Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Segui la storia  |       
Autore: vampireknight    02/09/2008    2 recensioni
[...]Come a rallentatore vidi il suo braccio stendersi a coprire la distanza che ci divideva, la sua mano sempre più vicina. E poi percepii il calore delle sue dita, che seguivano leggere la scia umida sul mio viso. Mi sentii come se il tepore che emanava mi avesse invaso tutta, in un abbraccio consolatore. Una lacrima brillò sul suo dito quando ritirò il braccio: lo vidi osservarla, pensieroso, e poi avvicinarla alle labbra. Gerard Way, ad occhi chiusi, assaporò il mio dolore.[...]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gerard Way
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Aaaaahhhh, bastaaaaaaa!!!” Frank si mise le mani nei capelli, scompigliandoli con violenza.

“Frank?” lo chiamò Brian dall'interfono, allarmato dall'urlo del chitarrista.

“Sono stanco! Non ci capisco più nulla! Sto sbagliando tutti gli accordi!” si lamentò il moro lasciandosi cadere in terra, la chitarra appoggiata in grembo.

“Dai, Bree, facciamo pausa” lo spalleggiò Ray, anche lui visibilmente provato.

Erano circa quattro ore che suonavamo ininterrottamente; i tempi erano ormai al limite, all'alba del giorno seguente saremmo partiti.

Il breve tour pre-natalizio stava per iniziare e noi eravamo pronti, anzi, più che pronti. Ma Brian non era soddisfatto.

“Si, Bree, guarda, non riesco neanche più a tenere le bacchette “ aggiunse Bob in tono lacrimoso, sollevando le mani a dimostrazione delle sue parole.

Il nostro manager guardò spazientito l'ora. “Non ce la fate proprio a resistere un'altra oretta?” indagò, scorrendo la scaletta che avevamo provato migliaia di volte.

“No, io mi fermo qui! O ci fai pranzare o mi licenzio” annunciò Frank, incrociando ostinatamente le braccia.

“Fai pure, tanto non sei indispensabile” lo provocò Brian, ghignando malefico.

“Cosa?” strillò indignato il chitarrista, balzando in piedi come una molla. “Tu, brutto...” l'insulto di Frank fu prontamente censurato dall'entrata in scena della mia ragazza, che aveva proprio in quel momento varcato la soglia della sala di controllo. La vidi salutare Brian e poi piegarsi sull'interfono e schiacciarne il bottone: “Qualcuno ha fame?” domandò la sua voce leggermente distorta.

“Da morireeeeee!!!” rispose Frank, liberandosi in fretta e furia della sua chitarra.

Subito tutti quanti abbandonammo strumenti e cuffie e ci precipitammo nel salottino comunicante con la sala di registrazione.

“Roxy, ti adoro!” le gridò il piccolo chitarrista, abbracciandola di slancio.

“Frank, così cadiamo!” lo avvertì la mia ragazza, ridendo di tanto entusiasmo.

Mi schiarii rumorosamente la voce ed inarcai un sopracciglio a mo' di avvertimento in direzione del mio amico, che subito la lasciò libera.

“Uh, scusa Gee” mi canzonò lui, indietreggiando con un sorriso, e poi si rivolse agli altri, che stavano entrando alle mie spalle: “Roxanne ha portato il pranzo! Si fa pausaaaa!!!”.

La luce tornò negli occhi dei ragazzi non appena cominciarono a tirare fuori le cibarie dalle buste. Subito iniziò una zuffa per accaparrarsi il pezzo più grosso e Roxy assistette alla scena sorridendo divertita dall'intensità dello scontro.

“C'è anche tanto caffè” li avvisò, cercando di riportare la calma. Si voltò poi verso di me, dedicandomi tutta la sua attenzione ed un sorriso luminoso. Le feci spazio tra le mie braccia e vi intrappolai dolcemente la vita minuta.

“Ciao” la salutai, sorridendole a mia volta.

“Ciao” ricambiò, alzandosi in punta dei piedi per baciarmi velocemente.

“Stanco?”.

“Non hai idea” risposi, sospirando disperato.

“Beh, dai, vedila così: suonerai a New York! Hai l'opportunità di suonare al concerto di capodanno, che ti lamenti?” disse, entusiasta.

Era più eccitata di me per questo concerto: incredibilmente non considerava un problema il fatto che non ci saremmo visti per più di due settimane. Roxanne mi stupiva sempre, mai un lamento, mai una litigata e il mio lavoro non le creava nessun problema, anzi. Era più che felice se stavo ore e ore a provare e mi appoggiava ogni volta che mi sfogavo con lei per i problemi del gruppo. E poi, era stata molto entusiasta quando le avevo parlato del nuovo tour. “Sono abituata a starmene per conto mio, non sono il tipo di ragazza che ha bisogno che le persone care le stiano costantemente accanto” aveva dichiarato quando le avevo chiesto cosa aveva provato alla notizia.

Ammiravo la sua indipendenza, io non ero mai riuscito a separarmi in modo indolore dalle persone che amavo. Stare lontano da casa mi faceva provare molta nostalgia, ma per fortuna avevo sempre Frank, Ray, Bob e il mio adorato fratellino Mikey a tenermi compagnia; ci supportavamo a vicenda in ogni brutta situazione. E così riuscivo a superare tutto.

Lei invece...tutt'altra pasta. Era fuggita da casa dopo il diploma, si era laureata mantenendosi con le sue sole forze e riusciva a lavorare per ore senza fermarsi mai. Era un tipo molto forte e l'invidiavo profondamente per questo.

“Lo so, New York è una cosa stupenda, ma Brian ci sta davvero uccidendo” mi lamentai, facendola ridere.

“Già, Bree è un vero schiavista” concordò Frank con la bocca piena di cibo.

Il nostro manager lo fulminò con lo sguardo: “Non sono uno schiavista, sono solo pignolo. E poi è merito mio se avete tutti questi ingaggi” ribatté, guardandolo con sfida.

“Comunque resti sempre uno schiavista” concluse Frank, ammiccando in direzione di Roxanne, che ridacchiò sommessamente. Poi tornò a guardare me, sciogliendosi dall'abbraccio: “Vuoi mangiare qualcosa?” mi domandò, frugando tra i resti della busta. Assentii e mi sedetti insieme agli altri sui soffici divanetti del salottino.

Alla fine i quindici minuti di pausa erano diventati sessanta, ma poco importava. Avevamo iniziato a chiacchierare, soprattutto riguardo all'imminente tour che, come sempre, ci spaventava tantissimo. Ma quel piccolo momento di relax stava distendendo i nostri nervi, estremamente tesi, e riportando la tranquillità nel gruppo. Tutto merito del magico potere terapeutico del cheesburger.

Da parte sua, Roxy continuava ad incoraggiarci con entusiasmo: “Dai, sarete grandiosi come sempre! Siete bravissimi e lo sapete”. Sempre positiva lei.

“Fai presto a dirlo, mica ti esibisci davanti a centinaia di persone, tu!” obbiettò Frank, un po' abbattuto. Era sempre così lui, aveva questi momentanei episodi di scoraggiamento, ma poi sul palco non lo fermava nessuno, si agitava come un ossesso, pieno di energia.

“Guarda che fare la cameriera non è mica semplice! In un certo senso anche io sto su un palco”.

“In che senso?” domandò Mikey, interessato.

“Beh, primo, non puoi fare un passo falso che rischi di combinare un disastro. E poi devi saperci fare con i clienti, essere gentile anche con i più sgradevoli. Si può dire che una buona dose del mio lavoro è recitazione, più che il semplice servire birra” spiegò la mia ragazza.

“Non l'avevo mai vista in quest'ottica” commentò sorpreso mio fratello.

“Già, e non dimenticare gli orari di lavoro assurdi” aggiunse Bob, subito mordendosi la lingua.

“Eh già, tu ne sai qualcosa, vero?” lo stuzzicò Ray, dandogli di gomito.

“A proposito, come sta andando con Teresa?” gli domandai, beccandomi un leggero colpo allo stomaco da Roxanne, che stava appoggiata a me. “Lasciatelo in pace!” ci rimproverò con fare scherzoso.

“Tanto non ci scappi sai? Il tourbus è piccolo!” lo minacciò Frank, che al solito stava morendo di curiosità.

“E se poi lui non parla possiamo sempre estorcere le informazioni da Roxanne. Teresa è un osso troppo duro” disse Ray, guardando l'interessata con un sorriso sornione.

“Ah, da me non sentirete una sola parola! Giuro su Gee!” rispose, stringendosi di più al mio fianco.

“Cosa? E se poi parli? Potrebbe accadermi qualcosa di brutto!” obbiettai, guardandola storto.

“Ma se tu mi proteggerai, io non parlerò” affermò, sbattendo le ciglia con fare civettuolo.

“Già, è vero! Lei ha il principe Gerard dalla sua!” esclamò Frank, facendo scoppiare a ridere il resto del gruppo.

“Ancora con questa storia” sospirai, roteando gli occhi scocciato.

“Mi diverto troppo a prenderti in giro” ammise il chitarrista, guadagnandosi un'occhiata truce dal sottoscritto.

“Io lo trovo invece estremamente irritante” ringhiai.

“Questa è la vita, baby” sentenziò Roxanne solenne. Sbuffai, sorridendole: non riuscivo proprio a resistere quando si comportava in maniera così buffa.

“Ragazzi, fine della pausa, abbiamo perso fin troppo tempo” ci richiamò all'ordine Brian.

Si sollevò un lamento generale, particolarmente intenso dalla zona in cui era seduto Frank.

“Ok, tolgo il disturbo allora” annunciò Roxy, alzandosi malvolentieri dal divano.

Mi scoccò un'occhiata significativa e iniziò a raccogliere lentamente le sue cose. Guardai i miei amici, che ricambiarono con gesti d'intesa. Giusto Frank, al solito, non aveva capito.

“Roxy, Roxy! Verrai al concerto di capodanno?” le domandò, mentre gli altri già tornavano nel nostro inferno insonorizzato.

“Certo! Non me lo perderei per nulla al mondo!” lo rassicurò lei.

“Grande allora ci vediamo lì!” esclamò entusiasta il chitarrista.

“Frank, forza, la chitarra è da riaccordare!” lo chiamò dall'interno Ray. Lo ringraziai mentalmente quando il moro scomparve finalmente al di là della porta.

Alleluia, soli!

“Allora” iniziò Roxy “a che ora partite?” domandò con noncuranza.

“Presto, abbiamo il volo alle cinque del mattino” risposi, cercando di interpretare la sua espressione.

“Dovrai svegliarti presto”.

“Già”. Silenzio. Finalmente si decise a guardarmi direttamente in faccia.

“Quindi ci salutiamo qui” disse, malinconica.

“Devi proprio lavorare stasera?” sapevo che la domanda era inutile, ma tentar non nuoce. Ci tenevo moltissimo a trascorrere le ore prima della separazione da solo con lei, ma a quanto pare il destino non ci era amico.

“Si, non c'è scampo. Beth sta male e Teresa si è presa la serata libera. Credo voglia salutarlo a modo suo” spiegò, accennando a Bob con un cenno del capo.

Guardò per qualche attimo i ragazzi sistemare gli strumenti e poi si girò bruscamente verso di me.

“Mi mancherai da morire” confessò di punto in bianco, fissandomi triste.

“Anche tu” risposi sincero.

Si avvicinò e mi abbracciò, nascondendo il viso nella mia camicia.

“Prometti che mi chiamerai?” domandò, con una vocina timida.

“Giuro, ogni giorno” promisi, alzandole con un dito sotto al mento il viso.

Sorrise e appoggiò la fronte alla mia, chiudendo gli occhi. “Non c'è bisogno. Chiamami quando hai tempo”. Mi baciò con dolcezza ed io ricambiai con tutto il sentimento di cui ero capace, tentando di trasmetterle tutto ciò che non ero riuscito a dirle.

Avrei voluto rimanere così per sempre, ma purtroppo il dovere mi chiamava.

“Gerard, stiamo aspettando tutti te” disse Brian, con aria mortificata ma decisa.

“Forza, vai” mi incoraggiò Roxanne, sciogliendo l'abbraccio.

“Ti chiamo prestissimo” le assicurai, sulla soglia.

Mi salutò con la mano, ma prima di andarsene si voltò verso Brian, un sorriso crudele stampato in viso. “Questa me la segno, dannato schiavista” lo minacciò e scomparve tra le risate generali.



Vestii: presenti.

Cavi cellulare e ipod: presi.

Computer: già nella sua borsa.

Blocco da disegno eccetera: impacchettati.

Cellulare: carico e in tasca.

Ero pronto. Guardai l'orologio: segnava la mezzanotte. Ancora quattro ore e poi sarei mi sarei dovuto presentare al check-in.

Non ne avevo neanche un briciolo di voglia quella sera, ma si sa, il lavoro è lavoro.

Stavo ricontrollando tutto per la decima volta quando qualcuno suonò al campanello.

Corsi alla porta, curioso di sapere chi potesse mai essere a quell'ora.

“Frank!” esclamai stupito, ritrovandomelo davanti.

“Tieni, ti ho portato il passaporto. Al solito l'hai lasciato in studio” disse, porgendomi il documento.

“Disturbo?” aggiunse poi, in ritardo come al solito, sbirciando oltre le mie spalle. Mi sorrise complice, inarcando le sopracciglia in una muta domanda.

“Nient'affatto, stavo ricontrollando la valigia” risposi, facendomi da parte per farlo entrare.

“Cheee?? E Roxy dov'è?” domandò, allibito.

“Lavora, c'è carenza di personale” spiegai brevemente.

“E a te sta bene? Vuoi partire così, senza fare nulla?”.

“Che cosa vuoi che faccia, scusa!” domandai, anche se avevo una mezza idea di cosa intendesse.

“Devo farti un disegnino? O preferisci la storiella dell'ape e il fiore?”.

Ecco, appunto.

In realtà non è che non c'avessi pensato, ma non è che fosse così semplice come credeva lui.

Stranamente né io né lei avevamo sentito il bisogno di andare oltre, nonostante fosse più di un mese, ormai, che stavamo insieme. L'attrazione c'era eccome, ma...non riuscivo neanche io a spiegarmi perché non fosse successo ancora nulla tra noi. Una parte di colpa, comunque, ce l'aveva Brian con i suoi dannati ingaggi.

“No, grazie, so meglio di te come funziona”.

“Ne dubito. Comunque, che aspetti? Allora?”.

“Frank, lascia stare, torna da Jamia piuttosto” gli risposi, spingendolo verso la porta.

“Ma Gee, se non concludi, potrebbe trovare un altro nel frattempo!”.

“Non dire cavolate, per chi l'hai presa?” dissi, indignato.

“No, lo so che lei è fedele, ma è noto che la tentazione della carne è forte” spiegò, con aria saputa.

“Idiota” sbottai, spingendolo nel pianerottolo.

“Ma, ma...Gee!” tentò ancora una volta.

“A dopo, Frank” lo salutai e gli sbattei la porta in faccia.

“Gerard, sei un cervo a primavera!” urlò Frank al di là della porta. Fu solo per miracolo che non uscii armato di un oggetto pesante e contundente.

Di nuovo solo: pace.

Però aveva ragione. E se davvero si fosse stufata di aspettare nel frattempo? E poi, anche io volevo andare oltre con lei, in quel momento più che mai. Ma ormai era tardi. Anche se...

Non ci pensai su una seconda volta: in un attimo ero in ascensore, a premere con frettolosa furia il pulsante del pianterreno.

La discesa fu di una lentezza estenuante: avrei fatto meglio a scendere a piedi, dannazione! E poi, quella fastidiosa musichetta...chi aveva avuto la fottuta idea di mettere la musica negli ascensori? Dava solo ai nervi.

Fortunatamente la mia solita sbadataggine mi aveva fatto dimenticare la macchina parcheggiata proprio davanti al portone, perciò non impiegai più di dieci minuti ad arrivare al locale.

Lasciai l'auto in doppia fila, che mi facessero pure la multa. Avevo cose molto migliori a cui pensare.

Feci irruzione nel pub come una furia scatenata, facendo voltare non poche teste dalla mia parte.

“Gee!” udii Roxanne gridare sorpresa; stava servendo un tavolo non lontano da me.

La raggiunsi immediatamente e la tirai per un braccio, incurante delle proteste dei clienti. “Vieni” le dissi solamente.

“Ma io...non posso” obbiettò, confusa.

“E allora ti porto via di peso” sbottai e me la caricai sulle spalle. Cacciò un urletto di protesta ma l'ignorai.

“Gee, ma sei impazzito? Mettimi giù!” mi ordinò in un sibilo, come se non volesse attirare ulteriormente l'attenzione.

“Non ci penso neanche” mormorai in risposta, avvicinandomi a passo spedito alla porta.

“Dove credete di andare, voi due?” ci fermò Mina, con tono di rimprovero.

“Scusa, Mina, ma te la devo proprio rapire!”le dissi, con un sorriso complice, ed uscii dal pub, sotto gli sguardi allibiti di tutti i presenti.

Una volta fuori, Roxanne prese a dimenarsi: “Mettimi giù, posso camminare benissimo da sola!”.

Continuai ad ignorarla fino a che non la misi giù, proprio davanti all'auto.

“Ma che ti è preso, così all'improvviso?” domandò stupita, risistemandosi i vestiti in disordine.

L'afferrai per la vita ed affondai il viso tra i suoi capelli, respirando profondamente il suo profumo.

“Non ce la faccio proprio a partire così. Ti voglio, ora, subito” confessai, sfiorandole il collo con la punta del naso, per poi risalire con una scia di baci verso la sua bocca.

Roxanne mi circondò il collo con le braccia, rabbrividendo.

“Bastava dirlo” mormorò maliziosa, ed unì le sue labbra con le mie.

Non c'era nulla di casto in quel bacio, solo passione pura: era chiaro che entrambi ci desideravamo follemente.

Fu come per magia che ci ritrovammo alla porta di casa sua, a lottare tra un bacio e l'altro con la serratura.

“Aspetta, aspetta” sussurrava lei, la voce smorzata dall'affanno, nel vano tentativo di placare il mio desiderio.

La porta si aprì finalmente con uno scatto metallico e noi piombammo all'interno del piccolo appartamento buio, ancora avvinghiati l'uno all'altra.

Con un calcio feci sbattere l'uscio, rinchiudendoci nella nostra piccola bolla di intimità.

Con rinnovata urgenza le tolsi la felpa, gettandola a terra, e le sfilai la maglietta, sfilandogliela dalle braccia sollevate. Le accarezzai la pelle nuda delle spalle con la punta delle dita, facendola tremare i piacere.

Anche le sue mani si muovevano frettolose come le mie, spogliandomi della camicia e tirandomi allo stesso tempo verso la sua camera da letto.

Eravamo entrambi a torso nudo e solo quando ci stendemmo sul letto mi decisi ad abbandonare le sue labbra per assaggiare con piccoli baci affamati ogni centimetro della sua pelle liscia.

Le mani di Roxanne scivolavano lentamente sulla mia, esplorando ogni tratto. Sentii le sue dita scendere lentamente lungo il mio stomaco, fino a fino a raggiungere l'allacciatura dei miei jeans, che si aprii con uno scatto silenzioso. Ci liberammo entrambi degli ultimi intralci per trovarci, infine, completamente scoperti, i corpi uniti.

E fare l'amore con lei fu la cosa più bella che mi fosse mai capitata. Il calore della sua pelle, i suoi sospiri, il suo profumo e le sue labbra così invitanti e dolci...mi aveva fatto impazzire del tutto.

Avrei voluto che ci fosse stato un incantesimo per tenerla legata a me per l'eternità, per fare in modo che nessun'altro uomo potesse posare gli occhi su di lei, perché nessun'altro potesse vederla come la vedevo io in quel momento.

Molto possessivo. Ma quella notte sentivo di avere tutte le ragioni di questo mondo per esserlo.













  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: vampireknight