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Autore: mattmary15    14/07/2014    5 recensioni
Cosa accadrebbe se, ai giorni nostri, l'erede della famiglia Holmes fosse una stramba ragazza dagli occhi di ghiaccio e dai riccioli neri? Sociopatica e iperattiva, intelligentissima quanto bella. Ha un fratello che lavora per il governo, un ex ragazzo psicopatico e un paio di corteggiatori imbranati. Lei preferisce la solitudine e i delitti efferati. Almeno fino a quando incontra John. Così comincia il gioco una mattina di un martedì di ordinaria follia...
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Spoiler!, Triangolo
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Nessuna soluzione? Nessun problema!



L’indomani mattina John fu svegliato dal fischio assordante della teiera. Saltò giù dal letto e corse al piano inferiore ancora con i soli pantaloni del pigiama addosso temendo che Sherly stesse per far saltare in aria la casa.
La ragazza era in cucina, ancora in pigiama e vestaglia con tutti i capelli arruffati.
“Santo cielo, Sherly! La teiera!”
“Sì, ti ho chiamato dieci minuti fa per spegnare il gas.”
“Sherly, ero in camera mia, dormivo. Come avrei potuto sentirti? Sei ad un passo dal fornello!”
“E’ compito tuo preparare il tea. Ringraziami per aver messo l’acqua sul fuoco.”
“Giuro che se lo fai di nuovo, non preparerò mai più il tea.”
Sherly lo guardò sorridendo sorniona ma distolse quasi subito lo sguardo. Si alzò, si tolse la vestaglia e la porse a John.
“Non ho freddo.” Disse il ragazzo.
“Non ci si presenta davanti ad una donna con cui non si hanno rapporti intimi senza abiti, John. La vestaglia da camera è d’obbligo.”
“Sei seria?” chiese il soldato ridendo.
“Certo. Vuoi che la signora Hudson creda che abbiamo un certo tipo di relazione?”
John la guardò nel suo pigiama da uomo a righe verticali bianche e blu e continuò a ridere.
“Nessuno avrebbe un certo tipo di relazione con una donna che indossa pigiami da uomo di questo tipo. E mettiti un paio di ciabatte. A piedi nudi ti raffredderai!”
Sherly si guardò le dita dei piedi e il pigiama. In effetti la misura più piccola da uomo le stava comunque grande di almeno due taglie.
“E’ comodo. Ed è tutto ciò che viene richiesto ad uno stupido pigiama.” Concluse.
John preparò il tea che Sherly bevve con gusto.
“Che facciamo stamattina?” chiese lui.
Sherly si era accomodata sulla sua poltrona con le gambe incrociate e la tazza tra le mani. Sembrava un vecchio capo tribù indiano che deve decidere se andare a sud o nord con la sua gente. Soffiò sul tea e ne aspirò l’odore prima di parlare.
“Ci vestiamo e andiamo in banca. Dobbiamo chiudere il caso delle foto.”
John annuì consumando gli ultimi biscotti che aveva disposto su un piatto per la colazione constatando che Sherly ne aveva preso solo uno. Quella benedetta ragazza non mangiava abbastanza.
Dopo un’ora erano a South Bank. John si rese conto subito che Sherly sapeva esattamente dove andare. Arrivò alla reception degli uffici di direzione e chiese di un certo Sebastian Moran.
“Dica che è Sherly Holmes che chiede di lui.” Concluse velocemente e la segretaria eseguì. Dopo qualche istante un uomo sulla quarantina, vestito in modo elegante e con un sorriso scintillante, uscì a passo svelto da uno degli uffici e si diresse verso Sherly con le braccia spalancate.
“Sherly Holmes, che piacere rivederti!” esclamò amichevolmente. Sherly fece un passo indietro e si limitò a stringergli la mano. John abbassò il capo e sorrise. A quanto pareva Sherly davvero odiava il contatto fisico indesiderato.
“Possiamo avere qualche minuto del tuo prezioso tempo, Sebastian?”
“Ma certo!” disse L’uomo allargando di nuovo le braccia “A meno che tu non sia venuta a ritirare tutto il saldo del tuo fondo fiduciario!”
“Non si tratta di soldi.” Disse Sherly “Almeno non dei miei, Sebastian.”
A quelle parole Sebastian lanciò un’occhiata languida a John che si affrettò a cancellare rapidamente ogni dubbio.
“Neanche dei miei.” Disse soltanto.
Sebastian tossì e guardò Sherly un po’ confuso.
“Lui è John Watson. Un mio amico.” Disse la donna.
“Amico?” chiese il banchiere.
“Collega.” Aggiunse John.
“Bene.” Fece strada Moran “Di qua per il mio ufficio.”
La stanza era grande e arredata in stile minimalista. Sebastian si dondolò su una sedia e incrociò le dita delle mani posando i gomiti sul tavolo.
“Allora Sherly, cosa posso fare per te?”
Sherly sfilò le tre famigerate fotografie dalla tasca del cappotto e le posò sul tavolo.
“Forse sono io che posso fare qualcosa per te, Sebastian.”
L’uomo diede una rapida occhiata agli scatti e poi guardò Sherly.
“Non so di cosa tu stia parlando.”
“Avanti, vuoi davvero fare questo gioco con me, Sebastian?” Chiese Sherly sorridendo e imitando la posa dell’uomo. “D’accordo. Ruga sulla fronte. Indica che qualcosa ti preoccupa. Irrigidimento della mascella. Vano tentativo di nascondere la sorpresa. Aumento della sudorazione. Indica disagio. Devo continuare?”
Sebastian guardò John e sorrise.
“Lei non la trova odiosa quando fa così?”
“Mi ci sono abituato.” Rispose John.
“Allora? Chi ti ha dato queste foto, Sebastian?”
“E va bene. Sono arrivate per posta. La prima è stata quella della DietCoke circa un mese fa.” Confessò Moran aprendo uno dei cassetti della sua scrivania e tirando fuori alcune buste gialle “ Solo una busta con la foto e questo biglietto.”
Sebastian fece scivolare verso Sherly un cartoncino non più grande di un biglietto da visita bianco con una scritta nera che diceva solo ‘Nessuna soluzione? Nessun problema.’ Sherly se lo rigirò tra le mani, lo annusò e lo guardò controluce. Il banchiere proseguì.
“Tre settimane fa è arrivata la busta con la foto della L’Orel. Stessa busta e stesso biglietto. Questa volta nessuna scritta solo un indirizzo IP. L’abbiamo controllato. Fa aprire un file video. E’ una scena del film ‘La donna che visse due volte’. Alla fine, due settimane fa è arrivata la terza busta con la foto della Benz e un biglietto con un numero di cellulare.”
“Lo avete chiamato?” chiese John.
“Ovviamente. Il numero è inesistente.”
“Inesistente.” Ripeté Sherly.
“Già. Qualcuno si è divertito a rubare le anteprime delle campagne pubblicitarie di tre clienti primari della banca e me le ha recapitate. Abbiamo contattato gli studi fotografici delle tre compagnie e abbiamo scoperto che gli scatti non erano ancora andati in stampa. Quindi sono stati trafugati in formato digitale e poi stampati.”
“Certo!” Esclamò Sherly. “Ecco perché la carta era la stessa e fuori produzione!”
“Sapevo che avrei dovuto chiamare te. I nostri legali erano convinti che affidare un caso di spionaggio industriale ad una consulente investigativa non fosse, propriamente, professionale. Così hanno scelto Hole. Io sapevo però che non avrebbe ottenuto nulla.”
“Sbagliato.” Lo interruppe Sherly “Ha ottenuto di farsi ammazzare.”
“Sherly!” la rimproverò John “Sono informazioni riservate della polizia!”
“Non ti agitare, John. Sebastian è perfettamente a conoscenza che Hole è morto o non avrebbe detto che non avrebbe ottenuto nulla da lui, giusto?”
L’uomo aprì di nuovo il cassetto e tirò fuori un’ultima busta in cui stava una foto del cadavere di Hole.
“L’ho considerato un avvertimento.” Disse Moran “Ora come ora non posso fare altro che informare i miei clienti che l’unico collegamento tra i loro comuni problemi di privacy è la mia banca. A meno che tu non accetti il caso.”
“Se mi dai questi oggetti e ordini alla polizia di consegnarmi gli originali degli scatti. In quanto segreti industriali puoi reclamare le fotografie.”
“Ok.” Disse Sebastian mettendo tutto in una busta.
“Ti farò avere mie notizie, Sebastian.” Concluse Sherly afferrando la busta e dirigendosi verso l’uscita.
Quando furono fuori dall’edificio, Sherly si rivolse a John.
“Cosa ti disturba?”
“Niente.”
“Avanti, parla.”
“D’accordo.” Disse John fermandosi in mezzo ai passanti. “Non approvo. Stavi seguendo il caso per la polizia. Ora ti metti dalla parte di quel tizio che non mi piace per niente.”
“Sebastian è un totale idiota dai tempi dell’università. Te l’ho già detto. C’è qualcosa che mi sfugge e devo capire.”
“A qualunque costo?”
“A qualunque costo.” Disse lei decisa. “Andiamo a Scotland Yard.”

Greg stava facendo uno spuntino quando Sherly e John piombarono nel suo ufficio.
“Accomodatevi, fate come se foste a casa vostra!” esclamò ironicamente Lestrade.
“Grazie, Gary.” Disse Sherly mettendosi seduta.
Il detective sollevò gli occhi al cielo scatenando ilarità in John.
“Avete almeno scoperto qualcosa?” chiese.
“Dato che John era troppo impegnato con il suo appuntamento, la parola ‘avete’ è scorretta. Io ho scoperto quel che c’era da scoprire sul caso.”
Stavolta fu Greg a ridere di John. Sherly continuò.
“Micheal Hole ha ricevuto le foto da Sebastian Moran, direttore della sede centrale della Bank of England. Gli ha commissionato l’incarico di scoprire chi aveva trafugato le foto delle nuove campagne pubblicitarie di alcuni clienti della banca probabilmente per evitare di essere ricattato.”
“Qualcuno voleva ricattare Moran?” chiese Greg e Sherly annuì.
“Le foto sono state rubate in formato digitale. Quindi le stampe sono state fatte da chi ha ordito tutta la trama. Se non mi fai fare degli esami sugli originali, non potrò esserti più d’aiuto.” Concluse la ragazza. Greg guardò John.
“Non è un capriccio.” Aggiunse quest’ultimo “Moran ha detto che le foto gli sono state spedite per posta.”
“E Micheal Hole? Forse Moran c’entra anche con il suo omicidio.” Provò a insistere il detective. Sherly si alzò di scatto e si portò le mani al viso.
“Non essere stupido, Gary. Hole è stato assassinato ma il killer non ha portato via le foto. Questo indica che l’assassino è un killer su commissione. Non c’entra niente col caso. Forse Hole stava facendo domande in giro, attirando attenzione e, di norma, i ricatti si fanno nell’ombra. Lo hanno ucciso per evitare che Moran si mettesse a cercare altre informazioni.”
“Se ti do le foto, sarai in grado di restituirmele integre?” chiese Greg già immaginando le urla di Anderson.
“Assolutamente no.” Disse asetticamente la riccioluta detective e a John sfuggì una risata.
“Tu mi farai licenziare!”
“Non volontariamente.” Rispose Sherly.
Greg le diede le foto e lei le infilò nella busta che le aveva dato Moran.
“Andiamo John, il Bart’s ci aspetta!”
All’ospedale Sherly occupò il laboratorio di Molly Hooper e lui rimase in religioso silenzio a fissarla armeggiare con gli strumenti.
John, che la seguiva sin dal mattino, continuava a stupirsi dell’energia che metteva in tutto ciò che faceva. Ogni tanto Sherly tirava fuori qualche battuta sul suo appuntamento con Sara. Il dottore non le avrebbe mai confessato che aveva deciso di non uscire più con la donna. Non solo. Non le avrebbe mai confessato che in realtà aveva chiesto a Sara di uscire per capire se era ancora in grado di confrontarsi con una ragazza ‘normale’. Da quando si era trasferito a Baker Street, infatti, John aveva scoperto che alcuni dei motivi per cui aveva ritenuto necessario frequentare un’analista erano spariti. Innanzitutto non portava più in giro la sua pistola per un senso di inadeguatezza. Ora la portava  con sé perché poteva essere utile a proteggere se stesso e Sherly. In secondo luogo, si sentiva di nuovo a suo agio in mezzo alle persone. Riusciva a comunicare senza sembrare un ebete con Mrs.Hudson, il detective Donovan e Lestrade. Certo si sentiva inadeguato a parlare con Mycroft Holmes ma chi non poteva dire lo stesso? E poi c’era Sherly. Tutto aveva un senso stando intorno a lei. Era riuscito persino a tenere un diario come gli aveva chiesto l’analista. Era un diario online, un blog, ma pur sempre un diario. La sua vita lo rendeva felice. Stando insieme a Sherly, gli orrori della guerra sembravano un po’ più lontani. La polvere di Baker Street non lo irritava più.
Era perso in questi pensieri quando lei lo chiamò per farsi passare un reagente.
“Va tutto bene, John?” disse lei continuando a fissare le lenti del microscopio.
“Sì. Trovato niente? Sono le cinque e non hai mangiato nulla dal tea di stamane. In più a colazione hai mangiato solo un biscotto!”
“Se mettessi nei casi la stessa attenzione che usi per controllare ciò che mangio, John, saresti uno straordinario detective.”
“Fa pure della facile ironia. Tu non mangi abbastanza.”
“Mangiare mi rallenta.”
“Anche non mangiare. Comunque hai scoperto niente?”
“Non ci sono impronte sulle foto. Non che mi aspettassi di trovarne. Ho usato diversi reagenti per vedere se sul retro delle fotografie ci fosse qualcosa di nascosto. Niente.”
“Quindi siamo di nuovo in un vicolo cieco.” Disse sconfortato John.
“No. E’ chiaro che il messaggio non era nelle foto ma nei biglietti. Dobbiamo concentrarci su quelli. Anche se non riesco a credere che le foto non significhino nulla. C’è qualcosa che mi sfugge. Ad ogni modo, mangiare qualcosa da Angelo non ci farà male.” Concluse riponendo tutto nella busta gialla e salutando Molly che, ogni qualvolta la vedeva andare via dal suo laboratorio, tirava sempre un sospiro di sollievo.

Angelo aveva sempre un tavolo pronto per Sherly. Lui l’adorava. Non c’era nulla che non avrebbe fatto per lei. Quella sera gli servì fish and chips a lume di candela nonostante John gli avesse chiesto esplicitamente di non accenderle.
Sherly rideva sempre dell’imbarazzo crescente che colpiva John ogniqualvolta Angelo lo minacciava di non fare soffrire la sua signorina preferita. Il ristoratore si era convinto che John fosse il fidanzato di miss Holmes.
La cena trascorse serenamente. John si meravigliava di quanto Sherly apparisse ‘normale’ in certi frangenti e degli improvvisi sbalzi d’umore che la colpivano alla vista di un particolare tipo di vestito o di un profumo che intercettava nell’aria. Quella sera però tutto fu piacevole e rilassante. Non parlarono del caso mentre consumarono il pasto e un’ottima bottiglia di vino. All’uscita dal locale Sherly ebbe bisogno di aiuto a sistemare il cappotto. Le mani di John l’aiutarono ad infilarlo. Lui rideva di quanto poco reggesse l’alcool. Lei del fatto che lui lo reggesse fin troppo bene. Lui le chiese di non fare deduzioni in proposito e le alzò il bavero del cappotto per non farle prendere freddo. La pelle di Sherly era morbida sul collo. John arrossì violentemente ma lei non se ne accorse o fece finta di non notarlo. Raggiunsero Baker Street in pochi minuti. Mrs Hudson li sentì ridere e non si affacciò preferendo non interrompere quella che lei credeva una serata speciale.
Di sopra Sherly si disfò del cappotto e della sciarpa e si buttò sulla sua poltrona con la testa all’indietro.
“Stanca?” chiese John.
“Affatto. Vorrei concludere il lavoro. Fammi un riassunto.” Disse a John.
Lui prese la busta e svuotò il suo contenuto sulla scrivania. Dopodiché con degli spilli attaccò tutto alla parete degli enigmi, come avevano preso a chiamare la porzione di muro sopra il divano.
“Allora” disse John “abbiamo la foto di una lattina su sfondo biancorosso e un biglietto con la frase ‘Nessun soluzione? Nessun problema.’. Segue la foto di una modella con un cosmetico di moda accompagnata da un biglietto con l’indirizzo IP di una scena del film ‘La donna che visse due volte’. Infine la foto di un’auto di lusso con il solito biglietto con un numero di telefono inesistente. Non riesco proprio ad immaginare come possiamo arrivare al mandante delle fotografie e dell’assassinio di Cadavere.”
Sherly si alzò e lo raggiunse. Erano di fronte alla parete in silenzio. Sherly sospirò scompigliandosi i capelli.
“Fammi indovinare” disse John “C’è qualcosa che ti sfugge! Perché non andiamo semplicemente a dormire e ne riparliamo domani?”
“Non mi piace.” Disse freddamente Sherly.
“La proposta?” chiese il dottore.
“No. La sensazione. Siamo di fronte ad un tizio intelligente che sta giocando con noi.”
“Tu credi?” chiese John e Sherly annuì.
“I riferimenti dei biglietti sono chiari. Almeno i primi due.”
“Davvero? Perché non ne hai parlato subito nell’ufficio di Moran?”
“Non mi fido di Sebastian e neanche delle persone che lavorano con Greg.”
“Allora lo sai come si chiama!”
“Certo ma mi diverte vederlo diventare rosso di rabbia quando lo chiamo Gary.”
“Sei perfida!”
“Lo so.” Disse lei sdraiandosi sul divano.
“E di me? Puoi fidarti?”
“Ciecamente.” Rispose Sherly chiudendo gli occhi.
John rimase spiazzato. Era convinto che se ne sarebbe uscita con una delle sue battute sul suo limitato quoziente intellettivo. Invece aveva detto solo una parola e l’aveva detta con una naturalezza disarmante. La ragazza rimase con gli occhi chiusi e riprese a dare voce ai suoi pensieri.
“La frase ‘Nessuna soluzione? Nessun problema.’ è una citazione dalle storie di Dylan Dog. Questo può indicare due cose. O il misterioso ricattatore di Sebastian è un appassionato delle storie macabre o, come sono  più propensa a credere in base al secondo biglietto, si identifica con l’astuto investigatore dell’incubo. Si ritiene una persona talmente furba da riuscire dove chiunque non immaginerebbe neppure il delitto. Il secondo rifermento al film ‘La donna che visse due volte’ suggerisce che sia una persona con un trascorso importante che ufficialmente è ‘morta’ o sparita dagli onori delle cronache. Il terzo biglietto non l’ho ancora decifrato. Ho studiato il numero e non ha niente di sensato. Non è binario, non è Fibonacci, non è un codice criptato, non è un numero di serie. Potrei continuare per ore a dire cosa non è.”
“Forse era davvero un numero di telefono. Forse Moran ha aspettato troppo prima di chiamarlo e il nostro uomo lo ha disattivato.” Suggerì John. Sherly spalancò gli occhi e si mise seduta.
“Chiamalo!” disse la ragazza “Fa il numero.”
John prese il cellulare e digitò le cifre sul biglietto. Nessuna risposta.
“Rifallo!” disse lei.
“E’ inesistente.”
“Rifallo, ho detto!”
John non se lo fece ripetere.
“Chiudi e rifallo!”
Sherly scattò in piedi non appena John fece nuovamente il numero.
“Basta!” urlò.
“Cosa c’è Sherly?”
“Niente.” Disse lei bruscamente.
“Ma che ti prende?”
“Sono molto stanca e devo dormire.” Concluse raggiungendo la sua camera da letto e lasciando John in piedi imbambolato con ancora il cellulare in mano.

Quando udì lo scricchiolio delle scale che portavano al piano superiore, segno che John era salito in camera sua, Sherly uscì dalla sua stanza e raggiunse di nuovo la parete degli enigmi.
Il suo viso era tirato in un’espressione di incredulità e scetticismo. Stentava a credere che la sua teoria fosse vera ma sapeva che se escludi l’impossibile, ciò che rimane deve essere necessariamente la verità. E la verità assumeva tinte fosche. Chi aveva mandato le foto a Sebastian era un criminale di livello altissimo, con un passato ormai sepolto e la passione per enigmi indecifrabili. Aveva incontrato solo una persona in vita sua con quelle caratteristiche. Solo un individuo avrebbe usato un cellulare come strumento musicale. Lo aveva capito mentre John aveva composto il numero. Quello sul biglietto era una sequenza musicale. Digitando i numeri su un display, il suono che i tasti avrebbero prodotto sarebbe corrisposto ad una canzone. Nello specifico la canzone era ‘Staying alive’. Sherly stentava a credere a come si incastravano tutti i pezzi del puzzle. La sua attenzione tornò alle foto. Cosa avevano in comune se non la carta Fineart812? Rise di se stessa. Non la carta era importante ma il nome del modello: Fineart.
Come aveva fatto a sfuggirle che la parola ‘Art’ si pronuncia come la parola ‘Heart’? Solo una persona, all’epoca dell’università, l’aveva chiamata così: fine heart, ovvero cuore tenero.
Ora sapeva con chi aveva a che fare. Doveva agire. Doveva fare in fretta. Doveva farlo da sola.
Prese il cappotto e scrisse un biglietto per John.
‘Esco per comprare il latte. Linea 8, zona 1, seconda fermata.”
Uscì senza fare rumore e con un taxi raggiunse la sua destinazione.

John non riusciva a dormire. Di sotto c’era troppo silenzio. Si alzò e tornò al piano inferiore. Forse Sherly stava dormendo oppure era morta nel sonno a causa di uno dei suoi esperimenti.
Il salotto era immerso nell’oscurità. Accese una luce e si accorse subito che la porta della stanza della ragazza era aperta. Non era mai entrato nella sua camera. In qualche modo temeva di scoprire che, al posto del letto, Sherly aveva sistemato una bara. Forse per questo mangiava così poco. Era un vampiro. Scosse il capo e bussò appena. Capì che la stanza era vuota. Tornò in salotto in preda al panico. Dove poteva essere finita stavolta? Si accorse subito che sul tavolo c’era un biglietto. Lo lesse.
Che diavolo significava? Era scesa a comprare il latte a quell’ora? Lei non andava mai a comprare il latte. Tornò di sopra a vestirsi. Riscese. Non sapeva darsi pace. Forse Sherly immaginava che l’avrebbe letto il giorno dopo e che avrebbe ritenuto plausibile che fosse uscita a fare compere al supermercato. Sherly però aveva sempre detto che non sarebbe mai entrata in uno di quei dannati megastore a fare la spesa. Dove diavolo era finita? Si concentrò sul resto del messaggio. Linea 8, zona 1, seconda fermata. Era un chiaro riferimento alla metropolitana. O ai treni? O agli autobus?
La sensazione che stesse per capitare qualcosa di brutto a Sherly cresceva. La serata era stata piacevole ma era finita male non appena lui aveva composto quel dannato numero di telefono sul cellulare. Un’idea lo illuminò d’improvviso. Sherly aveva capito qualcosa in quel momento e non l’aveva voluta condividere con lui. Altro che cieca fiducia! Era arrabbiato e la rabbia gli fece fare un gesto impulsivo. Compose un numero.
“A quest’ora della notte può chiamarmi solo sua Maestà. Lo sa vero, dott. Watson?”
“Sì, ma si tratta di Sherly. E’ successo qualcosa di grave anche se non so cosa e ho bisogno di qualcuno che ragioni come lei.”
“Di che si tratta?” chiese Mycroft.
“Linea 8, zona 1, seconda fermata.” Rispose John.
“Direi con assoluta certezza che stiamo parlando della Metropolitan Railway, la linea rossa della metro. E’ stata l’ottava in ordine di tempo ad essere costruita. La seconda fermata della zona 1 di questa linea può essere Queensway o Bank. Dipende dalla direzione.” Disse con calma Mycroft.
“Grazie. Vado a riprendere Sherly.” Disse John chiudendo la chiamata. Come aveva fatto a non capirlo? John non era Sherly ma tra quelle due fermate sapeva esattamente dove andare.

Sherly raggiunse il palazzo della banca d’Inghilterra e salì gli scalini senza fretta. I portoni erano chiusi ma lei sapeva come entrare. Tra le cose che le avevano sempre biasimato c’era la cleptomania. Non aveva mai rubato per cattiveria o necessità. Ogni tanto le piaceva provare il rischio di portare via qualcosa a qualcuno che si dava arie da grand’uomo. Così aveva sfilato a Sebastian Moran il suo pass.
Lo fece passare all’ingresso e la porta si aprì agevolmente. Raggiunse lentamente il suo ufficio ed entrò.
Un uomo era seduto sulla sedia del banchiere. Era in penombra. Sherly sorrise furbamente.
“La donna che visse due volte. Davvero? Non ti sembra un po’ melodrammatico?”
“Ce ne hai messo di tempo. Eppure era così semplice!” disse l’uomo nella penombra.
“Fineart812. Lo ammetto. Idea splendida. Perdonami se non ho pensato subito a te. Ti consideravo morto.” Disse Sherly facendo un passo in avanti.
“Un uomo con le mie risorse? Credevi che sarebbe bastato un dirupo di qualche decina di metri ad uccidermi?”
“Non ho detto che ti credevo morto. Speravo che avessi il buon gusto di ‘restare’ morto dopo ciò che hai fatto dieci anni fa.”
“Ma la colpa è tua, cuoricino! Sono rimasto nell’ombra a guardarti diventare grande. Poi ho dovuto agire. Dovevo salvarti dall’errore più grande della tua vita!”
“Il ‘mio’ errore?” chiese Sherly raggiungendo la scrivania.
“Certo! Hai sempre saputo quanto sono geloso. Credevi che ti avrei permesso di metterti un altro uomo in casa?”
Sherly cominciò a comprendere. La prima foto inviata a Sebastian era partita un mese prima più o meno in coincidenza con il trasloco di John a Baker Street. Sherly si pentì amaramente di aver lasciato il biglietto al ragazzo.
“La mia vita non ti riguarda più. E poi vorresti farmi credere che hai rubato dei segreti industriali solo per attirare la mia attenzione?”
“Mi deludi, tesoro, se credi che non farei questo ed altro per te. Non solo ho rubato le foto, le ho stampate su una carta personalizzata e ho ricattato questo imbecille.” Disse l’uomo accarezzando la targa con il nome di Moran “Ho dovuto commissionare anche l’omicidio di quel detective per farti avere le foto! A proposito! Troverete il cadavere del killer sui binari di Charing Cross. Poverino era depresso e si è suicidato!”
“Così hai tagliato tutto ciò che collegava i reati a te.” Disse Sherly.
“Naturale.”
“Cosa vuoi?” chiese Sherly.
“Te.”
“Non puoi avermi.”
“Se non posso averti io, non ti avrà nessuno!” disse l’uomo alzandosi e accendendo la luce.
“E così ci rivediamo Jim.” Disse la ragazza rimanendo ferma al centro della stanza.
L’uomo, capello corto e curato, abito elegantissimo e costoso, fece il giro della scrivania e le fu di fronte. Le prese una ciocca di capelli bruni e se la portò alle labbra.
“Sei sempre bellissima.”
“E tu sei sempre uno psicopatico.”
“Mi ami per questo.”
“Ho amato la tua intelligenza prima di scoprire che era asservita alla violenza e alla cattiveria.” Disse Sherly.
L’uomo allargò le braccia e fece spallucce.
“Sono un essere umano, amore mio!”
“Io non lo sono più grazie a te.”
“Sei una creatura migliore.”
“Vogliamo continuare ad offenderci a vicenda ancora a lungo o mi dici cosa intendi fare?”
L’uomo le si avvicinò. Sherly non si mosse. Lui le diede un bacio sulla guancia.
“Hai smesso di fumare.” Disse Jim “Hai fatto bene. Il fumo uccide. Molto più lentamente di me comunque. Il mio unico interesse era rivederti. L’ho soddisfatto. Ora me ne vado.”
“Chi ti dice che ti lascerò andare?”
“Mi lascerai andare perché se non me ne vado ora, finirò per incrociare il tuo nuovo amichetto. Vuoi far tu le presentazioni, mia adorata?” Jim la oltrepassò e raggiunse la porta. “Mi mancherai, cuore tenero. Tornerò a trovarti. Da un messaggio a Watson da parte mia. Se ti tocca, è un uomo morto.”
La porta si aprì e si richiuse e Sherly rimase da sola. La rabbia ad accecarle ognuno dei suoi sensi.

John raggiunse la sede della banca d’Inghilterra correndo. Trovò la porta aperta e si fiondò verso le scale. Ad un tratto udì la scala mobile mettersi in moto. Guardò verso l’alto e vide un uomo ben vestito fermo su uno dei gradini.
“Lei deve essere John Watson.” Disse l’uomo con un tono che sembrava divertito “E’ un vero piacere conoscerla! E’ arrivato prima del previsto!”
“Chi è lei?” chiese John portando la mano all’arma nascosta dentro la tasca destra del suo giaccone.
“Jim Moriarty. Per servirla.” Disse simulando un inchino con eccessiva foga.
“Dov’è Sherly?”
“Al sicuro, se lei le rimane a distanza, dottore.” Disse l’uomo facendosi improvvisamente serio e minaccioso “Diversamente non posso garantire l’incolumità di nessuno. Ora le auguro una buona notte, John.” Concluse aprendo la porta. John sfoderò la pistola e prese la mira.
“Non si muova!” gridò.
“Le dirò, dottore, lei mi piace e per questo voglio farle un regalo. Crede davvero che sia qui da solo? E se no, chi è sotto tiro in questo momento, lei o la nostra Sherly al piano di sopra?”
John si voltò di scatto e salì le scale due a due. Aprì la porta dell’ufficio di Moran e corse addosso a Sherly buttandola a terra e facendole da scudo con il proprio corpo.
“John! Dimmi che tutto questo ha una spiegazione ragionevole!” urlò Sherly senza però muoversi o scrollarsi John da dosso. Poteva sentire l’odore della pelle sudata del ragazzo mischiata all’acqua di colonia.
“Non chiedermi di essere ragionevole! Hai detto che ti fidavi di me!”
“Mi fido ciecamente di te!” rispose la ragazza.
“Come no! Perché sei venuta qui da sola allora?”
“E’ una storia lunga. Ed è tardi.” Disse lei voltando la testa di lato.
“Tardi per cosa?” chiese John imitando la battuta di Sherly al Bart’s e lei sorrise di un sorriso che incantò l’uomo.
In quel momento la porta dell’ufficio di Moran si aprì di scatto e la figura di Moriarty riapparve sull’uscio. Armata.
“Ero stato chiaro!” gridò agitando l’arma “Ci vuole così tanto a farmi contento? Avevo detto che non deve toccarti!” fece puntandola poi contro John.
Sherly lo spinse via e si rialzò frapponendosi tra i due uomini.
“Una mossa azzardata Sherly!” cantilenò Moriarty “Potevo premere il grilletto.”
“Lo so.” Disse lei guardando Jim che si grattava la tempia con la pistola.
“Sei sempre stata una persona impulsiva.” Disse l’uomo.
“Non ti lascerò uccidere John.” Affermò Sherly senza esitazione.
“Non questa volta, cuoricino. Forse non questa volta.” Concluse aprendo la porta e rivolgendosi a John “Per ora la lascio a te, dottore. Ma non sarà per sempre. Lei è mia. E verrò a riprenderla. Siamo anime gemelle.”
John lo vide andare via saltellando con la pistola in pugno. Lui sentì il bisogno di afferrare la mano di Sherly. Questa volta lei non la tirò indietro e lui acquisì la consapevolezza che non l’avrebbe più lasciata. Non avrebbe mai lasciato il fianco di Sherly Holmes. Soprattutto non avrebbe mai lasciato Sherly nelle mani di quel pazzo.

Note dell'autrice: E anche questo secondo caso è finito. Come vi è sembrato? Spero che il capitolo un po' più lungo del solito non vi abbia annoiati. Solo alcune precisazioni : la citazione di Dylan Dog è 'Nessun battito, nessun problema.' Spero di non aver offeso nessun appassionato del detective dell'incubo. Adoro Dylan! 'La donna che visse due volte' è uno dei miei classici preferiti. L'avete mai visto? Ve lo consiglio. Non mi dilungo oltre.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno scritto in privato o recensito. Grazie davvero di cuore. A presto. Kisses.

  
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