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Autore: Matt1103    12/07/2014    1 recensioni
Un ragazzo con il desiderio di diventare un scrittore, una leggenda che prende vita sotto i suoi occhi e una grande decisione da prendere che potrebbe cambiare il suo destino. Tutto questo per il raggiungimento di un sogno.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5
 
 
Frederick aspettava seduto, fissando la porta. Era ansioso perché era arrivata l’ora di fare una visita alla Dama della nebbia. Qualcuno bussò, ma stavolta non ne fu scontento, anzi, era stranamente felice, forse perché poteva aggiungere un tassello in più verso il raggiungimento del suo sogno o forse perché aveva solamente voglia di sfamare la sua curiosità verso quella ragazza tanto sfuggente quanto misteriosa.

-Buongiorno! Sei pronto per partire?- chiese Jeremiah entusiasta.
-Mentalmente o fisicamente?-
-Fisicamente, conoscendoti sono sicuro che tu non sia pronto sull’altro fronte, ma non voglio tornare a casa a disfare le valigie, quindi non te lo chiedo. - rispose il cugino.
-Sì, sono pronto!- disse deciso Frederick per convincere anche se stesso. -Hai fatto benzina?- aggiunse.
-Certo!- replicò l’altro, ma il cugino non si fidava molto.
-Qualcosa mi dice che resteremo a piedi- sussurrò.

I lunghi viaggi in macchina erano una cosa che Frederick odiava, perché non essendoci abituato la maggior parte delle volte finiva per avere la nausea. Tuttavia quel giorno il rumore della macchina riuscì a rilassarlo, non tanto perché emettesse un bel suono, bensì perché riusciva a placare ogni pensiero, negativo o positivo che fosse, sovrastandolo in intensità.

Dal finestrino il paesaggio offriva una vista incantevole, ogni albero, maestoso, si stagliava sull’orizzonte e l’alba ne delimitava le sagome nere, quasi non volendo svelare tutta la loro bellezza, ma tenendola per sé, incrementando l’attesa dello spettatore.
Eppure la cosa che più colpì Frederick furono le zolle di fieno che sostavano solitarie sui campi, si rispecchiava in loro. Erano grandi in confronto a un uomo ma minute se paragonate alla distesa. E anche lui come loro era grande, ma non in statura, psicologicamente, anche se non l’aveva ancora dimostrato agli altri.

-Tieni- Jeremiah diede la Nikon a Frederick.
-Cosa dovrei farci?- domandò.
-Quello che si fa con una macchina fotografica, io sto guidando e non posso fare due cose contemporaneamente. - ribatté Jeremiah. –Mi hai chiesto di aiutarti a creare un’immagine d’insieme del posto, beh, aiutami ad aiutarti. -
Frederick non oppose ulteriore resistenza.

Scattò le prime foto, ma si accorse che il riflesso causato dal finestrino le rovinava, così lo abbassò. Il vento, entrando, gli scompigliò i capelli, ma lui continuò imperterrito a fotografare tutto, come aveva visto fare al cugino. Proprio quando Frederick ci stava prendendo gusto, l’auto accostò accanto a una stazione di servizio.
-Facciamo colazione. - disse Jeremiah.
Appena scesi dall’auto il profumo di caffè li assalì. Proveniva dal “Rescue Party”, un edificio che non si presentava molto bene, l’intonaco delle pareti stava cadendo a pezzi e i muri erano ricoperti da un orribile color salmone, ormai sbiadito. Entrando si accorsero che quel posto era tutt’altro che trascurato, c’erano molte persone e i tavoli erano quasi tutti occupati, così decisero di affrettarsi a prenderne uno.
Appena seduti, si presentò al loro tavolo una cameriera, che li aveva adocchiati da quando erano entrati e che come un avvoltoio si era tuffata su di loro.
Avete mai visto un topo con un becco e una divisa da lavoro? Ecco, questa è la perfetta combinazione per descrivere quella donna. Le orecchie a sventola facevano da contorno a un volto il cui elemento predominante era l’enorme naso. La divisa rendeva tutto più strambo e meno spaventoso (o almeno ci provava).
-Cosa volete ordinare?- chiese con lo sguardo inchiodato sul suo taccuino.
-Io prendo un cappuccino. - disse Jeremiah.
-Io un caffè e un cornetto- rispose incerto Frederick.
La cameriera si volatilizzò sotto i loro occhi e ricomparve subito dopo, con tutto quello che avevano ordinato.
Cominciarono a mangiare e Frederick rimase sorpreso quando capì che il sapore era persino meglio dell’odore. Nel frattempo Jeremiah controllava le foto che il cugino aveva fatto con la sua Nikon.
-Alcune foto sono davvero stupende. - si meravigliò.
-La fortuna del principiante.-
-Sì, lo credo anch’io.- ironizzò Jeremiah.
Finito di mangiare lasciarono i soldi sul tavolo e andarono via, probabilmente per paura di dover guardare quella cameriera per una seconda volta.

Frederick notò che il cielo era più buio di quando erano entrati. Le nuvole avevano coperto quasi completamente il sole e tutto faceva pensare a un imminente pioggia, che non tardò ad arrivare. L’acqua scandì ogni centimetro compiuto dalla macchina, con i suoi ticchettii ritmici contro il parabrezza  per il resto della giornata e a causa della foga con cui si schiantava al suolo riusciva a coprire anche il rumore dell’auto. La violenza sembrava aumentare quando Frederick e Jeremiah scesero dall’auto per andare a pranzare e a cenare. La pioggia frenava con il suo rumore ogni tentativo di dialogo e quando finalmente cessò subentrò un altro ostacolo.

-Non vedo niente- esclamò Jeremiah.
-Nebbia.- disse Frederick affascinato e impaurito contemporaneamente.
-Lo vedo anche io, cioè, non lo vedo, è questo il problema.-
-Stai attentò.- lo avvertì. –Guarda!- Frederick indicava un cartello che a stento si intravedeva tra tutto quel bianco. C’era scritto: Benvenuti a Cleston. Erano arrivati.
 

 
   
 
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