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Autore: Liz_H    17/07/2014    3 recensioni
Harry ha perso Louis mesi fa. Il nuovo tour comincerà a breve e lui non ha idea di come dovrebbe comportarsi, sa solo che senza il suo Lou sta andando in pezzi. Deve riconquistarlo, ad ogni costo, altrimenti non è sicuro di poter continuare. Non senza di lui.
Dal testo:
”Louis è il mio respiro, Louis è la mia vita, il mio passato, presente e futuro; è entrato così a fondo nella mia anima che sarà impossibile per lui andarsene. Louis è nella mia pelle, nel mio cuore, nel mio cervello; Louis è la ragione per cui ogni giorno mi sveglio e decido di andare avanti, ed è solo per lui che affronto il mondo di crudeltà e dolore che il destino mi ha assegnato. Perché Louis è il mio amore e la mia sofferenza; Louis è nelle cose che vedo e nell'aria che respiro, nei miei tatuaggi, in ogni cosa che dico e in ogni cosa che faccio. Louis è entrato permanentemente nel mio corpo e nel mio spirito. Louis è Louis, ed è il mio tutto.”
[LARRY.]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questo è il CAPITOLO DICIASSETTE. Per cominciare a leggere dal capitolo 1, cliccare sulle frecce ai lati del nome del capitolo, accanto alla sezione "CAPITOLI".

***
Over again

3 marzo 2019

I giorni scorrono velocemente e lentamente al tempo stesso. Mi sembrano momenti infiniti quelli che passo rintanato nelle camere d'albergo che mi assegnano a piangere, da solo. Quando c'è Louis con me, però, non posso farlo. Perché  so che crollerebbe di nuovo. L'ultima volta, è a malapena riuscito a sopravvivere – non riuscirebbe a sopportare quello che ha passato cinque anni fa un'altra volta: lo ucciderebbe.

Vengo invaso da ricordi del passato, ricordi risalenti a quelli che mi sembrano secoli fa, ma ancora impressi nella mente come se li stessi vivendo ora. Fatti che mi hanno irrimediabilmente segnato, lasciando le cicatrici direttamente sul mio cuore.

Mi ricordo tutto di quei mesi infernali.

I giorni passati a piangersi addosso, senza riuscire a dissimulare le lacrime nemmeno in pubblico.

Il dolore che cresceva ogni giorno di più, divorandoci l'anima direttamente da dentro.

La droga che secondo lui lo avrebbe aiutato a far passare il dolore, che io lo pregai di non prendere mai più, e le litigate che seguirono.

Il biglietto che trovai sul comodino quando una mattina mi svegliai e lui non era accanto a me. Quelle che avevo il terrore potessero essere le sue ultime parole per me.

L'ira, la disperazione, la confusione e la determinazione si mescolavano nel mio petto mentre correvo più veloce di quanto avessi mai pensato di poter correre.

Il terrore di arrivare troppo tardi. La porta chiusa a chiave che sfondai senza esitare.

Gli occhi di Louis invasi dalla rabbia, dall'impotenza, dalla tristezza. E, alla fine, dalla decisione. Il suo sguardo che incontrava il mio, le lacrime nei suoi occhi. Le pasticche nelle sue mani.

Riuscii a fermarlo appena prima che le ingoiasse. Pochi minuti dopo stava singhiozzando incontrollatamente, aggrappato a me come se ne dipendesse la sua vita – ed era così.

Sono rimasto profondamente scosso da quel suo comportamento. Non mancai di urlargli contro, spaventato e scioccato, che era un egoista. «Non pensi a me? Non hai pensato a me?! Come avrei fatto ad andare avanti senza di te? COME? Dici che mi ami, ma se mi avessi lasciato soffrire così avrei preferito morire!» E poi scoppiai a piangere, sconvolto. Ricordo che mi sentii come se mi si stesse sollevando un peso dal petto. Le lacrime erano come macigni di cui finalmente mi ero liberato.

Louis pensa che io sia più bravo a sopportare il dolore di quanto lo sia lui. La verità è che io non ne sono capace, per questo tengo tutto dentro e mi comporto come se andasse tutto bene. Perché non riesco a sopportare tutto questo. Perché devo ignorarlo, o almeno provarci. Perché non saprei come andare avanti altrimenti.

E adesso io sto rivivendo tutto questo di nuovo. Ma non posso sfogarmi con Louis, o starà male di nuovo, e io starò mille volte peggio di lui perché lo amo mille volte più di quanto lui ami se stesso. Perciò devo soffocare tutti questi sentimenti nel mio petto, sperando che non esplodano.

Ogni giorno è un pugno dritto nello stomaco, che mi lascia senza fiato. So che per Louis è lo stesso, ma non riesco a capire esattamente cosa provi, perché non ne parliamo. Prego ogni giorno che non peggiori di nuovo, che non finisca per ridursi un'altra volta alla pallida ombra di se stesso.

Andiamo avanti solo perché ci stiamo vicini. Non saprei proprio come fare se lui non ci fosse, se non ci permettessero di stare insieme anche quando non ci sono telecamere in vista, perché senza di lui non sarei niente. Non riuscirei a vivere, non più. Non che questo sia vivere, certo.

Negli ultimi mesi, in cui abbiamo finito le tappe del tour in Europa e in Asia, sono successe molte cose, a quella che mi è sembrata una velocità incredibile. Sempre più uscite con Liz – anche lei non è lontana dal crollare –, sempre più foto di noi su internet, e quando non bastano la Modest provvede a mettere insieme dei fotomontaggi. Ho provato più volte a "smentire" le foto che uscivano con dei tweet di cui spero si sia capito il vero significato, ma che venivano cancellati pochi minuti dopo essere pubblicati. In compenso, su internet regna il caos più totale. Non so bene i dettagli, ma il fatto che la Modest lavori costantemente per farmi sembrare felice, sorridente e sempre accanto a Liz dovrà pur significare qualcosa.

A proposito di lei, devo vederla oggi per delle altre foto. È stressante come cosa, perché non abbiamo praticamente più tempo per noi stessi o per stare con chi vogliamo: tra concerti, prove, uscite, fotografi, interviste e incontri con i manager non abbiamo un attimo di pausa.

Quando vedo Liz, noto che è come se i suoi occhi si fossero spenti. Sta così da settimane, ormai. Mi ricordo di quando l'ho conosciuta: aveva lo sguardo brillante, il sorriso che spuntava fuori in continuazione, un'allegria ed un'energia innate. E ora la Modest le ha tolto tutto. Come ha fatto con me.

Liz è cambiata così tanto in pochi mesi; d'un tratto mi chiedo quanto sia cambiato io in nove anni. Assurdamente, è la prima volta che ci penso. Come mai? Probabilmente, non mi sono mai nemmeno accorto del mio cambiamento. Ora che rifletto, è possibile che ogni giorno io cambi di più. Vedo le foto di quando avevo sedici, diciotto, ventidue anni. Il mio sorriso da spontaneo diventava sempre più finto, fino a sparire quasi del tutto. Di certo non è questo che volevo diventare quando ho firmato quel contratto. E sono stato così stupido da farlo per tre volte, solo perché non volevo lasciare i One Direction, solo perché non volevo deludere nessuno. Ma una band non può durare per sempre, e prima o poi mi prenderò la mia libertà.

«Harry? Harry?» Liz mi sventola una mano davanti agli occhi. Mi sono fermato a pensare, di nuovo. Devo proprio smetterla di impallarmi così, odio quando succede.

«Scusa.»

«Non fa niente. Andiamo?» Cerca di imitare un sorriso, fallendo nel tentativo.

E d'un tratto sono così arrabbiato, così arrabbiato che ci stiano portando tutto via, così arrabbiato che siamo costretti a diventare l'ombra di ciò che eravamo una volta solo perché la Modest vuole così. Ho bisogno di fare qualcosa. Ho bisogno di fare quello che non faccio da troppo tempo, quello di cui ho bisogno quando sono sotto stress.

«No.»

Lei mi guarda alzando un sopracciglio, divertita. «Cosa?»

«No. Mi accompagni da una parte?»

Scrolla le spalle. «Certo.»

*

Di solito vado sempre nello stesso posto quando devo farmi un tatuaggio, ma ne ho bisogno ora e non posso aspettare di tornare in America. Mi è bastato fare un paio di chiamate perché mi indicassero un bravo tatuatore qui, a Melbourne. Ed è da lui che stiamo andando io e Liz. Per fortuna l'indirizzo non è lontano, e ci arriviamo con un taxi. Quando ci siamo allontanati, i fotografi ci sono rimasti di sasso, e abbiamo sorriso soddisfatti delle loro facce.

Entriamo nello studio e incontriamo il tatuatore. Dice che non ha tempo per farmi il tatuaggio ora, ma quando gli offro dei soldi in più annuisce volentieri.

Prepara tutto il necessario per il tatuaggio, poi mi chiede come lo voglio. Non ci ho pensato, ma ora che sono qui e che sta per farmelo, so esattamente cosa voglio.

«Delle ali, sulla schiena.» dico con voce ferma. «Chiuse*

«Chiuse?» chiede Liz, accanto a me. Anche il tatuatore mi guarda con le sopracciglia leggermente aggrottate, aspettando la risposta.

«Sì, chiuse. Dovrò essere io a riuscire ad aprirle.» Liz sorride alla mia risposta, e riesco a scorgere un lampo di comprensione e tenerezza nei suoi occhi, il tatuatore  invece aggrotta ancora di più le sopracciglia.

«Hai un disegno?» chiede.

«No. Come verranno, verranno. Non mi importa» sussurro. Ma ne ho bisogno, è il pensiero che non esprimo. Ne ho assolutamente bisogno.

*

La Rod Laver Arena di Melbourne è davvero enorme. Ogni volta che torno qui mi sento perso, ogni volta che mi trovo in uno stadio enorme come questo provo questa sensazione. Ho sempre paura di non riuscire a farcela, anche se di solito questo timore viene dissipato dai fan durante il concerto. Ma resta sempre lì, sotto la pelle, pronto a riemergere.

Louis non è ancora arrivato. Ultimamente salta le prove, e si presenta nel luogo dove si deve tenere il concerto solo un'ora prima. Sta male, e ho paura che peggiori di nuovo. Che provi a farlo di nuovo.

Ma ora mancano pochi minuti, e lui ancora non è qui. Sono sempre in ansia quando lui non c'è, perché da quando ha tentato di togliersi la vita, anni fa, ho sempre paura che possa provarci di nuovo. Ho paura quando lui non è con me, e in questo momento il terrore mi attanaglia le viscere. Di solito risponde ai miei messaggi, di solito mi chiama per dirmi se sta arrivando.

Oggi invece non mi ha contattato in alcun modo, non ha risposto al telefono. Stamattina, quando mi sono svegliato, non era accanto a me. Mi ha lasciato un biglietto, e quando l'ho visto ho pensato al peggio. Ma c'era solo scritto che ha dovuto uscire presto e che non voleva svegliarmi.

Ma adesso non so che pensare. Dov'è finito?

Proprio mentre sto per urlare la mia frustrazione, Louis fa la sua entrata in scena. Ha gli occhi cerchiati di rosso, che ormai sono sempre più frequenti, il viso smunto e delle occhiaie profonde. I make-up artist lo prendono immediatamente da parte e lo rimproverano per essere arrivato così tardi, truccandolo il più velocemente possibile.

Louis non mi guarda nemmeno. I suoi occhi sono tristi e abbattuti, e non apre bocca per parlare con nessuno. È come se volesse affogare nel suo stesso dolore. Il terrore che possa arrivare a fare le cose che ha fatto quando è stato male in questo stesso modo, anni fa, mi stringe lo stomaco in una morsa.

Il concerto inizia troppo presto, e Louis non ha ancora aperto bocca. Come farà a cantare o a parlare durante il band talk se ora non riesce ad articolare una sola parola?

Dopo che entriamo e cantiamo le canzoni d'apertura del concerto, con sorpresa di tutti noi Louis annuncia al pubblico che, poiché ha mal di gola, non potrà cantare molto stasera, e che noi lo sostituiremo. Detto questo, abbassa gli occhi a terra e affoga di nuovo nel dolore.

Questo concerto sembra durare secoli. Quando finalmente finisce ed usciamo salutando i fan, Louis sale nella prima macchina disponibile, da solo, velocemente, in modo che nessuno lo possa fermare. Ha lo sguardo a terra, e se ne va senza fermarsi per il backstage. Resto per qualche minuto, ma con la mente sto da tutt'altra parte. Così, decido di andare anche io dopo aver firmato un paio di autografi e fatto delle foto. Quello immortalato da cellulari e macchinette fotografiche deve sembrare più una smorfia che un sorriso.

Prendo anche io una delle auto che avrebbero dovuto portarci all'albergo più tardi, e convinco l'autista con una generosa mancia ad andare il più veloce possibile, e a saltare i semafori.

Salgo di corsa le scale senza aspettare l'ascensore, saltando gli scalini a due a due. Ho sempre una copia della chiave della camera di Louis, come lui ha la copia della mia, perché, in qualsiasi hotel siamo, abbiamo bisogno di trovarci l'uno nelle braccia dell'altro almeno durante la notte. Proprio come si ha bisogno di respirare: Louis è l'unico ossigeno di cui io abbia bisogno, di cui potrò mai avere bisogno.

Così tiro fuori la chiave per aprire la porta della stanza, ed entro senza chiedere il permesso. Spingo delicatamente la porta, addentrandomi nella camera senza farmi sentire, come se fosse un posto ostile e potesse spuntare un mostro da un momento all'altro.

Sebbene alloggiamo in quest'albergo da nemmeno ventiquattr'ore, la stanza è un macello. Vestiti sparsi ovunque, la valigia aperta e rovesciata per terra, lattine di birra vuote e accartocciate sul pavimento, e…

No. Non di nuovo.

Corro verso il bagno, capendo tutto e sperando disperatamente di sbagliarmi. Apro la porta facendola sbattere contro il muro.

«Louis» sussurro appena.

Lui riesce a sentirmi sebbene fatichi io stesso a farlo. Alza gli occhi azzurri, colpevoli, mortificati, terrorizzati. Ha il viso rosso rigato di lacrime di rabbia, una vena che gli pulsa sul collo.

Si regge al lavandino con entrambe le mani, con forza, come se dovesse assolutamente tenerlo fermo, una bustina aperta e della polvere bianca sparsa sul piano.

Lo guardo di nuovo, sconvolto. Scuoto la testa, non sapendo cosa fare, ancora sperando che tutto questo non sia come sembri, che non siamo tornati di nuovo a quel punto, che sto commettendo un errore a pensare che…

La scena che mi si para davanti è inconcepibile. Non può esserci cascato di nuovo… non può. Pensavo l'avessimo superato del tutto, pensavo…

Louis sembra leggermi la mente. «Non sono forte quanto te, Harry» sussurra a fatica, con una voce roca che non riconosco. È come se stesse parlando un'altra persona, come se fossimo tornati indietro di cinque anni. La sua bocca si muove ma escono parole che non capisco. Parole che non voglio capire. «Non ce la faccio. Non ce la faccio più.» Sembra che per lui pronunciare ogni parola sia uno sforzo indicibile, un'impresa quasi impossibile.

Rimango perfettamente immobile, lo sguardo che corre dalla cocaina sparsa sul piano del lavandino al viso di Louis.

So che dovrei correre da lui e dirgli qualcosa. Come ce la faremo di nuovo, come lo aiuterò a superare tutto questo un'altra volta. Ma, per qualche motivo, non riesco a muovermi.

«Harry» dice con questo sussurro che non è la sua voce. Non può esserlo. Louis non mi farebbe questo di nuovo. Non può, non… 

Scioccato, con gli occhi spalancati e pieni di lacrime, finalmente riesco a muovermi. Lo sguardo di Louis mi sta supplicando di non farlo, di non andarmene.

Ma io non posso restare. Non posso. Non ce la faccio, non di nuovo. Ricordi di psicologi, di medici, del centro di recupero…

Scuoto la testa piano, piangendo in silenzio. I suoi occhi sono colpiti dal dolore, dal rimpianto e dalla frustrazione.

Ma non riescono a farmi cambiare idea.

«Mi-mi dispiace. Non posso, non di nuovo.» La voce mi esce in un mormorio roco che io stesso quasi non riesco a comprendere.

E poi, semplicemente, me ne vado. Ma i frammenti del mio cuore spezzato rimangono sul pavimento di quel bagno, perché il mio cuore è sempre stato dove è Louis, nel bene e nel male. Devo solo trovare il coraggio di tornare a riprendermelo.

Ma tutto quello che voglio in questo momento è solo allontanarmi.

 

***

 

*Ho preso spunto dalle Cronache del Mondo Emerso, in cui la protagonista si fa tatuare delle ali di drago chiuse sulla schiena.

***

Angolo dell'autrice ≈

Ok, lo so, sono in ritardo col capitolo. Ci ho messo un sacco a scriverlo perché non ho avuto tempo, ed è uscito una merdina. Eh vabbè, i prossimi saranno meglio, lo prometto!

Scusatemi se sono stata così assente, mi dispiace tanto!

Cooomunque, spero di aggiornare presto, anche se non lo so… potrei anche mettere il prossimo capitolo solo la prossima settimana :/

Spero che continuiate a seguire la storia nonostante questo capitolo orrendo a dir poco, magari lasciate qualche recensione o mettete la storia tra le seguite, preferite, ricordate, fate come volete ahah xD mi farebbe piacere :)

E niente, al prossimo capitolo, bye! :*

  
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