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Autore: Honodetsu    16/07/2014    1 recensioni
"...Non seppe come, ma quel momento di leggerezza, di tranquillità, sembrò dissolversi in un attimo. L'assurda idea che potesse essere finita si sgretolò al vento.
L'agitazione e la preoccupazione per l'italiano furono ingogliate da un qualcosa di più profondo, di più intenso. E mai avrebbe immaginato che si potesse provare una cosa del genere e che, un essere umano, potesse sopportare un simile dolore..."
E' con piacere che vi presento questa mia seconda fanfiction su Hetalia; dove amori, passioni, gioia e lacrime non mancheranno di certo.
...Se siete interessati, leggete...
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Francia/Francis Bonnefoy, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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-”Ci incotriamo sempre più spesso noi due, eh?”-

Eliza si voltò dietro di lei.

-”Gilbert...?”-chiese sorpresa.

Lui rispose con un ampio sorriso strafottente.

-”Già, biondina.”-gli scompigliò i capelli sotto il suo sguardo truce. Si scansò con fastidio.

-”Ehi, cos'è tutta questa confidenza?”-si risistemò i capelli arruffati-”Tieni giù le mani, idiota!”-

In tutta risposta, lui, le ridacchio in faccia.

-”Esagerata!”-disse, alzando le spalle e gli occhi verso il cielo. Tornò a guardarla con un sorriso accennato-”Dove stavi andando di bello?”-

Lo sfrecciare delle macchine faceva da sottofondo. Eliza abbassò lo sguardo, quasi tentasse di nascondere il viso. L'albino rimase a guardarla, chiedendosi cosa le prendesse all'improvviso. Ma poi rieccola alzare lo sguardo, uno sguardo rancoroso e triste.

-”A te che importa? Ma guarda che rompi palle.”-brontolò, dandogli le spalle. Per un attimo Gilbert rimase a guardarla allontanarsi. Che le prendeva? Non l'aveva mai vista così.

Le corse dietro più deciso che mai e la fermò, fingendosi offeso da quella risposta.

-”Potrei esserci rimasto male, sai?”-fece, dicendolo con una voce piagnucolosamente montata ed una faccia da cucciolo bastonato. Eliza rimase a fissarlo per qualche secondo. L'espressione corrucciata sembrava scomparire piano piano, lasciando spazio ad un qualcosa che non riusciva a controllare. Dovette mordersi un labbro per cercare di trattenere una risata, ma un sorriso le sfuggì ugualmente.

-”Ah!”-fece indicandole il viso-”Hai sorriso!”-

Lei si coprì la bocca, imbarazzata e leggermente infastidita.

-”Sono un grande, ci sono riuscito! Sono davvero il Magnifico!”-fece con un'allegria esagerata. Eliza rimase a guardarlo confusa. Ancora non riusciva a capire cosa provasse per quel ragazzo, non capiva se era fastidio o se era altro.

Eppure, nel vederlo ridere in quel modo solo per l'essere riuscito a farla sorridere, non poté che provare “dell'altro” per lui.

Ora, il fatto, era capire cosa fosse “quell'altro” che provava.

Rimase a fissare il suo viso soddisfatto, osservò come le sue sopracciglia si alzassero quando rideva di gusto e di come, invece, i bordi di esse si abbassassero quando sorrideva ammiccante.

E nell'osservarlo si perse in quei piccoli particolari, fino a rimanere incantata, fino ad analizzare ogni suo singolo lembo di pelle.

Il contatto della sua mano sulla guancia la fece sobbalzare.

-”E... Ehi, che combini...?”-gli chiese, imbarazzata. Lui la guardò dritta negli occhi, quasi stesse vedendo la cosa più interessante sulla faccia della terra.

Ed in quel momento Eliza si sentì letta dentro, tanto che temette che riuscisse a scoprire ogni suo più piccolo segreto, ogni sua sfaccettatura.

Non starmi così vicino...

Il cuore cominciò a pompare troppo sangue, lo stomaco cominciò a formicolare. La sua mano sulla guancia era tiepida, i suoi occhi rossi le sembrarono casa.

Amo questi occhi...

Rimase incantata dai suoi lineamenti, quasi li notasse per la prima volta. Poi la mano si allontanò dal suo viso e l'incanto si spense.

-”I tuoi occhi...”-disse lui serio. Eliza si portò il palmo sulla guancia, la sentì incandescente, ancora confusa lo guardò.

-”E... Eh?”-fu tutto quello che riuscì a dire. Lui sorrise come mai lo aveva visto sorridere ed abbassò lo sguardo. Un sorriso spontaneo, della giusta grandezza, splendido, e non strafottente.

-”Niente...”-rialzò gli occhi su di lei-”Per un attimo mi era sembrato di vederci qualcosa di brutto ma mi sbagliavo.”-

Lei lo guardò senza capire. Tentò di tornare in sé, si morse un labbro. La infastidiva il sentirsi così spaesata.

-”L'unica cosa brutta che può esserci nei miei occhi è il tuo riflesso.”-gli disse, trovandosi in difficoltà. Gilbert si portò una mano al petto, strinse lievemente la stoffa, come se gli dolesse. Un altro sorriso accennato, leggermente provocatorio. Le fece la linguaccia.

-”Che crudele, dai, questa non me la meritavo, no?”-lasciò scivolare la mano giù dal petto, fino a farla ciondolare giù per il fianco-”In fondo ero solo preoccupato per te.”-

Eliza si imbarazzò ancora di più, lo stomaco ricominciò a formicolare. Le parve quasi stesse per bruciare. Si sentì del tutto esposta e ciò le fece paura. Che diavolo voleva quel tipo? Come osava toccarla? Come osava parlare in quel modo? La paura si tramutò in rabbia.

-”E... E poi se c'è qualcuno che ha degli occhi che non vanno quello sei tu!”-biascicò con cattiveria -”Tsk! Che scherzo della natura sono?!”-

All'improvviso la rabbia si spense, al suo posto una strana calma apatica.

Che cosa sto dicendo...?!

Eliza vide farsi strada nel volto di Gilbert un forte imbarazzo, gli occhi, che fino o a quel momento teneva puntati su di lei, si abbassarono veloci, vergognosi. La mascella dell'albino si contrasse.

Per un attimo le sembrò quasi che cercasse di nascondere il viso alla sua vista, come se avesse timore di turbarla con il suo aspetto alieno.

Nel cuore della castana si insinuò una punta di amaro pentimento.

...Io... Io amo quegli occhi...

Lui, intanto, voltò il viso verso una vetrina, senza nemmeno degnarla di un reale interesse, infilò le mani in tasca. Il volto inespressivo tradiva il suo dolore interiore, il suo odiare sé stesso. Vederlo reagire in quel modo inaspettato le procurò una stilettata di dolore.

Perché apro bocca e le do' fiato?

Eliza provò vergogna per la sua idiozia, abbassò gli occhi e fece per parlare ma fu anticipata.

-”Hai ragione, scusa.”-fu la risposta imbarazzata, si portò una mano al volto, come per coprirsi. L'ungherese si sentì rabbrividire-”Ho degli occhi orribili, fanno paura...”-lo disse con orrore, come se trovasse davvero raccapricciante l'idea di avere quelle iridi rosse. Fece una pausa, non la guardava in volto. Anzi, non la guardava affatto-”...Io...”-la voce gli si ruppe in gola.

La castana rimase di sasso. Che le prendeva? Come le era saltato in mente di dirgli una cosa simile? A lui, poi, che voleva solo tirarle su il morale. E poi, come poteva Gilbert avvallare quell'idiozia che aveva appena detto? Come poteva, addirittura, chiederle scusa?

-”Non è affatto vero!”-lo guardò basita-”Non lo penso davvero e nemmeno tu!”-disse quasi rimproverandolo. Gilbert la guardò di sfuggita, confuso ed intimorito.

-”No, insomma...”-fece lui, sorridendo con uno dei suoi soliti sorrisi ironici-”Capisco che possano turbare po' la gente e...”-

-”No!”-lo interruppe Eliza-”No...”-fece scuotendo il capo. Gilbert, nonostante si imponesse di non guardala negli occhi, si ritrovò ad incrociare il suo sguardo-”Non trovo i tuoi occhi orribili e chiunque lo pensi è un'idiota.”-disse con amarezza e rabbia-”Ti chiedo scusa per aver fatto la stronza.”-aggiunse poi.

I due rimasero per un po' in silenzio, in mezzo a quel marciapiede trafficato. A Gilbert venne improvvisamente da ridere. Eliza rimase a guardarlo come una scema.

-”Che ti ridi, deficiente? Sono seria!”-

-”Ti perdono. Camminiamo un po'?”-disse lui, tra le risate. Prese la sua camminata e lei rimase per un attimo a fissare la su schiena avanzare tra la folla. C'era una qualcosa di veramente affascinante in quelle spalle. Si riscosse ed arrossì, che diamine diceva? Si sbrigò a raggiungerlo.

La passeggiata per i primi minuti fu silenziosa. Ogni tanto Eliza gli lanciava uno sguardo, tentando di capire se era arrabbiato o meno. Ma il suo volto era indecifrabile. Sorrideva, ma non si sarebbe detto a cosa stesse pensando.

-”Come mai così gentile, oggi?”-gli chiese, accennando un sorriso, tentando di aprire una breccia nel muro che sembrava esserci tra di loro.

Lui si voltò verso di lei, rimase a fissarla per qualche secondo. Alzò le spalle e sbuffò.

-”Potrei dire lo stesso di te.”-la schermì. Ed Eliza di sentì in colpa, lui ridacchiò. Tornò serio-”Sarà perché ho rincontrato da poco mio fratello.”-ed ecco tornare i suoi sorrisi tremendamente affascinanti-”Mi avrà trasmesso indirettamente un po' di buon senso.”-alzò le spalle-”Sai, lui è quello “giusto” ed io quello “sbagliato”, per così dire.”-disse scherzando, o forse no.

Eliza non poté fare a meno di sorridere, subito dopo si sentì una stupida. Perché aveva sorriso? Non c'era nulla per cui sorridere.

-”Si può sapere cos'hai?”-chiese lui, tornando serio. Lo guardò spaventata. Perché si interessava a lei? L'idea di dover condividere le sue paure con qualcuno la terrorizzava.

-”Niente.”-rispose aspra, tentando di chiudere la conversazione.

-”Non è vero.”-

-”E tu che ne sai?”-gli chiese, tentando di rendersi il più sgradevole possibile.

-”Lo so.”-fu la risposta.

Perché insisteva tanto?

-”E allora perché me lo chiedi, se lo sai?”-

Gilbert rimase a fissarla un po' infastidito. Sbuffò.

-”Odio quando mi metti con le spalle al muro, biondina.”-si portò una mano dietro al nuca, sorridendo.

-”Ed io odio quando mi chiami biondina ma non ne faccio un dramma, semplicemente, non si può avere tutto dalla vita.”-

Gilbert la guardò inorridito.

-”Sei sempre più cattiva.”-

Lei sorrise.

-”Che ci posso fare, le cattiverie me le tiri fuori di bocca.”-si voltò, cominciando a camminare e sorridendo crudele. Lui la guardò con altri occhi, quasi la vedesse per la prima volta.

-”Allora continua pure ad insultarmi.”-

Lei si voltò a guardarlo, scoppiò a ridere, acida.

-”Oh, cielo! E perché?”-

-”Almeno continueresti a sorridere.”-

Che risposta scontata. Se in quel momento fosse stata più lucida gli sarebbe scoppiata a ridere in faccia. Ma in quel momento, Eliza, non era lucida, no. E per questo la risata le morì in gola. Lo guardò allucinata, quasi sperasse (o temesse?) di averle immaginate quelle parole. Ma quegli occhi rossi e decisi confermavano il tutto, la sua espressione non tralasciava dubbi.

Maledizione, non guardarmi così! Non guardarmi! Mi vergogno così tanto di me stessa...

In quel momento di silenzio, probabilmente, Gilbert avrebbe voluto che lei dicesse qualcosa. Un grazie, ma anche un insulto, qualsiasi cosa. Ma l'unica cosa che riuscì a fare, l'ungherese, fu quella di abbassare lo sguardo a terra.

-”Vuoi dirmi che cos'hai?”-riprese lui, imperterrito-”Hai ragione, sono un grande imbecille, un rompi palle magari, anche un'invadente...”-fece una pausa, si portò una mano agli occhi-”... Sarò strano...”-a quell'affermazione Eliza non poté che tremare per il dolore-”...Però so ascoltare se voglio.”-lo sguardo di Eliza si perse in quel rosso delle sue iridi-”Certo, Antonio, il mio amico che hai incontrato al pub, è molto più bravo di me a dare consigli ed ad ascoltare la gente, però...”-la guardò imbarazzato, riprese aria e continuò-”Però, sarò felice di aiutarti.”-

La castana scosse leggermente il capo, sorrise appena.

-”Cos'è, non hai nulla da fare? Cerchi svago?”-ridacchiò, per poi mordersi il labbro imponendosi di non piangere, di rimanere calma. Lui annuì.

-”Esattamente, non ho un cavolo da fare, cerco svago, ed oggi ho scelto proprio te come mia vittima.”-rispose serio, con una serietà che la fece rabbrividire.

Eliza sospirò ed abbassò il capo.

-”Gilbert... Non c'è nulla di interessante in me...”-la voce si era incrinata.

Improvvisamente l'albino sentì qualcosa rompersi nel petto. E bene? Dov'erano finite tutte quelle belle parole che aveva detto fino a poco fa? Perché non riusciva più a dire nulla?

Era come se nel vederla così, con il capo rivolto vero il basso quasi a voler dire di essere del tutto stufa della vita, si sentisse del tutto inerme. Pietrificato. Non riusciva nemmeno a comprendere il perché di tutta quella disponibilità che aveva nei confronti di quella ragazza.

Perché, fino a quel momento, non aveva fatto altro che vagare e sperare di incontrarla?

Perché teneva tanto a parlarle ancora?

Perché voleva di nuovo vedere quei bellissimi capelli castani e quegli occhi verdi?

Perché la stava consolando?

Non lo sapeva. Si morse un labbro.

Fino a quel momento si era ripetuto tra sé che lo stava facendo solo per una questione di principio: nessuno delle persone che frequentava dovevano essere tristi.

Eppure Eliza non la vedeva spesso. Gli arrivò una fitta al cuore. E bene, che voleva dire questo? Che avrebbe, quindi, voluto frequentarla più spesso? Che avrebbe voluto che facesse parte della sua vita? Prese a sudare freddo.

Ma che ne facesse parte come?

-”Assolutamente niente di interessante...”-sussurrò Eliza, mentre il rancore sembrava impossessarsi di lei-”Niente, niente, niente!”-

Come ne faceva parte Antonio?

-”Sono inutile!”-

Non dirlo...

Come ne faceva parte Francis?

-”Sono una dannata fifona!”-

Non dire certe cose...

Come ne faceva parte Romano?

-”Scappo dalle situazioni come una bambina impaurita, sono inutile, inaffidabile!”-

Finiresti con il crederci...

Come un'amica?

E con il ferirmi...

-”Ogni giorno che passa mi odio sempre di più, mi faccio schifo! Perciò Gilbert, davvero, non sono certamente un buono svago, credimi!”-

-”Ti prego, smettila!”-scoppiò, Gilbert.

Eliza lo guardò allarmata, gli occhi che le stavano diventando sempre più lucidi e le guance rosse per la vergogna. Il prussiano, nel vederla fissarlo in quel modo, rabbrividì. Si grattò la testa e guardò altrove.

-”Insomma...”-brontolò a disagio-”Nessuno è inutile... Persino io sono utile in qualche modo.”-tentò di scherzare. La ragazza sorrise debolmente.

-”No, Gil, tu non hai capito...”-scosse il capo-”Non sono una brava persona...”-

Gilbert la guardò tristemente.

-”Hai svaligiato una banca?”-fece serio, con una caricatura di un'espressione inorridita.

Lei lo guardò interrogativa, le venne quasi il desiderio di sorridere, ma non lo fece.

-”No...!”-si affrettò a rispondere, lei.

-”Hai ucciso qualcuno?”-fece, serio, sempre la stessa espressione.

-”... No...”-fece corrucciata.

La sua espressione grottesca si addolcì fino a sfociare in un sorriso strafottente.

-”E allora non sei una persona cattiva.”-

Il cuore di Eliza tremò.

-”Non pretendo di sapere cosa ti è successo e, se devo essere sincero, nemmeno mi interessa se non vuoi dirmelo.”-gli accarezzò il capo dolcemente, come mai aveva fatto con qualcuno. Si stupì di sé stesso, non si credeva capace di tanta delicatezza-”L'unica cosa che mi importa è che le persone che mi circondano siano felici.”-

Dannazione come era falso, che stupida ed inutile difesa aveva alzato.

-”Non voglio intorno a me gente depressa, chiaro?”-sorrise debolmente.

Come era falso, come mentiva a lei e a sé stesso. Un tempo prendeva in giro gli altri per come mentivano continuamente. Eliza si rifletté in quegli occhi rossi ed intensi, si lasciò trasportare dalle carezze.

Ma chi è quest'uomo...? Come fa a rendermi così vulnerabile?

Gilbert le sorrise ancora, sentendo il cuore martellargli nel petto. Come avrebbe voluto dirle la verità, come avrebbe voluto dirle che, al diavolo tutti gli altri, l'unica cosa che gli importava era la sua felicità.

La vide abbassare lievemente il capo. Il suo cuore tremò, si morse un labbro.

Non si era mai sentito così, era instabile. Sentiva le gambe molli e la bocca asciutta, ma nonostante questo sentiva il bisogno inaudito di doverla rassicurare.

-”E' gentile da parte tua, Gilbert...”-Eliza alzò lo sguardo, sembrava essere tornata quella di sempre. Niente occhi lucidi, niente rossore sulle guance. Non era rimasto niente a testimonianza del suo attimo di debolezza.

Gli sorrise.

-”Ma, davvero, ho ancora dei problemi da risolvere... Insomma, devo ancora decidere che fare della mia vita...”-la vide mordersi un labbro malinconicamente-”Ho ancora delle ferite aperte e difficili da guarire...”-lo guardò negli occhi-”Mi capisci?”-

Gilbert annuì, serio, quasi concentrato.

-”Mi dispiace.”-affermò lui, non sapendo che altro dire.

-”Anche a me.”-gli fece un cenno del capo, come per salutarlo e fece per voltarsi ed andarsene.

-”Aspetta!”-

Eliza si voltò a guardarlo.

-”...”-non trovò le parole.

-”Cosa?”-lo incalzò lei, alzando un sopracciglio.

-”Hai per caso intensione di tornare in Inghilterra, Eliza?”-le chiese, quasi timoroso di far trasparire la sua ansia. Lei rimase per un attimo in silenzio, quasi non sapesse che rispondere. Sospirò.

-”Ancora non lo so, Gil...”-sorrise-”Non so niente.”-

Gilbert la guardò ironico.

-”Sei troppo enigmatica, lo sai, vero?”-

Le uscì una mezza risata.

-”Probabilmente hai ragione.”-

Nel sentirla ridere, il prussiano, si sentì meglio. Le sorrise strafottente.

-”Ti va di venire, sta sera, al pub?”-le chiese entusiasta-”Così ti faccio conoscere i miei amici e ti distrai un po' dalle tue “ferite”, eh, biondina?”-la prese in giro.

Eliza rise più vivace.

-”Non renderei il tuo pub un mortorio?”-lo stuzzicò.

Lui alzò le spalle.

-”Non c'è problema...”-sorrise maligno-”Te l'ho detto: non è il mio pub, io ci lavoro e basta!”-

Rise di nuovo e per Gilbert parve dolce musica.

-”Allora va bene.”-sorrise serena-”Ci vediamo sta sera.”-

Lui le sorrise.

-”Ottimo.”-

-”Ottimo.”-ripeté lei-”A sta sera!”-

Si voltò.

-“Un'ultima cosa Eliza...”-le disse, passandole la mano sul capo-”Se deciderai di partire o meno, me lo dirai, vero?”-concluse con un sorriso.

Una lacrima, che aveva trattenuto fino a quel momento, scivolò lenta dalla guancia della ragazza. Eliza non si voltò, non voleva rivedere il suo viso, quegli occhi. Sapeva che se lo avesse fatto ne sarebbe stata risucchiata.

Ed in quel momento le tornò in mente il discorso sulle persone care fatto da Arthur. Annuì, e sorrise mentre quell'unica lacrima le scorreva giù per la guancia.

-”Sì, te l farò sapere.”-disse, prendendo a camminare-”A dopo!”-

-”Bene!”-sorrise felice, Gilbert-”A più tardi!”-

Elizaveta non capì come, ma sentì di aver appena trovato la sua persona speciale.

  
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