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Autore: Mushroom    14/07/2014    6 recensioni
Dean è un vigile del fuoco e salva la vita a Castiel. Niente di strano, salvare le persone è il suo lavoro. Eccetto per la parte in cui si risveglia in ospedale, Castiel dorme nella poltroncina a fianco al suo letto e non è più chiaro se sia stato Dean a salvare Castiel, o Castiel a salvare Dean.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'After the fire'
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Titolo: After the fire (I'll be with you)
Fandom: Supernatural
Pairing: Dean/Castiel
Words: 3498/30k+ 
Genere: Generale, Romantico
Rating: PG-13
Warnings: AU, fluff, (sorta, diciamo che di tanto in tanto degenera in) (credo) monologo interiore, mention of past codependency, mention of (past) drugs abuse, rescue of kittens, cliché, un numero esorbitante di riferimenti al canone più o meno palesi e un numero esorbitante di richiami a Mistery Spot più o meno palesi, ooc-ismi, Dean Winchester è una ragazzina, Dean Winchester ha sul serio lavorato su se stesso, maltrattamento di fiori

Prompt: Dean è un vigile del fuoco e salva la vita a Castiel. Niente di strano, salvare le persone è il suo lavoro. Eccetto per la parte in cui si risveglia in ospedale, Castiel dorme nella poltroncina a fianco al suo letto e non è più chiaro se sia stato Dean a salvare Castiel, o Castiel a salvare Dean. (Lasciato dalla bellissima Noruwei)
Chapter: 5/?

Note: La cosa grave è che, dopo averlo scritto nelle note del capitolo precedente, sto veramente progettando di fare dei biscotti a forma di Impala e di portarmeli dietro alla prossima JIB. Mi hanno consigliato di decorarli con la cioccolata fondente, cosa che farò assolutamente quando smetterò di bruciare tutti i biscotti che faccio XD (aka se sarete alla JIB e vedete una coi biscotti, avvicinatevi che ve li offro sul serio) (okay, una delle millemila che probabilmente avranno i biscotti) (se li faccio sul serio). Ancora una volta, grazie di essere arrivati fin qui <3 Mi riempite di gioia, e ogni volta che vedo una visita sulla storia salto dalla sedia e niente, grazie mille.

Partecipa all'iniziativa Chapters Challenge @fiumidiparole 

 

V

«È che tu non parli mai di te stesso, il tizio deve averlo capito»

Benny è quel genere di persona con cui tutti amerebbero avere a che fare. Prima di tutto, è degno di fiducia. Dean non ama dare la sua fiducia agli altri, ma concederla a Benny è stato abbastanza facile. Soprattutto quando è entrata in gioco la parte in cui si sono ritrovati a coprirsi le spalle sul lavoro; e con coprirsi le spalle, intende salvarsi il culo in caso di incendio. Poi da giovane voleva fare il pirata – tipo fino ai vent'anni, mica giochi al parchetto con gli altri mocciosi. Infine, dopo un po' che ti conosce è in grado di far funzionare la testa.

«Non è vero» Dean si sente un po' offeso. Detta così sembra un qualche tipo di maniaco associale «Dico tante cose su di me»

«Tipo?»

Ci pensa. Ha bisogno solo di un attimo. Andrea ride. «Le crostate» decide infine, con convinzione «Tutti sanno che mi piacciono le crostate»

Benny non commenta, solo perché lui e Dean sono amici e potrà usare questa cosa come aneddoto alla prossima festa di natale «Senti, dico solo che ci metti un po' a entrare in confidenza con le persone» sembra anche convinto, quando lo dice «Sei un flirt continuo e sei amichevole perché sai dare del tuo meglio quando sei con gli altri. Questo non significa che tu abbia comunque problemi a creare rapporti veri»

«Noi siamo amici. Grazie per non considerarlo vero» Dean boccheggia un po', quell'idiota di Benny che ride prendendosi gioco di lui. Cosa ha detto che non va, adesso?

«Sai cosa?» decide, dopo un po' di sghignazzi «Saresti capace di scatenare una rissa in una stanza vuota, ma in fondo sei solo una specie di orsacchiotto»

Rotea gli occhi al cielo, per poi massaggiarsi le tempie. Non ha bisogno di quello dopo una giornata di sedici ore. Ha bisogno di rilassarsi e ascoltare qualcosa di decente alla radio e magari di un'altra birra. «Cosa avevamo detto sul frequentare Garth?»

Tornato a casa, crolla fino alla mattina dopo; e se niente glielo avesse impedito, avrebbe continuato a dormire altre quarantotto ore. Kevin fa la sua gloriosa entrata in caserma con un nuovo taglio. Da qualche parte tra una notte e l'altra deve aver deciso di aver già investito troppe paghette in balsamo, o cose così, tagliando tutto definitivamente. Col taglio corto sembra un vero ragazzo del college.

«Da adesso in poi Raperonzolo non potrà più calare giù i suoi capelli»

«Dean, per l'amor di Dio»

Dean sorride, un sorriso di quelli abbastanza grandi e un alla ti sto prendendo per il culo. «Quindi vuoi dire al mondo che stai cambiando?»

Kevin lo guarda. Dopo un attimo di indecisione, annuisce con sicurezza. Torna al suo libro calcolando davvero poco le battute cretine di Dean. («Comunque tagliarsi i capelli così è roba da ragazzina»)

Quella sera Castiel lo chiama. Ha ordinato cinese, ha da bere, vuole scusarsi per essere stato inospitale. «Amico, in che pianeta vivi? Mi hai offerto degli hamburger. Siamo pari»

Dall'altra parte c'è il vuoto. Immagina che Cas stia cercando di guardarlo male attraverso il telefono. Riesce a figurarselo. Ma se crede che basti il silenzio perché la cosa sembri meno strana, allora – «Okay, Cas, va bene» sbuffa, la sua resistenza fa davvero schifo «Verso che ora?»

La stanza di Cas è veramente come Dean se l'era immaginata, sia per la ventola di aerazione rotta («Hanno detto che la ripareranno»), sia per quanto riguarda il letto con le dita magiche. Dean lo fissa e pensa che sì, ha un quarto di dollaro in tasca, proprio ora, e visto che ci si siede sopra mentre Cas riscalda il take-away, allora potrebbe provarlo. Solo che Dean è molto meglio di così, e lascia perdere le dita magiche. Anche perché pensarci non riesce a distrarlo quanto vorrebbe da Castiel, la camicia arrotolata fino ai gomiti e la cravatta allentata.

Si schiarisce la gola e fa scorrere una mano sul lenzuolo, lanciandosi occhiate a torno con circospezione. Sa che quella non è una casa, ma è il posto dove Cas vive. Ci sono piccoli pezzi di lui sparsi qua e là, mimetizzati nell'ambiente pacchiano, e può giurare che quello appeso alla porta del bagno sia uno stetoscopio «Quindi hai un angolo cottura» dice, per fare conversazione. Non è come se i silenzi tra lui e Castiel non gli piacessero. Non sono pesanti, sono confortevoli, condivisi. Ma o quello, o prenderà a fare pensieri sullo stetoscopio.

«Sì» risponde Castiel, pacato. Il microonde fa ding «È una di quelle cose di cui hai bisogno, se vuoi soggiornare a lungo»

Si ritrova ad annuire, certo, ovvio. «Ci ho messo una stupida quantità di tempo, a comprarmi un microonde» borbotta Dean, sistemando la postura «Quando ho cambiato città, dico. E beh, in realtà ci ho messo una stupida quantità di tempo a comprare tutto quanto. Sai, come se un microonde potesse rendere il trasloco definitivo» Castiel si volta verso di lui, poggiando le mani sul tavolo. I suoi occhi sono attenti e incredibilmente blu, scrutano Dean come se avessero a che fare con qualcosa di nuovo «Poi un giorno ho deciso che sì, mi piaceva mangiare cibo caldo» alza le spalle.

La finiscono a dividere riso alla cantonese e pollo alle mandorle intorno a un tavolo di plastica, una birra stappata e un ronzio proveniente dalla stanza a fianco. E sono fortunati che sia solo un ronzio e non altro «Poi mi devi spiegare perché il Motel»

Castiel aggrotta la fronte, deglutendo un boccone di pollo. «È economico»

A quelle parole, Dean gli rivolge il suo migliore sguardo non usare queste cazzate su di me, sei un fottuto Dottore. Castiel sospira, giocherellando con un minuscolo pezzettino di carta; Dean segue il movimento delle sue dita, poi alza gli occhi nei suoi e aspetta, perché Castiel può avere bisogno di tutto il tempo che vuole e Dean può darglielo, quel tempo, tanto non sa cosa farsene, tanto è giusto se dato a Castiel. «Ho provato a... cercare un appartamento» inizia, ma per qualche motivo si ferma. «Solo che, non so, nessuno sembrava giusto; o accogliente»

Per un attimo lo fissa e basta, come se volesse che Dean capisse qualcosa. «Erano tutti vuoti» scrolla le spalle impercettibilmente. «Quindi sono qui». Fine. È lapidario, la parola vuoti suona come se fosse brutta. Si sente un po' insultato, perché anche il suo appartamento non è esattamente pieno, ma è un gran bell'appartamento. Ha addirittura una stanza per gli ospiti (non che comunque ne abbia mai, ospiti). Dean butta giù il riso alla cantonese, l'immagine di come fosse la sua casa agli inizi – con Bobby che girava qua e là e sputava puttanate su i lavori che avrebbe potuto fare per renderlo un posto migliore, che cercava di trovargli qualcosa da fare perché Dean smettesse di prendersi a calci da solo. Ricorda come fosse lui, a sentirsi vuoto; come qualche volta lo senta ancora adesso. Pensa che forse anche per Cas sia così, che non sia l'appartamento, che qualche volta si senta vuoto anche lui.

Fottuta merda. Che roba è, quella? Andiamo, si è bevuto il cervello a metà strada tra il lavoro e la casa, non ci sono altre possibilità. «Quando deciderai ti avere una casa come le persone normali, potrei, tipo, accompagnarti a comprare un microonde tutto tuo. Mi ricorderebbe i vecchi tempi, magari dovrei spiegare alla commessa che non vuoi ucciderla ma solo farle domande sul funzionamento di un elettrodomestico» Dean arriccia le labbra, alzando una birra verso di lui a mo' di brindisi. «Sarebbe divertente»

L'espressione di Castiel cambia. È meno vuota. La cosa sembra avere una sua logica.

__

Quella settimana hanno un incendio, uno vero. Una fuga di gas in centro. Ci sono morti.

Dean detesta quando è così. C'è fumo e qualcuno gli urla di girarsi e lui non si gira, certo che non lo fa, è sempre troppo stupido per capire quando è il momento di lasciar perdere; preferisce scottarsi più che lasciar perdere.

«Non ho ancora capito quale sia il tuo problema, Winchester» Dean sa che quando Bobby usa il suo cognome, allora è nei guai. Ha un braccio fasciato. Un paramedico si allontana capendo di essere di troppo.

Bobby ha un sguardo pieno d'ira. L'ha visto così poche altre volte, solo quando era un bambino e per puro caso aveva deciso di prendere in mano il suo fucile, e più che ira è paura.

«Non ho sentito l'avvertimento» spiega debolmente ed è vero ed è vero anche che è stato avventato «Volevo solo salvarli»

Bobby lo guarda e si preoccupa per lui e tira su col naso «Lo so, figliolo, lo so»

Quando ha l'idea di andare da Cas, dopo, eventualmente è ubriaco. Giusto un po'. Non perché sia la prima volta che qualcuno rimane ucciso – tra le fiamme, sotto le macerie –, sono i rischi del mestiere, sicuramente Dean sta molto meglio di chi è rimasto, beh, ucciso, ecco. Anche sognarsele la notte, quelle vittime, qualche volta, è compreso nel pacchetto. Quindi va da Cas, che apre la porta solo dopo un paio di minuti, una t-shirt sbiadita addosso e i piedi scalzi.

«Non mi piace quando le persone muoiono negli incendi»

Non c'è risposta. Dean sente la testa girare.

«Perché quando succede è sempre colpa mia, no?» continua, non ha idea di cosa stia dicendo, del perché Cas abbia deciso di guardarlo così, cristo, deve smettere di guardarlo così, l'ultima persona che l'ha guardato così se l'è scopata «Voglio dire, ho passato tanto tempo a credere che fosse tutto colpa mia» non mette abbastanza enfasi in quel tutto, col senno di poi «Ogni cosa. Una parte di me era convinta in buona percentuale che fossi colpevole del fottuto riscaldamento globale»

Castiel inspira, facendo un passo avanti «Dean» la sua voce vibra piano vicino al suo viso, facendolo rabbrividire, facendogli venire in mente che è in piedi davanti a una porta di un Motel a spaventare il suo migliore amico – migliore amico, perché ha altri amici, ma non come Cas. Sente il pomo di Adamo sobbalzare in gola.

«Il punto è che quand'ero piccolo la nostra casa prese fuoco. Ho creduto tutta la vita fosse colpa mia» si ferma, stringendo le labbra «Quindi non mi piace quando le persone muoiono negli incendi»

Castiel sta fermo, una statua di fronte a lui, dilata le narici e c'è un sibilo che esce fuori dalle sue labbra, come se avesse capito, capito per davvero, letto nel mezzo «Vuoi entrare?»

La porta si spalanca e Dean annuisce, piano. Il giorno dopo si pentirà amaramente di averlo fatto, penserà Dio, quale persona sana di mente va a svegliarne un'altra nel cuore della notte? Articola delle scuse, davvero, ci prova, mentre Cas aggiunge «Non ho un altro letto»

Stringe gli occhi, crede di capire ciò che gli è stato detto «Non devo rimanere qui-qui, Cas»

Castiel lo guarda come se avesse appena proposto di buttarsi giù da una rupe. Cosa che tra l'altro non farebbe. Dean soffre di vertigini. Dovrebbe saperlo. Cadere fino a schiantarsi a terra non gli sembra il modo migliore per morire.

«Sei troppo ubriaco per guidare»

«Però potrei dormirci. In macchina, dico»

Altra occhiataccia. Castiel si massaggia le tempie, Dean pensa di essere arrivato a quel punto della sbronza in cui il controllo su se stesso sta lentamente scivolando via – chi vuole prendere in giro, è già arrivato a quel punto – e ha paura che potrebbe fare cose come, per esempio, baciare Castiel. Invece finisce solo per vomitare nel bagno. Tutta la notte. Fino a che è un po' meglio, e nonostante le sue proteste («Non voglio dormire con te mentre sono ubriaco, okay, se devo dormire con te voglio farlo per bene, tipo che prima ti potrei offrire da bere o qualcosa, no?») finiscono sul letto, vicini, la mano di Castiel posata sulla sua nuca sudata e Dean che pensa che ama quelle mani, ama davvero quelle mani. Lo dice a voce alta, a un certo punto, che le mani di Cas gli piacciono perché gli mettono tranquillità, perché fanno cose tangibili, utili, come salvare bambini e stringere altre mani e afferrare stretti dalle fiamme persone come lui; e hanno le dita lunghe e sottili. A quel punto, forse Cas è in imbarazzo. Dean fa un sorriso stupido «Sai che ti ho sognato?»

La mattina dopo si risveglia sopra le coperte, indossando jeans e maglietta, il capo poggiato sullo stomaco di Cas. Castiel emette uno strano verso che significa che forse si sta risvegliando e Dean neanche si ricorda come sono finiti così, ma chi se ne frega, può fingere di dormire per altri cinque minuti. Ha la sensazione che se proverà a muovere solo un muscolo la testa gli esploderà.

«Dean?»

Silenzio.

«Dean?»

Sbuffo.

«Dean, devo andare in bagno»

Poi si ritrova la faccia buttata sul materasso, la porta del bagno che si chiude. Fanculo.

__

Torna a casa puzzolente e con la sensazione che il mondo sia diventato più traballante. È incredibilmente grato che Castiel fosse solo in ritardo per il lavoro e non arrabbiato per qualsiasi cosa Dean abbia detto o fatto la notte prima; o per essere stato involontariamente coinvolto nei suoi deliri da ubriaco. Si da' malato, passa la giornata tra il letto e desiderare di non aver mai bevuto niente in tutta la sua vita.

Charlie che gli strilla nell'orecchio «Avete dormito insieme?» non lo aiuta a migliorare le sue condizioni.

Due giorni dopo, Cas parte per un convegno. Roba sulla mortalità infantile, forse, qualcosa di importante perché a quanto sembra Castiel non decide di fare niente se non lo reputa importante.

«Ripetimi quando finisce questa roba medica super-speciale»

«Ti rendi conto che sono a lavoro, vero?»

Dean sogghigna, incastrando il telefono tra guancia e spalla mentre cerca di cuocere un pezzo di carne. Certo, lavoro. «Scommetto che siete in uno di quegli hotel lussuosissimi con i cioccolatini sul cuscino e delle carinissime receptionist sempre al vostro servizio»

«Oh» Cas si schiarisce la gola, e Dean ci ha preso totalmente. «Forse»

Ride «Almeno rubami un asciugamano»

Da qualche parte, a centottanta kilometri di distanza, probabilmente Castiel ha appena sgranato gli occhi «Dean» sibila, abbassando la voce come se avesse paura di essere sentito «Stai suggerendo il furto?»

«Almeno il cioccolatino?»

Si sente un rumore e un chiacchiericcio in sottofondo. Castiel saluta un “Balthazar” e poi “Sono subito da te”.

«Dean, devo andare»

Dean trattiene un attimo il respiro, vivendo la delusione del momento in modo molto stoico e molto maschio e tenendosi per sé il grugnito di protesta «Vai a salvare il mondo, Cowboy»

__

Castiel torna di giovedì, non si vedono per i due giorni successivi. Dean passa in reparto e tutto ciò che ottiene è un sorriso sporco di Meg e un Clarence è occupato. Che ci sta, non è la prima volta che succede, Cas è occupato. Poi aspetta, poi se ne va quando Anna gli chiede se vuole mangiare qualcosa con lei.

Non è che non gli piaccia, Anna. È carina. Cas dice che è come una sorella. E il punto è che non è solo quello, perché Anna è il primario di pediatria, Anna è chirurgo neonatale. Una con delle qualifiche così deve essere anche supercazzuta. Ma Dean dice no, perché forse ha una cosa per i medici, ma non tutti i medici, non quelli senza stivali da cowboy o quelli senza cravatta blu e mascella squadrata e voce profonda e poi non è così sicuro che Doctor Sexy abbia quelle cose – no, sa che non le ha, ma il punto è che dice di no.

Quindi inizia a preoccuparsi, a sfregarsi nervosamente una mano sulla bocca quando il cellulare risulta staccato. Si sta agitando per niente, ma Dean ha sempre un po' paura ogni volta che parte la segreteria, ogni volta che il numero è irraggiungibile perché l'ultima volta che è successo (sono John Winchester, al momento non posso rispondere, chiamate mio figlio, lui potrà aiutarvi) suo padre se ne è andato. Non è come se ci pensasse, non è come se fosse ancora il ragazzino che non vuole essere abbandonato. Solo che Cas è suo amico, quindi un po' sono affari suoi e preoccuparsi è normale, no?

Sbuffa, lascia perdere il telefono e torna al suo lavoro. Al pub, scopre che Andrea e Benny hanno iniziato ad uscire insieme. Non credeva che avrebbe vissuto tanto a lungo per vedere quel giorno.

__

Dean sa ancora cose sulla vita di Sam.

Dopotutto – che lo vogliano o no – sono fratelli. Il sangue deve pur significare qualcosa. Così Dean sa di Sam, perché Bobby è stato come un padre quando John non c'era; e Bobby, siccome non gliene è mai fregato niente che ci fosse del sangue in comune per essere una famiglia, si preoccupa per Sam e da' ad entrambi degli idioti, indistintamente.

Quindi qualche cosa gli arriva. Come che Sam sta ancora con Ruby. Che è una persona funzionale, adesso; che lo sono entrambi. Ah-ah. Buon per loro. Dean non ci crede, perché ci ha già creduto una volta e niente è andato per il verso giusto. Quindi grugnisce, quando Bobby ne parla, anche se non gli fa mai pressioni. Anche quando esce fuori che Sam potrebbe laurearsi, a breve, perché sai cosa fa il tuo fratello tossicomane una volta che si ripulisce? Riprende gli studi. Cristo, Dean gli da' atto che quantomeno è nel suo stile.

«E quindi?»

La cosa strana, del rapporto che ha con Bobby, è che sì, figura paterna eccetera eccettera, però quando deve dargli le notizie peggiori sono sempre a lavoro e Bobby ha sempre quella targhetta da Capo Squadra in bella mostra, in modo che Dean non si possa mettere a frignare come un bambino.

«Senti, forse non alzerà mai il telefono per chiamarti perché Sam è troppo intelligente per farlo e sa che lo manderesti a 'fanculo prima ancora che possa dire ciao» sbotta Bobby, gonfiando le guance e mettendo bene in chiaro che qualsiasi cosa Dean stia per ribattere, la può tenere per sé, grazie tante «Ma vuole che tu ci vada»

Dean non ha bisogno di spiegare perché la sua risposta sia no; o perché si prenda la briga di sbattere la porta dell'ufficio. Non ha nessuna intenzione di spostarsi fino alla California per una laurea. Dio, non sa neanche se ha intenzione di spostarsi fino al supermercato, quella sera, e al supermercato hanno le crostate. Sam non ha crostate. Sam ha solo un grumo di sensi di colpa.

«Qualcosa non va?» chiede Kevin, probabilmente senza nessuna intenzione di farlo sentire peggio. Ma la mascella di Dean si contrae, e non ha voglia di rispondere, non sa neanche da dove iniziare a parlare delle cose che non vanno – in realtà, Dean preferisce non parlarne affatto – quindi lo trascina in sala pesi anche se Kevin odia la sala pesi e si nasconde durante gli allenamenti. «Ti detesto» sibila, e Dean sogghigna, si fa perdonare con una pizza d'asporto e per sera è stanco, ignora la chiamata di Cas e si butta a letto e basta.

Però – però – anche con gli occhi chiusi e le coperte fino al mento, qualcosa prude dietro al collo, e Dean non vede Sam da sei anni, dall'ultima volta che si è tirato fuori da un centro di recupero senza aver recuperato un cazzo, da se esci fuori da quella porta, non azzardarti a ritornare.

Il problema è che però Sam è sempre Sam, che Dean non è mai riuscito veramente a non pensarci, e che il pensarci gli chiude la gola, ha paura di farlo, di ricordare, di confrontarsi con il vecchio se stesso e scoprire che non sia cambiato niente; e che rincontrandolo entrambi non siano cambiati, che possano entrare di nuovo in quel circolo sempre uguale, in cui mutano gli scenari ma non gli errori.

La mattina dopo, il campanello suona. Dean neanche si scomoda ad indossare qualcosa sopra i boxer, infila una t-shirt mentre va alla porta e sbadiglia.

Castiel lo fissa. A lungo. Lo fissa così tanto che Dean ha la gola secca e vorrebbe essersi fatto la doccia ma no, era troppo occupato a prepararsi aggressivamente la colazione e pensare aggressivamente ai suoi casini per farsi una doccia. O mettersi dei pantaloni.

«Sei scomparso» dice, tradendo una nota di risentimento.

Cas abbassa lo sguardo su di lui – Dean ha un brivido – poi «Lo so» risponde, il figlio di puttana, e ora Dean sta tornando a comportarsi aggressivamente «Sono qui per chiedere scusa»

«Potevi chiamare»

Castiel si inumidisce le labbra, sposta il peso nell'altro piede e abbassa un attimo lo sguardo, e la cosa buffa è che Dean, fino a quel momento, non sapeva di avercela con lui. Se si fosse trattato di qualsiasi altra persona, non sarebbe stato così. Sarebbe stato incazzato, che diavolo, non c'è molto da pensarci quando si è incazzati. Eccetto che Cas è suo amico e risponde sempre alle sue chiamate. Che Dean – proprio perché sono amici e Cas è la fonte di quel calore che gli disturba lo stomaco – non ha mai avuto molta considerazione, mentre Cas gliene ha sempre dato più di quanta ne meritasse.

«Ma volevo vederti» Castiel alza le sopracciglia, come se fosse abbastanza ovvio, e per qualche motivo rendere la situazione peggiore.

Dannazione. «Vuoi entrare?»

   
 
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