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Autore: Bluelectra    19/07/2014    4 recensioni
E se il Destino avesse assegnato a Dudley Dursley una figlia speciale? E se il Destino, che spesso sembra imprigionare dentro una morsa, si rivelasse la miglior arma per spiccare il volo?
Dal Capitolo 5:
"Ci è stata rivolta una domanda di ammissione alla famiglia da parte di Albus Severus Potter, in quanto cugina di secondo grado dei qui presenti Potter," Angie si chiese come diamine ragionassero quei Grifondoro... Ammessa alla loro famiglia?! Lei ce l'aveva già una famiglia! Ed era pure affezionata a loro.
"Quindi per entrare a far parte della famiglia devi sottoporti ad una... Prova. Ognuno di noi ha il diritto di farti una domanda, a cui devi rispondere sinceramente, escluse me e Rox che possiamo farne due."
"Perché?" chiese candidamente Angie.
"Perché siamo i capo-famiglia e comandiamo noi." disse sbrigativa Roxanne.
"Accetti?" chiese Victoire sempre con lo stesso tono grave e un cipiglio serissimo.
"Ma figurati! Non vedi che se la sta facendo sotto!" disse con tono irriverente James Potter che sedeva sul poggiolo di una finestra con accanto Dominique.
Angie guardò Potter e fissandolo dritto negli occhi rispose con un sorriso:
"Accetto."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Cap.20 Lezioni di volo.

C’erano molte date importanti nel mondo magico inglese, come in ogni nazione con una storia comune tanto forte, di cui forse la più significativa dell’ultimo secolo era il 2 Maggio.
In quel giorno Lord Voldemort era stato sconfitto da Harry Potter nella Sala Grande di Hogwarts.
E quella data sembrava essersi legata in modo indissolubile alla famiglia Weasley. Era il giorno in cui Fred Senior aveva sacrificato la propria vita per la libertà e la giustizia; in cui la formidabile Molly aveva affrontato e ucciso la più sanguinaria dei Mangiamorte, Bellatrix Lastrange, per difendere la sua unica figlia femmina; in cui Ted Lupin era rimasto orfano; in cui un anno dopo era stata fondata la Sala della Memoria; in cui due anni dopo era nata Victoire Weasley, il cui nome derivava proprio da quel glorioso avvenimento.
Ad Hogwarts dopo 20 anni si festeggiava ancora quell’indimenticabile vittoria, vergata col sangue di centinaia di eroi e di innocenti, con un “serata di beneducate frivolezze”. Ovvero un ballo.
Ed essendo che rappresentava una delle ultime occasioni di svago prima degli esami di fine anno, era atteso con grande trepidazione da tutta la popolazione del castello.
“Mi fanno schifo i vestitini con gli sbrilluccichini che mettono le ragazzine stupidine!”
Con una sola eccezione.
“Elena ha una fascia dorata in vita, non gli sbrilluccichini o come diavolo li chiami!”
“Non mi vestirò come quelle oche!!!”
“Cos’è, vuoi vestirti un’altra volta da Snaso?!”
“Magari me lo lasciassi fare!”
“Sei impossibile!”
“Sei antipatica!”
Angie rise da sola facendo scorrere la mano dalla testa al collo di Antares in una lieve carezza. Erano fuori dalla capanna di Hagrid a studiare tutte insieme Erbologia, in vista degli imminenti esami, e stavano aspettando che il guardiacaccia portasse il tè all’esterno, sedute ad un tavolo ricavato da un tronco tagliato per lungo.
Era un bel pomeriggio soleggiato, anche se un po’ ventoso, e il giorno dopo si sarebbe tenuto il fatidico ballo, ma c’era un’insanabile divergenza di opinione tra Martha ed Elena.
“Angelique!” la chiamarono in coro le altre due e la bionda sobbalzò leggermente.
“Che c’è?” chiese preoccupata. Il momento peggiore di quelle esilaranti scenette era proprio quando la chiamavano in causa per fare da giudice.
“Perché non mi dai una mano?!” chiese leggermente aggressiva Martha.
“Ehm…”
“Angie!” la voce poderosa di Hagrid si fece sentire dall’interno della capanna.
Angelique sorrise entusiasta e dichiarò fermamente:
“Devo andare da Hagrid!”
Si alzò con uno slancio tale da far vacillare Antares, appoggiata al suo avambraccio. Depositò la fenice nel trespolo riparato che le aveva costruito apposta Hagrid quando si erano resi conto che stare chiusa in casa era una vera sofferenza per lei. Così avevano creato quella casetta formata solo da tre pareti e un tetto, con un appoggio orizzontale su cui il volatile riposava. Antares aveva ormai raggiunto una dimensione simile a quella delle fenici adulte.
Sentì le due ragazze battibeccare ancora mentre saliva le scale, che conducevano all’interno della capanna, e apriva la porta.
“Ci porti giù i biscottini, per favore?!” chiese immediatamente Hagrid con un sorriso, indicando un vassoio su cui erano appoggiati i “biscottini”, grandi come una mano e dall’aspetto marmoreo, mentre lui teneva sospeso il servizio da tè a pois su cui amava fare le sue spiegazioni antropo-psicologiche.
“Certo!” rispose la bionda nonostante tremasse all’idea di far schiantare i suoi molari con quegli esemplari culinari.
La lotta tra le due giovani fu sedata dall’arrivo del tè con la merenda.
Angie scoprì che se si lasciavano immerse quelle bistecche di pasta frolla per circa trenta secondi nel tè diventano morbide. Cercò di farlo capire anche alle altre due tramite alcuni gesti innocui, con ottimi risultati dato che alla fine del pomeriggio non c’erano più “biscottini” nel vassoio e Hagrid era raggiante per aver preparato una cosa commestibile per una volta tanto.
Il sole si oscurò all’improvviso e, alzando la testa verso il cielo, Angie notò le nubi grigie e ricolme di pioggia che incombevano sul castello, che prima non aveva notato.
Antares emise un verso lungo e gutturale che li spinse tutti a voltarsi verso il trespolo accanto alla capanna. La fenice aveva le ali spalancate e il collo elegante teso verso quelle nubi plumbee. Le sue piume vibravano sotto la forza imperiosa del vento che preannunciava la tempesta.
Angelique osservò l’animale, che sembra perso nel piacere di sentire l’aria fluire attraverso il suo manto.
“Vuole…?” sussurrò Martha con gli occhi sgranati lasciando in sospeso la domanda che si stavano ponendo tutti in quel preciso istante.
Volare, concluse Angie nella sua mente, mentre il panico si diffondeva nel suo corpo. Come poteva volare da nulla? Nessuno le aveva dato istruzioni o fatto lezioni di volo! Si sarebbe spappolata al suolo in men che non si dica!
Antares spalancò ulteriormente le ali e cogliendo una raffica di vento più forte delle altre si lasciò sollevare come se fosse stata un aquilone.
In un battito di ciglia la fenice si era alzata in volo e iniziava a virare sopra le loro teste, emettendo versi acuti e melodiosi a testimonianza della sua gioia.
Ci fu qualche istante di silenzio dovuto alla meraviglia collettiva e poi tutti insieme iniziarono a urlare, parlare, gesticolare e ridere in preda all’entusiasmo.
Angelique si sentiva completamente sospesa in una bolla priva di tempo e spazio mentre osservava quel puntino rosso e oro segnare cerchi e spirali nel cielo plumbeo. Dopo quella che le sembrò un’infinità si riscosse dal proprio torpore e osservando le nubi sempre più minacciose e grevi di pioggia, si chiese come avrebbe fatto a richiamare Antares a terra.
Così improvvisando si alzò dalla panca e si spostò da qualche metro dal tavolo, si schiarì la voce e col miglior tono autoritario che le venisse in quel momento urlò:
“Antares! Giù!”
La fenice parve non sentirla perché fece ancora qualche acrobazia in cielo, ma all’improvviso si gettò in picchiata verso di lei per poi arrestarsi bruscamente a un paio di metri spalancando le ali. Angie alzò l’avambraccio destro e lasciò che la fenice si posasse su di esso con una grazia invidiabile. Era diventata parecchio pesante, ma la gioia per quello che era appena successo non le fece sentire minimamente il peso.
“Bravissima Antares!” le disse con tono orgoglioso mentre l’animale le strusciava la testa  contro la guancia gorgogliando soddisfatta.
“ANGIE! ANGIE!!!” una voce maschile la distrasse facendole voltare la testa verso la collinetta che conduceva al castello.
Una figura correva a perdifiato verso di lei, aveva una mano alzata per aria in cui sventolava un qualcosa di bianco e un’inconfondibile matassa di capelli color pece campeggiava sul suo capo.
“Al!” urlò di in risposta lei avvicinandosi al ragazzo.
Quando finalmente furono vicini, Albus si piegò su sé stesso appoggiando le mani sulle ginocchia e ansimando. Dopo qualche istante alzò lo sguardo su di lei e poté vedere quanto gli occhi verdi brillassero di pura gioia.
“è nato!” disse infine ancora col fiatone.
Angie aggrottò le sopracciglia e spalancò gli occhi. Aveva perso un paio di dettagli della questione, per esempio il Chi? il Come? il Quando? il Dove? il Perché? e il…
“EH?” sbottò alla fine.
“Il figlio di zio Charlie, è nato!!!” urlò lui in preda all’entusiasmo.
Angelique ebbe la stessa sensazione di riavvolgere un nastro, come si vedeva fare nei vecchi film, in cui il soggetto era la sua vita e si ritrovò a Settembre, in Sala Grande durante la prima colazione fatta con i suoi amici, in cui Albus le aveva spiegato i propri legami famigliari.
“Oh!” esalò in fine e poi aggiunse con un sincero sorriso sulle labbra “Ma è splendido, Al!”
“Devi venire con me! C’è una Passaporta nell’ufficio della McGrannitt, ci porterà direttamente al San Mungo!” disse lui prendendola per mano e cercando di tirarla, ma lei rimase immobile e scosse la testa.
“No, Al! Dovete andarci voi… Io sono un’estranea!”
Albus spalancò gli occhi e sbatté le ciglia freneticamente mentre cercava di dare un senso a quelle parole. Poi scoppiò a ridere e le disse:
“Dopo tutto questo tempo, hai ancora il coraggio di definirti un’estranea! Se ti sentisse Roxanne ti incollerebbe ai muri della Sala d’Ingresso per le mutande!”
Anche alla ragazza sfuggì un debole sorriso ricordando il destino di quei Corvonero che avevano composto una canzone derisoria nei suoi confronti.
“Avanti metti giù la palla di pelo rossa e vieni con me!” le disse senza perdere il sorriso.
Angie lo guardò timorosa mordendosi il labbro inferiore. Normalmente avrebbe rifiutato una tale intrusione nei momenti più intimi della famiglia di Albus ma quel sorriso era veramente irresistibile.
“Va bene.” disse infine annuendo e sorridendogli di rimando.
 
 
“Wow… è sempre uno sballo prendere questi aggeggi!!!” esclamò James  scuotendo leggermente la testa per riprendersi dallo spostamento avvenuto con la Passaporta.
“Penso che tu sia l’unico essere al mondo a trovare divertenti le Passaporte!” disse Dominique rivolgendogli un’occhiata torva mentre si passava una mano nella chioma bionda per rimettere a posto i ciuffi spettinati.
“Ma tu mi adoro proprio perché sono unico!” le disse lui passandole un braccio attorno alle spalle e attirandola al proprio fianco.
“Suppongo di sì!” ribatté la bionda sorridendo e passandogli un braccio sulla vita mentre uscivano dalla stanzetta in cui erano arrivati tutti insieme.
Iniziarono a camminare tanto velocemente per il labirinto di corridoi che sembravano una mandria di bufali inferociti. Victorire e Roxanne ovviamente erano in testa al gruppo e borbottavano tra di loro per trovare la strada giusta. Dopo circa dieci minuti, in cui al giovane Potter era sembrato di passare più di una volta nello stesso punto a causa dell’uniformità di quel luogo, trovarono finalmente il reparto neonatale.
Roxanne emise un gridolino e iniziò a correre verso un gruppo di persone che si voltarono immediatamente verso di lei. In men che non si dica era saltata al collo del padre e lo stava stringendo in un abbraccio strangolatore. C’erano proprio tutti, dai nonni ai nipoti.
James lasciò andare Dominique e  si tenne leggermente in disparte, mentre tutti si salutavano affettuosamente, per osservare Gigì. Aveva le guance arrossate per l’imbarazzo e tutte le volte che qualcuno la abbracciava calorosamente sembrava che il colore si accentuasse. I ricci del colore del grano maturo le ricadevano sulla schiena e danzavano quando lei si muoveva.
James si chiese se Malfoy avesse mai notato quante sfumature di oro fossero presenti in una ciocca dei suoi capelli.
Dopo qualche istante di contemplazione sua madre lo individuò tra i presenti e lo strinse tra le proprie braccia, interrompendo le sue considerazioni, seguita immediatamente da tutti gli altri membri della famiglia, in primis Harry e Lily.
“Beh dov’è il mostriciattolo?!” chiese Victoire mentre stringeva al proprio fianco un Ted più che mai sorridente.
“Penso che sia nella stanza della madre, è l’ora della poppata.” rispose Ginny con cipiglio pensieroso.
“Guarda che la madre ha un nome…” disse Hermione con tono divertito.
“Oh, andiamo… è talmente strambo che tutte le volte mi sbaglio!” borbottò sua madre.
“Secondo mi è elegantisimo!” si intromise Fleur col suo marcato accento scuotendo leggermente la chioma bionda tanto simile a quella di Dom.
“Ovviamente.” aggiunse Ginny col tono melodioso e pacato che utilizzava quando era davvero irritata.
“E quindi?! Ce lo fate vedere o dobbiamo mandare una richiesta scritta?” chiese Roxanne osservando attentamente gli zii.
In men che non si dica si stavano spostando tutti lungo il corridoio.
“Ehi che ti prende?” gli sussurrò Dominique all’orecchio prendendolo per mano.
“Nulla… Sono solo emozionato per il mostriciattolo!” mormorò in risposta James scrollando le spalle con tono leggero, ma i grandi occhi azzurri di Dominique lo scandagliarono con incredibile profondità.
“Non è vero.” disse a bassa voce l’altra fermandosi fuori da una stanzetta in cui tutti erano entrati prima di loro e aggiunse con tono triste: “è per lei vero? Per Angie?”
James alzò improvvisamente gli occhi ambrati sulla cugina, fissandola stupito, non si sarebbe mai aspettato tanta schiettezza.
“Oh Jimmy… Io vedo come la guardi tutte le volte che ce l’hai accanto! Vedo come cambi non appena lei entra in una stanza… Non è così che le farai capire chi sei davvero! Dovresti smettere di fingere almeno con lei… Questa maschera non…”
Ma James la interruppe con una risata un po’ forzata.
“Dom, non preoccuparti! Va tutto benissimo! Adesso andiamo a vedere il cugino nuovo di zecca!” e detto ciò la prese a braccetto ed entrarono insieme nella stanzetta ormai sovraffollata. C’era un vociare assordante!
Non aveva proprio voglia di dire alla cugina quanto gli si stringesse il cuore ogni volta che la vedeva mano nella mano con quel platinato, o quanto si doveva trattenere per non andare a picchiarlo quando le dava un bacio anche solo sulla guancia. Non aveva decisamente voglia di ammettere ad alta voce che era geloso marcio.
Riuscirono a farsi largo tra i parenti fino ad avere una buona visuale.
Sul letto stava seduta una giovane donna, con un paio di cuscini a sorreggerle la schiena e le braccia occupate da un fagottino azzurro. Aveva i capelli castani chiari e gli occhi azzurri dal taglio asiatico che osservavano estasiati alternativamente la famiglia Weasley e il proprio bambino. Zio Charlie era seduto sul bordo del letto accanto a lei.
“Allora come ti senti, Sofonia?” chiese sua madre sorridendo alla giovane e zio Charlie intervenne prontamente traducendo in rumeno. La ragazza  disse qualche parola incomprensibile senza smettere di sorridere e nuovamente Charlie tradusse:
“Sofronie,” e calcò appena sul nome della compagna “dice che è tanto esausta quanto felice:”
James riuscì a vedere con la coda dell’occhio sua madre battersi un pugno nel palmo della mano con aria contrariata, aveva sbagliato un’altra volta, ma non la biasimava, era veramente un nome insolito!
Mentre zia Hermione se la rideva sotto i baffi si udì un vagito acuto e potente, con cui il piccolo Weasley si dimostrava contrariato per l’interruzione dei suoi sogni da parte di quella famiglia ingombrante. Fisicamente ed emotivamente, si disse James abbozzando un sorriso.
Sofronie passò il bozzo di coperte azzurre a zio Charlie che sorrise alzandosi in piedi e facendo dondolare leggermente il figlio per calmarlo.
“Avete deciso il nome?” trillò Lucy con gli occhi che brillavano per l’emozione.
“Oh sì…” sussurrò Charlie e fece una breve pausa fissando nonna Molly e nonno Arthur negli occhi. “Si chiama Arthur Nicolae Wesley, come i nostri padri.” disse infine con un sorriso enigmatico.
Nonna Molly espose in un singhiozzo dopo l’altro nascondendosi nella camicia del nonno, il quale le accarezzò la schiena con una mano e con l’altra fece un gesto tranquillo come a dire “Ordinaria amministrazione!”.
In effetti James si ricordava che la nonna aveva reagito più o meno nello stesso modo quando era nato Louis e, se la memoria non lo ingannava, anche con Lily e Hugo.
Mentre tutti si congratulavano ed esprimevano la propria felicità, James si voltò ad osservare sottecchi Angie. La ragazza si stava massacrando il labbro inferiore, tirando l’epidermide con l’indice e il pollice, e si guardava attorno con aria furtiva, come a cercare una via di fuga.
James sorrise e decise di concedergliela, almeno avrebbe passato un po’ di tempo da solo con lei con questa scusa.
Arretrò lentamente fino a ritrovarsi alle spalle del folto gruppo famigliare, poi si spostò verso destra e individuò nuovamente la figura di Angelique. Senza fare il minimo rumore si avvicinò e le prese con delicatezza il polso sinistro. Quando il viso della ragazza saettò nella sua direzione e lo guardò con stupore, James le fece un cenno con la testa indicando la porta.
Gigì sembrò titubare per qualche istante, ma dopo una breve occhiata attorno a sé lo seguì lentamente.
Appena varcarono la soglia della porta le spalle di Angelique si rilassarono visibilmente, emise un sospiro e un vago sorriso apparve sulle sue labbra.
“Non ce la facevi più, eh?” domando sogghignando James, mentre frugava nella tasca dei calzoni.
“Io… Non sono abituata a questo genere di cose…” mormorò lei passandosi una mano sul viso.
“Alle nascite o ai pianti della nonna?” chiese ancora mentre estraeva trionfante un pacchetto di Api Frizzole “Vuoi?”
L’espressione leggermente crucciata venne sostituita immediatamente da una entusiasta e la ragazza esclamò:
“Io le adoro! Grazie mille!” e ne infilò una in bocca con aria estasiata. Rimasero qualche istante in silenzio, entrambi gustando la caramella, e poi Angelique parlò con lo sguardo perso nel muro del corridoio:
“Non sono abituata alle famiglie…Sai, qui in Inghilterra ho solo i nonni… quelli antipatici,” aggiunse con un vago ghigno in direzione di James che ridacchiò “Tutti i parenti della mamma, sono in Bretagna e li vediamo pochissimo… Io non mi sento mai a mio agio, nemmeno con mia cugina Camille… è come se fossi sempre fuori posto!” parlava con tono sommesso e all’ultima rivelazione si strinse nelle spalle.
“Anche con noi ti senti così?” le chiese sorpreso James.
“No, quando ci siete voi mi sento… A casa. Ma con tutti questi adulti che penseranno che mi sia imbucata e che abbia chissà quali mire sulla vostra famiglia, io… mi sento a disagio!” ammise con un lieve rossore sulle guance.
“Credi davvero che ti avrebbero accolta in quel modo se avessero creduto che tu fossi un’opportunista o un’arrivista?!” le domandò sgomento. Non ci poteva proprio credere… Gigì certe volte era così ottusa!!!
Angelique sbatté  le palpebre numerose volte con aria perplesse e poi chiese esitante:
“No?!”
“Ma certo che no! Soprattutto mia madre! A volte mi chiedo che razza di persone tu abbia incontrato fin ad ora…”
“Non molto carine… Beh nemmeno io sono poi così… Socievole!” e ridacchiò da sola per il proprio brutto carattere.
“Già hai un caratteraccio.” decretò lui e Angie lo spintonò scherzosamente.
Scese nuovamente il silenzio tra i due e James si accigliò qualche istante per osservarla di profilo. Gli piaceva da morire come arricciava il naso quando non era d’accordo su qualcosa. Gli piaceva quasi tutto di lei… Tranne quel rompiscatole mingherlino e ingessato che era diventato il suo ragazzo.
Con Angelique si sentiva sempre indifeso e in allerta, sembrava non comportarsi mai come ci sarebbe aspettati, i suoi pensieri seguivano una logica a lui estranea. Un attimo prima era scontrosa e introversa e quello dopo si confidava spontaneamente. Era stato parecchio strano e altrettanto piacevole parlare con lei civilmente, lo aveva colpito in particolare la naturalezza con cui si era aperta proprio con lui. Lei che sembrava sempre impassibile e controllata nascondeva delle insicurezze molto radicate a cui non riusciva a rinunciare.
“Ape Frizzola?” chiese dopo qualche minuto per spezzare il silenzio.
Angie lo guardò sorridendo e annuì prendendo una caramella. La giovane non se ne accorse nemmeno, ma quando le sue dita sfiorarono la mano di James per prendere la caramella il giovane chiuse gli occhi per un istante e un sorriso comparve anche sulle sue labbra.
 
 
Tornarono dall’ospedale dopo l’orario della cena e Roxanne propose di fare un salto nelle cucine, strizzando un occhio con aria complice ad Angie. Così cenarono tutti insieme in mezzo agli elfi domestici. Parlarono del nuovo arrivato e di come sarebbe diventato.
Quasi tutti concordavano sul fatto che avrebbe avuto i capelli rossi e le lentiggini, invece per quanto riguardava gli occhi alcuni dicevano che sarebbero stati azzurri e altri marroni, e su questo punto era quasi scoppiata una rissa. Angie non riuscì a capire perché dovessero insistere con tanta veemenza su un punto che non dipendeva minimamente dalla loro opinione.
Mentre addentava con una certa voracità una fetta di crostata, incontrò per caso lo sguardo di Potter che la stava fissando col capo leggermente inclinato. Forse il piccolo Arthur avrebbe avuto gli stessi occhi magnetici del cugino, sarebbero stati bene con i capelli rossi… Il contatto durò qualche istante e poi Jessy distolse gli occhi riprendendo a parlare con Dominique.
Angie si rese conto di non aver ancora deglutito  e di aver fissato Potter con le guance gonfie come un criceto. Ecco perché la stava guardando in quel modo!
Quando ebbero finito di cenare si divisero ed Angie, Dom e Albus sgattaiolarono con successo verso i sotterranei, senza essere scoperti né da Gazza né dai professori.
Angie era esausta, tutte le emozioni della giornata l’avevano provata non poco, desiderava solo arrivare nella sua stanza e collassare sul letto.
Ma non appena imboccò il corridoio del suo dormitorio vide che la porta della sua camera era spalancata e la luce che proveniva dall’interno formava un fascio rettangolare sul pavimento e sul muro di fronte.  Si avvicinò velocemente e udì le voci parlare in modo concitato. Albus, avendo notato anche lui la situazione insolita, le seguiva a pochi passi di distanza.
“Ma che cos…” iniziò la bionda ma si interruppe subito spalancando la bocca allibita.
La porta era effettivamente aperta e, a pochi centimetri dalla soglia all’interno della stanza, Elena stava seduta su un sgabello piuttosto alto davanti ad essa, ed aveva tra le mani una tavolozza di colori e un pennello, altri due erano infilati tra i suoi capelli raccolti in alto in un improbabile chignon. La mora stava discutendo in modo piuttosto acceso con Marta, che al centro della stanza gesticolava facendo andare da tutte le parti un lembo di tulle di un pallido arancione.
Elena parlava e dipingeva sulla porta allo stesso tempo con aria imperturbabile, ma Angie notò che la fronte era aggrottata. Guardando meglio all’interno della stanza i suoi occhi incontrarono Berty e Scorpius entrambi sdraiati sul suo letto e intenti a commentare una rivista di Quidditch.
In una frazione di secondo tutti si voltarono verso di loro.
“Che sta succedendo qui?” chiese con tono flebile Albus, sembrava perplesso almeno quanto Angie.
“Oh ciao! Com’era il piccolino?” chiese Martha addolcendosi in un nano secondo al pensiero del neonato.
“Come vuoi che fosse?! Sarà stato piccolo, raggrinzito e rossastro!” esclamò acida Elena dando una pennellata vigorosa sulla porta.
Martha ridusse gli occhi a due fessure e poi sibilò:
“Solo perché tu sei suscettibile come un Ippogrifo, non significa che devi rispondermi in questo modo!”
Elena mugugnò qualcosa di indistinto, poi rilassò improvvisamente lo sguardo crucciato e urlò:
“Finito!”
Angie si sporse oltre la soglia e ammirò finalmente quello che l’amica aveva dipinto.
“Oh…” un sussurro estasiato le sfuggì dalle labbra mentre osservava insieme agli altri.
Elena aveva raffigurato sulla porta una fenice che emergendo dalle fiamme spalancava le ali in gesto maestoso. Il disegno occupava tutta la metà superiore della porta ed era un vero e proprio tripudio di oro e cremisi. Elena aveva superato sé stessa.
"è magnifico!” mormorò Martha sorridendo alla porta.
Angie era ancora in contemplazione della fenice quando sentì una mano scivolare nella sua e racchiuderla con delicatezza.
Si voltò con un sorriso dolce verso Scorpius e gli diede un bacio sulla guancia, mentre si allontanavano dal gruppo che aveva ripreso a parla.
“Com’è andata?” le chiese mentre si accomodavano sul letto di Elena.
“Oh bene. è minuscolo, ma non è raggrinzito e rossastro come dice Elena! Aveva un visino piccolo e tondo come una mela, sembrava fatto di porcellana! Che cosa è successo in mia assenza?” chiese e posò il capo sulla spalla del ragazzo, mentre lui le cingeva la vita con un braccio.
“Le tue amiche hanno litigato come ossesse per tutta la sera, la cena e secondo me andranno avanti anche di notte. Guarda hanno ricominciato!” disse indicando le due che avevano ripreso i toni accesi di quando Angie era arrivata. “La questione si riassume così: Martha vorrebbe che Elena indossasse o una gonna o un vestito. Elena vorrebbe andare al ballo con una felpa e un paio di jeans. Ora, essendo che hanno l’elasticità mentale di due sassi, sono ore che dibattono inutilmente sulle proprie ragioni. Credo che l’unica soluzione sia che tu intervenga.”
“Oh no. Scordatelo.” mugugnò la giovane accoccolandosi meglio nell’incavo della clavicola di Scorpius.
“Allora temo che ti terranno sveglia ancora per molto.” decretò lui.
“Va bene. Va bene. Va bene!” esclamò Angie e si alzò avvicinandosi con passo spedito verso il proprio armadio.
Frugò nei cassetti per alcuni istanti e poi ne tirò fuori esultante un vestito semplicissimo senza maniche, celeste sulle spalle che sfumava verso il blu notte fino all’orlo, sembrava più un prendisole che un abito per un ballo.
Si avvicinò alle due amiche e stese davanti ai loro occhi l’abito. Le due si ammutolirono, mentre un sopracciglio di Martha scattava verso l’alto e quelli di Elena si congiungevano perplessi.
“Mi sta piccolo ormai. Se domani sera te lo metti, te lo regalo.” decretò concisa rivolgendosi ad Elena, la quale soppesò l’offerta mordendosi un labbro.
“Ok.” disse infine annuendo felice.
“OK?! OK!!! Sono qui da sei ore a cercare di convincerti e tu dici OK a lei!!!” strepitò furiosa Martha con gli occhi fuori dalle orbita.
“Non hai usato gli argomenti giusti evidentemente.” disse Angie alzando le spalle con fare tranquillo.
La O’Quinn si imbronciò immediatamente e sbattendo i piedi sul pavimento sparì in bagno con uno svolazzo di tulle.
 “Secondo te che ci farà in bagno con quel coso arancio?” chiese sinceramente interessata Elena.
“Lo farà a pezzi immaginando che sia tu. Sai che diventa piuttosto vendicativa quando viene contrariata.” disse Angie guardando divertita la porta chiusa. “Ti starà insultando in irlandese e starà sfogando tutta la propria rabbia repressa… Poi tra qualche minuto uscirà completamente rigenerata, con un sorriso tranquillo e il tulle arancione sarà sparito.”
 
 
Angie provò ancora una volta a sedersi sul baule prendendo lo slancio e atterrando violentemente su di esso, ma il risultato comunque non variava, il baule non si chiudeva!
La bionda lanciò un gemito disperato al soffitto, era in ritardo sulle tabelle di marcia e non poteva partire senza aver chiuso il proprio bagaglio.
“Angelique sei pronta?” chiese Scorpius sporgendosi dentro la stanza solo con la testa.
“No, maledizione!” urlò la bionda saltando ancora una volta sul proprio baule. “Dovrei pesare almeno come Goyle per far chiudere questo dannato affare!”
Scorpius scoppiò a ridere ed entrò nella stanza ormai spoglia. La libreria e gli armadi erano stati svuotati, i comodini di ebano col ripiano di marmo bianco erano privi di sveglie o soprammobili, il banchetto che Angie aveva sfruttato per produrre le pozioni contro Potter in dormitorio era deserto. Non sembrava neppure reale che per nove mesi tre ragazze avessero abitato lì.
Il ballo della Memoria del 2 maggio era passato in turbine di danze e brindisi, Angie aveva visto più volte Roxane e Victoire ballare insieme e stringersi l’una all’altra con sguardi che altalenavano dalla folle felicità alla malinconia agrodolce. Vic non sarebbe più tornata al castello e Angie poteva immagine quanto sarebbe mancata alla sua migliore amica.
Così si erano conclusi anche gli esami di fine anno, che avevano visto come migliori del primo Rose e Martha. Angelique aveva ottenuto degli ottimi risultati in molte materie ma la sua non-propensione alla Trasfigurazione le aveva abbassato la media. Ovviamente anche tutti gli altri Serpeverde erano stati promossi, chi con voti alti chi con punteggi sufficienti, ma alla fine sarebbero stati insieme anche l’anno successivo.
“Lascia che ti aiuti.” disse Scorpius appoggiandosi anche lui sul baule, poi gli diede un colpetto con la mano all’angolo e finalmente il coperchio scivolò nell’incastro predisposto. Angie fece scattare le serrature di ferro  con un sospiro soddisfatto.
“Che farei senza di te?” esclamò in modo teatrale con un sorriso prima di guardarlo negl’occhi.
Il sorriso si spense sui loro visi mentre i loro sguardi restavano fissi l’un nell’altra e si attiravano come magneti di poli opposti. Un lieve sospiro uscì dalle labbra dischiuse di Angie e Scorpius le racchiuse una guancia nella propria mano avvicinandosi e avvicinandola a sé. Erano entrambi consapevoli che sarebbe stato probabilmente l’ultimo momento per loro due soli prima di una lunga estate a dividerli.
Le loro labbra si toccarono con un po’ più di sicurezza delle prime volte e stavano approfondendo quel bacio quando…
“Ma che schifo! Vi trovo sempre a pomiciare!!!” esclamò Elena appoggiandosi allo stipite della porta e guardandoli con aria di finto disgusto, tradita da un sorriso appena accennato agl’angoli della bocca.
I due ragazzi si staccarono velocissimi e arrossirono furiosamente guardando in direzioni opposte.
“Ah…” sospirò la mora soddisfatta “Adoro mettervi in imbarazzo!” e poi scoppiò a ridere, facendo sorridere anche Angie e Scorpius.
“Angie, comunque ero venuta qui per avvertirti che c’è la cugina di Al fuori dalla Sala Comune che mi ha detto di dirti –Muovi le chiappe scudiero- e mi sembrava un po’… Mmm, nevrotica.”
“Roxanne! Oh sì non preoccuparti, lei è sempre spazientita!” esclamò Angie  alzandosi in piedi poi proseguì: “Ho promesso che avrei pranzato con loro, sapete è l’ultima volta che Victoire è qui… Vi dispiace?”
“No tranquilla! Va tutto bene. Al baule ci pensano gli elfi domestici, non preoccuparti.” le disse Scorpius con il colorito tornato all’abituale pallore.
Angie sorrise e annuì mentre recuperava dal proprio letto la tracolla nera che avrebbe portato con sé durante il viaggio e che conteneva Magda, la Mimbulus mimbletonia, racchiusa in un grosso vaso di vetro per evitare che spargesse dovunque il proprio secreto pestilenziale. Attraversò la stanza con passo spedito,  ma quando si trovò sulla soglia si bloccò ad osservare la porta e venne investita da un vortice di pensieri.
La fenice rossa e dorata la osservava con sguardo fiero e le ali dispiegate, esattamente come le era capitato quella mattina con Antares. Aveva dovuto lasciarla ad Hagrid per tutta l’estate, non avrebbe mai potuto portarla nel quartiere babbano dove abitava coi suoi, già era difficile gestire Caliel che andava a caccia di notte, figuriamoci un volatile mitologico grande come un cigno! Le era costato parecchio abbandonarla ad Hogwarts, ma aveva cercato di rassicurarsi che col guardiacaccia si sarebbe trovata bene.
Poi sotto quel disegno tanto accurato c’erano le loro tre firme: Elena, Martha e Angelique. Tre ragazzine che erano arrivate sole in un posto sconosciuto e che si erano legate in modo inaspettatamente forte, che si erano sorrette nei momenti di debolezza e che erano diventate amiche.
Un sorriso felice si aprì sul suo viso mentre finalmente varcava la soglia ed Elena la osservava leggermente perplessa.
Non appena uscì dalla Sala Comune vide Roxanne appoggiata al muro di fronte che si guardava attorno con aria guardinga. Il sorriso che non l’aveva ancora abbandonata dalla sua stanza si allargò mentre incontrava gli incredibili occhi azzurri dell’amica.
“Finalmente! Bacchetta alla mano?!” chiese a mo’ di saluto Roxanne.
“Bacchetta alla mano.” rispose Angie alzando l’avambraccio destro dove teneva la propria bacchetta.
Roxanne annuì soddisfatta nel vedere che i suoi insegnamenti erano seguiti alla lettera dalla giovane, poi la prese a braccetto e si avviarono insieme verso il pranzo che le attendeva.
“Oh prima che me ne dimentichi! Volevo dirti che per inizio luglio saremo tutti insieme alla Tana.” disse dal nulla Roxanne.
“Ah… ok.” mormorò Angelique con un velo di malinconia, chissà come sarebbe stato passare un pezzo di estate con tutti i Weasley, giocare a quiddich con loro nell’orto, mangiare uno dei famosi pranzetti di Molly, conoscere anche gli altri cugini…
“Guarda che in quel saremo ci sei in mezzo anche tu. E se non venissi per qualche stupida paranoia ti verrei a prelevare anche ad Azkaban.” ribatté quasi subito la più grande leggermente impaziente.
“Grazie mille! Farò di tutto per esserci!” esclamò sorridendo entusiasta. Roxanne non chiedeva quasi mai, imponeva in modo più o meno dispotico dei dati di fatto e bisognava accettare, ma questa era una delle ragioni per cui le voleva bene.
La Sala Grande era ricoperta di stendardi rosso e oro a testimonianza della vittoria di Grifondoro sulle altre case e il tavolo dei “coraggiosi di cuori” era ovviamente il più rumoroso e il più festante.
Quando si sedettero insieme agli altri Weasley Angie venne posizionata tra Rose e Roxanne, mentre di fronte a sé aveva James. La McGranitt fece un breve discorso di commiato per gli alunni e poi diede il via al banchetto.
Nel baccano generale che ne seguì solo pochi si accorsero che Victoire Weasley si era alzata in piedi e aveva iniziato a parlare:
“Famiglia… Che dire ora che sono arrivata in fondo al mio cammino?! Credo che la cosa migliore sia: grazie. Grazie Rox per essere stata l’amica migliore che avrei mai desiderato e aver condiviso con me ore e ore in punizione. Grazie Molly perché hai instillato un po’ di saggezza e responsabilità in questa testa bacata. Grazie Lucy per aver accettato di partecipare alle rischiose imprese mie e di Rox contro il parere di tua sorella. Grazie Fred per aver passato insieme a me giorni interi a studiare le tattiche di gioco migliori e avermi aiutato. Grazie Dom, perché sei una sorella fantastica e questo dice tutto. Grazie Jamie per avermi fatta ridere quando piangevo e per avermi dimostrato di essermi sbagliata. Grazie Rosie perché ti sei fidata e mi hai concesso una fiducia che non mi sarei mai aspettata. Grazie Al per essere rimasto nella famiglia anche se in una Casa diversa e per averci portato Angie. Grazie Angelique per aver accettato quel sabato sera di sottoporti alle nostre domande inopportune, per esserti aperta con noi e per averci concesso di conoscere una persona tanto coraggiosa e speciale. Vi volevo ringraziare perché senza di voi questo castello per me sarebbe stato vuoto, così come la mia vita. Alla nostra!” levò il calice verso il soffitto incantato e, mentre tutti la imitavano commossi da quel discorso, Angelique poté notare gli occhi lucidi di lacrime della giovane.
Angelique non si sarebbe mai aspettata un ringraziamento del genere né tanto affetto da parte di Victoire, ma sorrise mentre portava alle labbra il proprio calice.
Mentre il bordo metallico toccava le sue labbra vide davanti a sé Jessy che la osservava, il ragazzo alzò appena la coppa in sua direzione con un sorriso enigmatico, che le ricordò molto quando gli aveva fatto esplodere addosso Nemesi e lui ne aveva riso.
Così imitò il gesto sorridendo a sua volta e poi bevvero insieme.
Mentre consumava il pranzo in mezzo ai racconti di Victoire e di Roxanne e alle risate che ne seguivano, si trovò a fare un bilancio di quell’anno incredibile che aveva vissuto.
Aveva scoperto di essere una strega, aveva trovato degli amici veri che le erano stati accanto anche quando lei aveva cercato di chiudersi in sé stessa, aveva fatto nascere una fenice, aveva tirato fuori le unghie per difendersi contro Nott e Goyle, aveva incontrato la sua personalissima Piaga d’Egitto in James Potter, si era presa una cotta sbagliata e una giusta, aveva conosciuto Hagrid, era stata adottata da una famiglia straordinaria.
Ma la cosa più importante di tutte era che finalmente aveva iniziato ad abbandonare le catene delle sue insicurezze e delle sue fragilità per imparare a librarsi nell’aria della libertà e della fiducia in sé stessa. Aveva preso queste speciali lezioni di volo da persone che finalmente le volevano bene per com’ era, pregi e difetti, senza compromessi.
Angie intercettò gli occhi di Albus e gli sorrise riconoscente perché senza di lui, il suo migliore amico, non avrebbe mai vissuto la gran parte di tutto ciò.
Aveva appena iniziato a volare e non aveva intenzione di smettere.



 
 
A Emanuele, che è tutto.
A mia madre, la donna più forte che abbia mai conosciuto e anche la più imbarazzante, ma che mi ha dato la vita e la sua tenacia per viverla anche nei momenti peggiori.
A Francesca ed Eleonora, la cui amicizia è stata la mia roccia per molto tempo.
A Marta che ha letto numerosi capitoli in anteprima e mi ha sempre dato il suo appoggio.
A tutte le splendide persone che hanno speso il loro tempo per commentare e consigliarmi, senza di voi non avrei mai avuto la costanza di arrivare fino in fondo.
A tutti coloro che hanno letto in silenzio.

E al mio Angelo.
Grazie.
A presto, Bluelectra.
  
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