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Autore: Shaneesja    02/09/2008    0 recensioni
Quando mi svegliai, dopo chissà quanti giorni di incoscienza, non vidi altro che oscurità intorno a me, ma potei udire chiaramente il suono attutito di passi provenire da una camera attigua a quella che occupavo...
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Le mie condizioni migliorarono di giorno in giorno, la ferita si era cicatrizzata in fretta lasciando dei segni che non sarebbero comunque andati via con il tempo. I punti di sutura che mi diedero erano molti, ma il sapere che avrei avuto per sempre in quei segni il ricordo di quella notte non mi preoccupava.
In cuor mio comunque avevo già in mente di vendicarmi, il desiderio di vedere quella creatura morire sotto i miei colpi era diventato bruciante più del fuoco dell ‘inferno, ma quando manifestai a Domingo la mia intenzione di uccidere quel mostro, mi disse che non avrei avuto un’altra volta la fortuna dalla mia parte, e che quindi avrei fatto meglio ad accantonare propositi suicidi.
La cosa mi turbò, non lo nego, ma i miei piani non cambiarono affatto, li tenni nascosti dentro me attendendo che i tempi fossero maturi.
Intanto il tempo trascorreva lento, ed anche se non chiedevo alla servitù il motivo dell’assenza diurna di Domingo, una sorta di sospetto scavava, insinuandosi nella mia mente. La voglia di conoscere è sempre stata forte dentro me, ed in quel caso era addirittura insostenibile.
Ricordo che seppi il suo segreto dopo circa un mese e mezzo il mio arrivo nella sua villa.
I domestici erano indaffarati nelle loro mansioni, Juan era andato in città non so per quale motivo, la cuoca stava preparando la cena ed io ero completamente sola e libera di aggirarmi per le sale del palazzo quasi indisturbata.
Lavorando d’astuzia finsi di uscire facendomi notare dalla cameriera mentre varcavo la soglia della grande porta principale, lei se ne accorse e mi sorrise garbatamente, chiusi la porta e mi diressi verso il retro della villa. Ovviamente prima di uscire avevo provveduto a lasciare una delle finestre socchiusa, quindi rientrare furtivamente non fu per me un problema.
Per non fare rumore lasciai la finestra accostata e tolsi le scarpe lasciandole nascoste. Mi diressi immediatamente verso la porta che dava sui sotterranei, la aprii quanto bastava per farmi passare evitando di farla scricchiolare e la richiusi alle mie spalle, compiacendomi per essere riuscita a non farmi scoprire.
Adesso dovevo solo scendere le ripide scale e sapevo che stavolta nessuno mi avrebbe fermata. Gli scalini in marmo consumati dal tempo erano gelati sotto i miei piedi, ma li per li non ci feci caso, volevo raggiungere al più presto il motivo di tanta segretezza. Scesi con facilità la rampa di scale che mi si parò davanti aiutata dal chiarore di alcune lampade ad olio che bruciavano li da chissà quanto tempo.
In alcune nicchie vidi qualche ratto guardarmi con occhi vermigli e luccicanti, ed in altre un paio di teschi che mi fecero pensare a delle catacombe. Mi chiesi il perché della presenza di esse ed ebbi, forse per la prima volta nella mia vita mortale, un moto di paura. Spinta comunque dalla curiosità non mi fermai, continuando la discesa con maggiore determinazione.
Giunsi ad una porta in legno di noce riccamente intarsiata sulla cui sommità spiccava una corona, la stessa che vidi più volte in quella casa. Facendomi coraggio presi il pomello e aprii, stringendo gli occhi per un istante. Grande fu la sorpresa nello scoprire il contenuto di quella sala. Era ovviamente arredata con gusto indiscutibile, lungo le pareti ardevano delle torce che illuminavano la grande sala ma che comunque la lasciavano in una piacevole penombra. Ma ciò che più mi sorprese fu la bara al centro della stanza.
La guardai corrugando appena la fronte, come si fa con qualcosa di incomprensibile, e nonostante la cosa fosse strana e per certi versi potesse mettere paura a qualunque essere umano, mi accorsi che stavo camminando lentamente verso essa, quasi ipnotizzata. La bara era sollevata da terra da un basamento in marmo bianco, era più grande di una normale cassa mortuaria e molto più ricca nei dettagli. Nessun simbolo sul coperchio che potesse fare capire a chi appartenesse, nessun nome tranne le iniziali.
D.G.
Non feci in tempo a realizzare che quelle erano le SUE iniziali…il coperchio della bara si mosse sollevandosi di scatto, ed a stento trattenni un urlo di stupore quando vidi Domingo alzarsi in posizione seduta sulla bara. Sentivo le tempie che battevano convulsamente, guardavo nei suoi occhi senza rendermi ancora conto di cosa fosse. Lui mi fissò guardandomi con la stessa espressione tranquilla di sempre, e lentamente uscì dalla bara, venendomi incontro.
Non so cosa mi tratteneva ancora in quel posto, so solo che dopo qualche secondo lo vidi di fronte a me, distante solo di qualche passo. Strinse gli occhi e ad un suo gesto la fiamma delle torce diminuì di intensità rendendo il luogo sensibilmente più tetro. Restò in silenzio per un tempo che a me parve interminabile, poi prese a parlare, avvicinandosi a me mentre lo faceva.
-“Ora che hai scoperto chi sono dovrei ucciderti, credo che tu questo lo sappia.” Annuii impercettibilmente.
-“Tuttavia potrei darti una possibilità allettante…” Mentre parlava una sua mano si mosse in direzione del mio viso, e con fare quasi paterno mi carezzò una guancia lentamente. Le sue dita erano gelide come quelle di…si, come quelle di un morto.
-“Come sei riuscita ad entrare? Dimmelo. So che hai tentato in passato, Juan ti ha fermata prima che tu potessi raggiungermi….Come hai fatto?” Deglutii e per un secondo abbassai lo sguardo, per poi rialzarlo fissandolo su di lui.
-“Juan non ha colpe, è in città. La cameriera pensa che io sia fuori a passeggiare in giardino. Sono uscita dalla porta principale ma avevo lasciato una finestra aperta, mi è stato facile rientrare senza il minimo rumore e senza farmi notare…”
Domingo mi guardò stupito, poi rise di gusto mostrando la filiera di denti bianchissimi, tra i quali stavolta spiccarono due lunghi canini che le fiamme delle torce fecero scintillare nella semioscurità.
-“Ingegnoso, mi stupisci piacevolmente, piccola Maxine…ma dimmi, tu non hai paura di me?” Lo guardai sgranando prima gli occhi alla vista dei canini lunghi e puntuti ed indientreggiai di un passo, ma sentendomi chiamare piccola Maxine mi innervosii lievemente, ritrovando la mia sicurezza.
-“So che se aveste voluto uccidermi lo avreste fatto subito. Questo un po’ mi rasserena ma non totalmente. Ora sarebbe il tempo di parlare della possibilità da voi offertami.” Parlavo con assoluta tranquillità, nonostante avessi qualche timore.
-“Una proposta, mia giovane e temeraria ragazza. Ti offro la conoscenza di qualcosa che un essere umano non potrà mai comprendere, lo studio di un’arte che solo a noi Signori delle Ombre è concesso conoscere. Ti offro l’immortalità e il potere sugli uomini, il completo dominio delle loro menti. Ti offro un’altra vita…in cambio di un bacio.”
Mentre parlava i suoi occhi brillavano di una luce ancestrale, la sua voce era tonante e calda più che mai.
-“Tutto questo per un bacio? E’ alquanto assurdo concedetemelo. Quale profonda conoscenza di arti incomprensibili alla mente umana mi può essere svelata per mezzo di un semplice bacio?” Egli sorrise ancora, il capo si volse all'indietro, mostrando il collo bianco e possente e la linea squadrata della mascella.
-“Non un semplice bacio, mia cara. Il bacio di cui ti ho parlato è qualcosa che va aldilà dell’atto fraterno o amoroso che tale parola può celare in se. Ma dimmi, accetti?” Lo guardai perplessa ma affascinata dalle sue parole e completamente soggiogata dalla sua proposta. Accettai ovviamente, e senza pensarci troppo.
-“Benissimo, era ciò che mi aspettavo da te, Max. preparati, stanotte per te si apre un nuovo mondo, dovrai essere conscia di ciò che stai per accettare. Adesso andiamo, attenderemo gli altri vampiri che non tarderanno ad arrivare. Da questa notte io sarò per te un padre, e tu mia figlia.”
Vampiri. Uso' quella parola senza paura di turbare la mia mente mortale, cosi' come si usa la parola ospiti. Per lui ero gia' sua figlia. Mi prese sottobraccio e ci avviammo insieme verso la ripida scala. Quando uscimmo dal sotterraneo sentii la voce di Juan, era evidentemente preoccupato.
-“Ma dove sarà mai? Il padrone sarà furibondo quando si sveglierà!! Non oso pensare a ciò che mi…” Non fece in tempo a finire la frase, entrammo nel salone insieme e vedendomi con Domingo Juan fece una smorfia di stupore mista a preoccupazione.
-“Ma siete qui! Dove vi eravate nascosta? Vi ho cercata per tutta la villa, non eravate in nessuna delle stanze….padrone non è colpa mia, io ero in città per conto vostro…”
-“Taci Juan. Mia figlia è venuta a trovarmi nella mia stanza. Era almeno un secolo che qualcuno non mi stupiva in questo modo…” Juan trasalì, i suoi occhi divennero vitrei ed inespressivi, farfugliò qualcosa di incomprensibile per poi forzarsi al fine di ottenere un minimo di contegno.
-“Mio signore, io l’avevo avvisata! Non punitemi vi prego…” Iniziò a tremare e singhiozzare come un bambino, la vista di quello spettacolo mi disgustava.
-“Ora basta, Juan. Ti punirò se continuerai con questa tragedia greca che è il tuo pianto. Da stanotte dovrai trattare con riguardo Maxine, non sarà più una semplice ospite lei diverrà mia figlia, questa sarà la sua casa.” Quelle parole riecheggiarono nella mia mente come tamburi lontani, e nel sentirle Juan sgranò gli occhi smettendo di piangere.
-“Mio signore, volete fare di lei una Lasombra?”
-“Esattamente Juan. Ha dimostrato di avere doti essenziali, un ingegno fuori dal comune e una forza fisica non indifferente. Maxine sarà per me fonte di orgoglio, ai miei occhi e a quelli degli altri.” Juan annuì, congedandosi da noi.
Quando restammo soli gli chiesi il significato della parola Lasombra e lui mi rispose con una tale fierezza nella voce da lasciarmi sbalordita.
-“Vedi Maxine, Lasombra è il nostro nobile clan e tu questa notte entrerai a farne parte. Solo i migliori sopravvivono, o meglio sconfiggono la morte corporale per mezzo del sangue e della propria naturale predisposizione. Molti soccombono, restando nelle viscere della terra, presto capirai come…ma tu no, tu riuscirai, ne sono certo.
-“Sottoterra? Verrò seppellita viva?” Rise per un attimo e poi mi guardò con espressione seria.
-“Credi in ciò che sarai, anche se ancora non ti è chiaro. Credi e avrai una nuova vita nell’oscurità.”
Ora lo confesso, quella notte avrei voluto ritrattare e magari fuggire via lontano da lui, però non riuscivo, avevo una possibilità, scoprire cosa si celava aldilà della notte, e non volevo sprecarla.
-“Io credevo che i vampiri fossero solo una stupida leggenda inventata per spaventare i bambini…ed io sono stata addirittura salvata da uno di essi. Perché? E soprattutto, cosa era quella bestia che ha tentato di uccidermi quella notte?” Domingo mi guardò incupendosi, i suoi grandi occhi castani fiammeggiarono fissandosi in quelli miei.
-“Max, quel mostro altro non era che un Garou, presto saprai molto riguardo queste creature, imparerai a temerli forse, anche se il tuo temperamento mi fa pensare il contrario. Sono capitato lì per caso, quella notte, insieme agli altri che hai solo sentito. Ad ogni modo da tempo desideravo una figlia, ma ogni giovane che avevo occasione di osservare non soddisfaceva le mie aspettative, troppo deboli, poco determinati, poveri in canna. Tu hai due qualità che ho potuto notare in queste notti, sei determinata e forte. E hai coraggio da vendere. Non resterai sotto la terra, ne sono certo."
Lo guardavo ascoltandolo attentamente, le braccia incrociate al petto e le labbra lievemente dischiuse. Mille domande mi passavano per la testa in quel momento, lui comprese e tacque lasciandomi il tempo di raccogliere le idee. La sua figura era regale, lo sguardo attento sembrava riuscire a leggere in profondità.
  
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