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Autore: Elpis    14/07/2014    13 recensioni
Lord Voldemort era il male. Quel male che faceva piangere i bambini nei loro letti e guaire i cani al solo annusarne l’odore. Il Signore Oscuro non aveva un’anima – si era occupato personalmente di ridurla in brandelli – e se aveva mai posseduto un cuore doveva averlo smarrito molto tempo fa. A cosa sarebbe servito, d'altronde, a un essere che era così assolutamente ed imprescindibilmente incapace di amare?
Ma se le cose non stessero così? Se prima di diventare Lord Voldemort, Tom Riddle avesse provato la ignominiosa vergogna di innamorarsi? Se fosse esistita una ragazza che – all'insaputa di tutti – fosse riuscita ad entrargli nel cuore? E se questa ragazza si fosse frapposta fra lui e la riconquista della sua eredità di Serpeverde?
Se così fosse, di sicuro la sua storia meriterebbe di essere raccontata.
Dal quinto Capitolo:
“ Puoi crederci o meno, Roxanne, ma sono cambiato.” disse incenerendola con uno sguardo.
Fingeva.
“ Ma davvero?” gli chiese sarcastica.
La mano di Riddle era ancora stretta intorno al suo braccio, lui la trasse più vicina a sé, prima di risponderle in un soffio:
“ Perché non mi dai l'occasione di dimostrartelo? ”
Il calore del suo corpo la raggiungeva nonostante i pesanti strati in cui si era infagottata, rendendole tremolanti le ginocchia.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom O. Riddle, Tom Riddle/Voldermort
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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Fame
Capitolo 29


 
 
 
«…tanta fame… da tanto tempo…» (1)
 
 
 
 
 
01 Marzo 1943, Camera dei Segreti Hogwarts


« Tu ».
Un sibilo, simile allo scoppiettare delle pozioni, che si perse fra le pareti scivolose della Camera, colando di parete in parete.
« Sei tornato ».
Sentiva la creatura muoversi nell’oscurità. Dispiegava le sue spire lentamente, quasi come se avesse dimenticato come si faceva a muoversi. 
Istintivamente Riddle indietreggiò. La Sala era buia, appena rischiarata dal suo flebile Lumos, eppure riusciva a scorgere il profilo del Basilisco che strisciava, si allungava, verso di lui.
Con i serpenti aveva familiarità da tutta una vita. Quando era all’Orfanotrofio venivano a cercarlo, sfidando i gatti randagi e passando sotto le recinzioni, attratti come falene dal calore del suo sangue e dal suono ipnotico della sua voce. Mai, neppure la prima volta che una vipera si era attorcigliata intorno alla sua caviglia, Riddle aveva avuto paura. Era stata la medesima sensazione di quando le sue dite si erano strette intorno alla bacchetta: un confortante senso di appartenenza, come se avesse ritrovato un pezzo di sé perduto da qualche parte.
Eppure.
Eppure il Basilisco che si snodava davanti ai suoi occhi, come vomitato dalla bocca di pietra del suo antenato, era diverso dai serpenti con cui aveva avuto a che fare come un gattino potrebbe esserlo da una pantera. E c’era qualcosa nella voce della creatura, un mix di impazienza, stupore e…astio. Trasudava veleno: Tom riusciva quasi a immaginarne le zanne spalancate e frementi dalla voglia di affondare nella carne.
« Tu » ripeté di nuovo, sempre più vicina.
Sembrava aver preso ormai familiarità con l’ambiente che la circondava e i suo movimenti si erano fatti più scattanti. Riddle distolse lo sguardo, appuntandolo su una  fessura fra la pavimentazione.
Non devo fissarlo negli occhi. Qualsiasi cosa succeda, non devo fissarlo negli occhi.
Lo strisciare si era fermato. Doveva essergli proprio di fronte: anche se non poteva vederlo, sentiva lo sguardo e il roco ansimare della creatura. Si impose di rimanere fermo e continuare a fissare per terra con indifferenza, celando il miscuglio di emozioni che gli stava attorcigliando le viscere.
A pochi passi di distanza, il Basilisco lo osservava.
« Non sei lui » sibilò con un misto di fastidio e curiosità. « Chi sei? »
Aveva ripreso a muoversi, girandogli intorno come se volesse misurarlo. Quando Riddle rispose, la sua voce suonò fredda e decisa.
« Il mio nome è Tom. Tom Riddle. Sono il discendente di Salazar Slytherin ».
« Salazar » bisbigliò la creatura con un tono scivoloso come melassa. « Lui… è stato lui a mettermi qui. È stato la prima cosa che ho visto quando sono uscito dall’uovo…»
Tom non riuscì a trattenersi dal rabbrividire: un unico brivido sottile che gli percorse la spina dorsale. C’era un che di nostalgico nella voce della creatura e intuì che a prima vista doveva averlo scambiato per il suo antenato.
« Mi ha cresciuto. Mi ha nutrito. Ha detto che aveva grandi cose in mente per me… Promesse di morte e sangue che cullavano il mio sonno e mi facevano desiderare di diventare sempre più grande e possente ».
« È giunto il tempo di realizzare quelle promesse » intervenne Tom mentre un sorriso aguzzo gli si affacciava sulle labbra.
« Poi un giorno se ne andò » continuò il Basilisco come se non lo avesse nemmeno sentito. « Mi disse che doveva fuggire ma che qui sarei stato al sicuro… che niente mi avrebbe fatto del male. E che un giorno sarebbe venuto qualcuno per me e insieme avremmo realizzato il suo sogno ».
Iniziava a spazientirsi. Non aveva atteso anni per diventare il confidente di un serpente troppo cresciuto.
« E così è stato. Sono qui adesso e sono l’erede di Salazar e della Camera » affermò sforzandosi di ignorare il fatto che la creatura sembrava averlo avvolto in cerchi concentrici, sempre più stretti. « Smetti di muoverti » terminò con un ringhio di insoddisfazione.
La creatura lo ignorò, sibilando più forte per coprire il suono della sua voce.
« Sono passati secoli. Tu sai cos’è la fame, ragazzino? » enfatizzò quella parola, fame, come se fosse un grido direttamente proveniente dalle sue viscere. « Sai cosa vuol dire vedere che i giorni diventano mesi e i mesi diventano anni e tu sei rinchiuso in un buco fetido ad aspettare che lui ritorni? Sai cosa si prova quando il tuo corpo ingrossa e quella che era la tua tana si trasforma a poco a poco in una prigione in cui  non riesci neanche a muoverti? »
Riddle deglutì, corrucciando la fronte. Era pronto a scommettere che quello il suo antenato non lo aveva previsto.
« Ma la fame, ragazzino. La fame. Quella è peggiore di tutto. Peggiore del tempo che non passa mai, peggiore della frustrazione che ti attorciglia il ventre. Per i primi secoli mi sono nutrito di topi ma alla fine persino quelle stupide bestie hanno imparato ad evitare queste gallerie… Dimmi ragazzino, riesci a immaginare quanto grande possa essere la fame covata in centinaia di anni? »
L’ultima frase gli gelò il sangue nelle vene. Era un ringhio gutturale, talmente intriso di rancore che istintivamente la mano di Tom scivolò sulla bacchetta mentre il suo cervello lavorava a velocità febbrile. Avrebbe potuto affrontare il Basilisco, ovviamente. Per quanto micidiale potesse essere, lui era Tom Riddle, colui che un giorno avrebbe avuto l’intera Comunità Magica ai suoi piedi. Non si sarebbe fatto intimorire così.
D’altronde ucciderlo sarebbe stato un enorme spreco. Il Basilisco era l’eredità che gli aveva lasciato Salazar e l’arma con cui avrebbe potuto compiere la sua volontà. Quindi…
« Hai paura, ragazzino? » proseguì quello intromettendosi nei suoi pensieri. « Non rispondere. Lo so che è così. Riesco a fiutarla la paura, sai? È un profumo buonissimo… »
Era talmente vicino che Tom si chiese se avrebbe fatto in tempo a lanciare un incantesimo prima che le zanne affondassero nella sua carne. Sarebbe bastato un graffio perché il veleno mortale si propagasse nel sangue, lasciandogli pochi minuti di vita.
« Mi stai minacciando, Basilisco? È stato il mio antenato a crearti. Forse i suoi piani non sono andati come previsto, ma sono qui adesso e se mi obbedirai…»
Un suono stridulo lo interruppe. A Riddle servì un attimo per intuire che era la cosa più simile a una risata che la creatura potesse produrre.
« Obbedirti? » rispose con disprezzo. « Mago, tu sai perché i serpenti fanno quello che gli chiedi? »
Inclinò la testa di lato, incerto. Avrebbe voluto poter sollevare lo sguardo e affrontare direttamente la creatura. Invece riusciva solo a intravedere la parte inferiore del mostro, la coda coperta di squame che a volte strusciava contro la sua schiena, in un contatto apparentemente casuale ma che gli toglieva la concentrazione.
« Perché sono un Rettilofono » rispose come se fosse una cosa ovvia.
« Quello spiega perché riesci a comunicare con i serpenti. Non il motivo per cui ti obbediscono  ».
Rimase in silenzio mentre una parte della sua mente ripercorreva i più efficaci incantesimi difensivi e vagliava i possibili punti deboli del suo avversario.
« Non te lo sei mai chiesto, non è vero? » lo derise con ironia. «  Hai sempre trovato normale che accontentassero ogni tuo minimo capriccio. Vorresti saperlo, erede di Salazar? »
« Te ne sarei grato » rispose guardingo.
Non poteva negare che le parole della creatura contenessero ben più di un fondo di verità. Aveva sempre dato per scontato quella sua abilità, senza porsi domande su come o perché funzionasse in quel modo. Faceva parte di lui, come respirare o camminare su due gambe.
« La risposta è: la tua voce ».
« La mia… voce? » ripeté Tom.
« La voce di un Rettilofono è quanto di più seducente ed ammaliante possa esistere per un serpente. È come se grondasse del sapore ferroso di sangue, come essere scaldati per ore dai raggi del sole. È un canto ipnotico, talmente irresistibile che qualsiasi rettile farebbe tutto ciò che gli chiedi pur di ascoltarla ancora, pur di compiacerti ».
« Stai dicendo che mi aiuterai? » domandò sulla difensiva.
La coda del Basilisco frustò l’aria alle sue spalle e atterrò sul pavimento con un suono minaccioso.
« Io non sono una biscia qualsiasi » rispose con disprezzo. « E sono combattuto… Una parte di me vorrebbe credere alle tue parole; dopotutto nelle tue vene scorre il sangue di colui che mi ha dato la vita. Ma l’altra…»
La creatura fece una pausa tattica. Quando riprese a parlare Tom sentì il suo fiato rancido sulla pelle, un odore disgustoso di putrefazione e uova marce.
«… l’altra ha così tanta FAME. E mi chiedo come sarebbe affondare le zanne nella tua pelle bianca, avere le fauci inondate dal tuo sangue mentre la tua spina dorsale si spezza con un rumore sordo…».
Gli aveva mormorato quelle parole in un bisbiglio roco, come si potrebbe parlare a un’amante.
« E per quale motivo dovrei trattenermi, ragazzino? Per la tua voce melodiosa? Per Salazar che mi ha lasciato qui a marcire per secoli, che mi ha degnato dello stesso riguardo che io ho per la pelle morta della mia muta? »
Adesso le spire non si limitavano più a sfiorarlo, gli si erano saldamente ancorate alle gambe. Riddle strinse le dite intorno alla bacchetta prima che il Basilisco potesse immobilizzargli anche gli arti superiori ma quando parlò non fu per pronunciare un incantesimo.
« Tu non mi ucciderai ».
La voce del Basilisco si assottigliò.
« Che cosa te lo fa credere? Te l’ho detto, Salazar non ha più alcun potere su di me…»
« Non è per Salazar che mi risparmierai la vita. Hai detto che vivere rinchiuso quaggiù al buio e senza cibo è stata una tortura, per cui ti chiedo: per quanto tempo ancora sarai disposto a sopportarla?»
La creatura sibilò mentre la presa sulle gambe si faceva più ferrea.
« Che cosa vorresti dire? »
« È molto semplice. Se ci sono voluti secoli prima che qualcuno si accorgesse della tua esistenza e se adesso mi uccidi… quanto pensi che passerà prima che la Camera venga aperta di nuovo? E quanto ci vorrà prima che la fame ritorni, più forte e bruciante di prima? »
Il Basilisco continuava a sibilare minaccioso ma Tom non poté non notare che la presa si era allentata.
« Nessuno sa della tua esistenza, solo io. E la maggior parte delle persone del castello non accoglierebbero bene la notizia che un Basilisco vive nelle viscere di Hogwarts » continuò mellifluo. « Perciò possiamo combattere, qui e adesso, ma anche se tu avessi la meglio… »
« Io avrei la meglio, cucciolo d’uomo. Potrei divorarti in un boccone » lo interruppe la creatura.
Ma c’era una traccia di incertezza nella sua voce che non sfuggì a Riddle.
« Se anche succedesse tu rimarresti sepolto in questo fetido buco ad aspettare che qualche ratto incroci il tuo cammino. Per l’eternità » concluse calcando sull’ultima parola.
« Gli assomigli sai, cucciolo d’uomo? Assomigli a Salazar… » soffiò mentre le spire si ritraevano lentamente, lasciandolo di nuovo libero. « Dimmi dunque: quale sarebbe la tua proposta? »
Riddle lasciò scivolare il braccio con cui impugnava la bacchetta lungo il fianco, rilassandosi impercettibilmente. Non si era accorto fino a quel momento di avere le mani sudate e il cuore che batteva a mille.
Ce l’ho fatta.
Merlino, se il mio antenato era un idiota.
« Ti farò uscire di qui. E insieme, rimetteremo qualche Nato-Babbano al suo posto » ghignò.
Il corpo del Basilisco si scosse, come attraversato da un brivido di piacere.
« Guidami, ragazzino. Non sai quanto sia forte il desiderio di squartare, di sentire l’odore del sangue… Fame, così tanta fame, da così tanto tempo…»
Tom degnò la Camera di un’ultima occhiata.
« Non è ancora giunto il momento. Tornerò presto » rassicurò la creatura con un sorriso.
Fece in tempo a fare solo qualche passo verso l’uscita prima che la coda del Basilisco calasse su di lui, sbarrandogli il cammino.
Alle sue spalle il corpo del mostro vibrava di tensione.
« Che significa tutto questo? » chiese spazientito. « Credevo che avessimo raggiunto un accordo ».
« Anche lui mi disse così. Anche lui mi disse che sarebbe tornato » sibilò paurosamente vicino alle sue orecchie. Tom non impiegò più di mezzo secondo per intuire che si riferiva al suo antenato. « E sono passati secoli! »
« Io non sono Salazar » replicò. « Tornerò. E ti porterò un regalo » aggiunse.
Il Basilisco rimase in silenzio per un po’, come ponderando le sue parole. La tentazione di girarsi per fissarlo era quasi invincibile.
« Ti aspetterò, mago. Ma se non tornerai… troverò da solo il modo di emergere in superficie. Scaverò queste pareti con le mie zanne se sarà necessario. Verrò a cercarti… e dopo che avrò finito di te non resterà molto ».
Dopo aver mormorato quelle parole minacciose, la creatura srotolò il suo lungo corpo, lasciandogli la via libera.
« Presto » ripeté Riddle mentre si lasciava la Camera e il mostro che la abitava alle spalle.


 
***


 
02 Marzo 1943 Prato di Hogwarts
 
Riddle accarezzava pigramente la pelle squamosa del serpente mentre un raggio di sole si faceva strada tra le nuvole sparse per infrangersi proprio sulla sua mano. Era una biscia, una comune ed innocua biscia di media lunghezza, e il suo sibilo estatico gli risuonava nelle orecchie come una nenia. Se si fosse trattato di un gatto in quel momento avrebbe fatto le fusa.
Si trovava nel prato di Hogwarts, la sua figura era malamente celata da un platano rinseccolito, e il vento gli arruffava i capelli, scompigliandoli sulla fronte. Faceva ancora fresco ma era una bella giornata, o forse era solo il fatto di essere riemerso dal buio della Camera che gli faceva sembrare il tutto più luminoso. Se solo ripensava a quello che era successo solo poche ore prima la sua mente andava in subbuglio.
Ce l’aveva fatta. Aveva scoperto il segreto del suo antenato, era penetrato nelle viscere del castello, aveva aperto la Camera.
Ce l’ho fatta.
E adesso una creatura micidiale e bellissima era in suo potere, in attesa dei suoi comandi. Certo, era stato meno semplice del previsto e per una manciata di minuti aveva creduto che la situazione gli sarebbe scivolata di mano ma era il risultato a contare. E in quel momento Tom si sentiva come se una piccola parte dei suoi immensi progetti di gloria si fosse realizzata.
Sai perché ti obbediscono, ragazzino?
La voce sinuosa del Basilisco risuonò nelle orecchie. La biscia puntava i suoi occhi – neri ed adoranti – su di lui, quasi non esistesse altro al mondo.
La tua voce. La voce di un Rettilofono è quanto di più seducente ed ammaliante possa esistere per un serpente…
La biscia aveva iniziato ad attorcigliarsi intorno al suo polso, risalendo pigramente l’avanbraccio.
…è come un canto ipnotico… farebbero qualsiasi cosa pur di ascoltarla ancora…
« Tom? »
Sussultò talmente bruscamente da spaventare il serpente che si voltò in direzione della fonte del rumore, sibilando minaccioso. Roxanne lo fissava a pochi passi di distanza, i denti bianchi che mordevano il labbro inferiore, il corpo che sembrava affogare nel mantello troppo largo.
Maledizione.
Fu tutto quello che riuscì a pensare mentre i suoi occhi saettavano dal volto di Roxanne alla biscia ancora saldamente avvinghiata al suo avambraccio.
 Non avrebbe dovuto assistere a quella scena. Nessuno avrebbe dovuto, ma l’eccitazione per la scoperta della Camera lo aveva reso imprudente. E adesso l’Altgriff si godeva lo spettacolo di lui che si scambiavano effusioni con un serpente. Probabilmente era solo per lo shock che non aveva ancora iniziato ad urlare come una pazza.
« Oh, non devi sentirti a disagio » mormorò quella con un sorriso incerto. « Per il serpente, intendo».
« Prego? » disse accorgendosi che la sua salivazione era azzerata.
« Posso… avvicinarmi? Non mi sembra molto felice della mia presenza » aggiunse osservando curiosa il rettile.
Aveva smesso di sibilare ma non distoglieva lo sguardo da Roxanne, le narici dilatate per sentirne l’odore.
« Non è velenoso » chiarì Riddle mentre quella si avvicinava con movimenti lenti, come se temesse di indispettirlo ulteriormente.
«  Preferirei comunque non essere morsa » rispose arricciando le labbra in una smorfia.
Le labbra di Tom si aprirono in un sorriso condiscendente mentre la Grifondoro si sedeva a gambe incrociate in un rettangolo d’erba poco distante.
« E così anche a te piacciono i serpenti, Altgriff? Non l’avrei mai detto ».
Fece il gesto di posare la biscia per terra mentre gli occhi di Roxanne non si staccavano un attimo da lui.
« Da quando sono tornata Altgriff? » chiese ma il tono era giocoso, non arrabbiato. « Se devo essere sincera non sono fra i miei animali preferiti… Ma sono affascinanti a modo loro ».
« Questo vuol dire che non trovi ributtante la mia abitudine di giocare con animali disgustosi? » domandò alzando un sopracciglio.
Non poteva negare che quella ragazza fosse una continua sorpresa. Gli occhi di Roxanne si fecero attenti e il tono con cui gli rispose fu insolitamente più dolce del solito:
« Non ci vedo niente di disgustoso nel farsi qualche amico in più. Anche se si tratta di un amico… strisciante ».
La frase voleva essere ironica ma Tom si trovò a distogliere lo sguardo. L’Altgriff non poteva sapere quanto era andata vicina alla verità.
Per tutti i lunghi anni passati nell’Orfanotrofio le vipere sono state la cosa più vicina a degli amici che abbia mai avuto.
La biscia continuava a fissarli, seminascosta fra l’erba, ma per niente intenzionata ad andarsene. Avrebbe voluto intimargli di sparire e tornarsene nella sua tana ma Roxanne era troppo vicina e l’avrebbe sentito parlare il Rettilofono. Stava per scacciarla con le mani, quando quella, inaspettatamente, lo fermò.
« Oh no, non farlo! » esclamò afferrando la manica della sua veste. « Non mi dà fastidio, davvero… Non mandarla via per me ».
Tom le lanciò un’occhiata scettica.
« Credevo che avessi paura che ti mordesse » la prese in giro.
Un sorriso birichino le si dipinse sulle labbra.
« Non se ci sei tu a controllarla ».
« Controllarla? » ripeté con una smorfia di incredulità. « Mi hai preso per una specie di incantatore di serpenti, Ro? »
Il sorriso non accennò a cancellarsi dalla sua faccia mentre una luce strana le brillava negli occhi.
« Qualcosa del genere, sì » gli rispose facendosi più vicina.
Istintivamente Tom si irrigidì.
« Non capisco che cosa vorresti dire » mormorò cercando di leggere la risposta sul suo volto.
Roxanne parve titubare un attimo, come indecisa se parlare o meno.
« Tu… riesci a comunicare con loro, non è vero? » chiese infine con il tono di una bambina curiosa.
« C-cosa? » annaspò strabuzzando gli occhi.
« Be’ non so se si possa proprio considerare una conversazione… Comunque sia loro capiscono cosa gli vuoi dire, giusto? »
« Non so di cosa tu stia parlando». Il suo tono era gelido come il vento boreale. « Non è possibile ,neppure per un mago, dialogare con gli animali e… »
« Con gli animali, no. Con i serpenti sì... Almeno se sei un Rettilofono ».
Per  un attimo Riddle socchiuse gli occhi, traendo un profondo respiro. Quel poco colore che aveva era definitivamente defluito dalle sue guance, lasciando pallido come un morto.
« Che cosa ne sai tu dei Rettilofoni? E che cosa ti fa pensare che io lo sia? »
La sua voce era ruvida e sprezzante ma non poteva curarsi del tono in quel momento. Non quando si stava già sforzando per trattenersi dall’impulso di Schiantare l’Altgriff e farle obliare tutta quella conversazione.
« Non molto in realtà » rispose scrollando le spalle. « Potrei aver letto qualche libro al riguardo ma un conto è la teoria… la pratica è tutta un’altra storia ».
« E per quale motivo, di grazia, tu avresti dovuto leggere dei libri sull’argomento? »
Questa volta lo sguardo di Roxanne fu diretto e sfrontato, senza un velo di indecisione.
« Il motivo sei tu, in realtà ».
« Io? »
Il suo stupore doveva essere evidente visto che le guance della Grifondoro si colorarono di un lieve rosato.
« Siamo vissuti nello stesso Orfanotrofio Riddle, ricordi? »
« È una cosa che riesco difficilmente a rimuovere. Ma non vedo cosa c’entri questo con l’incredibile capacità che mi attribuisci ».
« Be’ i bambini parlano » rispose attorcigliandosi una ciocca intorno alle dita. « E allora non eri così attento a nascondere questa tua abilità come adesso ».
« Quindi sarebbero stati dei mocciosi a raccontarti questa storia su di me? » chiese scettico.
Roxanne gli lanciò una breve occhiata da sotto le ciglia prima di distogliere lo sguardo.
« Dicevano che parlavi in una lingua sconosciuta. Che ti eri inventato un linguaggio tutto tuo, fatto di soffi e sibili… e che lo bisbigliavi contro le serpi per aizzarle…».
Roxanne si interruppe, come turbata da quel racconto.
« Non è un racconto molto lusinghiero ».
Il sorriso che si dipinse sul suo volto era amaro.
« Ve ne erano di peggiori. Molti bambini erano terrorizzati da te » ammise scrollando le spalle. «Non vi avrei dato più di tanto peso se non fosse…»
« Se non fosse? » la esortò a continuare.
« Se non fosse che ti ho vista io stessa, più volte » rispose giocando con la catenina. « Ti guardavo dalla finestra giocare in giardino, passare pomeriggi interi ad ammaestrare le serpi. La signora Cooper non ne era molto contenta, vero? » chiese con un mezzo sorriso. « Per questo dopo un po’ hai iniziato a nascondere questa tua capacità… »
Riddle inarcò un sopracciglio.
« Mi spiavi, Ro? È questo che stai cercando di dirmi? »
L’Altgriff si girò ad osservarlo, sorpresa e un po’ imbarazzata da questa deduzione.
« Non è così… Non proprio. Gli altri bambini pensavano che tu ti fossi inventato quei suoni per spaventarli ma io sapevo che non eri uguale a tutti gli altri, che non poteva essere liquidato come un semplice bisogno di attenzioni. Sapevo che tu ed io potevamo fare cose incredibili e… ero curiosa. Forse anche un po’ gelosa » confessò inclinando la testa. « Io non ero mai riuscita a dialogare con nessun animale. Credo di aver persino provato un paio di volte ad imitarti: con il risultato che manca poco la vipera mi azzanna il polpaccio ».
Se sperava di riuscire a strappargli un sorriso, rimase delusa. Non si era mai sentito così lontano dalla voglia di ridere.
« Ehi senti, se non ne vuoi parlare, non importa. Fai conto che non abbia mai detto niente. Trovo solo assurdo che per via della Cooper o di qualche sciocco pregiudizio tu debba nascondere questa tua capacità, tutto qui »  continuò raggomitolando le gambe al petto.
« Sei curiosa, Ro? » le chiese con un tono di voce strano, gutturale.
La Grifondoro annuì, un velo di diffidenza nello sguardo.
« E dimmi… saresti in grado di tenere questo segreto per me? »
Ogni traccia di diffidenza scomparve dai suoi occhi.
« Sì » rispose senza esitazione.
I secondi che trascorsero parvero non finire mai. Riddle dischiuse le labbra lentamente ma quando parlò la sua voce era ferma.
« Vieni da me ».
I suoi occhi fissavano la serpe e questa non esitò ad obbedire, strisciando di nuovo intorno alla sua mano protesa.
« Incredibile » bisbigliò Roxanne, sgranando gli occhi.
Le scrutò attentamente il viso, in cerca di un segnale rivelatore del suo disgusto. Non ne trovò, la Grifondoro pareva solo sinceramente impressionata dalla sua abilità.
Credevo di essere un Legimante migliore di così.
« Stai ferma » sussurrò in Serpentese. « Puoi toccarla, se vuoi » aggiunse bevendosi la reazione di Roxanne. « Non ti farà niente ».
La vide deglutire e allungare la mano con una lieve incertezza. La serpe fra le sue dita sibilava esprimendo tutto il suo disappunto: era chiaro che l’idea di essere accarezzata dalla Grifondoro come se fosse un tenero micetto la indisponeva alquanto. Riddle ignorò il disappunto della creatura, concentrandosi solo su Roxanne e sulla punta dei suoi polpastrelli. Quando essi sfiorarono la pelle fredda del rettile gli parve che ad essere toccato non fosse stata la biscia ma una parte oscura del suo essere.
« Però » esordì l’Altgriff con un sorriso. « Non è così male. Pare che gli piaccia ».
Aveva preso sicurezza e adesso faceva scorrere l’indice dalla testa alla coda.
« In realtà ti detesta » le rivelò facendola ridere.
« Pensi che sia una cosa che si può insegnare? » gli chiese sollevando il capo e fissandolo dritto negli occhi.
Aveva un ciuffo birichino che le ricadeva continuamente sulla fronte, per quanto lei cercasse di metterlo a posto.
« Che cosa? »
Si era fatta più vicina, adesso le loro spalle si sfioravano e le loro ombre si erano fuse insieme.
« Il Serpentese. Magari se imparassi a parlarlo, gli risulterei più simpatica ».
Se credeva che niente in quella giornata avrebbe più potuto sconvolgerlo, evidentemente si sbagliava.
« Tu… vorresti parlare con i serpenti? »
 
 
***
 
02 Marzo 1943 Hogwarts, Sala Comune Grifondoro

Erano secoli che la Sala Comune non era così deserta.
Non che vi avesse passato molto tempo ultimamente.
Sybil allungò le gambe, mettendosi comoda nel divanetto. Quasi tutti erano usciti, smaniosi di approfittare dei primi, timidi, raggi di sole. Lei invece era la solita asociale che preferiva rimanere ben al calduccio di fronte al camino, con sulle ginocchia il tomo di “Creature Magiche: come trovarle”.
Bentornata cara e vecchia normalità.
Aprì il libro, immergendosi completamente nella lettura al punto di non accorgersi quasi del rumore di passi strascicati lungo il corridoio.
« Sybil!»
La voce di Septimus la fece trasalire bruscamente.  Si tirò a sedere di scatto mentre il libro rovinava con un rumore sordo ai suoi piedi.
Perfetto.
Pensò mentre il familiare rossore le tingeva le gote.
« S-sept » balbettò in difficoltà.
« Non dirmi che ti ho spaventato » disse con quel mezzo sorriso che la faceva sciogliere.
«Uh, beh… forse un pochino…» rispose con la sua solita, immancabile, loquacità.
Quella volta però anche Weasley sembrava diverso dal solito, nervoso. Forse era il modo in cui lo fissava o il fatto che dondolava la scopa avanti indietro…
Scopa?
« Quella è una Comet 180? » chiese senza riuscire a trattenersi.
Lo sguardo con cui Septimus la degnò era pieno di scetticismo.
« Te ne intendi di Quidditch? »
« Un po’ » disse scrollando le spalle.
« E tifi per…»
« I Chudley Cannons, naturalmente » rispose senza dargli neanche tempo di finire.
Un sorriso a trentadue denti si dipinse sul volto del rosso. Se non ci fosse stato l’argomento Quidditch a distrarla, probabilmente  sarebbe già andata in iperventilazione.
« Non sapevo tu fossi un’appassionata! Io mi sto allenando, il prossimo anno vorrei fare i provini come Cacciatore…»
« Dovresti dare una spuntata a quei rametti. Quelli lì, sulla sinistra… avresti maggiore stabilità ed eviteresti di sbandare quando curvi »
Inarcò il sopracciglio, appoggiandosi al bracciolo.
« Come fai a sapere che sbando? »
Ops.
« Uh, be’… Te l’ho detto, mi piace il Quidditch… A volte guardo gli allenamenti oltre che le partite…»
Non proprio tutti gli allenamenti. I tuoi sì, però.
« Strano, non mi pare di averti mai visto sulle tribune ».
Ok, adesso era sicura che stava andando a fuoco.
« Li guardo dalla Gufiera, di solito » affermò appuntando lo sguardo sul bracciolo della poltrona. « Non mi piace stare in mezzo alla gente » aggiunse per giustificarsi.
« Oh, ma non c’è quasi mai nessuno a vedere gli allenamenti! » esclamò sorridente.
Ci sei tu.
E vorrei evitare di sembrare una stalker.
« Magari qualche volta potresti farmi compagnia. Così mi dai anche qualche dritta » aggiunse passandosi la mano fra i capelli.
Il rumore sordo che fece il suo cuore nel petto aveva un che di innaturale.
« C-certo » fece appena in tempo a biascicare.
« Anzi, ti va di venire adesso? Volerò un’oretta nemmeno, giusto per tenermi in esercizio! Se vuoi te la faccio provare » aggiunse indicando la scopa.
Se le gambe si decidessero a collaborare invece di restare paralizzate, magari...
Annuì, la salivazione azzerata e il cervello paurosamente vuoto.
Ma sulla scopa non ci salgo. Agitata come sono, non riuscirei neanche a spiccare il volo.
 

 
***



Non andava.
Non andava per niente.
Era rimasto quasi due ore sul prato ad insegnare il Serpentese a Roxanne e a trattenere la biscia dall’azzannarla per i soffi striduli che le uscivano dalla labbra.
Come se una cosa del genere si potesse apprendere.
Ma il vero problema non era l’enorme perdita di tempo.
È che adesso Roxanne sa che sono un Rettilofono.
Un’informazione del genere, proprio ora che aveva aperto la Camera era semplicemente troppo pericolosa. Non appena avesse sguinzagliato il Basilisco per Hogwarts, i vecchi e cari pregiudizi sarebbero riemersi.
Persino lei che essendo cresciuta nell’orfanotrofio non sembra farci troppo caso… Parlare il Serpentese è il segno distintivo dei maghi oscuri e naturalmente dell’erede di Salazar.
Non le ci vorrà molto per fare due più due.
Doveva pensare a una soluzione e in tutta fretta.
Tom appoggiò la fronte al vetro, la bacchetta fra le sue dita che sprizzava scintille di frustrazione. La sera stava calando sul prato di Hogwarts, dalla sua stanza poteva vedere uno scorcio della Foresta Proibita che veniva lentamente ma inesorabilmente inghiottita dalle tenebre.
Devo trovare un capro espiatorio.
Forse avrebbe potuto addossare la colpa ad uno dei suoi leccapiedi. Nott o Rosier, l’Altgriff odiava abbastanza entrambi da crederli capace di una cosa del genere.
Hanno famiglie troppo influenti. Potrebbe essere più difficile del previsto.
Una scintilla più accesa delle altre colpì la mattonella ai suoi piedi, lasciando una fievole scia di fumo.
Maledizione.
La soluzione si materializzò lì, di fronte ai suoi occhi, sotto forma di una caracollante ombra scura che si avvicinava alla Foresta Proibita con fare furtivo. Il mantello scuro con cui era avvolta non riusciva neanche in minima parte a celarne l’enorme stazza.
Un sorriso affilato si dipinse sul volto diafano di Riddle mentre un piano prendeva forma nella sua mente. Afferrò il mantello gettato sulla sedia e allacciò gli alamari continuando a sorridere.
Uscì dalla stanza la mente già proiettata verso la Gufiera.
È ora di mettersi in contatto con Sinister.
 
 
 
Note:
1. Citazione di “Harry Potter e la Camera dei Segreti”.
 
 
 
 
Ehm… ciao a tutti!
Non so bene che dire, sono più o meno secoli che non aggiorno e faccio sinceramente schifo. Immagino che i più abbiano già messo (giustamente) questa storia nel dimenticatoio, ma nel caso ci fosse ancora qualche coraggioso, con un’infinita pazienza… non ho mai avuto intenzione di lasciarla incompiuta. In realtà mi sono laureata la settimana scorsa e scrivere la tesi è stato un parto che mi ha tolto la voglia di dedicarmi alle ff o in generale di frequentare questo sito.
In compenso adesso sono laureata e con un bel po’ di tempo libero quindi spero di non comportarmi mai più in modo così vergognoso.
Quanto al capitolo… ma chi sarà mai questo grosso caracollante capro espiatorio? XD
Passo ai ringraziamenti: grazie di cuore a frostfawkes, Esthei-Thanatos, Giulsl93, _Sandra_, Erodiade, Flux, Morgana_D, DocHL, ondina94, alesmiley, migmat, SylviaGreen, Maliktious. Ovviamente non sono solo indietro nell’aggiornare ma anche nel rispondere, cercherò di mettermi in pari :’(
Un grazie particolare a chi mi ha scritto in provato per incoraggiarmi a continuare (in particolare a Malfy <3). 
Un saluto e un bacio (sperando di non ricevere maledizioni)
Elpis
 
  
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