#14 ~Better Than Words
La Thousand Sunny procedeva umile sul mare impercettibilmente increspato da una leggera e frizzante brezza che ne accarezzava la superficie fluida sulla quale si specchiavano l’infinità si stelle che rifulgevano nel cielo sgombero. Il tuo sguardo vagava, tra la Luna piena che brillava materna e il firmamento che sfavillava giocondo sopra la visiera del tuo caldo cappello maculato e, a volte, anche su quella infinita distesa d’acqua che, con il suo perpetuo moto ondoso e il suono della schiuma che sfrigolava sullo scafo della nave, ti conciliava un leggero sonno.
 
Ma l’addormentarsi, durante il turno di vedetta, era severamente vietato. La formosa navigatrice dei Mugiwara era estremamente ferrea su questa regola, minacciando la povera sventurata vedetta di turno di riempirla di cazzotti se solo avesse provato a chiudere un occhio. Ma, ovviamente, per Rufy la regola non contava. Quel ragazzetto non aveva una gran resistenza al sonno dato che, puntualmente, durante il suo turno di vedetta cadeva tra le braccia di Morfeo e non si risvegliava fino alla mattina seguente, destato dai sonori ceffoni di Nami. Ma, in quel momento, succube delle lagne e preghiere del tuo amante, ti ritrovavi a spalleggiare durante una fresca notte quella vedetta non proprio diligente.
 
Come da programma, infatti, il Capitano si addormentò addossato alla tua spalla, scaricandoti addosso l’arduo compito di rimanere vigile e attento per tutta la notte. Un piccolo sorriso ti increspò le labbra mentre stringevi contro di te l’esile ma scolpito corpo del moretto, beandoti dei suoi cadenzati e profondi respiri che spezzavano quel lussureggiante silenzio che regnava incontrastato. Il suo fiato, a contatto con l’aria, generava delle inconsistenti nuvolette lattee e la visione del suo viso rilassato ti trasmetteva un senso di pace e tranquillità. Era incredibile come quel bimbetto non avesse bisogno di parole per dimostrarti quanto, diciamolo, ti amasse. Era qualcosa che non riuscivi né a comprendere né a spiegare. Sapevi solo che non potevi più fare a meno di lui, di quell’unguento per le ferite che celavi all’interno dell’anima.
 
Scossi la testa, scacciando via quei pensieri così melensi, e ti alzasti, caricandoti in braccio quel piccoletto addormentato, per poi avviarti a passo svelto verso la camera dei ragazzi. Entrasti di soppiatto, osservando nella semioscurità della cabina le altre figure comodamente acciambellate sulla loro amaca. Procedesti con passo felpato, evitando ora le gambe del cecchino che sbordavano dal giaciglio, ora le boccette perfettamente radunate intorno al letto del medico. Raggiungesti l’unica amaca libera, adagiandovi sopra il corpo addormentato e leggermente intirizzito di Rufy, coprendolo con una coperta di fortuna raccattata dal pavimento ligneo. Gli sfilasti con innaturale delicatezza il cappello di paglia e lo appoggiasti sul parquet esattamente sotto la sua branda, onde evitare che, appena sveglio, cominciasse a correre in giro per la nave gridando di aver perso l’amato copricapo.
 
“Buonanotte, Mugiwara-ya.” sussurrasti.
 
Ti chinasti sulla sua figura assopita e, senza ulteriori indugi, gli rubasti un fugace bacio sulle labbra. Come al solito, sapevano di carne. Ti voltasti e uscisti con la stessa indiscrezione con la quale eri entrato, maledicendo quel piccoletto che, pure da addormentato, riusciva a sciogliere anche un cuore di ghiaccio come il tuo.
 
 

I don’t know how else can
Sum it up
‘Cause words ain’t good enough
There’s no way
I can explain your love, no.