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Autore: _SamanthadettaSam_    14/07/2014    3 recensioni
Dal testo:
"- Davvero pensi di poterti nascondere, di scappare da questo inferno chiamato Dark Lake? ahahahahah -
La vecchia si alzò dalla sedia, incrociando i suoi occhi spenti in quelli glaciali del ragazzo.
- Potresti farlo sai? Scappare da qui, e rifarti una vita. Ma a Lei basterà annusare l'aria, e in meno di un minuto, sarà già sulle tue tracce. E senza che tu te ne renda conto, ti troverai il suo fiato sul collo, e i suoi denti nella tua carne. -"
Un'antica creatura si è risvegliata,
Una città maledetta,
Sei ragazzi speciali,
Il destino dei propri cari è nelle loro mani.
"Non si può scappare dalla Creatura.
Non si può scappare da Dark Lake."
Genere: Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Dark Lake - Capitolo 13

Dopo le veloci presentazioni, il gruppo di Guardiani venne trascinato verso l'uscita del castello, nel cortile centrale. I Guardiani elementali li raggiunsero subito, fermandosi di fianco a ognuno di loro. Dana prese un piccolo sacchetto e diede un qualcosa di rotondo a ognuno di loro. Aveva le dimensioni di una prugna e al tatto era morbida come una pesca. La cosa più strana di quel frutto era il colore. Nelle mani di Dana erano bianche ma appena le mani dei Guardiani le afferrarono, presero i colori e le sfumature più svariate.
- Queste sono bacche viaggiatrici, consentono di spostarsi in qualunque posto si voglia andare. Cambiano colore appena avvertono il contatto con un Guardiano. - Spiegò la rossa, osservando le facce stupite del gruppo.
Come poteva un semplice frutto trasportarli?
Per fortuna, in loro aiuto arrivò Dawn.
- Dovete semplicemente dargli un morso e pensare a dove volete andare. In questo caso pensate tutti al vostro elemento, la bacca penserà al resto. - Concluse lei poi diede un morso al frutto e in una nuvola di vapore scomparve assieme a Belle.
Dopo un paio di minuti, sotto le sollecitazioni dei Guardiani elementali, il gruppo addentò coraggiosamente quelle bacche. Avevano un gusto simile alla cannella con un leggero retrogusto di liquirizia.
Duncan sgombrò la mente da ogni pensiero e si concentrò sul suo elemento. Pensò ad un ricordo in particolare: una tempesta estiva, potente come poche che accompagnò la notte del suo settimo compleanno con il fragore dei tuoni. Ripensò intensamente a quel suono, al cielo nero pieno di nuvole, alla pioggia che cadeva incessante, a sua madre che lo guardava sorridente mentre egli osservava rapito quello spettacolo.
Con quei pensieri, il moro non si rese neanche conto che stava già viaggiando verso il cui campo d'addestramento.

***

L'unica cosa che vedeva in quel momento era una nebbia lattiginosa. Essa vorticò intorno a Zoey per un tempo indefinito, poi la nebbia lentamente si dissolse e la ragazza si ritrovò circondata dalle nuvole. Si trovava su una piattaforma di metallo che volteggiava a chissà quanti chilometri di distanza dalla terraferma. Intorno a lei, spuntavano violente tra le vaporose nuvole le cime appuntite di una lunga catena montuosa, completamente prive di vegetazione e di fronte a lei vi era un grande castello sulla cima di una montagna, con le mura in pietra bianca e il tetto con tegole scure. La piattaforma metallica dove si trovava era tenuta in aria da quattro palloni aereo statici posti ai quattro angoli. Alla sua destra vi erano varie armi e scudi e alla sua sinistra un mucchio di manichini distrutti.
- La vista da qui è spettacolare vero? - La voce del Guardiano elementale precedette la comparsa della sua slanciata figura. Ella arrivò dall'alto, con una potente picchiata che terminò in un delicato atterraggio. Le sue maestose ali rimasero spalancate per un attimo, mostrando la loro smisurata grandezza. Elisabeth era una donna di straordinaria e particolare bellezza; questo non era determinato per i suoi lineamenti, ma per il suo atteggiamento fiero e deciso. Questo faceva di sé una donna forte che sembrava non aver paura di nulla, capace di farti vacillare e prosciugarti le forze con un solo sguardo. E proprio quel famigerato sguardo era fisso su di lei, che la squadrava da capo a piedi. La rossa abbassò lo sguardo a disagio, notando solo in quel momento che sulla piattaforma di metallo dove erano vi era inciso un grosso stemma. In esso riconobbe i simboli dei suoi due segni incrociati tra di loro, ossia l’acquario e il capricorno. Nella cornice ovale che racchiudeva questi due simboli vi era scritto, con un carattere dai tratti marcati e leggeri:

Siam nati per lottare, come il vento sappiam comandare.

- Ti piace qui? – Chiese all’improvviso la donna, riuscendo a farle rialzare lo sguardo. Zoey si guardò in giro osservando l’immenso manto soffice di nuvole intorno a lei, immobili anche se il vento soffiava furioso.
- Sembra che il temo qui si sia fermato. – Commentò semplicemente. Ed era vero! Quel paesaggio immobile dava l’impressione che le lancette dell’orologio si fossero fermate, in un attimo eterno di assoluta pace e silenzio. All’improvviso il suo sguardo fu attirato da una gigantesca creatura che era riuscita a bucare quel soffice ma resistente tappeto.
Era un pipistrello gigante, con un corpo quasi umanoide, dalle forme femminili e ricoperto di pelo. Le sue lunghe ali erano composte da tre protuberanze ossee di color viola, legate tra loro da una trasparente membrana. La creatura volteggiò intorno a loro, poi atterrò di fianco alla Guardiana elementale, lasciandosi accarezzare dalla stessa. Zoey osservò affascinata la stupenda creatura davanti a lei. Era di sicuro la cosa più bella che avesse mai visto.
-  Sei arrivata giusto in tempo. Questa è la nuova Guardiana dell’aria, Zoey. – Disse Elisabeth alla creatura che si voltò ad osservare la ragazza.
- Come sai il mio nome? –
- Sono il tuo maestro, so tutto di te solo dopo averti osservato per una volta. – Spiegò lei, sorridendo leggermene e continuando ad accarezzare la soffice pelliccia del pipistrello.
- Quindi sai che io non sarei dovuta essere qui… - Sospirò, ricordando che lei non era destinata a quello, ma Trent sì.
- Si… non è certo passata inosservata qui la morte così precoce di un Guardiano. Quest’avvenimento significa soltanto una cosa… -
- Cosa? –
- …Che la Creatura ha un alleato. Qualcuno che vi renda le cose difficili mentre lei cerca di spezzare le catene che la imprigionano. – Sospirò con tono irritato. – Per questo dobbiamo lavorare sodo perché ho paura che non ci rimanga molto tempo... – Concluse lei.
Il gigantesco pipistrello spinse leggermente con il muso la sua padrona, emettendo bassi versi.
La donna parve scuotersi e lasciare per un attimo l’irritazione e lo sconforto di aver perso un allievo prima ancora di conoscerlo.
- La mia qui presente compagna vuole farti un dono speciale. Un suo personale augurio per la vita che porti in grembo e per la battaglia che tu e il tuo futuro marito affronterete per evitare l’inevitabile. – A quelle parole la rossa si sorprese che il Guardiano elementale sapesse anche di quel particolare. D’istinto appoggiò la mano sul ventre. La sua più grande paura era quella di perdere quel piccolo essere dentro di lei, il simbolo dell’amore tra lei e Mike. A pensiero che entrambi rischiavano di morire per mano di quella mostruosità che era imprigionata nel fondo del lago le vennero le lacrime agli occhi.
In un istante si ritrovò stretta tra due calde braccia, che la consolarono pazientemente.
- So di essere stata dura ma prima affronti questa realtà di petto meglio sarà per tutti. Stai per diventare madre ed è ora che cominci a comportarti come tale non credi? – Mormorò Elisabeth sciogliendo l’abbraccio. Quelle parole ebbero il potere di far calmare la rossa, che subito si asciugò le lacrime con la manica della maglia. Doveva essere forte, per il bene del suo bambino. Appena si fu calmata notò il pipistrello gigante venire verso di lei con tra i denti una piccola palletta di pelo blu. Essa si avvicinò a lei, mentre la donna le mimava di prendere quella pallina in mano. Esitante Zoey la raccolse costatando che era soffice come il pelo di un gattino di pochi mesi. All’improvviso la pallina si mosse e Bella Gioia avvertì quattro piccole zampette artigliate muoversi sul suo palmo. Era un piccolo pipistrello-umanoide!
- Questo piccoletto ha fatto un po’ il ritardatario ed è nato solamente questa mattina. – Disse la Guardiana, dandole un collarino di color azzurro cielo. L’animale emise una serie di versi verso la sua padrona Elisabeth, come se stesse conversando con lei.
- Zya (si pronuncia Zaia N.D.A.) ha voluto personalmente che uno dei cuccioli della sua prole fosse dato in dono a te come tuo protettore. Spera che ti dia la forza di combattere e che ti ricordi sempre che quello che stai facendo è per il futuro del mondo e quindi per il bene di tuo figlio. E’ spera ovviamente che sia un ottimo protettore dato che deve difendere due vite invece che una. – Il piccolo pipistrello si sedette sul palmo della mano della rossa e si stiracchiò, aprendo la bocca e mostrando una fila di piccoli dentini affilati.
- Grazie… ha già un nome? – Disse lei accarezzando ancora incerta l’animaletto.
- E’ tradizione che sia il Guardiano a dare il nome al suo protettore, per rafforzare il legame che li lega. Così ho fatto io e così hanno fatto anche i tuoi predecessori e di sicuro lo hanno fatto anche i tuoi compagni Guardiani. – Spiegò la donna, ma Zoey non l’ascoltò molto.
- Zya è la madre e lei è l’unica ad avere il diritto di dargli un nome, non è vero? –
Il pipistrello guardò fisso negli occhi la sua padrona per poi rivolgere quello che era uno sguardo dolce verso il cucciolo e pronunciale un verso sussurrato con tono amorevole.
- Ethox, vuole chiamarlo Ethox. – Disse Elisabeth, accarezzando la schiena del suo protettore.
Bella Gioia sentì distintamente il dolore che quella madre stava provando all’idea di lasciare quel figlio tanto adorato. Quella visione era così triste che la ragazza avanzò senza pensarci verso il pipistrello e lo abbracciò, sussurrandogli all’orecchio che si sarebbe presa cura di lui come se fosse stato suo figlio.
Appena quell’abbraccio fu sciolto, la creatura le sorrise e, con le lacrime agli occhi, intonò un alto e melodioso verso al cielo prima di prendere il volo e sparire tra le nuvole.
- Ti ha ringraziato del gesto a modo suo… -
- Non posso pensare che abbia affidato il suo piccolo a me. – Sospirò Zoey, lo sguardo fisso verso l’orizzonte.
- Zya vuole essere utile in questa battaglia, ed anche se è triste per questo distacco, sente che è la cosa giusta da fare. Farò comunque in modo che lei sia sempre presente ai nostri incontri… –
- Così da poter vedere il figlio spesso. – Terminò Bella Gioia per lei.
Dopo qualche minuto di silenzio, la Guardiana elementale batté due volte le mani e a passo deciso si diresse verso il cumulo di armi raccogliendo due spade lucenti.
- Adesso però cominciamo l’addestramento. Abbiamo una Creatura da sconfiggere. – Annunciò lei porgendo una delle due spade alla ragazza che la impugnò subito.

 ***

Il sapore ferroso del sangue gli invadeva la bocca, mischiato al sapore della terra calda di quella arena dove era steso. Si alzò lentamente percependo il dolore dei colpi che aveva subito e che lo avevano gettato a terra. Si asciugò la fronte imperlata di sudore e sputò a terra il sangue che aveva in bocca. Un’arena d’addestramento posta dentro il cratere di un vulcano spento, circondato da tanti altri attivi e in piena eruzione. Tutto quel calore era insopportabile anche per lui, che nelle notti d’inverno da piccolo preferiva dormire nel camino acceso. Raccolse la katana e si girò con sguardo truce verso il suo avversario. Perceval lo stava aspettando dall’altro lato dell’arena, con uno sguardo imperscrutabile, mentre i suoi lunghi capelli seguivano il volere del forte vento che trasportava le ceneri dei vulcani vicini. Senza attendere un secondo di più corse verso di lui a testa bassa, la mano destra ad impugnare l’arma, la sinistra impegnata a lanciare bombe di fuoco al suo avversario. Il Guardiano elementale schivò senza troppa fatica gli attacchi del rosso e poi veloce, afferrò il ragazzo per il collo e fermò la sua corsa a testa bassa. La Iena gettò l’arma a terra per poi aggrapparsi alla mano dell’altro stretta intorno al suo collo.
- Dimmi Scott sai cosa hai sbagliato in questo ennesimo attacco? – Disse tranquillamente Perceval, sollevandolo da terra e stringendo la presa. Scott boccheggiava in cerca d’aria, cercando di liberarsi dalla presa.
- Te lo dico io… - Lo gettò a terra, come se fosse un rifiuto, poi lo raggiunse e premette il suo piede sul ventre di Scott. – Assicurati che il tuo avversario non sia immune al fuoco prima di sprecare le tue energie con le palle di fuoco. – Concluse e come colpo di grazia gli assestò un calcio nella pancia, che fece piegare il ragazzo in due. Il Guardiano elementale ripose la sua katana nel fodero, si sistemò i capelli che gli coprivano il viso e si girò a osservare l’ennesimo vulcano in piena eruzione. Il rosso tossì e boccheggiò reggendosi la pancia per il forte dolore, solo dopo un po’ si alzò barcollando e guardando con ancora più odio l’uomo davanti a lui. Perché lo stava trattando così? Aveva intenzione di ucciderlo?
- Ti sto allenando in modo che tu sia pronto a qualsiasi colpo basso della Creatura… -
- Come hai fatto a…? – La Iena era esterrefatta, che Perceval avesse gli stessi poteri di Dawn?
- Sono il tuo Guardiano elementale, riesco anche a leggerti nel pensiero, comunque Dawn ha ragione…- Mormorò lui senza però finire la frase.
- Su cosa ha ragione? –
- Che sei un ragazzo dalla pelle dura quanto la tua testa, un’altra persona si sarebbe arresa mezz’ora fa. – L’uomo si girò verso di lui e al rosso per un attimo gli parve di scorgere un sorriso soddisfatto su quel volto indecifrabile. Impressione che scomparve nel giro di due secondi, lasciando il posto ad uno sguardo severo. Egli si avvicinò a lui fino ad essere a pochi centimetri di distanza dal suo viso.
- Devi cercare di usare più il cervello per programmare i tuoi attacchi, invece che attaccare come un toro inferocito. – Esalò Perceval per poi estrarre di nuovo la sua fidata katana e puntarla contro Scott.
- Riproviamo, ma questa volta non sarò gentile. – Ghignò malvagio, ricevendo in risposta dal rosso un altro ghigno.
- Neanche io sarò più così gentile fanciulla.

***

Buio.
Si trovava nella perenne oscurità da chissà quanto tempo. Grazie alla sua “vista notturna” era riuscito a scorgere nel buio un piccolo cumulo di armi abbandonate a terra. Si trovava in arena come sospesa su una nuvola nera che ogni tanto borbottava con un potente tuono, intorno all’arena vi erano delle piccole candele che però sembravano non vincere contro l’oscurità intorno a loro. Quella doveva essere la sua arena personale d’addestramento, ma del suo addestratore nemmeno l’ombra. Era circondato da una nebbia oscura, più simile al fumo. Chiuse gli occhi e respirando profondamente le sue orecchie furono allietate con la dolce melodia del silenzio.

La melodia del buio.

“Si questo è il mio elemento” Pensò tra sé e sé sentendo l’oscurità accarezzargli la pelle come il sole in un giorno di mare. Aprì gli occhi e, dopo che la sua vista si riabituò di nuovo al buio circonstante, cominciò a cercare nel mucchio d’armi qualcosa che potesse fare al caso suo. I suoi occhi furono attirati da un paio di lunghi martelli da combattimento. Erano lunghi come delle grosse spade ma più pesanti. Li prese e senza neanche pensarci cominciò ad agitarli per aria come a combattere contro la nebbia che lo circondava.
- Ottima scelta, anche se io avrei scelto un’arma meno devastante e più precisa. – Una voce penetrò nel buio. Duncan si guardò intorno senza però capire da dove provenisse.
- Dove sei? – Urlò lui, in posizione d’attacco. In risposta si levò una sonora risata.
- Rilassati non sono un nemico, puoi abbassare l’arma. – Pronunciò pacata la voce e all’improvviso dalla nebbia comparve la figura scheletrica di Greg. Il Guardiano Elementale restò a fissarlo per un po’ con i suoi occhi neri che sembravano adesso brillare tra quella nebbia.
- E’ una maschera quella che hai addosso? – Chiese all’improvviso il moro. L’uomo-o se così davvero si può chiamare-rimase in silenzio a fissarlo per altri minuti, poi parlò, con voce calma e pacata, mentre il suo sguardo si perdeva nella visione del paesaggio circostante.
- Tutti noi indossiamo delle maschere nella vita. Chi per nascondere la sua vera natura per paura di non essere accettato, chi per ingannare il prossimo. Poi c’è gente che è stata costretta a indossare un preciso tipo di maschera, solamente perché la società l’ha associata alla sua faccia e al suo nome. –
A quelle parole puntò fisso il suo sguardo sul Punk e in quel frangente egli si sentì un lungo brivido attraversargli la spina dorsale. Quegli occhi incavati nella maschera erano capati di intimorirlo in poco tempo.
- Questa maschera è stata ricavata dal cranio del mio amato fratello, divorato dalla creatura perché sangue del mio sangue. La porto per ricordarmi il perché sono ancora qui. –
- Sei qui per lui vero? – Chiese Duncan, avvertendo che quell’immenso scheletro incappucciato davanti a lui era più umano di quanto pensasse.
- E’ morto al posto mio, mi ha salvato la vita offrendo la sua e io… be’ io posso solo addestrare i Guardiani che arrivano qui, sperando che riescano a uccidere la bestia che lo ha ucciso. - Sibilò lui, mentre un’insolita fiamma attraversò quei buchi neri.
- Quindi non abbiamo tempo da perdere no? Forza mostrami quello che sai fare vecchietto scheletrico! – Esclamò lui sghignazzando, in posizione d’attacco. Greg rise di gusto alla proposta del moro, poi all’improvviso di avvicinò a lui, fissando di nuovo i suoi occhi nelle iridi acquamarina del ragazzo.
- Quello che ha detto la regina era proprio vero... - Sussurrò lui, senza smettere di esaminare ogni singola sfumatura di quegli occhi.

Era da anni che non li rivedeva e ora erano lì, solo su un volto diverso.

- Cosa intendi? – Duncan era molto confuso, ma sapeva che se si trattava della regina non era nulla di buono. Dopo la conversazione che aveva avuto con lei la notte scorsa era più che certo che quella donna sapesse più di quanto voleva far credere, soprattutto riguardo sua madre. Ora aveva l’opportunità di dare una risposta a tutti i suoi interrogativi.

Voleva saperne di più, SUBITO.

Greg parve essersi pentito di aver pronunciato tale frase e pensò più volte di tacere ma vedendo quegli occhi, uguali ai suoi, gli diedero la forza di scatenare quella tempesta che sapeva si sarebbe riversata su quel ragazzo e sulla sua vita.

Ma era per il suo bene.

- I tuoi occhi sono gli stessi di sua figlia… -
A quelle parole Duncan sgranò gli occhi e indietreggiò velocemente dal Guardiano elementale, come ci si allontana da un cane pronto ad azzannarti.
- Cosa intendi con questo!?! –
Greg si sfregò le mani lentamente immerso nei sui pensieri e nei suoi dubbi, ma poi scosse la tessa e guardò negli occhi il moro, con uno sguardo determinato.
- Sua figlia… Tua madre Evelyne. – Disse deciso mentre un potente tuono annunciava l’arrivo di quella famigerata tempesta.

Angolo dell'Autrice:

Salve a tutti!!!!
Scusate la luuuuuuuuuuuuunga assenza ma ho passato tutto maggio a studiare per uscire senza debiti ( missione riuscita ;P)
Poi ho passato tutto giugno a riaccappiare l'ispirazione che era scappata appena ha visto tutti i libri da studiare Dx
Ma ora l'ho ripresa, anche se adesso sono comparsi  problemi tecnici della sera "pc che si spegne ogni nano secondo"
Ma adesso basta parlare di questo e parliamo del cap:
Ho voluto dividerlo in tante piccole scenette per farvi vedere il primo incontro con i Guardiani e ho scelto tre protagonisti che secondo me erano molto interessanti.
e finalmente per la vostra gioia... IL MISTERO DI EVELYNE SI STA SVELANDO!!!!
Ma se volete sapere di più dovete continuare a leggere :D
ora vi lascio alle immagini dell paesaggio che vede Zoey e Scott e del piccolo Ethox *^*

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Un bacione:^.^:

Sammy

p.s: PERDONATEMI PER L'ASSENZAAAAAAAAAAA T.T

   
 
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