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Autore: Weightlessness    16/07/2014    2 recensioni
Il Cappellaio, con la sua figura contorta ed enigmatica, credo sia riuscito ad affascinare qualunque lettore e come gli altri strambi personaggi di questo strambo libro si è guadagnato una grande fama nei secoli. Ma chi è veramente? Quali piccoli segreti nasconde il suo celeberrimo indovinello? Cosa emerge dal suo personaggio e cosa no? Ho voluto provare ad inventare una risposta.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alice, Cappellaio Matto, Lepre Marzolina, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Ciancia-storie doveva essere un avvenimento molto sentito, perché la piazza in cui si riunirono era affollatissima di bizzarri personaggi d'ogni genere. La Regina svettava austeramente sui propri sudditi, comodamente seduta su un trono di legno sostenuto da quattro ranocchi in giacca scarlatta. Scrutava assorta e accigliata tra la folla, poi i suoi occhi si posarono sul personaggio che aveva preso parola. Alice riconobbe esattamente al centro di quella massa brulicante la Falsa Testuggine che piangendo appassionatamente decantava la sua sfortunata storia. I più sensibili intorno a lei, toccati nel profondo da tanta tristezza, si asciugavano sommessamente alcune lacrimucce agli angoli degli occhi. Quando la Falsa Testuggine ebbe finito di parlare, la Regina si alzò e sollevò con fare pomposo lo scettro.
-Avanti il prossimo!
Strillò arcigna, ma nessuno si fece avanti.
-Il prossimo, ho detto!
Ripeté rossa di rabbia.
Alice alzò gli occhi verso il Cappellaio, che con mani tremanti si tolse il cilindro dalla testa.
-Io ho una storia.
Disse ad alta voce e gli sguardi di tutti si volsero verso di lui. Il Cappellaio deglutì nervosamente, ma sorrise comunque. In men che non si dica la folla si spostò lasciando uno spazio vuoto attorno a lui. Alice si sedette sul selciato accanto alla Lepre-Marzolina e attese pazientemente che il Cappellaio cominciasse a parlare.
-Era una fredda giornata di Aprile...
Mormorò egli guardando il proprio orologio.
-Esattamente sestordici anni fa.
Commentò tra sé battendo l'indice sul quadrante.
-...quando vidi il mio primo cappello.

Ero solo un fanciulletto all'epoca. Vivevo con mio padre sulla cima di una collina così isolata che nessuno veniva mai a trovarci. Si chiamava la Collina dei Corvi, ma stranamente non si vedeva mai un volatile nei dintorni.
Mio padre era un orologiaio, sapete, costruiva orologi: grandi orologi ed enormi orologi, piccoli orologi e orologi minuscoli, pendoli, orologi da taschino, orologi ad acqua, meridiane, orologi a cucù, orologi d'oro e orologi logici. Siccome io avevo delle dita piccine e sottili egli mi obbligava a incastonare i più minuscoli ingranaggi negli orologi più piccoli. Così trascorsi la mia infanzia rinchiuso nel laboratorio di orologi. Me ne stavo seduto giornate intere alla mia scrivania costruendo metodicamente gli orologi che mio padre il venerdì andava a vendere.
Egli mi parlava spesso di come il Tempo fosse suo amico. Mi diceva che non dovevo mai perderlo né tanto meno cercare di ammazzarlo...
Ricordo ancora molto bene quel lontano venerdì.
Mio padre era uscito la mattina presto con il carretto pieno di orologi da vendere ed io ero rimasto solo nella bottega, sempre seduto alla mia scrivania, sempre intento a far combaciare le rotelle degli orologi di mio padre. Stavo costruendo un orologio molto bizzarro, un orologio da taschino tutto d'oro che non segnava le ore, bensì i giorni e i mesi. Ed ero giusto sul pinto di inserire l'asse del bilanciere nel bellissimo orologio, quando udii bussare debolmente alla porta. Inizialmente non andai ad aprire, perché credetti fosse stato il vento -che come sapete, ogni tanto si diverte a far sciocchi scherzi. Ma dopo pochi minuti, il toc toc si ripeté, questa volta più forte e violento. Allora non esitai ulteriormente, doveva essere mio padre. Attraversai la stanza per raggiungere la porta a passi svelti, provando ad immaginare perchè mio padre fosse tornato così presto.
-Avrà dimenticato qualcosa, o si è rotto il carretto, o gli servono altri orologi.
Formulando tali ipotesi aprii solerte l'uscio. Già sulle mie labbra si stava sciogliendo meccanicamente la frase "perché già a casa, padre?", ma mi bloccai, come se fossi stato congelato all'istante. Sulla soglia della mia casa, vestito di nero e appoggiato ad un lungo bastone bianco d'avorio se ne stava tutto storto e tremante un vecchietto sconosciuto, tanto anziano che credetti potesse morire da un momento all'altro. Mi spaventai oltre modo. Sentivo il sangue raggelarsi nelle vene. Credo che non avrei avuto così paura nemmeno se mi fossi trovato davanti un fantasma. 
-Theophilus!*
Esclamò egli lacrimante e si gettò su di me per abbracciarmi. In quella voce così disperata, in quel nome -il mio nome- pronunciato con tanta enfasi e tanta amarezza, riconobbi un accento familiare che mi terrificò, se possibile, ancora di più.
-Padre? Voi?
Gridai in preda all'emozione. Egli annuì tristemente e mi fece segno di sedermi.
Dopo aver chiuso la porta alle proprie spalle con bianche mani scarne, si sedette accanto a me su uno sgabello e mi raccontò ciò che gli era accaduto. Mi narrò che mesi prima un uomo col cilindro gli aveva chiesto di costruire un orologio che invece di andare avanti, andasse indietro. Questo aveva enormemente offeso il Tempo, che aveva deciso di far invecchiare di un anno mio padre per ogni minuto al contrario che compiva la lancetta di quell'orologio.
Avrei voluto piangere, ma non potevo non agire. Dovevo cercare un buon consiglio, così partii alla ricerca del Brucaliffo. Mio padre mi aveva parlato della sua sconfinata saggezza e nel mio tenero ed inesperto cuore sentivo che egli mi avrebbe saputo aiutare.
Lo trovai seduto sul cappello di un grande fungo rosa, avvolto in una nuvola di fumo.
-Chi sei tu?
Mi chiese con voce languida aspirando lentamente dalla sua pipa turca.
-Non importa chi sono io. Sono qui per porti un quesito.
Il Bruco socchiuse gli occhi, ma non capii se fosse per assaporare meglio la pipa o per vedermi meglio in mezzo a tutto quel fumo.
-Ebbene?
Chiese già spazientito.
-Il Tempo ha fatto invecchiare velocemente mio padre. Perché? Come posso fare per rimediare? C'è una soluzione?
-Quante domande!
Sbottò incrociando due paia di braccia.
-Prima di tutto, il Tempo è un dio e può fare ciò che vuole, entro certi limiti. Tuo padre ha evidentemente fatto qualcosa di sbagliato e il Tempo si è voluto giustamente vendicare. Vedi, ognuno ha il suo tempo. Comprendi?
-Poco, anzi, affatto, signore.
-Non importa, cerca di seguirmi. Sai che si dice "è giunto il tuo tempo" a una persona che sta per morire?
-Sì.
-Ecco, il Tempo è quasi onnipotente, ma se vuole giungere da una persona, deve far in modo che essa stessa raggiunga la sua ora. Mi spiego, sciocco ragazzino?
Non avevo capito bene, in realtà, ma annuii comunque perché il suo tono non ammetteva contestazioni.
-Il Tempo voleva giungere da tuo padre al più presto, così l'ha fatto invecchiare. Tuttavia, suppongo basti riparare allo sbaglio di tuo padre per placare l'ira del Tempo.
Soddisfatto di quel responso decisi di andare a trovare l'uomo col cilindro al quale mio padre aveva venduto l'orologio. Sapendomi abile nel mettere insieme gli ingranaggi, ero convinto che sarei riuscito a far girare le lancette di quell'orologio nel verso giusto.
Mentre mi allontanavo dal fungo del Brucaliffo, egli mi gridó:
-Ricorda, il Tempo è un dio, ma non può tutto. Può fermarsi e andare più veloce, ma non può ritornare indietr!o







*Theophiulus è il nome del rivenditore di mobili realmente esistito (Theophilus Carter) al quale Carroll -o per lo meno l'illustratore del libro- probabilmente si ispirò per creare il personaggio del Cappellaio Matto. 
  
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