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Autore: callas d snape    16/07/2014    2 recensioni
L'infanzia di Maya può essere sintetizzata in un'unica parola: inferno. Senza genitori, sfruttata e maltrattata dal nonno per le sue doti, non si è mai sentita amata. Anzi, non si è neanche mai sentita umana. Spesso desidera di non essere mai nata o, addirittura, di morire!
Ma il Destino ha in serbo altri piani per lei, piani che sembrano tutti racchiusi nella D. del suo nome. E così affiancata da una "sorella" combinaguai dalle origini misteriose, una ciurma di pirati sconclusionata e un ragazzo di fuoco con cui condivide lo stesso dolore, Maya scoprirà la bellezza e la gioia dei sentimenti e inizierà una lotta contro il suo passato per cambiare il suo futuro ed essere felice.
N.B. Il rating potrebbe subire variazioni!
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Trafalgar Law, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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THE PROMISE OF PIRATES KING’S SON


 
Il sole era appena sorto quando Ace si svegliò nel suo letto con il fiatone e il corpo ricoperto di sudore freddo. Aveva di nuovo avuto quell’incubo. Ultimamente gli capitava quasi tutte le notti, da quando Maya gli aveva raccontato del suo passato. Lei si era fidata e lui invece non riusciva a metterla a parte della sua storia. Eppure le occasioni non gli erano mancate: poteva farlo quando erano a caccia o si allenavano alla spiaggia o quando rimanevano svegli la notte a giocare a carte davanti a una tazza di caffè! Non aveva scuse e per questo si faceva schifo!
Il ragazzo si alzò e si infilò la camicia appoggiata sull’unica sedia della stanza; poi si avvicinò alla piccola finestra ed aprì le imposte: la tenue luce dell’aurora inondò il piccolo ambiente riscaldandolo un poco. Era solo metà marzo, ma con la sua temperatura corporea elevata, Ace sapeva che nel giro di poco la camicia non gli sarebbe più servita.
Il volto del moro si rabbuiò: era già il 21 marzo, il primo giorno di primavera. E ciò significava solo una cosa: la sua punizione era finita e poteva riprendere il mare. La sua mente ritornò a qualche giorno prima.
 
“Festa di primavera? E cosa sarebbe?” chiese curioso Ace. Erano le tre passate  e stava aiutando Kerr e le ragazze a rimette in ordine il locale.
“Sul serio non lo sai?” Syri smise di botto di lavare per terra e guardò stupita il moro. Lasciò cadere il bastone su una sedia e si mise a sedere su un tavolino. “È la festa più importante qui a Liurah! Ci sono  un sacco di bancarelle e tanta roba da mangiare. Poi si balla tutta la notte e ci sono anche i fuochi d’artificio!” concluse sognante la bionda.
“Sì, e ci sono altrettanti lati negativi!” si intromise Maya intenta a pulire il bancone. “La signorina si è dimenticata di dirti che prima della festa, noi lavoreremo come muli perché sia tutto perfetto!”
“Oh, andiamo Maya! Perché devi fare sempre la rompiballe!” insistette la più piccola.
Le due ragazze iniziarono a battibeccare sotto lo sguardo divertito di Ace.
“Sai perché facciamo festa?” la voce di Kerr alle sue spalle fece sussultare il moro. L’uomo però non ci fece caso e continuò imperterrito: “La nostra isola è in una porzione di mare molto turbolenta. Le comunicazioni con le altre isole sono quasi del tutto interrotte da metà novembre fino a marzo. In più risulta difficile anche andare a pescare al largo. Per questo festeggiamo il ritorno della primavera: perché possiamo lasciare questo scoglio dimenticato da Dio! Mi capisci Ace?”
Il ragazzo non aveva risposto, si era limitato ad annuire ormai del tutto disinteressato alla discussione delle due ragazze.
 
Ace si passò una mano tra i capelli scompigliandoli; aveva preso la sua decisione: sarebbe partito appena passata la festa, ma non voleva andarsene senza aver prima parlato con Maya. Il suo sguardo vagò per la stanza fino a posarsi sul piccolo sacchetto appoggiato sulla scrivania. Quello sarebbe stato il suo regalo di addio per la bruna: lo aveva acquistato qualche tempo fa con i soldi ricavati dalla pelle dell’orso. Il problema era che non sapeva come darglielo, era una frana nei discorsi, senza contare che uno romantico lui non lo aveva mai fatto. Una volta Makino aveva tentato di insegnare a lui e a Rufy come si dovevano trattare le ragazze, ma era stato inutile visto che si erano addormentati tutti e due!
Lo sguardo gli scivolò a lato del suo regalo su una pila ben ordinata di fogli bianchi. Ace sospirò rumorosamente: avrebbe provato a scriverle una lettera. Non doveva essere poi così difficile e se avesse sbagliato avrebbe potuto sempre ricominciare daccapo! Purtroppo l’unico risultato ottenuto dopo due ore di duro lavoro era un cumolo di carta incenerita ai suoi piedi!
Finalmente dopo un’altra ora di sudore, lacrime ed imprecazioni, Ace riuscì a scrivere un biglietto di cui poteva considerarsi abbastanza soddisfatto. Piegò il foglio più volte e insieme al suo regalo, lo mise in una busta che nascose in tasca appena in tempo perché Maya non lo vedesse: la bruna era infatti entrata correndo nella stanza per svegliare il moro e ricordargli che avevano parecchio lavoro da fare!
 
Avevano faticato tutto il giorno per la buona riuscita della serata e finalmente alle cinque del pomeriggio i preparativi erano ultimati. Mancavano ancora un paio d’ore all’inizio della festa, così tutti i lavoratori decisero di ritornare a casa per darsi una rinfrescata e prepararsi per l’evento.
Maya era distrutta: forse era una sua impressione, ma le sembrava che ogni anno i lavori aumentassero di quantità e fatica. Si lasciò cadere esausta sul letto con lo sguardo assorto: per la verità era anche un po’ preoccupata. Da qualche giorno Ace sembrava turbato da qualcosa, evitava di stare da solo con lei troppo a lungo e adesso era sparito dicendo che doveva finire di sistemare una cosa. La bruna sospirò sonoramente cercando di scacciare quelle idee dalla sua mente: inutile. Da quando era entrato nella sua vita, tutti i suoi pensieri si focalizzavano sempre sul bel ragazzo di fuoco.
A distrarla finalmente dalle sue elucubrazioni mentali, ci pensò Syri che, entrando come una furia nella stanza, le disse: “Che cavolo ci fai sdraiata a poltrire sul letto? Forza, adesso viene il momento più importante della giornata!”
Allo sguardo interrogativo della mora, la bionda rispose con un sorrisetto malefico che non tranquillizzò per niente la maggiore. Approfittando di un suo momento di esitazione, Syri prese Maya per mano e la trascinò di corsa in bagno facendola finire nella vasca piena di schiuma ancora vestita.
“Ma sei impazzita?! Potevo rompermi l’osso del collo!” brontolò la bruna.
“Oh, quante storie! Su, svestiti e lavati, dopo penseremo a vestiti, acconciatura e trucco. Fai con calma io mi sono già fatta una doccia al volo!” ribattè la più piccola uscendo dalla stanza.
L’ennesimo sospiro della giornata uscì dalla bocca di Maya mentre si liberava dei vestiti fradici. Sua sorella era incredibile: non si curava quasi per niente del suo aspetto esteriore, ma voleva che lei fosse sempre impeccabile, specie durante feste, ricorrenze e cose simili. All’inizio aveva tentato di opporsi, visto che anche a lei certe cose non interessavano, ma vedendo come questo rendesse felice Syri, aveva deciso di diventare la sua bambola personale, sopportando in silenzio. Dopo essere stata in ammollo per mezz’ora (un record per lei), la ragazza ritornò in camera pronta a subire la parte più dolorosa della tortura/preparazione.
Syri sembrava più agitata delle altre volte: continuava a fare e disfare innumerevoli pettinature copiate da svariate riviste, aveva messo sul letto più di dieci completi diversi e continuava a muoversi per la stanza come un ossesso alla ricerca di qualche accessorio. Maya  guardò preoccupata la sorella.
“Syri, sicuro che vada tutto bene? Mi sembri un po’ agitata.” chiese titubante.
“Come? Oh… sì sì, va tutto bene. È solo che non trovo il bracciale con le pietre azzurre!”
E invece non andava tutto bene: Syri era disperata. Aveva seguito Ace e sapeva cosa aveva in programma quella sera per sua sorella e se lei non fosse riuscita a far sembrare Maya una dea, la serata sarebbe stata rovinata. No, non lo avrebbe permesso: in un modo o nell’altro l’avrebbe fatta diventare l’incarnazione della perfezione!
 
L’orologio del paese battè le sette e mezza. Ace si sedette sulla panca all’esterno della locanda sistemandosi per l’ennesima volta il cappello. Aveva impiegato parecchio tempo a preparare la sorpresa per Maya, ma ne era valsa la pena! Ora l’unica cosa che mancava era la diretta interessata.
Quando era rientrato a casa, si era diretto immediatamente in bagno per farsi una doccia ristoratrice. Nonostante amasse il getto dell’acqua che gli massaggiava le spalle indolenzite, il ragazzo non potè rimanere a lungo a bearsi di quel contatto. Si vestì in tutta fretta optando per una semplice camicia bianca e dei pantaloni neri che arrivavano appena sotto il ginocchio.
Kerr era già uscito e gli aveva lasciato il compito di aspettare le ragazze. Ace stava per bussare alla porta delle amiche, quando questa si aprì improvvisamente e il poveretto si ritrovò investito da una Syri parecchio agitata.
“Oh… Ciao Ace, non ti avevo visto!” disse la bionda appena prima di sparire nel bagno per riemergerne subito dopo con una trousse verde acqua, spazzole e vari fermagli.
“Ma che state combinando voi due?” chiese il moro visibilmente sorpreso.
“Niente che ti interessi! Perché non ci aspetti fuori? Noi arriviamo subito.” e detto ciò la ragazza gli chiuse la porta in faccia.
Ormai era passata più di mezz’ora ed Ace stava iniziando a preoccuparsi: possibile che le ragazze ci mettessero così tanto a prepararsi?!
Stava per andare a chiamarle, quando il rumore della porta che si chiudeva annunciò l’arrivo delle due ritardatarie.
Ace si voltò pronto a prenderle in giro per la loro lentezza, ma non era preparato a ciò che vide e rimase letteralmente a bocca aperta. Maya indossava un vestito azzurro che le arrivava fino al ginocchio con una gonna ampia. Sopra aveva un copri-spalle bianco che si chiudeva con un bottone appena sotto il seno. Portava delle ballerine anch’esse azzurre con dei piccoli brillantini in punta. I capelli mossi le cadevano morbidi sulla schiena: solo alcune ciocche erano state raccolte in una piccola molletta a forma di fiore. Ma la cosa che catturò di più Ace furono gli occhi incorniciati da folte ciglia nere e illuminati da un velo di ombretto.
“Sei bellissima.” fu l’unica cosa che riuscì a dire, ma che comunque fece arrossire Maya strappandole un sorriso.
Syri era rimasta in disparte ad osservare la scena con un'espressione trionfante in volto: aveva fatto proprio un ottimo lavoro!
 
La serata era trascorsa in fretta tra il cibo, le danze e le varie bancarelle multicolori. I tre amici si erano divertiti come matti, Maya aveva scattato una miriade di foto e anche Kerr si era lasciato andare esagerando un po’ con l’alcool.
Era quasi mezzanotte quando Ace prese per mano Maya e la invitò a seguirlo. La ragazza non oppose resistenza felice di poter rimane per un po’ da sola con lui. Si allontanarono presto dalle luci e dalla confusione dei festeggiamenti fino ad arrivare al ponte tra le due isole. A quel punto Ace le chiese di chiudere gli occhi dicendole di fidarsi di lui, la prese per mano e la condusse nella radura del loro primo incontro.
Azionò il suo potere e disse: “Ok, apri gli occhi!”
Fino a quel momento Maya era stata curiosa di sapere cosa avesse in mente Ace, ma mai avrebbe immaginato una cosa del genere: la radura dove avevano combattuto per la prima volta, era stata riempita di candele profumate e lampade con vetri colorati che irradiavano una luce tenue e soffusa. Per terra era stata stesa una grande coperta multicolore con una mezza dozzina di cuscini.
“Ho pensato che sarebbe stata una buona posizione per vedere i fuochi artificiali. Per gli animali non devi preoccuparti: l’odore delle candele li tiene lontani. Che ne dici, ti piace?” chiese Ace imbarazzato e leggermente titubante.
“È splendido!” riuscì a rispondere Maya con gli occhi lucidi per la commozione: nessuno aveva mai fatto una cosa simile per lei!
I due ragazzi si accomodarono sulla coperta mantenendo però una certa distanza per l’imbarazzo. Il silenzio tra loro stava diventando opprimente quando il rumore dei primi fuochi rapirono lo sguardo di Maya al cielo e la fecero sorridere come una bambina. Ace invece vide quelle esplosioni di luce solo riflesse negli occhi della castana, non riuscendo a smettere di fissarla.
Lo spettacolo pirotecnico non durò molto e presto tra i due ricadde il silenzio. Maya teneva ancora gli occhi fissi nella volta celeste come ipnotizzata; Ace invece aveva abbassato lo sguardo preoccupato per il discorso che doveva andare ad affrontare.
Alla fine prese un lungo respiro e iniziò: “Maya, devo dirti una cosa.”
La ragazza spostò la sua attenzione dal cielo al viso del moro e con un sorriso lo invitò a proseguire.
“Io non sono stato del tutto sincero con te.” continuò il ragazzo mentre si grattava imbarazzato la testa. “ O meglio, non ti ho mai mentito, ma ho omesso delle cose che ora non riesco più a nascondere. Tu sai che ogni tanto ho degli incubi. In realtà si tratta dello stesso sogno che faccio da quando ero piccolo. Nel sogno ci siamo io e una donna di spalle; io voglio vederla in faccia, ma il suo volto è vuoto: non ha occhi o bocca o naso, niente. Poi all’improvviso inizia a perdere sangue dal ventre e ad allontanarsi da me. Io cerco di fermarla chiamandola e allungo le mani e allora mi accorgo che sono sporche del sangue della donna. Quindi inizia a riecheggiare una risata perfida e una voce continua a chiamarmi ‘demonio, demonio’ e a quel punto mi sveglio.”
Ace rimase un attimo in silenzio aspettando un commento di Maya che non tardò ad arrivare.
“Perché mi hai raccontato questo? Chi è quella donna?” chiese un po’ preoccupata e, in parte, già conscia della risposta che stava per ricevere.
Ace sospirando riprese: “La donna nel sogno è mia madre. Lei è morta dandomi alla luce dopo venti mesi di gestazione.” Allo sguardo sbalordito della castana, il moro sorrise impercettibilmente. “Lo ha fatto perché non venissi catturato ed ucciso dalla marina. Non ero ancora nato e già ero un ricercato per via del sangue che scorre nelle mie vene. Come te, anch’io ho preso il cognome di mia madre, altrimenti mi sarei dovuto chiamare Gol D. Ace.”
“Gol D.?” fece Maya stupita. “Tuo padre era il re dei pirati?!”
Al segno di assenso del moro, la ragazza ribattè solamente: “Wow! Che forza!”
“COME PUOI DIRE UNA COSA SIMILE?!” urlò Ace imbestialito
Maya rimase interdetta a quello scoppio d’ira: perché Ace odiava così tanto suo padre? In fondo quell’uomo era una leggenda, che tutti avrebbero dovuto ammirare, che lei adorava. Allora perché lui lo disprezzava?
E allora la ragazza capì e si diede della stupida per quanto era stata indelicata con il suo amico. Si avvicinò di più al moro che era intento a tormentare uno sfortunato ciuffo d’erba e gli prese la mano libera costringendolo a voltarsi affinché la guardasse in faccia mentre gli parlava.
“Scusa, sono stata una scema. Io più di tutti avrei dovuto capirti visto che il peso che porti è uguale al mio. È solo che per una bambina tenuta rinchiusa in una fortezza per anni, Roger rappresentava il simbolo della libertà. Io stimo il pirata che era Roger, ma non conosco l’uomo e quindi non ho il diritto di giudicare i tuoi sentimenti verso di lui. Però penso che tua madre lo abbia amato tanto per aver dato la sua vita per suo figlio, come so anche che la mia ha amato mio padre tanto da volermi al mondo. E ringrazio dio per questo amore perché mi ha permesso di incontrare te!”
Maya si fermò di botto imbarazzata per ciò che aveva appena detto, lasciando subito la mano al moro. Ma con sua grande sorpresa lui la riprese immediatamente dicendo: “Nessuno ha mai pensato di ringraziare dio per la mia esistenza, me compreso. Ho preso il mare per capire se io meriti di vivere, se la morte di mia madre non sia stata vana. Non pensavo che avrei trovato così presto una ragione di vita! Grazie!”
Ace si chinò fino ad appoggiare la fronte sulla spalla della ragazza ed iniziò a piangere silenziosamente.
Maya lo guardava con un dolce sorriso sulle labbra accarezzandogli la testa libera dal cappello dicendo: “Sei un ragazzo speciale Ace e troverai tante altre persone che ti ameranno per quello che sei e ti daranno tanti altri motivi per vivere. Devi solo avere pazienza e cercarli!”
Dopo un po’ di tempo, il moro alzò il volto con un po’ di imbarazzo e si asciugò i residui di lacrime scusandosi per aver bagnato il copri-spalle della ragazza, che però si mise a ridere dicendo che non le importava.
Sentendo che il moro  non rispondeva alla risata si voltò verso di lui: Ace si era fatto serio e la guardava fisso negli occhi. Il ragazzo avvicinò la mano alla guancia della castana proprio come era successo più di un mese prima: soltanto che sta volta non ci sarebbero state interruzioni, pensò felice Maya. Il pirata avvicinò il viso sempre di più a quello della ragazza fino a che le loro labbra non si incrociarono.
Il primo bacio in assoluto per Maya, il primo bacio dato con amore per Ace, il bacio che entrambi sognavano dal primo istante in cui si erano visti. In quel momento il mondo sembrò fermarsi: i problemi, le preoccupazioni, le paure scomparvero lasciando solo posto all’amore dei due ragazzi.
I due scivolarono lentamente distesi sulla coperta tra i cuscini e quando dovettero staccarsi per riprendere fiato, Maya si strinse forte al petto di Ace tentando di imprimere sul suo cuore il proprio sorriso e nella propria mente il suo profumo.
Dopo qualche attimo di silenzio, la bruna si fece coraggio e mordendosi leggermente il labbro inferiore disse: “Ace… io sono innamorata di te!”
Ma non ottenne risposta. Preoccupata alzò lo sguardo verso il ragazzo e sorrise sollevata: la sua narcolessia aveva di nuovo vinto le forze del moro.
Maya soffocò una leggera risata e decise di approfittare della sua stufa personale per addormentarsi: tanto per parlare avrebbero avuto tutto il tempo domani!
 
Ace si sveglio che il sole era appena sorto. La sera prima era stato colto dall’ennesimo attacco di narcolessia e quando si era ripreso aveva visto che Maya si era già addormentata. Era rimasta ad osservarla per un po’ alla tenue luce delle candele per poi sprofondare nel mondo dei sogni a sua volta.
Il moro si riposizionò il cappello in testa storcendo un po’ la bocca: non voleva lasciare Maya, ma il richiamo del mare era troppo forte per resistergli. Così si alzò dalla coperta e si diresse verso il porto. Una volta arrivato iniziò  a sistemare le ultime cose prima della partenza finchè una voce gli fece alzare lo sguardo dal suo lavoro.
“Avevi intenzione di partire senza salutare?!”
“Scusa, ma sono una frana con gli addii Syri!”
La bionda si avvicinò e si calò sulla barca dell’amico mentre lui continuava a lavorare.
“Presumo che tu non abbia neanche salutato Maya.”
A quelle parole il ragazzo si fermò, estrasse una busta da una tasca dei pantaloni e la porse alla bionda dicendo: “No, non ci riesco. Ti prego, potresti dargliela?”
Poi alzando la testa verso il cielo aggiunse: “È  il momento di andare.”
Syri annuì con un sorriso triste dicendo: “Allora ti serviranno questi! Con tanti saluti da parte di mio zio.” e gli lanciò un sacchetto pieno di soldi. Allo sguardo interrogativo  del ragazzo rispose semplicemente: “Il tuo stipendio di questi mesi. Te lo sei meritato.”
“Ma io ero in debito con voi, dovevo lavorare gratis!” cercò di obbiettare il moro.
“Lo so, ma il debito è stato annullato: ormai sei uno di famiglia, ‘fratellone’!” disse sorridendo la bionda.
Ace le si avvicinò e la abbracciò stretta dicendo: “Mi mancherai ‘sorellina’! Vedi di non cacciarti troppo nei guai!”
Syri annuì contro la spalla del ragazzo non riuscendo più a trattenere le lacrime. Alla fine i due si separarono, la ragazza scese dalla barca e il moro spiegò le vele verso l’ignoto.
 
Maya si svegliò con un brutto presentimento, aumentato dal fatto che Ace non si trovava di fianco a lei. Il suo posto era ancora caldo, quindi tentò di convincersi che magari fosse solo andato alla locanda a prendere la colazione. Si incamminò quindi verso casa, ma l’unica persona che trovò ad aspettarla fu Syri, con una lettera in mano e una faccia triste.
“Ehi, che hai? Hai visto per caso Ace?” disse la mora un po’ agitata.
“Maya… Non so come dirtelo… Ace è partito, poco fa. Mi ha detto di darti questa.” e le mise in mano la lettera del ragazzo.
Maya non voleva crederci; senza pensarci un minuto in più iniziò a correre in direzione del porto, ma, quando arrivò, l’unica cosa che vide fu la vela della barca ormai lontana.
La ragazza si sedette sul pontile sconcertata: fino a un attimo fa era addormentata accanto al ragazzo che amava e ora lui se ne era andato per sempre. E lei non gli aveva neanche detto ciò che provava per lui!
Quando le lacrime iniziarono a scendere e a bagnare la carta, si ricordò della lettera datale da Siry che stringeva convulsamente ancora tra le mani. Se la rigirò un attimo tra le dita e poi l’aprì con molto riguardo. La calligrafia ordinata e sottile di Ace le fece uscire altre due lacrime salate.

Mia cara Maya,
ti scrivo questa lettera perché so che se dovessi parlarti di persona non riuscirei più a partire, e alla fine arriverei ad odiarti per questo.
E non riuscirei a sopportarlo perché tu sei una delle cose più belle che mi siano capitate nella vita. Tu mi comprendi e illumini le mie giornate, non so come ho fatto a vivere fino ad ora senza di te.
Per questo mi è così difficile lasciarti, ma devo seguire la mia strada. Tu mi capisci, vero? Tuttavia non voglio andarmene senza prima averti fatto una promessa.
Nella busta troverai un anello, io ne ho uno uguale. Non provare neanche a metterlo all’anulare, non ti entrerebbe: non voglio legarti con una promessa così impegnativa di cui poi potresti pentirti.
Quell’anello ha un altro significato: un giorno, quando prenderai il mare, se il destino lo vorrà, noi ci rincontreremo e allora, se entrambi avremmo ancora gli anelli, riprenderemo da dove ci siamo interrotti oggi.
Maya, non piangere. Sorridi, sorridi sempre e pensa che io ti attendo impaziente nella Grand Line.
Aspettando il giorno in cui ci rivedremo,
tuo Ace

 
Maya fece scivolare fuori dalla busta il piccolo anello: era d’oro, senza decorazioni, una semplice fedina. Se lo infilò subito al mignolo della mano sinistra, alzando poi quest’ultima contro il sole mattutino, facendo risplendere il metallo lucido per ammirarlo meglio.
La ragazza sorrise, ormai dimentica delle lacrime, e guardando il mare disse: “Sì, fra due anni ti verrò a cercare e riprenderemo da dove ci siamo interrotti. Perciò aspettami Ace, perché io non ti dimenticherò mai: questa è la mia promessa!”
 
 
 
 
 
 
 
N.d.a
Buonpomeriggio a tutti!!!
Chiedo scusa peril ritardo, ma non è stata colpa mia, bensì della mia connessio internet che ha fatto i capricci!
Comunque, siamo arrivatia l sesto capitolo e non mi sembra vero. In questo mi sono lasciata andare abbastanza alla zuccherosità (non esiste neanche questa parola!). Ace ha iniziato il suo viaggio, finalmente e nel prossimo capitolo vedremo la nostra protagonista prendere il mare a sua volta e incontrare... sorpresa (anche se è abbastanza palese!)!
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e che lo farannò. E ovviamente tutti quelli che mi seguono in silenzio, anche se mi piacerebbe sentirli: non mordo mica, tranquilli!
Ci sentiamo a Ferragosto! Saluti, C.S.
P.s. Volevo dirvi che grazie hai vostri voti, la coppia Ace/Marco, che avevo proposto, è entrata nella lista personaggi. Sinceramente, Ace è solo mio, ma se dovessi cederlo a qualcuno, il primo a cui penserei sarebbe Marco! A me non ne viene in tasca niente, ma vi ringrazio comunque per i voti! E ora, me ne vado. A presto!!!
 
 
  
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