Non sapeva perché avesse reagito in quel modo alle sue parole, senza pronunciarsi e senza manifestare i propri sentimenti: si sarebbe aspettata uno sfogo rabbioso, una protesta o anche un velato insulto impulsivo, invece doveva confrontarsi con uno sguardo spento e con le sue labbra serrate.
Persino il suo modo di guidare sembrava essersi trasformato, almeno momentaneamente: mentre lei cercava di appiattirsi contro il sedile solo per avere un sostegno che le impedisse di cedere - con il motore dell'auto che non era mai stato così spaventoso - Harry non accelerava più del dovuto, né si esibiva nelle sue solite frenate all'ultimo momento, che provocavano quasi sempre reazioni scortesi da parte degli altri automobilisti. Manteneva una velocità che rimaneva ben al di sotto dei limiti previsti, non inveiva contro alcuna manovra errata o azzardata di qualcun altro, rispettava abbondantemente le distanze di sicurezza: in qualche modo sembrava voler preservare una distanza da qualsiasi aspetto della realtà, quasi non potesse sopportarlo, quasi necessitasse della solitudine che in quell'istante non gli era concessa. L'unico segno di nervosismo che Emma aveva potuto notare era l'energia con la quale le sue mani stringevano il volante: salde su di esso, si occupavano di scaricare tutto ciò che il loro proprietario sembrava non provare.
Forse le parole di Emma l'avevano colpito più di quanto avessero sconvolto lei.
I minuti che la accompagnarono a casa trascorsero così lentamente da farle chiedere se il tempo si fosse davvero fermato o se, semplicemente, fosse solo la propria percezione ad essere stata contaminata dal turbamento che la stava agitando: Harry frenò piano, proprio davanti al cancello di casa Clarke, e restò con le mani sul volante e lo sguardo su di esse. L'auto era ancora in moto.
Emma teneva la borsa in stoffa morbida sulle gambe, fissandola assente. Schiuse le labbra per lasciar uscire un respiro un po' più profondo e forse anche per dire qualcosa, ma le serrò subito dopo, con l'intenzione opposta. Doveva scappare da lì.
Aprì lo sportello velocemente, cercando disperatamente dell'aria che fosse priva delle tracce del profumo di Harry, e si preparò a scendere dall'auto. Appena ebbe appoggiato un piede sull'asfalto, però, lui le afferrò un polso energicamente, strattonandola in modo da impedirle di allontanarsi e da spingerla contro di sé. L'attimo dopo aveva la bocca aperta contro la sua, mentre un gemito le scappava inavvertitamente, per la sorpresa e per il dolore che quel contatto riusciva a provocarle, nonostante fosse anche ciò di cui più aveva bisogno.
Harry le si premeva contro, percorrendo il suo corpo con le mani e soffermandosi sul suo collo nudo, ancora macchiato da baci e morsi passati: nonostante Emma avesse opposto una mite resistenza, priva di convinzione perché non alimentata dalla sua solita forza, lui non le aveva concesso tregua. Respirando a fatica sulle sue labbra, non le lasciava alcuna libertà: era il suo orgoglio a parlare senza sillabe pronunciate, a pregarla nell'unico modo che non prevedeva una richiesta, ma che implicava una ferrea pretesa. Tenendola così stretta, voleva obbligarla ad ascoltare ciò che non riusciva a dire.
Emma, però, non si sentiva in grado di sopportare oltre l'amore che pulsava dentro di lei e che non era ricambiato. Ne era consumata.
«Harry…» sussurrò soltanto, spostando una mano sul suo petto per poterlo allontanare debolmente.
Lui appoggiò la fronte alla sua e restò con gli occhi chiusi, il respiro pesante. «Non...» esclamò piano, senza continuare e scuotendo lievemente il capo. Subito dopo abbandonò le sue intenzioni ed anche il corpo che stava trattenendo con sé, sistemandosi meglio sul sedile ed evitando di guardarla.
Emma lo osservò solo per un paio di secondi, tempo necessario a farle memorizzare il taglio degli occhi ed ogni più piccolo dettaglio che stava a manifestare il suo insito turbamento, poi si voltò e scese in fretta dall'auto.
Non...?
 
Un nuovo messaggio: ore 20.12
Da: Tianna
"Ti ho chiamata tipo 47 volte: dove sei finita? Devo chiederti una cosa di chimica!"
 
Un nuovo messaggio: ore 20.43
Da: Tianna
"Emmmmmmmmmmmmmmma? Devo darti per dispersa?"
 
Un nuovo messaggio: ore 21.15
Da: Dalla$
"Puoi per favore rispondere a quella esaurita della tua amica? Mi sta facendo impazzire. E poi crede davvero che io possa aiutarla in chimica? hahahah"
 
Un nuovo messaggio: ore 22.32
Da: Tianna
"Sto seriamente iniziando a preoccuparmi: dove sei?"
 
Un nuovo messaggio: ore 22.54
Da: Pete
"Kent, rispondi"
 
Un nuovo messaggio: ore 23.11
Da: Dalla$
"Hai spento il telefono, quindi i casi sono due: o non vuoi parlare, visto che ignori tutte le nostre chiamate e i messaggi, oppure sei solo stronza. Ma mi convince più la prima possibilità: cosa succede? Chiamami appena puoi!"
 
Un nuovo messaggio: ore 23.27
Da: Tianna
"Non volevo parlare con la tua segreteria, ma immagino che dovrò accontentarmi! Spero non sia successo niente (sappi che ti ucciderò, se non mi darai una buona scusa per avermi fatto preoccupare per tutto questo tempo)"
 
Un nuovo messaggio: ore 01.46
Da: Harry
"Resta"





 


EHM, CIAO!
Non so cosa scrivere perché credo che in questo momento mi odiate ahahhahaha Sono certa che non ve l'aspettavate e giuro di essermi sentita sempre un po' in colpa quando si parlava dei loro sentimenti ed io non potevo anticipare niente! In ogni caso, visto che sono di fretta (risponderò alle recensioni stasera, se riesco!), dovrò essere quanto più sintetica possibile!
Spero davvero che le dinamiche siano chiare: questo capitolo è stato molto difficile da scrivere, anche ora non mi convince, ma credo sia dovuto al fatto che ho dovuto spezzare i cuoricini dei miei personaggi e, forse, anche dei miei lettori! È passato un mese e mezzo dall'ultimo capitolo (quindi, in totale, siamo a quota cinque mesi), Harry ammette di non amare Emma e lei crolla: non so se sono riuscita a rappresentarla al meglio. L'idea era proprio quella di farle perdere qualsiasi tenacia, proprio a causa della sua consapevolezza. Se ho ciccato alla grande, fatemelo sapere ahahha Spero sia chiaro il perché lei sia convinta che Harry non possa amarla: il fatto che gli abbia donato tutto di sé, la porta a sentirsi sfinita, soprattutto perché non ha più nulla da dedicargli e che possa farlo innamorare.
La maggior parte di voi era convinta che Harry provasse amore nei suoi confronti: su questo ci sarebbe un enorme discorso da aprire ahahha In realtà, credo di non avervi mai dato alcuna prova su questa teoria: vi siete immedesimate così tanto in Emma, vivendo tutto esattamente come lei, da non accorgervi che in realtà, almeno da parte di Harry, potesse non trattarsi di un sentimento così forte. Con questo non voglio dire che lui non tenga a lei, per carità!!
Comunque non posso dire nient'altro, perché ci saranno altri confronti tra di loro, quindi voglio aspettare che siano loro stessi a tirar fuori altri particolari e altre tematiche: per ora, vorrei che foste voi ad interpretare il tutto :)

Non me ne vogliate male, per questo capitolo! Spero che, nonostante il contenuto, vi sia piaciuto e che io sia riuscita a trasmettervi ciò che volevo! Aspetto i vostri pareri, che soprattutto a questo punto sono fondamentali! Quali sono state le vostre impressioni? Cosa vi aspettate? Credete ci sia una speranza per la loro storia? Io non voglio condizionarvi, quindi non vi dirò se la storia avrà un lieto fine oppure no! (non provate nemmeno a chiedermelo, perché non otterrete informazioni ahahah)

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Un bacione,
Vero.
  
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