Ritorno a Narnia
<< Dai Susan svegliati! Dobbiamo andare a
scuola!>> la piccola Lucy continua a scuotermi. Non mi muovo da dove mi
trovo. Decide di levarmi le lenzuola.
<< Ok, va bene… ho capito! Ora mi
alzo!>>
Mi avvicino al bagno e mi ci chiudo. Mi lavo la
faccia e la guardo, che faccia da zingara ho: nell’ultimo anno i capelli si
sono fatti più lunghi e per qualche strana ragione da lisci spaghetto e di un
marrone talmente scuro da sembrare nero, a mossi sulle punte e sempre sulle
punte tendenti al biondo.
Faccio la mia solita doccia calda dell’ultimo
minuto e infilando in bocca un pezzo di pane, prendo la mia cartella e insieme
a Lucy mi dirigo verso la stazione della metropolitana vicino casa.
<< Io mi fermo a leggere il giornale un
attimo, va bene? Ti raggiungo subito>> mi fermo dall’edicolante. È una
routin ormai quella di fermarmi in quel posto prima della scuola.
<< Scusa?>>
Guardo con la coda dell’occhio, chi è l’interlocutore,
poi torno a guardare fisso il giornale.
<< Io sono di Stand Hous… la scuola che ti
è di fronte…>> la mia risposta è un segno affermativo con la testa; cerco
di mostrarmi ancora più interessata alla pagina che ho di fronte anche se in realtà
sto leggendo e rileggendo solo la prima riga.
<< Ti guardo.. stai sempre sola… per conto
tuo…>>
<< Forse perché preferisco stare sola… che
ne dici?>>
Mi guarda per un secondo sorpreso da quella
risposta. Ma non sembra scomporsi più di tanto.
<< Come ti chiami?>> questa volta mi
lo guardo, giusto per vedere che faccia ha: alto quasi quanto me, i capelli
tagliati perfettamente all’inglese, tanti brufoli in faccia, cicciottello e un
paio di occhiali tondi da sembrare fondi di bottiglia.
<< Filly…>>
<< SUSAN! SUSAN VIENI!>> un classico!
Ogni volta che invento un nome per placare un ragazzo che mi si avvicina, la
mia cara sorellina, viene affannata chiamandomi con il mio vero nome. Mi volto
subito verso di lei. È paonazza.
<< Devi venire subito!>> mi prende
per mano e mi porta con se dentro la stazione della metropolitana. Sento
schiamazzi. “Ti prego, dimmi che non è come al solito…” ed invece è proprio,
esattamente come ogni mattina; Edmund e Peter che si picchiano con quelli della
loro età. Peter mi guarda per un secondo quando il bullo, più grosso di lui lo volta
verso di me, e come al solito il mio sguardo è tra lo scocciato, il dispiaciuto
e il deluso. Per fortuna delle guardie fermarono la ressa.
Lo spazio è subito sgombrato fortunatamente, e
finiscono le stupide grida << PICCHIA!PICCHIA!>> e vado a sedermi
sulla panchina.
Lucy mi segue; il suo sguardo è come al solito
pieno di preoccupazione e rassegnazione.
<< Perché l’hai picchiato?>> chiede
al nostro caro fratello maggiore.
<< Perché mi ha spinto>> risponde
lui duro, si volta verso di me. Il mio volto assume la solita espressione
scocciata e lo fisso.
<< Solo per questo Pet?>>
<< Perché, dopo avermi spinto, pretendeva
delle scuse!>> continua rabbioso. Sospiro; ecco, siamo alle solite.
<< Non potevi ignorarlo una volta
tanto?>>
<< No! Perché non mi va di essere trattato
da bambino!>>
<< Noi, siamo bambini…>> puntualizza Ed guardandolo storto. Peter lo
fulmina, poi con tono più leggero, parla nuovamente:
<< Siamo stati adulti… ed è passato un
anno… quanto ci farà aspettare ancora?>> lo guardo. Lo capisco, meglio di
quanto crede, e anche io vorrei tanto che si facesse vivo. Perché il grande
Aslan ancora non si è fatto sentire?
<< La nostra vita è qui ormai>> dico
cercando di auto convincermi che questa sia la cosa giusta da dire, e ormai lo
sembro davvero credo… per loro sicuramente è così << perché dovemmo
sperare che qualcosa cambi?>>
Mi volto. Il ragazzo dell’edicola.
<< oh, no…>> mi volto verso i miei
fratelli << ragazzi, fate finta di parlare con me!>>
<< Noi, stiamo parlando con te!>>
puntualizza nuovamente Edmund. Alzo gli occhi al cielo. Subito dopo Lucy,
strilla saltando dalla sedia riportandomi immediatamente alla realtà. La guardo
per un secondo, poi anche io sento pungermi sul sedere e mi alzo.
<< Ahi! Chi è stato? Ma cosa
succede…>> si alza un vento fortissimo. Il treno ci passa davanti, come
fosse trasparente. Ci prendiamo tutti e quattro per mano. Al di là del treno
c’è qualcosa. Chiudo gl’occhi pregando che una volta aperti vedano un panorama
che sogno ormai tutte le notti… il vento si placa di colpo e finalmente riapro
gli occhi. Siamo di nuovo a Narnia. Guardo la mia dolce sorellina: non mi
accorgo che le sorrido come lei sta facendo e insieme iniziamo a correre come
non mai. Voglio sentire l’acqua di Narnia, voglio respirare quell’aria che da
più di un anno mi manca da morire.
Ci seguono anche Ed e Pet e con loro iniziamo a
giocare e schizzarci come dei bambinetti di due anni.
Mi viene da piangere dalla gioia, ma mi bagno la
faccia per non dar a vedere questa mia grande gioia.
<< Dove credete che ci troviamo?>>
chiede Edmund guardando il paesaggio intorno a noi.
<< Secondo te?>> risponde Peter,
come se la domanda sia scontata.
<< Non ricordavo ci fossero rovine a
Narnia…>> mormora il piccolo di casa Pevensie. Lo guardo un attimo, poi
guardo anche io il paesaggio che ci circonda e mi viene un piccolo capogiro… = I piedi scalzi sulla sabbia tiepida, i
capelli mossi dalla brezza leggera del vento davanti al viso.
Resto a
guardare il tramonto con dietro me una Narnia che non conosco
= …
Riguardo il paesaggio. È la stessa Narnia del
sogno… io quella Narnia in un certo senso la conosco… ma non è quella in cui ho
vissuto: cos’è successo alla nostra vecchia Narnia? Alla mia Narnia?
Lucy esce dall’acqua e si avvia immediatamente
verso quei resti della nostra dolce terra.
Io e Peter ci scambiamo uno sguardo e la
seguiamo.
Mi affaccio, da quello che doveva essere un
balcone e la vista mi lascia senza fiato, proprio come quando guardavo dal
balcone della mia stanza da regina. Il vento era leggero ma muoveva i miei
capelli come se li volesse accarezzare.
Mi allontano da quel luogo e mi dirigo verso la
mia sorellina, anch’ella affacciata ad un balcone.
<< Chi pensi vivesse qui?>>
Mi avvicino a lei, ma calpesto, qualcosa: è un
cavallo degli scacchi. Mi è familiare, ricordo che uno dei ragazzi aveva un
tempo dei pezzi così per giocare a scacchi.
<< Io credo… noi…>> sussurro in
risposta fissandola, perplessa.
<< Ehi! Quello è mio!>> Ed mi strappa
il cavallo dalle mani e lo rigira nelle mani.
<< Tuoi? E dove li hai presi?>>
<< Peter non credo che a Finchley
avevo degli scacchi d’oro, che ne dici?>>
Lucy ad un certo punto sfreccia lontana da noi,
e io la seguo e con me gli altri due.
<< Immaginate delle mura…>> ci dice
la piccola e inizia ad allinearci tutti in corrispondenza di massi distrutti
<< e lì in fondo una lunga scala…>> anche lei si allinea al sasso.
La stanza si ricompone e mi vengono le lacrime al solo pensiero di cos’era un tempo
quella stanza e di cos’era un tempo quel luogo adesso più che mai carico di
ruderi. Non voglio pronunciarlo agli altri, perché penso che le lacrime
uscirebbero fuori e non ho voglio che qualcuno possa vedere come mi sento
veramente, anche se quel qualcuno sono i miei fratelli.
Ma ci pensa Peter a dire quello che penso sia il
pensiero di tutti, con il tono più addolorato che mai gli ho sentito uscire
dalla bocca:
<< Care Paravell…>>
<< Che hai detto Ed?>> chiede Peter
guardando nostro fratello.
<< Sono state delle catapulte… non è stato
il tempo ha causare la distrutta del nostro castello…>>
Vedo lo sguardo di Peter vagare fin quando,
credo, vede quello che stava cercando. Chiama Ed in suo soccorso per spostare
un pesante masso. Rimango ferma a guardare quest’operazione, un po’ curiosa ad
essere sincera e finalmente il masso si sposta e una porta si presenta di
fronte a noi.
Peter apre la porta in modo poco
ortodosso(sfondandola praticamnte), poi inizia a strappare un pezzo della
camicia e a prendere un legno. Avvolge la camicia attorno al legno, si volge
verso Edmund:
<< Hai un fiammifero o qualcosa del
genere?>>
In risposta lui scuote la testa in segno di no,
ma armeggia con la cartella di scuola, che gli era rimasta in mano al momento
del cambio di mondo, e ne estrae una torcia; sorride furbastro e complice.
<< Potevi aspettare un altro po’ prima di
dirimi che avevi questa!>> esclama il maggiore di noi prendendo la torcia
e facendo strada per la misteriosa stanza.
Ci sono delle incisioni strane sopra e sembra
raffigurino noi. Non riesco ancora capire dove mi trovo, anche se mi sembra
stranamente familiare. Lucy inizia a correre in fondo alle scale e dalla luce
che fa Peter, la vedo aprire un cancello. Il più grande la segue e grida:
<< C’è ancora tutto!>>
Entro anche io: era la stanza dove tenevamo i
vestiti più importanti e i gioielli… come una camera cassaforte. Tutti ci
dirigiamo ognuno al proprio baule. Apro il mio e mi commuovo; c’è proprio
tutto… i miei vestiti da ballo, le mie scarpe, i miei vestiti da combattimento
in caso di massima necessità, la mia collana a forma di croce, il mio
sottilissimo anello da regina forgiatomi dagli abitanti di Narnia appena
incoronata, la mia corona…
Mi volto verso Peter e lo vedo aprire il suo con
sguardo serio. Eccolo il caro vecchio re Peter, grande capo di Narnia; tira
fuori la sua spada e la sfoggia proprio come un tempo. Non si può proprio
negare che il mio caro fratellone è davvero regale.
Cerco anche io i miei oggetti da battaglia e
trovo immediatamente il mio arco le mie frecce e…
<< Ragazzi, non trovo il mio
corno…>> dico rovistando ancora nel mio baule.
<< Cosa?>>
<< Non trovo il corno>> ripeto
smettendo di cercarlo << probabilmente mi sarà caduto da cavallo quando
siamo tornati nel mondo nostro…>>
Ed ecco il primo chap! Spero vi sia piaciuto, lo so che l'inizio è praticamente preso, paro paro dal film (l'ho visto tre volte al cinema per accompagnare varie persone, ma non mi è affatto dispiaciuto!:D), ma già qualcosa cambierà rispetto ad esso nel secondo!
Un grazie a tutti quelli che hanno letto la mia storia ed in particolare a coloro che hanno commentato: Miss_Juls_giu e bulmettina sono contenta di essere già tra i vostri preferiti... è un onore! Grazie! Spero di non avervi deluso con questo capitolo! fefy88 Grazie, grazie! Un besito anche a te!;)
Alla prossima! la vostra Marty!