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Autore: Roy4ever    30/08/2008    1 recensioni
“Una figura alta ma con contorni confusi entrò in rotta di collisione con il suo corpo e lei rovinosamente cadde a terra, quasi al centro della pozzanghera appena superata, mentre l’altra figura si era sbilanciata un po’, ma era rimasta in piedi. L’uomo, da quanto poteva constatare, si inginocchiò subito e con una voce leggermente affannata e penetrante parlò. - Scusa, colpa della nebbia; come va? – disse facendo la domanda con tono incerto. - Bene, bene… - disse solamente e tentò di rialzarsi, ma constatando di essere completamente bagnata, ancora di più di quanto non lo fosse prima a contatto con la nebbia, rimase a suo agio nell’acqua.”
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cloud Strife, Tifa Lockheart, Un po' tutti, Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Bonjour!!!! Eccomi qui con una fan fic AU sulla mia coppia preferita: CloudXTifa!!!!!

Pubblico Immaginario: Clap clap clap[applaudisce] Siiiii!!

Grazie, grazie. Cmq passando a cose normali..

P I: Fiu, finalmente... -o-‘'

... perché, non vi è piaciuto il mio inizio?? è_é

P I: ‘nsomma..

"E il pubblico immaginario sparì: puff!"

Non badate ai miei scleramenti dovuti al caldo e allo stress, stavo dicendo che questa è un'AU, ambientata tipo ai giorni nostri (non ci ho pensato molto quando la scrivevo...) e con tutti i personaggi che conosciamo bene. I personaggi, solo alcuni credo, sono OOC - tipo Tifa - perché lo richiede il copione...

Tornando alla storia, i capitoli saranno su personaggi diversi, finché il procedere della storia non li farà incontrare e... Buona lettura!!!

Unico obbligo: lasciare un commento-anche piccolissimo!

 

 

 

Cap. 1 Potrà mai cambiare qualcosa nella mia vita?

 

Le vie della città, nell'oscurità della notte, erano sempre state tetre e avvolgenti, come se da un momento all'altro ti potessero inglobare all'interno dei loro muri neri.

La notte era sempre stata misteriosa e fantastica nei suoi sogni da bambina, dove i lupi si muovevano furtivi per cogliere di sorpresa le loro prede, i gufi volavano da un ramo all'altro, e le fragili principesse venivano sempre soccorse dai loro principi; ma la realtà è sempre diversa dalle stupide storielle che si raccontano ai bambini, la sera prima di andare a letto.

La notte adesso era solo un periodo di tempo oscurato dalla luce del sole, che ogni giorno cercava di dimenticare, di dimenticare il suo "lavoro".

 

Si alzò dal letto senza tanti complimenti e si rivestì velocemente, senza badare alle spalline messe male del reggiseno e prese i soldi appoggiati sbadatamente al comodino.

Lanciò un'ultima occhiata al corpo riverso sul letto che russava animatamente, e aprì la porta, andandosene per le terza volta in quella settimana dallo stesso motel di periferia.

Ormai erano già le sei di mattina, e l'alba affiorava dai tetti delle case, che via via si alzavano fino a formare un enorme unico tetto di grattacieli; avrebbe fatto la strada fino a casa a piedi, nonostante abitasse quasi agli antipodi di dove era ora.

Si strinse nel giubbottino di pelle e sentì la nebbia infrangersi sulla pelle scoperta del suo viso, mentre camminava a testa bassa, guardando un po' le sue gambe e un po' il marciapiede.

Ogni tanto lanciava un'occhiata alle poche macchine che passavano ma poi ritornava a posare il suo triste sguardo sopra il marciapiede grigio e spoglio; si sentiva sempre più sporca, pian piano stava cadendo in un baratro senza via di uscita per una nuova vita, e non riusciva neanche a guardare in faccia le persone che a volte la additavano e altre volte commentavano il suo modo di vita mentre le passavano vicino.

Fortuna che di prima mattina di gente in giro praticamente non ce ne era, anche i pochi che praticavano jogging si erano probabilmente rintanati in casa per le strade bagnate dalla pioggia della sera prima e dalla presente nebbia.

Ogni tanto però scorgeva una figura solitaria dall'altra parte della strada, e allora guardava le pozzanghere che si divertivano a prendere le forme più svariate e le evitava lentamente, scostandosi di lato.

Ormai aveva superato la periferia e stava entrando nel cuore della città, dove le imponenti banche e gli alti edifici facevano intendere che Midgar fosse una città molto ricca, quando cominciò a sentire dei passi di corsa, che rompevano il silenzio mattutino, sull'acqua delle pozzanghere davanti a lei e pensò un attimo di scostarsi dal centro del marciapiedi. Ma un attimo fu troppo tempo.

Una figura alta ma con contorni confusi entrò in rotta di collisione con il suo corpo e lei rovinosamente cadde a terra, quasi al centro della pozzanghera appena superata, mentre l'altra figura si era sbilanciata un po', ma era rimasta in piedi.

L'uomo, da quanto poteva constatare, si inginocchiò subito e con una voce leggermente affannata e penetrante parlò.

- Scusa, colpa della nebbia; come va? - disse facendo la domanda con tono incerto.

- Bene, bene... - disse solamente e tentò di rialzarsi, ma constatando di essere completamente bagnata,  ancora di più di quanto non lo fosse prima, al contatto con la nebbia, rimase a suo agio nell'acqua.

- Ehi ma sei caduta nella pozzanghera! Se non ti cambi subito ti beccherai un malanno, e non un semplice raffreddore. - disse squadrandola un attimo - Dove abiti?

- Nella 5th Avenue, dall'altra parte della città. - rispose automaticamente.

- Fiuu, quando sarai lì potresti già essere morta. - la ragazza sorrise per la faccia buffa che aveva fatto il ragazzo - Se vuoi puoi venire ad asciugarti a casa mia, è solo a due isolati da qui; che ne dici?

La ragazza ci pensò su molto seriamente non sapendo se accettare la gentilezza e mandare in imbarazzo il ragazzo, oppure non accettare e tornarsene morente a casa, ma salvandogli la faccia.

- Ehi hai battuto anche la testa, per caso?

- No, stavo solo pensando alla risposta alla domanda; non so proprio come rispondere..

Il ragazzo la guardò come se le avesse appena chiesto come si chiamasse e lei non sapesse rispondere, poi disse tranquillamente, scandendo le parole: - Dì di sì?

Lei piegò leggermente la testa di lato: - Hmm, ok vengo.

Probabilmente aveva dato di sé una prima impressione pessima, di una ragazza strana ed egocentrica, ma tanto se lui avesse saputo cosa faceva lei per mantenersi...

 

Anche quella stanza era buia, ma cercava di non farci caso.

Guardava i contorni dei mobili in stile antico, scuriti dal tempo, che si stagliavano intorno a lei, seduta su una poltrona che stonava un po' con il suo verde acceso e lo stile moderno.

Il ragazzo le aveva dato un asciugamano provvisorio per permetterle di sedersi, mentre ne cercava uno pulito nella sua camera probabilmente.

Sentì un rumore come di qualcosa che cozza contro qualcos'altro e sentì la voce del ragazzo trattenere un grido:-Ahia, porco......

Stringendosi addosso l'asciugamano si diresse nella sala dove si trovava il ragazzo e constatò che aveva sbattuto contro l'anta dell'armadio aperta mentre si tirava su da terra.

Subito si chinò vicino a lui, che era ritornato a sedersi sul pavimento, e lo guardò interrogativamente.

- Tutto bene?

- Ahia.. non pensavo fosse così duro il legno... - disse sommessamente grattandosi la testa.

Lasciando l'asciugamano scivolare lungo le sue spalle, si sporse in avanti per vedere dove avesse sbattuto la testa, alzando la mano di lui per vedere se si era già formato un bernoccolo.

- È qui che ti fa male? - disse posando un dito su dove si vedeva un piccolo rialzamento.

L'urlo che seguì le affermò che la risposta era affermativa.

- Scusa! Non è che hai qualche crema per gli ematomi?

- Sì, dovrei averne in bagno... - tentò di alzarsi con ancora l'anta aperta sopra di sé e la ragazza lo trattenne prontamente, evitandogli un altro incontro poco piacevole con lo sportello.

- Sembri piuttosto sbadato... - commentò la ragazza osservandolo rialzarsi lentamente dal pavimento.

- È solo che non dormo da un po' di giorni... - sorrise forzatamente.

- E ti metti a correre presto la mattina, invece di dormire in un comodo letto?... - chiese poco convinta.

Lui la guardò tristemente: - Mia sorella ha...a lei.. a lei rimane poco tempo da vivere; non riesco ad addormentarmi sapendo questo. - annunciò con tono atono.

Lei si portò una mano alla bocca, dandosi della stupida mentalmente: - Scusa, scusa non volevo, scusami! - ripeté imbarazzata, abbassando lo sguardo.

- Non potevi saperlo... - sussurrò lui attraversando la porta aperta ed entrando in quella adiacente.

Lei rimase sul pavimento, pensando al dolore che comportava la perdita di una persona amata e si asciugò una lacrima solitaria con il dorso della mano, finché non si sentì posare un caldo panno sopra le spalle.

- Su non c'è bisogno che tu mi compianga. Sono cose che sfortunatamente succedono e... - ma si fermò, constatando che la giovane ragazza stava piangendo, cercando di soffocare il tremore.

- Ehi, che ti prende? Non è che... - cominciò ad immaginare la ragione del pianto; non poteva essere lui, ma che forse aveva perso qualcuno di importante recentemente?

Le si avvicinò per vedere il viso, mettendole un braccio intorno alle esili spalle, e vide le gote infiammate dalle calde gocce che ricadevano dalle ciglia nere, sbavando il leggero trucco che ricopriva gli occhi.

Si domandò quale fosse la reale causa delle sue lacrime e mosso da un'infinita tenerezza l'abbracciò, e le lunghe braccia affusolate della ragazza lo ricambiarono impacciatamente.

 

 

Quella poltrona però era proprio comoda.

Dopo la sua riprovevole sfogata con il ragazzo - non conosceva neanche il suo nome - lui le aveva gentilmente proposto di farsi una doccia, nel mentre che lui le asciugava i panni per permetterle di tornare a casa.

Stordita aveva accettato la proposta e si era crogiolata nella piccola doccia, e poi visto che lui non aveva ancora finito di asciugarle i vestiti, per cui lei gli aveva detto che aveva già procurato troppo disturbo e aveva provato a svignarsela prima, ed a convincerlo che lo avrebbe fatto lei poi, ma lui non aveva sentito scuse e aveva continuato imperterrito a stirarle la stretta maglietta che portava sotto il giubbino, che era ancora completamente fradicio.

Adesso era sulla sua poltrona, con il suo accappatoio verde indosso, che le faceva da larga tunica, che sorseggiava del the caldo nella sua tazza e che ascoltava la sua canzone preferita al suo stereo.

Anche se le aveva detto che era la sua canzone preferita, era molto malinconica e lenta; che fosse un tipo triste di natura? O era la sua preferita in quel periodo preciso?

Dal bordo della tazza lo vedeva lavorare attentamente, avendo cura anche dei particolari, e visto che non sapeva di cosa poter parlare, rimase in silenzio, osservandolo per la prima volta da quando si erano scontrati.

E constatò che era davvero un bel ragazzo.

Come i principi azzurri aveva lisci capelli biondi, un po' arruffati per il mancato sonno, ed azzurri occhi a mandorla, sottili come una lama tagliente e dai contorni ben definiti, e il viso pulito e candido, dai contorni ammorbiditi,  e rosee labbra piene. A pensarci bene sembrava quasi una figura androgina, troppo perfetto per essere né uomo né donna.

Ma soprattutto l'avevano colpita gli occhi, che, anche se erano notoriamente azzurri, avevano sfumature verdi, ed erano molto penetranti, come se guardandoli venissi congelata in quella posizione dal ghiaccio azzurro che ne scaturiva.

E lei si era proprio congelata al suo sguardo che la guardava sia incuriosito che seducente, con la bocca socchiusa e le palpebre leggermente abbassate.

- Ti sei incantata? - le chiese candido.

- Sì, cioè no... anch'io ho dormito poco stanotte. - si giustificò, soffiando poi sul the che si era dimenticata di bere.

Come se la sua frase fosse stata un ordine, il ragazzo sbadigliò, mostrando denti in forma smagliante, e tutte le sue corde vocali. Lei sorrise e finì l'ultimo sorso della bevanda e si sporse in avanti per appoggiarla al tavolino.

Tornata raggomitolata sul piccolo spazio, si strinse nell'accappatoio.

- Hai freddo? - le chiese guardandola di sottecchi.

- No, no, solo che questo accappatoio è così comodo che sembra una coperta. - disse arrossendo.

Sorrise e continuò con quei movimenti ripetitivi con il ferro da stiro: avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro...

 

Com'era caldo quel luogo. E morbido, dolce, bello.

Strinse con la mano il lembo della coperta che aveva sentito vicino a sé, e se lo portò vicino al petto, coprendosi completamente con la massa informe di tessuto, desiderando ancora più calore vicino a sé.

Ma quello di cui aveva davvero bisogno era calore umano, comprensione, dolcezza, una famiglia, e... magari amore...

Aprì lentamente gli occhi e cominciò a chiedersi perché si trovava in un letto: l'ultima cosa che si ricordava era acqua, molta acqua, in una pozzanghera. Ah, sì, il ragazzo! Era andata a casa del ragazzo biondo.

Si alzò lentamente a sedere e si guardò intorno, sì, era la stanza del ragazzo.

Adesso che ci guardava era abbastanza spoglia, tranne per qualche complemento d'arredo, quali il comodino e l'armadio, incolore e senza personalità. Chissà, forse aveva un lavoro che toglieva tutto il tempo per la sua vita, oppure era povero in canna.

Aguzzò le orecchie per sentire qualunque rumore provenisse dalla sala confinante e sentì gli sbuffi del ferro da stiro che ancora rimbombavano per tutta la casa.

Si rilassò e appoggiò le mani sul materasso, facendole sprofondare nelle lenzuola e chiudendo gli occhi  amaranto.

Questo finché non sentì una consistente palla di pelo sfiorarle la mano. Colta di sorpresa le scappò un acuto che scosse parecchio le orecchie del pover'uomo di là, che quasi si ustionò una mano riponendo il ferro nel suo apposito contenitore, per correre a vedere cos'era successo.

Ritrovò la ragazza che guardava meravigliata la sua "palla di pelo preferita", il suo gatto.

- Scusa, scusa. Va sempre a dormire sul letto questo gattaccio. - disse prendendo di peso il gatto e sollevandolo come un pupazzetto.

- No, no mi sono solamente sorpresa. - disse scuotendo le mani e acciuffando il gatto dalle sue mani - Io amo i gatti! - e gli sorrise di cuore.

Lui si sedette sul bordo del letto guardandola giocare col suo gatto, e divertirsi veramente.

I lunghi capelli marrone scuro, con sfumature rossicce, le ricadevano sul viso pallido, e nel mentre il micio cercava di acchiapparli con poco successo: lei lo spostava sempre quando era quasi al compimento della sua opera.

La bocca sottile era curvata in un dolce sorriso e anche gli occhi scarlatti erano ridenti, ma con un tono triste stampato costantemente.

- Come si chiama? - gli chiese distogliendolo dall'osservazione.

- Ah, che cosa difficile... è di mia sorella, quindi, beh dovrebbe essere... - si grattò la testa intento a ricordarsi quello strano nome.

- Ok, domanda troppo difficile. Cambiamo: come-ti-chiami-tu?- gli chiese sillabando la frase.

- Un aiutino?

- No, hai già usato l'ultimo, devi rispondere da solo. Forza, puoi farcela!

- Allora, comincia con la C, segue una L, O... - si fermò per aumentare la suspense.

- Clo? Clo-Clo?

- U..

- Clou?

- D.

- Cloud? È la tua risposta definitiva?

- Sì, e aggiungo, visto che sono esperto in materia, il nome completo di quest'illustre uomo è Cloud Strife.

- Lei è proprio un uomo colto! - la ragazza sorrise ancora, delicatamente.

- E posso sapere il suo incantevole nome? - chiese con modi ottocenteschi.

- Non è poi così incantevole. - disse distogliendo lo sguardo ma rimanendo serena - Tifa Lockhart. - e si rigirò guardandolo con i suoi giganteschi occhi rossi, più grandi di qualsiasi persona sulla terra.

- Non è vero è molto grazioso.

Tifa lo guardò fisso come avesse detto qualcosa di impossibile e si scostò una ciocca di capelli dietro la sua spalla... scoperta.

......

No, i suoi istinti maschili non potevano far capolino proprio in quel momento...  non se n'era accorto prima, ma la manica del suo massiccio accappatoio era scesa fino a scoprirle l'intera spalla, e si poteva intravedere la forma del seno diafano.

Lo squillo del telefono salvò la situazione, visto che anche lei si era accorta di avere qualcosa di strano, dal modo in cui lui la guardava.

Si precipitò a rispondere immaginando chi era, e quando sentì la voce delicata dall'altra parte della cornetta ne fu convinto.

- Clo vieni di qua??

- Cos'hai Aeris?

- Sto davvero tanto-tanto male! - fece con voce sofferente.

- Sei sicura? Non è come l'altra volta che mi hai fatto fare il giro di mezza città per dei farmaci Inesistenti, soltanto perché volevi stare un po' con me?

- ... No, sento di star veramente male, ho un capogiro, sto per cad... -  cadde la linea.

- Ae!? Uff, sempre così, e "visto che lei è degente, devo correre subito da lei". - sbuffò mentre tornava nella sua camera.

Prese per le mani Tifa : - Puoi venire con me, da mia sorella? - le fece con tono angelico, ma gli venne in mente un'idea che non lo era per niente: se Aeris avesse trovato una figura femminile con lui, lo avrebbe lasciato stare e avrebbe cominciato a tormentare la povera Tifa - disse mentalmente scusa alla ragazza - e mentre loro due erano impegnate a sparlare.. avrebbero potuto anche diventare amiche, e lui avrebbe anche potuto rivederla.. 

- Perché?

- Non ti posso lasciare qua tutta sola in casa mia! - continuò ad avere una faccia angelica.

- Hai ragione. - scese dal letto, rimanendo ferma nonostante lui le stesse tirando la mano.

- Ma devo venire vestita così? - chiese imbarazzata.

-Mia sorella abita esattamente nell'appartamento accanto - [purtroppo -_-]

- Sì, ma cosa penserà vedendo che esci con una... - non finì la frase pensando di essere eloquente.

- Una avvenente ragazza? Niente, tranquilla. Ormai conosco mia sorella, non si stupirebbe neanche se mi trasformassi in un mostro davanti a lei. Mi immagino già la scena: io mi trasformo in un gigantesco cagnaccio, con la bava alla bocca, e lei tranquillamente seduta su una poltrona fa: "Vai a lavarti le mani, e asciugati quella bava, non sta bene! E poi torna qui, che insieme al the ho preparato anche i biscotti!!"

Dopo la scenetta di Cloud, Tifa si mise a ridere di gusto, come ormai non faceva da tempo e seguì il ragazzo nell'altro locale.

Aprì la porta che era già aperta e Cloud entrò dentro la stanza, arredata con colori caldi e solari, come piaceva a sua sorella.

Lei si trovava su una sedia arancione scuro, con una mano sulla faccia, che sembrava sofferente.

- Aeris sono già qui, puoi smetterla di star male. - disse come seccato ma divertito.

La ragazza rimase ancora qualche secondo nella sua posizione poi si stropicciò gli occhi e lentamente si tirò su dalla sedia.

- Cloud... - tirò su la testa con un gran sorriso e si buttò fra le braccia del fratello.

- Quale malattia hai oggi?

- La nostalgia del mio fratellone!

Tifa guardava la scenetta con un sorriso amaro sulle labbra. Quell'affetto... lei non poteva averlo più, e forse non l'avrebbe mai più potuto avere...

- Ehi, fratellone, chi è questa ragazza? - disse guardandola con gli occhi a palla.

- È Miss Lockhart, trattala bene è un'ospite delicata.

Aeris si staccò dall'abbraccio e si catapultò ad afferrare le mani di Tifa e stringendole cominciò a parlarle ad una velocità anormale per qualunque essere umano.

Le uniche cose che capì è che lei si chiamava Aeris Gainsborough, era una fiorista ed era molto felice di conoscerla.

- A-anch'io, Tifa Lockhart! - disse frastornata, mentre l'altra ragazza le sorrideva insistentemente mostrando uno splendido sorriso.

 

Fra un pubblico anche il secondo cap, che ho già pronto, ma la mia beta-rider me lo deve ancora controllare... cmq sto già scrivendo il terzo U_U..

Non so di cosa parlare, quindi saluto, sperando che i commenti (che riceverò, VERO?? ò_O) siano positivi.... ciao!!

Serena

   
 
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