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Autore: whitemushroom    19/07/2014    4 recensioni
Le luci si rispecchiano nei canali della città di Toleno, e la voce di una meravigliosa cantante è il presagio di uno spettacolo fantastico che sta per iniziare. Il sipario si solleva, ma le persone che si muovono sul palcoscenico di Gaya non sono meri attori, ma creature che soffrono, amano ed hanno dei piani per il futuro. La granduchessa di Lindblum si troverà ad un punto di non ritorno, e forse tutto quello a cui ha creduto fino a quel momento può svanire quando l'Hilda Garde si alza in volo e ad attenderla c'è uno stormo di draghi d'argento.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hildagarde Fabool / Lady Hilda, Kuja
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Non un Jenoma - e altri racconti.'
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Must I forget you? Our solemn promise?
Will autumn take the place of spring?
What shall I do? I'm lost without you.
Speak to me once more!

 


“È bravissima, non trovi?”
“Assolutamente”.
Le luci sono puntate sulla figura esile che sale le scale del castello. La sua voce è potentissima, supera persino le note dell’orchestra che fa di tutto pur di rimanere dietro a quei toni che si alzano fino al soffitto e poi scendono su di noi come uno stormo; ho sentito qualche volta delle cantanti liriche, ma nessuna è come Rosette Mirage.
La storia non è poi nulla di così eccezionale, una guerra tra i paesi dell’Est e dell’Ovest con la stessa originalità nei nomi che avevano i libri di favole che leggevo da bambina, e la principessa dell’Ovest costretta a sposare il principe dell’Est pur di porre fine al conflitto nonostante il suo cuore appartenga ad un comandante caduto in battaglia –che tanto si capisce lontano un miglio che non è morto. Cid ha passato il tempo con lo sguardo tra l’orologio da taschino ed il libello, ma quando i violini hanno iniziato un crescendo impetuoso ha sollevato gli occhi e con un cenno mi ha invitato ad ascoltare.
La scena è solo per Rosette.
Non ho idea di come abbiano realizzato il castello della scenografia, ma né vibra né sussulta al suo passaggio. Le luci si spengono in pochi istanti, lasciando che su quel palcoscenico vi sia un unico raggio bianco, il vestito candido della principessa Maria che attira su di sé gli occhi di tutti, trascinandoli fino al mazzo di rose scarlatte che stringe contro il petto. Raggiunge un tono, poi un altro ancora, e appoggio il bicchiere sentendo le vibrazioni della sua voce fin sotto le dita; incatena le parole mentre piange il suo amato Draco e c’è qualcosa che mi spinge a cercare le dita di Cid e stringerle mentre continuo a muovermi per rimanere a galla in quella marea.
Se nel primo atto c’era stato qualche commento dal pubblico, adesso tutti sono persi nella musica; dal palco antistante il nostro vedo l’uomo dallo strano cappello a tricorno incontrato all’ingresso che si è alzato in piedi e si appoggia alla balconata, con le labbra che seguono la canzone senza perdere nemmeno una sillaba. La platea è immobile, gli uomini e le donne nella galleria tacciono.
Temono la mia magia, ma in queste note c’è qualcosa di ancora più grande.
Maria termina la scala e si affaccia su un balcone, mentre le luci si abbassano e sulla scenografia compaiono le due lune. Da dietro una colonna si fa avanti un uomo vestito di chiaro, certamente il fantasma di Draco.
“Vieni, Maria” canta con la sua voce da baritono. “Balla con me”.

“Balla con me”
All’epoca Cid aveva molta meno pancetta, i capelli neri ed i baffi non ancora così belli. “Balla solo con me”.
A tutto avevo pensato, tranne che una festa danzante. Avrei dovuto prevederlo, si era sempre favoleggiato dei balli alla corte del granduca, ma quando Cid mi aveva invitata per festeggiare il diciannovesimo compleanno di sua sorella non avevo previsto un salone più ampio della mia casa arredato a lustro con un’intera orchestra che non sembrava essere intenzionata a smettere di suonare prima della mezzanotte. E mi sarei ritrovata con un abito modesto e degli stivaletti bassi davanti a tutta la nobiltà di Lindblum se non fosse stato per Anya Fabool ed il suo guardaroba infinito. Una persona insopportabile, a detta del fratello. Una persona meravigliosa, sempre a detta del fratello, dopo qualche bicchiere di vino malyon. Grazie al cielo quando mi aveva prestato uno dei suoi vestiti aveva già svuotato il primo giro di bevande, e l’abito bianco con il pizzo azzurro sembrava più tagliato per le mie forme che non per i suoi fianchi abbondanti –ancora adesso mi chiedo come facesse ad entrarci dentro.
“Sei un po’ magrolina, sembri una delle bambole di mia nonna, pare che non mangi da un mese … ma meglio di prima!” mi aveva detto Anya, lanciandomi uno sguardo di approvazione come se avesse confezionato l’abito di persona. “Cid, falla mangiare un po’!”
“Tranquilla, non deperirà …”
I due si erano scambiati un’occhiata complice e lei era uscita dalla stanza in un turbine di trine, lasciandoci soli. L’espressione di Cid mascherava a malapena le sue intenzioni. “Usciamo subito da questa stanza prima che mi venga la malsana idea di chiuderci qui dentro mandando al diavolo la festa. Questo nuovo abito è una terribile tentazione”.
Considerato che le uniche cose scoperte erano il collo ed il viso … “Pensavo che preferisti qualcosa di meno … coprente”.
“Un vestito coprente lascia molto spazio all’immaginazione” aveva risposto con un sogghigno. “E io mi sono sempre considerato un uomo piuttosto fantasioso …”
In effetti era un prospettiva piuttosto allettante, ma alla fine ci ritrovammo nella sala comune accolti da una musica velocissima e con tutti gli invitati impegnati a ballare; il granduca Cid VIII era al braccio della moglie probabilmente da un pezzo, quindi la festa era ufficialmente iniziata senza di noi. Cid non sembrava preoccupato di quel particolare, mentre all’epoca l’idea di tardare davanti al signore di Lindblum mi stringeva lo stomaco come una morsa e mi aveva messo in petto una palpitazione che mi risuonava nelle orecchie. Sarebbe stato il momento migliore per rodermi tutte le unghie –pessima abitudine che le scappatelle di Cid non hanno contribuito a migliorare- e fingermi incredibilmente interessata alla galleria di quadri del granduca, ma Cid mi trascinò fino al centro della stanza portandosi dietro le occhiate di tutti i ballerini. “Balla con me. Balla solo con me”.
Solo in quel momento mi ricordai di non aver mai specificato al mio fidanzato di non saper ballare.
O meglio, un po’ sapevo ballare, ma di certo i festeggiamenti del mio paese con la musica vivace non avevano nulla a che spartire con quelle note fluenti, lente ed intense che spingevano due persone ad avvicinare l’uno al corpo dell’altra in maniera gentile e quasi sensuale. Un tipo di danza che prima di conoscere Cid avrei considerato come minimo noiosa e di cui avrei riso per ore con le amiche sbeffeggiando i nobili e tutti i loro vestiti complicati.
“Non è complicato” mi disse lui, leggendo il dubbio nei miei occhi. “Metti i piedi dove li metto io. Quando ti muovi, fingi di disegnare un quadrato sul pavimento”.
Potrei scrivere un libro su tutte le volte che Cid mi ha detto “non è complicato”.
Iniziò a muoversi stringendomi a lui, ed il suo braccio intorno ai miei fianchi non lasciava altra scelta che non fosse seguirlo e cercare di tenere il passo. Non ero preoccupata di quello che avrebbe pensato la gente di me –un po’ sì, a dire la verità- ma in quel momento ogni muscolo del mio corpo era impegnato a non cadere o calpestargli i piedi.
Il concetto di “quadrato” di Cid sfidava qualunque regola elementare di geometria. Un passo era lungo, un altro più corto, tirava prima in una direzione e poi nell’altra facendomi girare su me stessa e mandando all’aria ogni mio senso dell’equilibrio. Seguiva il tempo delle note, ma quelle non aspettavano certo che i miei piedi tenessero il passo e per i primi dieci minuti fu come inseguire un alito di vento aggrappata a lui. Quando iniziai a capire i movimenti base gli avevo pestato gli stivali almeno quindici volte.
Vicino a noi la festeggiata si muoveva passando da un ballerino all’altro. Per quanto Anya Fabool sembrasse più un barattolo incartato con un vestito azzurro che non una principessa delle favole dovevo ammettere che danzava sui tacchi in maniera eccezionale. Quando ci passò accanto mi fece anche un gesto d’incoraggiamento, ma l’attimo dopo avevo già messo in serio pericolo una mia caviglia quando Cid decise di accelerare con buona pace del ballo lento, sensuale e rilassante.
Nel momento in cui la musica cessò con un’esplosione finale di note ero la donna più felice del mondo. “Se stai per chiedermi un secondo giro … sappi che la risposta è no” ringhiai a Cid, che probabilmente trovò la mia espressione piuttosto divertente.
“Nemmeno un giro al banchetto?”
In effetti l’enorme tavola imbandita nella stanza attigua aveva attirato il mio interesse molto più di tutta la serata danzante, e questo esercizio fisico non programmato aveva risvegliato il mio stomaco. Anche da quella distanza l’arcobaleno di colori sui piatti e nei bicchieri esercitava un notevole fascino. “Tu sai che rimarrò ancorata a quel tavolo fino alla fine della serata, vero?”
“Tanto a me interessa il dopo serata …”
La cena era composta da tanti assaggi già preparati dai camerieri. Consommé di pollo, decine di tipi di insalate, carne e pesce assolutamente a mia scelta, formaggi ed un tavolo dedicato soltanto ad una cascata di frutta ed almeno dodici scelte di dolci. Tra un boccone ed un altro Cid mi suggerì di tenere un po’ di spazio per qualche altra portata che sarebbe stata servita in seguito, ma non potevo fare a meno di assaggiare un po’ di tutto. Ogni piatto sembrava più invitante del precedente, e tutte le bevande colorate imponevano di essere provate almeno una volta.
“Almeno la ragazza dell’anno scorso aveva un po’ più di decoro a tavola. Questa qui sembra che non mangi da un mese …”
Le parole dette alle mie spalle bloccarono a metà il pasticcio d’anatra che avevo appena inghiottito con piacere. Il granduca stava parlando con Cid, e come avevo immaginato il suo nobile sguardo di disapprovazione era proprio su di me. Se oggi qualcuno mi facesse un’osservazione simile risponderei a tono ingoiando una fetta di torta intera e lanciando un bello sguardo di sfida, ma in quel momento mi limitai a ingerire lentamente quello che avevo iniziato e sperare che il pavimento mi facesse sprofondare. Il granduca assomigliava davvero molto a Cid, ma era più alto e gli occhi molto più infossati. “Suppongo che io e tua madre non avremo mai l’onore di vederti con la stessa ragazza per più di tre mesi consecutivi …”
“Vi dico che dovete smettere di preoccuparvi” disse lui, quasi frapponendosi tra me ed il fulmine che stava per materializzarsi dalle pupille dei suoi genitori. “Hilda è la migliore”.
“Cid, posso chiederti una rapida stima delle volte in cui hai ripetuto questa frase?” sospirò la granduchessa, una donna che in circostanze normali avrei trovato regale e bellissima ma che adesso mi ricordava solo un avvoltoio ingioiellato appollaiato sulla spalla del marito. “Perché non sei rimasto con … come si chiamava … Abèle?”
“Adele, mamma …”
“Insomma, era una tanto brava ragazza. Intelligente, studiosa, lei sì che ti avrebbe messo la testa a posto. O quell’Alyna, cosa aveva che non andava?”
“Assolutamente nulla. Ma Hilda è la migliore”.
Ci sono delle situazioni in cui una persona capisce di essere di troppo. Bene, mi trovavo esattamente in una di quelle. Cid era stato molto gentile a difendermi, ma l’improvviso bisogno di una boccata d’aria non era legato né al cibo né al ballo improvvisato; mi aveva avvisato che sarebbe stato difficile avere un buon impatto con i suoi genitori, ma non erano solo le loro occhiate a disturbarmi. Era un po’ … un po’ tutto.
Sapevo benissimo di non essere stata la sua prima fidanzata. Ci sarebbe mancato altro, e del resto nemmeno io ero esattamente priva di esperienze il giorno in cui ci siamo conosciuti. Ma abbiamo sempre avuto il tatto di non parlare troppo dei nostri precedenti, proprio perché il confronto ci rende deboli, mette invariabilmente a nudo i nostri difetti, anche quelli più piccoli che si danno per scontati nella vita di due persone innamorate; quello spettro, unito alla sensazione di non essere gradita in quel momento, mi faceva rodere il fegato tanto che avrei usato volentieri la granduchessa come prima prova per alcune erbe che mi ero fatta spedire da Alexandria. Mi avevano garantito che in quantità eccessiva avrebbero potuto produrre orticaria e spiacevoli effetti intestinali …
“Qualunque cosa tu stia pensando, sappi che hai la mia approvazione. Come in tante altre cose, del resto!”
Anya stava ondeggiando sui tacchi, appoggiata alla ringhiera del balcone. Feci per sorreggerla, ma mi allontanò con un cenno della mano. Non c’era una parte del viso che non fosse color rosso acceso, e per un istante fui tentata di chiamare qualcuno.
“Tranquilla, se pensi che non sia in grado di reggermi in piedi vuol dire che non mi hai mai vista quando sono davvero ubriaca, e sono contenta che la ramanzina di stasera sia toccata a Cid e non a me! E che diamine, non si può nemmeno bere un po’ il giorno del proprio compleanno!”
Avrei voluto spiegarle che tra bere un po’ e bere come una spugna c’era una lieve differenza, ma sicuramente non mi avrebbe ascoltato; i suoi capelli biondi, così diversi da quelli del fratello, avevano perso l’elaborata acconciatura dell’inizio della festa e si erano ridotti ad un’unica treccia da cui uscivano dei capelli disordinati come piccole nuvole. Non era affatto una bella ragazza.
“Non c’è niente di peggio di una futura suocera, a parte una futura suocera che avrebbe voluto un’altra nuora!”
“Dubito che diventeremo parenti …” sospirai, più rivolta a me stessa che non alla figura alla mia sinistra. Non avevo mai creduto a quelle storie dove la ragazza umile riusciva a sposare un bel principe perché la forza dell’amore poteva vincere qualunque diversità –ancora mi chiedo perché le favole riempiano la testa delle bambine con certe idiozie così lontane dalla realtà- ma ero piuttosto infuriata anche con me stessa per non aver pensato a questa spiacevole eventualità. Quando Cid mi aveva invitata alla festa di compleanno di sua sorella avevo dipinto nella mia testa uno scenario che si era rivelato sbagliato. “Immagino di trovarmi qui solo di passaggio”.
“Io invece non credo”.
Mi fece cenno di aspettare, e trotterellò di nuovo verso il salone con la sua andatura sgraziata. Ne emerse dopo qualche minuto ancora più sorridente di prima e con due calici colmi di un liquido spumeggiante. “Io e Cid abbiamo una filosofia” disse, passandomene uno. “Non puoi sapere a priori ciò che è meglio per te. Come posso trovare un marito senza aver prima fatto un’accurata selezione? Mi piacciono i ragazzi, e mi piacciono di più quando sono alti, con le spalle larghe e un bel sedere, e se non vogliono stare con me perché peso quasi quanto la regina Brahne … beh, non sanno che si perdono!”
Trangugiò il suo bicchiere tutto d’un fiato e si batté una mano sui fianchi a mostrarmi il fisico. La battuta non era nemmeno delle più simpatiche, ma il suo sorriso mi catalizzava; avevo trovato la cosa che aveva in comune con Cid.
“Tu sei diversa” mi disse, passando ad un tono di voce serio con uno schiocco di dita. “Lo vedo da come ti guarda. E non te lo dico per consolarti, perché non me ne importerebbe assolutamente nulla …”
“E se invece non fosse così? Se volesse ancora …”
“Fidati, lui ha già scelto. E ha scelto te” proclamò puntando io dito. “E se continuasse a comportarsi da cretino non lesinargli un paio di calci nel sedere, ed in quel momento dovrai chiamarmi perché ho ancora da dargli qualche arretrato!”
Non avrei mai pensato che quella ragazza così lontana da me sarebbe diventata il mio primo alleato; il giorno che la sua aereonave esplose, nemmeno un anno dopo il mio matrimonio, fui l’unica a portare una bottiglia di malyon sulla sua tomba.

Gli applausi invadono il teatro come una cascata. Mi risveglio dall’incantesimo ed applaudo insieme a loro quando le rose di Maria cadono dal castello e le luci si abbassano; l’orchestra ha un ultimo guizzo, poi le note svaniscono segnando la fine del terzo atto. Le ultime file della platea si alzano e chiamano a gran voce il nome di Rosette sperando in un bis, ma non credo che la cantante comparirà sul palco prima dell’inizio del quarto atto che non inizierà prima di una quindicina di minuti. Con ancora la voce della donna dentro la mente osservo alcune persone che si allontanano per prendere una boccata d’aria, anche se in questo momento sento che potrei respirare anche sott’acqua.
Mio marito abbandona il suo posto. “Una rapida incursione al bagno prima del finale!”
Annuisco, poi appoggio la testa sul velluto porpora del mio sedile; cerco di non immergermi una seconda volta nei miei pensieri mentre respiro a pieni polmoni ciò che resta di quella stupenda aria di mezzo carattere.

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Ok, qua è stato terribilmente impossibile resistere al fascino di una delle scene più originali di tutti i FF e fare un piccolo omaggio al mitico "Draco e Maria" e alla mitica "Aria di Mezzo Carattere", di cui hanno creato fantastiliardi di remake musicali ma il migliore rimane ancora l'originale, quello per GBA, che con dei miseri bit ha consacrato Nobuo Uematsu (oddio, in realtà tutto il VI sembra costruito sulle sue musiche). Posto la scena del teatro dell'opera (https://www.youtube.com/watch?v=4zgrR7-iZbI) nella sua versione integrale, anche se la scena che ho descritto nella fanfic inizia al minuto 4.41.
Da notare che il tema di Aerith è stato "vagamente" copiato dall'Aria di Mizzo Carattere (o tema di Cèles) che parte proprio al 4.41.
Ma perché non fanno un remake del VI per ps3?
  
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