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Autore: lucabovo78    16/07/2014    1 recensioni
« La magia è dentro di noi, fa parte della nostra natura. Dobbiamo solo trovare il modo giusto per usarla. »
Se la magia fosse una cosa naturale come respirare, tutti sarebbero in grado di usarla. Invece, questo "privilegio" è affidato a pochi individui, dotati di grande potere e chiamati Stregoni.
Questa è la storia di un giovane stregone e del prezzo che dovrà pagare per questo potere.
« Non è bene sottovalutare le trame del destino, potrebbe rivoltarsi contro di noi. »
Copyright © 2013 Luca Bovo, tutti i diritti riservati
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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34. Redenzione

«Comandante!»

Lucius s’inginocchiò a fianco del corpo martoriato riuscendo a stento a mantenersi diritto, il movimento gli procurò un capogiro e dovette puntellarsi con una mano a terra per non cadere.

   «Siete di nuovo in voi?»

Nicodhem spostò lo sguardo su di lui.

   «Lucius, ci sei riuscito quindi, hai trovato il ragazzo e l’hai portato qui, ben fatto. Tuo padre sarebbe fiero di te!»

La voce era poco più che un sussurro. Lucius chinò il capo.

   «Troppo tardi, però. Mi dispiace signore, non sono riuscito a salvarvi e a salvare la città».

«Non mortificarti, ho pagato per i miei peccati ed è giusto che sia così. Non ero più degno di essere Cavaliere da molti anni, la mia anima è marcia e ho vissuto anche troppo con quest’onta nel cuore. Anche il tempo di Caputargilis era esaurito, la sabbia che ne segnava lo scorrere era diventata nera nella clessidra dell’universo, l’avevo trasformata in una città maledetta e la lenta agonia alla quale l’ho costretta doveva finire. Per ironia del fato è stata proprio una creatura maledetta a farlo, un demone evocato a causa della mia stessa debolezza ha posto fine ai suoi giorni. Forse, avrei dovuto farlo io stesso tanti anni fa, con le mie mani, ma la amavo troppo. Era la mia città ed è giusto che me ne vada insieme a lei».

   Chiuse per un attimo gli occhi sorridendo amaramente. Aveva commesso molti e gravi errori durante la sua esistenza, ma percepire il rispetto di quel giovane nei suoi confronti gli dava la sensazione di aver fatto, forse, anche qualcosa di buono. Uno di quei molti errori era qui, davanti a lui in carne e ossa come prova vivente della sua debolezza e sentiva che doveva a lei la possibilità di rimediare, almeno in parte, a ciò che aveva fatto. Non sentiva dolore, se non quello dell’anima, ma ricordava molto bene il momento in cui il demone alato gli aveva squarciato il petto con i suoi artigli, senza dargli la possibilità di difendersi. Ricordava il buio che era seguito e poi la brutta sensazione di essere “ritornato” ma senza avere la possibilità di decidere le sue azioni. Era tutto molto confuso, ma le immagini della battaglia con il giovane stregone erano impresse nella sua testa. Ricordava la tremenda sensazione che provava nel vedere il suo corpo muoversi senza “sentirlo”. Aveva cercato di fermarsi, ma non poteva fare nulla, le sue azioni erano governate da un’oscura entità che aveva preso il sopravvento sulla sua volontà. Alla fine, fortunatamente, il ragazzo era riuscito a immobilizzarlo. Poi una sensazione di calore lo aveva strappato a quello stato di semi incoscienza, una luce bianca era esplosa nella sua testa, aveva sentito scomparire l’entità maligna e ora era lì, ma sentiva che era solo una piccola parentesi, prima di poter finalmente essere libero, nel sonno della morte. Riaprì gli occhi e tornò a guardare la ragazza, vide che lo stava fissando con occhi allo stesso tempo spaventati e risoluti. Stava stringendo il braccio del giovane stregone, mentre lui la sorreggeva. 

   Tentò di sorriderle.

   «Tu sei la bimba che Balham salvò quindici anni fa a Pineswood, giusto?»

La ragazza strinse più forte il braccio di Lind, che soffocò un lamento di dolore, poi prese un grosso respiro per farsi forza e si raddrizzò, tentando di assumere un atteggiamento fiero.

   «Il mio nome è Sephyr, figlia di Corghyan di Southill e Deliah di Aglarfuin. Non mi fai paura, Nicodhem di Caputargilis, e non tremerò mai più di fronte a te».

   Nicodhem si fece serio e la fissò negli occhi, gli stessi che avevano tormentato la sua coscienza per anni.

«Ti chiedo perdono, Sephyr. So di aver commesso un’enorme ingiustizia nei tuoi confronti. A quel tempo i miei occhi erano ciechi e vedevano solo la necessità di far sopravvivere la mia città, a costo di compiere razzie in pacifici villaggi come il tuo. Mi sono macchiato d’indicibili nefandezze nel nome di Caputargilis e mi sono reso conto troppo tardi dei miei errori. Ho infangato il nome dei Cavalieri. Sono felice di averti incontrato prima della fine, non merito la tua misericordia, ho fatto del male a te e a tuo padre, ma ti ringrazio per avermi dato la possibilità di dimostrarti il mio dolore. E sono felice anche che proprio tu sia una delle persone che hanno il potere di rimediare ai miei errori, non avrei potuto chiedere di meglio al destino. Ti ringrazio».

   Sephyr lo ascoltò fino alla fine senza distogliere gli occhi dai suoi. Aveva nuovamente di fronte quell’uomo fiero e impavido che ricordava, la nobiltà e la sincerità delle sue parole la commossero. Aveva provato odio nei suoi confronti per anni ma ora si rendeva conto che era solo un uomo che aveva commesso degli errori per difendere ciò che amava. Errori che gli erano costati molto. Sentì una lacrima rigarle la guancia, ma cercò di mantenere il controllo. Riuscì solo a fare un cenno con la testa, per fargli capire che aveva compreso e che sarebbe riuscita a perdonarlo. Nicodhem le sorrise, poi si rivolse a Lind.

   «Giovane Stregone, non ero padrone delle mie azioni durante lo scontro, il mio corpo era dominato da una forza oscura. Fortunatamente ti sei rivelato più forte di essa. Fai attenzione però, mio giovane amico, per un momento ho sentito che il tuo spirito era avvolto da qualcosa che mi ho sentito vicino al demone. Cerca di dominare questo lato oscuro, so che ne sarai in grado, e nessun nemico potrà sopraffarti, neanche il più terribile. Purtroppo, a causa mia, dovrai affrontare proprio il più terribile dei nemici. Se mai potrai, ti chiedo di perdonarmi per questo».

   Lind chinò il capo e si mise la mano destra sul petto in segno di ringraziamento e rispetto, anche se quelle parole lo avevano turbato. Di che terribile nemico parlava? Nicodhem, infine, si rivolse a Lucius.

   «Lucius, ti affido questi giovani. Da questo momento sei l’ultimo cavaliere di Caputargilis, in memoria di tuo padre. Mi perdonerai se non posso celebrare la tua investitura in modo consono, ma ora ripeti insieme con me il giuramento».

   Evidentemente non si rendeva conto che, anche per Lucius, il tempo stava per terminare e il giovane non ebbe la forza per dirglielo. Per qualche ragione, i suoi ricordi incominciavano con l’arrivo degli stregoni e di Sephyr nella sala, prima di quell’istante era solo il buio. Recitarono il giuramento dei cavalieri, nel silenzio dei presenti.

   «Io sarò il campione del diritto e del bene, contro l’ingiustizia e il male».

Nicodhem recitò il verso con l’ultimo respiro, dopodiché chiuse gli occhi per sempre. Lucius ripeté le sue parole e chinò il capo.

   «Addio, comandante. Purtroppo non potrò assolvere il compito che mi avete affidato, ma se potrò, vi servirò per sempre nella terra degli avi».

   Dopodiché si accasciò a terra. Sephyr scoppiò in lacrime. Lind era rimasto in silenzio, ma appena vide Lucius cadere si precipitò verso di lui stendendolo a terra con il volto verso l’alto.

   «Eh no maledizione, non puoi morire così, hai appena promesso di aiutarci. Sephyr, vieni voglio provare una cosa».

La ragazza lo guardò tra le lacrime e si chino di fronte a lui senza protestare. Si asciugò gli occhi con la manica della camicia.

   «Che intenzioni hai?»

«Metti la mano sulla sua ferita e cerca di concentrarti, prendi un profondo respiro e immagina che stia guarendo, io cerco di aiutarti».

   «Che cosa? Ma io non…»

«Non discutere per favore, non abbiamo tempo».

   Le prese la mano destra e la appoggiò sopra alla ferita, tenendo sopra la sua. Boid seguiva la cosa con interesse.

«Va bene, ora cerca di rilassarti e inspira profondamente».

   Lind ritornò al giorno in cui Shayra aveva fatto lo stesso con lui e cercò di trasmettere a Sephyr la stessa fiducia che le aveva trasmesso la donna in quel momento. La ragazza sembrava confusa, ma seguì le sue indicazioni. Chiuse gli occhi e cercò di calmarsi, dopo qualche istante inspirò.

   «Bravissima, ora cerca di focalizzare mentalmente la ferita e immagina che si rimargini, sempre senza espirare».

Lind inspirò a sua volta e si concentrò. Dopo qualche istante, la sua mano cominciò a brillare e a emettere il vapore luminescente dell’incantesimo, subito dopo, anche la mano di Sephyr cominciò a brillare dapprima debolmente, poi con più intensità. A quel punto il ragazzo staccò la sua mano. L’incantesimo si fece sempre più intenso, il bagliore illuminava la sala quasi interamente. Lind sorrise, soddisfatto, mentre la ragazza continuava a tenere chiusi gli occhi, i suoi capelli sembravano mossi da una leggera brezza, seguendo gli sbuffi del vapore azzurro. Dopo qualche secondo, l’intensità della luce diminuì, fino a spegnersi del tutto. Sephyr riaprì gli occhi e guardò Lind con sguardo confuso.

   «Ma come...»

«Non lo so ancora, ma è da quando ti conosco che vedo in te qualcosa di Shayra, ora capisco il perché. Guarda la sua ferita.»

   La ragazza tolse la mano dal ventre di Lucius, a essere bucata ora era solo la maglia nera del ragazzo, la pelle si era riformata e si vedeva a fatica solo una piccola cicatrice. Boid le mise una mano sulla spalla.

   «Molto bene, ragazza mia. Non credevo saresti riuscita a esprimere così in fretta il tuo potenziale».

Lanciò un’occhiata di approvazione a Lind.

  «Bravo Lind, non avrei potuto fare di meglio».

Il volto del ferito, nel frattempo, stava rapidamente riprendendo colore. La luce della luna riusciva a filtrare attraverso la cappa di fumo che ricopriva la città, nel suo cammino nel cielo si era portata ora davanti al palazzo e un fioco bagliore incominciò a illuminare la sala attraverso la vetrata in frantumi. Lind ebbe la netta impressione che un’ombra attraversasse il cielo. Un brivido gelido gli scese lungo la schiena.

  
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