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Autore: Juliet_99    16/07/2014    8 recensioni
Tratto dal prologo:
''Dipendente dalla droga, ho anche fumato alle volte. Spacciavo anche, ma non sempre. Sono sempre stata più tosto avara a riguardo, se è in mio possesso … è mia e basta. Sono di quest’idea da sempre.
Adesso sono anche un’assassina. L’ho ucciso. E vorrei essere morta con lui. Vorrei non sentire dolore, non sentire il mio cuore battermi dentro, accelerare i battiti oppure perderli.''
Genere: Drammatico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza
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Chapter 4;
 

Sono passati tre mesi, da quando è successa la tragedia esco poco di casa, non ascolto più musica, non mangio molto e guardo spesso la televisione di casa mia a tempo davvero indeterminato. Prendo i soliti farmaci ansiolitici, adire il vero non ho più crisi da un bel pezzo.
Ho anche smesso di fumare, che progressi eh(?)
 
Già, divertente da morire. Come no.
Mi alzo dal divano e prendo un pezzetto di pane dalla dispensa, lo faccio solo per placare un poco la fame, nulla di più, non posso ingozzarmi adesso.
E’ quasi ora di pranzo, sto aspettando Harry da circa un’ora, mi aveva detto che sarebbe venuto per pranzo con una delle solite schifezze del Mc Donald’s che mi piace tanto.
Ogni tanto mi vizia.
 
Ci conosciamo esattamente da tre mesi.
Mi è stato accanto mentre non avevo proprio nessuno.
Ha avuto una grande pazienza e un grande coraggio a rimanermi accanto per tutto questo tempo, insomma io non ho proprio un bel carattere, e chi, meglio di lui può saperlo? Gli ho reso la vita impossibile con me fin dal primo giorno, non avrei mai pensato di rimanere sua ‘amica’ per tutto questo tempo. Di solito i ragazzi, quando mi conoscono, se non gliela do subito spariscono nel giro di una settimana ma .. lui non è mai stato quel tipo di ragazzo, fortunatamente.
E’ una persona fantastica, diciamo che lui mi ha sempre raccontato tutto di lui, sono io che non spiaccico mai una parola su di me in generale, l’unica cosa che sa sul mio conto è che mia mamma abita ad Aspen, in America e che non la vedo da un sacco di anni.
Mio padre per me non c’è mai stato, non so nemmeno se sia vivo o morto. Bella la mia vita, eh?
L’unico che conosceva davvero tutta a mia storia per intero era Louis.
 
Suonano alla porta.
Finalmente.
Deve essere Harry.
 
Vado per aprire ed è proprio lui. Meno male, non ci vedo più dalla fame.
-Hey, ciao! Allora, ho buone notizie, ti ho trovato un lavoro proprio qui, al bar all’angolo della strada! Avevano bisogno di un cameriere ed io gliel’ho trovato.-
 
Ah, si .. il lavoro, giusto.
 
-Ah .. ti ringrazio.-
-Sempre meglio di rimanere chiusa a  casa tutto il giorno, tutti i giorni a non fare nulla, giusto?-
-..giusto.-
 Guardo il pavimento con aria assorta. Quando qualcosa non mi và particolarmente giù si nota subito, anche se non mi si conosce a fondo. Diciamo che il cameriere non è proprio il lavoro dei miei sogni eh. Faccio una smorfia di disgusto al pensiero di dover indossare quella maledettissima uniforme da idiota e un brivido mi risale lungo tutta la schiena, è da sfigati. Dico davvero..
-Non c’era nulla di meglio, Harry?- dico, calcando il suo nome, come al solito, quando mi fa salire i nervi.
-No. Mi dispiace, ma dopo tutto è un lavoro onesto e ben pagato per una persona che vive da sola.-
Sorride, sfoggiando i suoi denti bianchi, sempre ben curati.
-Allora, dov’è il cibo?- chiedo sbuffando ancora.
-Qui!- tira su il braccio mostrando il sacchetto con la ‘m’ gialla stampata sopra. Mmh, mi mette sempre di buon umore vedere quel marchio, sarà proprio perché la prima ad esserne felice e la mia pancia.
 
Prendo l’elastico nero dal mio magro polso destro, mi raccolgo i lunghi e ondulati capelli biondo cenere in una coda di cavallo ben saldata sulla nuca. Attacco sempre i capelli prima di sedermi a tavola per mangiare. Non voglio mica gustare un Crispy Mac Bacon con in mezzo una dozzina dei miei capelli, sarebbe raccapricciante.
 
Sistemo la tavola alla meno peggio, metto una tovaglia color giallo limone e due piatti nei rispettivi posti. Questo basta, alla fine stiamo mangiando roba del Mc Donald’s, e se non si mangia con le mani, per me, non avrebbe proprio senso.
Svuotiamo il sacchetto e ci dividiamo i ‘beni’. Crispy Mac Bacon, con patatine e coca-cola zero a me, Big Mac con patatine e coca-cola normale a lui.
-Buon appetito!-
Mi getto sul panino come se non mangiassi da secoli.
Bhè, magari da secoli no, ma non mangiavo queste delizie/schifezze da moltissimo tempo ormai.
 
L’ultima volta è stato prima di cominciare il mio lavoro da spacciatrice e dipendente di droga, quindi precisamente quando avevo 17 anni, insieme a Louis andammo al Mc che sta vicino il centro città e mangiammo a sbafo per l’intera sera. Quello è uno dei miei ultimi ricordi migliori passati insieme al mio migliore amico, poi per me è cominciata l’era più buia della mia vita, da quando ho conosciuto la droga, io e Louis litigavamo continuamente, a lui non piaceva quello che facevo, ma non gli ho mai dato realmente ascolto.. e non ho mai provato realmente a smettere.
 
-Ti piace?- chiese, masticando come un vero animale.
-Si, ma non si parla con la bocca piena, papà non ti ha insegnato le buone maniere?- puntigliosa, come al solito.
-Che spiritosa!-
 
Sorrido antipatica, continuando a consumare lentamente le mie patatine. Sorseggio dalla mia coca-cola, e lo fisso. Fisso il suo volto, fino a quando non si accorge che lo sto guardando. Perché io sono così, mi piace essere guardata in faccia quando parlo con una persona, voglio che mi presti davvero ascolto, perché di solito non lo fa mai nessuno, quindi costringo quasi tutti la maggior parte delle volte a guardarmi dritta negli occhi.
 
-Cosa c’è Yle..?- chiede alzando un sopracciglio.
-Perché?- chiedo, senza aggiungere altro.
-Perché, cosa?-
-Perché mi hai trovato anche un lavoro?-
-Che c’è? Non ti piace?- chiede preoccupato posando l’ultimo pezzo del suo panino sul piatto.
-Non c’entra questo. Voglio sapere perché da tre mesi, mi tratti come tua figlia.-
-Non ti tratto come mia figlia.- protesta, sbattendo piano il pugno chiuso sul tavolo.
Assumo un’espressione ovvia, che inchioderebbe chiunque, questo è il momento in cui si ci ritrova con le mani nel sacco.
-Facciamo quasi.-
-Senti, non ti tratto come mia figlia, abbiamo la stessa età alla fine!-
-Ho 22 anni, Harry.-
-E io 25, non potresti mai essere mia figlia!-
 
Bhè, su questo ha ragione ma ciò non toglie che mi tratta come se fossi costantemente in pericolo.
Insomma, va bene, ho ucciso una persona, sono quasi finita in carcere, ho sofferto di esaurimento nervoso, ho avuto bisogno di uno psicologo tutte le settimane per due mesi, ma adesso l’ho superata più o meno ..  io –Sto bene!-
-Non ho mai detto che tu stia male Yle..-
-E allora non trattarmi così!-
La sua faccia si fa più seria della morte –Così come Yle? Vuoi che smetta di essere gentile con te? Non lo so, che vuoi che faccia?-
 
Improvvisamente mi accorgo che la situazione sta davvero degenerando, così non và per niente bene. Mi sembra di essere ritornata alle prime settimane, quando non ne volevo sapere completamente nulla di lui.
Comincio a mangiucchiare le ultime patatine rimaste sul piatto, non lo guardo nemmeno più in faccia, non ne ho il coraggio a dire il vero. Non volevo che la situazione degenerasse così.
 
-Yle io..- improvvisamente gli squilla il telefono, prende un fazzolettino e di fretta si pulisce le mani, fruga dentro le tasche dei jeans ed esce velocemente il telefono, risponde.
-Pronto?..Oh, Hope..-
Si alza da tavola e si allontana.
Hope? Chi è Hope?
Qualche secondo e lo vedo tornare di corsa alla sua sedia, di fronte a me.
-Scusami era..-
-Hope?-  chiedo sarcastica, lanciando uno sguardo che solo lui nel mondo poteva decifrare.
-E’ la mia .. fidanzata..-
-Non sapevo fossi fidanzato, eppure io e te ci diciamo tutto, vero..? O almeno così credevo..-
-Yle io..- prova a scusarsi ma lo fermo, non voglio sentire le sue stupide scuse, non mi interessano davvero. Voglio solo finire di mangiare e voglio stare sola, a guardare sola la mia cara televisione, almeno lei è sempre sincera con me, e non mi nasconde nulla.
-Scusa, ma vorrei finire di mangiare e andare a riposare.-
 
Ficco in bocca le ultime cose rimaste sul mio piatto, finisco di scolarmi la mia coca-cola zero, sparecchio le mie cose e metto il mio piatto nel lavandino, in attesa di essere pulito e rimesso a posto, prima o poi.
 
Aspetto con pazienza che anche Harry finisca di mangiare e con gran fretta e furia, gli tolgo le cose di davanti e le metto sul lavandino, e quello che rimane da buttare, apro il bidone della spazzatura e butto tutto lì, anzi mi è appena venuto in mente che devo proprio andare a buttare la spazzatura, questo sacchetto è pieno.
 
-Puoi scenderla, cortesemente?- gli chiedo, indicando il sacchetto vicino a me. –Visto che stai scendendo tu..-
-Non ho detto che sto andando subito via.- ribatte.
-Bhè, l’ho detto io!- sorrido soddisfatta, porgendogli il sacchetto e dirigendolo verso la porta.
 
-Bene, saluti! Ah, e saluta da parte mia anche Hope, di cui non sapevo l’esistenza fino a venti minuti fa!-
-Ylenia, smettila di fare la bambina!-
-I bambini dicono le bugie, a me non sembra di averlo mai fatto con te.- aggiungo sbrigativa, chiudendo la porta.
Sento la sua mano poggiarsi e fare forza sulla porta, riaprendola.
-Io non ti ho mentito.-
-Va bene, mettila come vuoi ma non me ne hai mai parlato.-
-E allora?- chiede, interrogativo fissandomi negli occhi.
-E allora .. non sei stato sincero con me.-
 
-Non pensavo fosse una cosa che importasse questa..-
-Ma che stai dicendo? Quella poteva venire ad ammazzarmi da un momento all’altro per la gelosia, sono sicura che lei sa della mia esistenza. O no?-
-Si..-
 
Giuro, mi sembra proprio che qualcuno in questa stanza aveva voglia di portarsi a letto qualcuno di nascosto alla propria fidanzata. Ma bravo Styles, proprio bravo.
-Ma quanto sei stronzo?- chiedo schifata, cercando ancora una volta di chiudere la porta.
-Non volevo mentire a nessuno e non volevo ingannare o tradire nessun anima viva.-
-Allora perché non me l’hai detto scusa?-
-Perché non ho mai trovato il momento adatto per farlo..- i suoi occhi non mentivano. Sembrava così dispiaciuto, mortificato di non avermi detto una delle cose più importanti della sua vita. Abbiamo sempre parlato di tante cose io e lui, ma mai delle nostre rispettive situazioni sentimentali, questo è vero. Forse non dovrei essere così scontrosa con lui, per questa volta.
 
Lascio la porta, e gli permetto di rientrare dentro.
-Okay scusa..- dico abbassando lo sguardo verso la punta dei mei calzini.
-Scuse accettate.- sbuffa, alzando gli occhi al cielo.
-Però tu .. hai speso tutto questo tempo con me invece che con lei, sei .. sei un pazzo tu. Oppure vuoi solo farmi uccidere dalla tua Hope.- calco il suo nome, proprio come facevo con lui.
-Io non..-
-Io voglio solo che tu stia con la tua fidanzata, non voglio che ci siano problemi fra voi, va bene?-
-Tu, devi solo stare tranquilla okay?-
-No, Harry. Ascoltami, và da lei, noi ci vediamo domani..-
Un’espressione di rassegnazione si fa spazio sul suo volto. Sbuffa e mette un piede fuori dalla porta, l’altro ancora dentro casa mia.
-Ricorda, domani mattina alle 8:00 in punto a lavoro allo Street Bar.-
-Tranquillo ci sarò.- sorrido appena e aspetto che la sua figura di spalle si allontani verso la macchina, per poi partire e andare via.
 
 
 
Sono pronta, posso andare. Metto le mie nike, lego i capelli in una coda, prendo le chiavi di casa, la borsa, il telefono ed esco di casa.
Chiudo a chiave e mi incammino verso l’angolo della strada.
Non c’è bisogno di macchina, è davvero vicinissimo. Sinceramente, non so cosa aspettarmi da questo primo giorno di lavoro, non ho mai lavorato davvero nella mia ‘vita’.
Non per questo voglia dire che sarà un perfetto disastro, o forse si(?)
 
Eccomi qui, adesso non posso più scappare, o la và o la spacca.
Entro dentro e con gli occhi cerco il direttore.
Non mi sembra di vedere nessuno che nell’arco di pochi metri da me possa sembrare anche lontanamente il direttore di questo posto.
Una ragazza, capelli neri corvini, occhi azzurri e pelle chiara dall’aria molto indaffarata mi passa accanto come un missile, ha la divisa del posto a dosso, devo chiederle dove posso trovare il direttore.
La blocco per un braccio. Ha l’aria di essere davvero molto infastidita dal mio gesto, ma le conviene stare calma con me, a meno che non vuole finire qui la sua brillante carriera da cameriera in questo posto da schifo.
-Chi sei? Cosa vuoi?- chiede acida come la panna montata andata più che a male.
-Oh, è così che si rispondete ai clienti qui? Mmh, bene. Allora comincio a prendere appunti.-
-Uff, falla finita! Chi sei?- chiede masticando frenetica la gomma da masticare che ha in bocca da chissà quanto tempo.
-Dovrei iniziare a lavorare, questo, in teoria, è il mio primo giorno, mi chiedevo dove fosse il direttore.-
-Ah.- esclama sarcastica –Cerchi Alex! E’ lì dentro, buona fortuna eh, si ci vede in giro!-
 
Con un dito indica una porta dietro al bancone dove un ragazzo sta lavorando animatamente per servire il caffè a quelle quattro persone sedute lì davanti sui loro comodi sgabelli.
Percorro la stanza, evitando tavoli, sedie fuori posto, e classico sporco per terra di gelati rovesciati distrattamente per terra ed evidenti macchie di caffè.
Ma in che posto mi ha infilata Harry?
 
Arrivata davanti la porta, busso e attendo che qualcuno mi apra.
Passa qualche minuto, nessuno apre. Busso un’altra volta con più vigore, non amo che mi si faccia spettare a dire il vero.
Improvvisamente, come per magia la porta si apre.
Un uomo sulla cinquantina ne esce fuori, capelli castano chiaro, folti e lucenti, occhi grigi come la pece e labbra ben marcate e carnose. Ben vestito, con giacca e cravatta.
 
Patetico. Fà come se fosse il direttore di uno dei più prestigiosi ristoranti di Londra
 
-Tu devi essere Gilbert.-
-Ylenia Gilbert.- lo correggo al lampo.
Alza un sopracciglio, mi osserva da testa a piedi. –Va bene.- aggiunge –troverai la tua uniforme da quella parte, il tuo turno termina alle sei del pomeriggio, hai mezz’ora di pausa pranzo. Buon lavoro.-
 
Stronzo.
Cominciamo male, molto male. Questo tizio non mi piace per niente. Appena sento Harry gliene dico quattro, mi sentirà quel pazzo. Uff, almeno quando spacciavo droga, nessuno mi diceva quello che dovevo fare e non avevo orari prestabiliti di servizio, ansi ero proprio io a deciderli.
 
Mi avvio verso la porta di fronte a me, un’enorme cartello ci sta sopra con scritto ‘Riservato al personale.’
Ma che carino.
Faccio una smorfia ed apro la porta. Entro e trovo due attaccapanni e quattro armadietti. Deduco che ci sono tre camerieri, tra cui io, e un barista, ovvero il ragazzo che ho visto poco fa.
Bene, l’unico armadietto rimasto è quello centrale, prenderò quello, anche perché non ho proprio scelta, proprio come non l’ho avuta con questo lavoro.
Metto la mia borsa dentro quel polveroso armadietto, prima di chiuderlo prendo il telefono dalla tasca esterna della borsa e lo metto nella tasca posteriore dei jeans. Chiudo lo sportellino e aggancio il lucchetto, uno scatto e la chiavetta casca dalla serratura, la prendo da terra e metto anche essa in tasca. Devo assolutamente ricordarmene.
Mi guardo in giro, ci sono delle panchine e poi un piccolo bagno che come porta ha una semplice tenda da doccia a pois bianchi e verde vomito. Wow, che classe signori.
La mia attenzione si sposta su un mucchietto di indumenti poggiati su una delle due panchine. Mi avvicino e li ispeziono meglio. Ovvio, sono i miei indumenti da lavoro.
Un lungo grembiule bianco e un capellino blu con la visiera.
E io che mi aspettavo una vera e propria divisa.
Sospiro disperata, con riluttanza indosso prima il grembiule e poi il capellino blu.
Entro nello pseudo bagno e mi guardo allo specchio polveroso attaccato alla parete.
Sono bellissima.
Bellissima quanto un barbone nei giorni di sole e caldo a Londra, quando non si ha un cazzo da mettere se non i primi straccetti che si trovano dentro i bidoni della spazzatura.
 
Esco dallo stanzino e mi dirigo al primo tavolo che mi sembra pronto per ordinare.
Frugo nelle tasche del mio grembiule e ci trovo dentro un taccuino con una penna, perfetto.
-Allora .. vuole ordinare?-
 
 
 
Controllo l’orario dall’orologio dietro il bancone, accanto la macchina del caffè. Sono le sei in punto. La mia corsa finisce qui, almeno per oggi.
Entro nello stanzino, recupero la chiave dalla tasca dei pantaloni ed apro il mio armadietto e ne tiro fuori la mia borsa. Improvvisamente sento vibrare il telefono. Lo tiro fuori dalla tasca dei pantaloni e rispondo, senza nemmeno guardare chi fosse. Vabbè sarà sicuramente Harry..
 
-Pronto Harry, sono uscita adesso da lavoro, sto per tornare a casa.-
-Pronto? Ylenia?-
 
Ops, non credo proprio che questa sia la voce di Harry, allontano velocemente il telefono dall’orecchio e controllo il numero di telefono..
-Oddio.. ma tu cos..-
 
 

Spazio autrice;
Eccomi quiii! Si sono mesi che non aggiorno lo so scusate tanto. Ma la mia vita da dodici mesi a questa parte è stata un vero casino. Problemi a scuola, problemi sentimentali catastrofici, insomma in tutto ciò non ho avuto ne ispirazione, né tempo di scrivere, ma la cosa più grave  per me è stata l’aver perso la mia ispirazione.
Adesso sembra proprio che sia tornata, e spero che continui ad esserci ancora per tanto tempo.
Lo so, molto probabilmente questo capitolo sarà una merda totale.
Ma spero comunque che qualcuno abbia il buon senso di apprezzare almeno un pochetto.
Ritornando alla storia, aspettatevi le BOMBE ho delle idee assurde per questa storia.
Aspettatevi di tutto, credetemi, siate pronti a tutto.
Chi sarà al telefono? Se non è Harry, chi è?
Bhooo! Lo scoprirete la prossima volta sempre se questo capitolo non fa così schifo da avervi fatto già vomitare di brutto. Recensite e siate buoni vi preeego! Vi amo tutti. Alla prossima!
 
-I Own It. 
  
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