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Autore: Dusk_Moth    16/07/2014    1 recensioni
Un individuo incappucciato che si aggira vicino a una scuola, uno studente sotto esami sul punto di una nevrosi, un vocabolario di latino e una barca...
Dalla storia: "Mi fermai un attimo a riflettere su ciò che mi era passato per la testa: decisamente, ero troppo stanco e paranoico ultimamente. Decisi comunque di restare nascosto in un angolo buio, oramai mi ero incuriosito e volevo cercare di capire chi fosse. Non ebbi neanche il tempo di appostarmi che l’individuo sparì dalla mia visuale. Ero sicuro di averlo già visto, ma dove?"
Genere: Generale, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'è tempo per recuperare

Salve! questa è la seconda storia che pubblico, non sono brava a scegliere rating e generi, quindi se qualcosa va cambiato vi prego di recensire, ogni consiglio per migliorare è ben accetto!

C’era poca confusione nel giardino della scuola quella mattina. Era l’ultimo giorno prima delle vacanze estive e la maggior parte degli studenti aveva deciso di anticiparle già da tempo. Solo uno sparuto gruppo di ragazzi del quinto anno continuava a girovagare per l’edificio. Intontiti dalla calura e disperati a causa dell’esame imminente, impazzivano nel tentativo di recuperare in pochi giorni l’intero programma di storia.

Fra loro c’ero anche io e dicerto non mi trovavo in condizioni migliori. Sebbene anno dopo anno sia sempre stato additato come il più secchione della classe, la rassegnazione si era impossessata anche di me, con il risultato che non toccavo libro da due settimane. Così mi ritrovai a gironzolare per il cortile in mezzo alla massa di zombie decerebrati dei miei compagni.

Quella mattina, complici la crescente paranoia e la presenza oscura dell’esame che aleggiava su di noi, mi sembrò di scorgere qualcosa di insolito: uno strano individuo si aggirava nei pressi del cancello. Era vestito di nero dalla testa ai piedi e portava un foulard azzurro che solo a vederlo faceva sentir male. La figura incappucciata andava avanti e indietro e sembrava sghignazzare in modo inquietante. Mi venne un brivido: se al posto di quel ridicolo foulard avesse avuto una falce, la morte gli avrebbe probabilmente consegnato il proprio posto.

Mi fermai un attimo a riflettere su ciò che mi era passato per la testa: decisamente, ero troppo stanco e paranoico ultimamente. Decisi comunque di restare nascosto in un angolo buio, oramai mi ero incuriosito e volevo cercare di capire chi fosse. Non ebbi neanche il tempo di appostarmi che l’individuo sparì dalla mia visuale. Tutto ciò che ero riuscito a cogliere prima che si dileguasse era una fronte molto alta e degli occhi chiari. Ero sicuro di averlo già visto, ma dove?

Un senso di inquietudine mi accompagnò per tutto il tragitto verso casa.  Appena arrivai accesi la tv, sperando che magari qualche programma spazzatura potesse distogliermi abbastanza da quei pensieri. Evidentemente però non fu la scelta più saggia: a quell’ora trasmettevano solo un programma pomeridiano che stava mandando in onda un servizio su un recente omicidio.

Sbuffai. Questo non faceva che accrescere la mia paranoia verso l’individuo incappucciato, anche se di fatto la sua unica colpa era stata quella di passare davanti ad uno studente un po’ nevrotico e stressato. Gironzolai un po’ per casa in cerca di qualcosa per distrarmi ma fu inutile. Qulache ora dopo decisi di mettermi a letto, sperando che una bella dormita sarebbe servita a far tornare le mie ormai distanti connessioni logiche. Quando mi svegliai era già il tramonto, e pareva che fossi leggermente rinsavito. Mi sedetti e gettai uno sguardo torvo al libro di Filosofia. Non avevo più scuse, dovevo finire di studiare.

Ancora non riuscivo a capire come mi fossi ridotto così. Non avrei mai creduto di poter arrivare quasi ad odiare anche le materie che avevo sempre prediletto. mentre sfogliavo la pagina, notai che sul libro si rifletteva una lieve macchia di luce. Sposatai il mio sguardo verso l’angolo della scrivania ancora colpita dai pochi raggi di sole rimasti e subito trovai ciò che cercavo: una cornice rossa di alluminio, con un angolo non ancora in ombra. La presi per spostarla e la osservai meglio: era una foto di classe del terzo anno che chissà per quale motivo tenevo ancora in camera. Metà delle persone che si trovavano in quell’immagine le trovavo insopportabili, perciò decisi che questa era la volta buona per eliminarla.

Stavo per metterla in un cassetto, quando tra quelle facce sorridenti vidi un volto familiare. Un lampo mi attraversò la mente. Come avevo fatto a non capirlo subito? Già solo vedendo quel foulard me ne sarei dovuto accorgere!

 L’uomo incappucciato… Era Paul, uno dei miei compagni del terzo anno. Già da tempo avevo cominciato ad odiarlo. Cercava sempre giustificazioni di ogni tipo per poter saltare compiti e interrogazioni, per non parlare poi dei continui tentativi di raccomandazione. Fortunatamente l’insegnante di italiano e quello di fisica avevano deciso di mettere un punto a questa storia.

Ovviamente però, per quanto possa essere stata una liberazione per noi, per Paul questo non era che un minimo problema. Il suo caro paparino infatti lo aveva iscritto in una di quelle scuole in cui, per farla breve, il voto che ottieni è direttamente proporzionale all’importo che versi.

E così il caro Paul potè recuperare l’anno perso in men che non si dica e fu ammesso agli esami, con una media decisamente più alta di quella che avrebbero potuto prendere gli studenti più studiosi della mia scuola, compreso me. Ecco perché si trovava lì: rideva di noi e probabilmente si stava vantando di quanto fossero alti i suoi voti.

Sentii l’odio ribollire più che mai. Era mai possibile che mentre io sgobbavo tutti i giorni per poter sperare di passare con un voto alto, lui si gongolava pigramente in spiaggia ogni sera? Possibile che nessuno avesse ancora pensato a fare qualcosa?

Persi il controllo. Cominciai a pensare in modo sconnesso, avrei voluto urlargli contro, ucciderlo… Ucciderlo. Sì, ecco cosa avrei fatto.

Mi guardai intorno in cerca di un modo, guardai nuovamente la mia scrivania. La soluzione era proprio lì davanti a me.

 

Poco dopo stavo caricando in macchina due pesanti zaini e sul sedile anteriore un’altra borsa più piccola. Misi in moto e mi diressi al molo, dove sapevo che Paul andava ad ubriacarsi.

Non ci misi molto ad arrivare, accostai e aguzzai lo sguardo verso la riva in cerca della mia vittima.

Eccolo, era seduto poco distante dall’acqua, con tre bottiglie di birra vuote ai piedi e un’altra semivuota in mano. Controllai che non ci fosse nessun’altro e scesi dall’auto. Senza farmi sentire mi avvicinai lentamente e lo chiamai. Non appena si girò, lo colpii con un grosso mattone: il vocabolario di latino. Paul cadde a terra stordito. Lo trascinai di peso su una vecchia imbarcazione, caricando anche gli zaini e la borsa con le corde. Lo portai al largo, lontano abbastanza da non essere distinguibile dalla riva, poi lo imbavagliai e gli legati mani e piedi. In fine con un’ultima corda gli legai i due zaini al collo, posizionandoli sul bordo della barca e aspettai il suo risveglio, guardando il cielo stellato che si rifletteva e brillava nell’acqua scura increspata dalle onde sotto di noi.

Passò qualche miuto e Paul finalmente aprì gli occhi. Era ancora stordito e ci mise un po’ a rendersi conto di cosa stesse succedendo. Non appena capì cercò di divincolarsi e di parlare, ma fu tutto inutile, il peso era troppo.

“Bene bene… Quanto tempo che non ci vediamo Paul” un ghingo mi si dipinse sul volto. “ Sai, avrei voluto chiamarti ma con tutto questo studio non ho proprio avuto tempo.” Paul mi guardava terrorizzato, non riusciva a capire.

“A quanto pare invece, tu sei rimasto parecchio indietro. Quant’è che non tocchi un libro? Un mese? No, no, no…” Cominciò a tremare, gli occhi sgranati dalla paura. “Non prendiamoci in giro, non hai mai mosso un dito in tutta la tua vita. Ti sei crogiolato nella tua ignoranza, cullato dal fatto che qualcuno ti avrebbe sempre coperto le spalle e avrebbe pagato pur di mandarti avanti.”

Feci un attimo di pausa, avanzando di un passo verso di lui. “Non si fa Paul.” Dissi scuotendo la testa. “Tanta gente come me ha faticato per arrivare fin qui, quindi credo sia giunto il momento per te di fare altrettanto. Certo, ormai l’esame è vicino, ma sta tranquillo, avrai tutto il tempo per recuperare!” I suoi occhi imploravano, ma ormai non potevo più tirarmi indietro.”Da dove cominciamo? Matematica?” Poggiai un piede sul primo zaino, spingendolo un po’ più verso il bordo della barca. “O Italiano?” E spostai il piede sul secondo zaino. Paul ovviamente non poteva rispondere e continuava a tremare. “Credo sia meglio italiano sai? Ho sempre odiato quel fingerti uno scrittore quando a malapena riuscivi ad arrivare alla sufficienza nei tuoi temi. È ora di ripassare un po’…” Spinsi lo zaino in acqua e Paul trascinato dal peso lo seguì, portandosi dietro anche l’altro. In men che non si dica sparì nell’acqua scura, lasciando solo qualche bollicina a galla. Quando anche quelle sparirono, provai una strana sensazione, un misto di liberazione e angoscia. Poi improvvisamente sentii un trillo assordante che quasi mi spaccò i timpani. Sembrava mi stesse perforando il cervello. Persi l’equilibrio, caddi in acqua e…

Caddi dalla sedia. La sveglia continuava a suonare imperterrita. Ancora non riuscivo a capire cosa fosse successo, ero completamente intontito, ma evidentemente mi ero addormentato mentre studiavo. Mi era capitato spesso nell’ultimo mese, per questo puntavo una sveglia ogni due ore. Guardai l’orologio, erano già le cinque del mattino. Mi misi a letto per riprendermi, poi mi sistemai per avviarmi a scuola. Mi aspettava una lunga camminata. Prima di uscire di casa, spuntai per bene un paio di matite e le infilai in borsa.

Ero circa a metà strada, ma invece di continuare, presi una deviazione a sinistra: dovevo passare da una persona. Mentre camminavo frugai nella borsa e recuperai la matita. Suonai il campanello e dopo pochi secondi la porta si aprì. Sorrisi. Strinsi in mano la matita appuntita. “Ciao Paul.”.

   
 
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