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Autore: KikiShadow93    20/07/2014    10 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Piccolo avvertimento: anche in questo capitolo la ciurma di Barbabianca non apparirà, mi spiace.
Inoltre ci tengo subito a specificare che questa volta i ricordi saranno visti in maniera differente: se prima Akemi/Lilith li vedeva e li commentava, adesso non lo fa. Stavolta non avrà modo di reagire, commentare, ma solo di sentire quello che il proprietario del ricordo prova. Appariranno -in ordine- i ricordi di Astrid, Wulfric, Sakura e Killian.
Are you ready? ;)

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Il terpore del corpo forte di Killian avvinghiato al suo la rilassa completamente.
Ogni preoccupazione è svanita, permettendole di sognare in pace per la prima volta. Addormentandosi era convinta che avrebbe rivisto Týr, che avrebbe potuto insultarlo e picchiarlo, mentre si è ritrovata su di un isola dove tutti erano polli e lei invece era un tapiro, che aveva la missione di recuperare l'uovo d'oro e portarlo al pesce pagliaccio nella boccia dell'ufficio del Sindaco Polletto. Non ha senso, ma la rende inconsciamente felice.
Si raggomitola ancora di più, lasciandosi stringere, sognando di essere premiata dal pesce adesso libero grazie a quell'uovo, quando qualcosa le salta addosso con incredibile forza, facendola saltare e appendere alle travi di legno del letto a baldacchino come un gatto.
«BUON GIORNO!» strilla la nuova arrivata, scuotendo con forza Killian, ancora mezzo addormentato.
«Ma che cazzo...?» biascica infastidito, portandosi le coperte sin sopra la testa per nascondersi dal terremoto ambulante che ha appena deciso di disturbare la sua quiete.
«Ki-llian, Ki-llian, sve-glia, sve-glia!!!» insiste la giovane lupa, saltellandogli allegramente addosso come se fosse una cosa del tutto normale.
Killian se la scrolla di dosso con un gesto brusco, passandosi le mani sul volto assonnato, per poi rendersi conto che Akemi non è più al suo fianco.
Allarmato, comincia a guardarsi freneticamente attorno, finché non alza lo sguardo e la trova appesa come una scimmia alla trave di legno.
«Tranquilla Akemi: questo pidocchio non ti farà del male.» la tranquillizza, dando una forte spinta alla ragazza al suo fianco, facendola capitolare di sotto dal grande e comodo letto.
«Però, che riflessi!» commenta questa, mostrando sempre un raggiante sorriso. Quando poi la ragazza decide finalmente di scendere dal suo sicurissimo nascondiglio, le porge sorridendo la mano, pronta a presentarsi alla creatura che ha fatto tanto scalpore «Io sono Silly!»
Akemi la guarda titubante: è una ragazza minuta di neanche vent'anni, dai capelli di un dolce color rame legati malamente un in una treccia laterale, la pelle candida, gli occhi scuri, grandi e luminosi, quasi quanto il sorriso pieno di allegria e vitalità che ha stampato in volto.
«Come fai ad essere così allegra di prima mattina?» biascica Killian, ancora completamente intontito, attirando malauguratamente su di sé l'attenzione dell'esuberante amica.
«È un dono.» risponde con ovvietà, saltando agilmente in piedi e strattonandolo per un braccio «Forza e coraggio, pasticcino: l'Imperatore e la Regina vi attendono!»
«Da quando stai ai loro ordini?» le domanda divertito il lupo, alzandosi da quel comodo materasso sotto lo sguardo attento e spaventato della corvina.
«Da quando Astrid snuda le zanne e minaccia di squarciarmi la gola.» risponde con una certa indifferenza la minore, osservando con attenzione ciò che la circonda. Perché è ben consapevole, Silly, che essendo Lilith la primogenita di quella rompipalle perfettina della Regina, le avrà riempito la stanza di cose interessanti su cui poter mettere le zampe assieme a Mimì, e non può certo lasciarsi scappare un'opportunità tanto invitante.
«Intelligente.» commenta Killian, afferrandola per i fianchi snelli e conducendola, senza tante cerimonie, verso la porta per potersene sbarazzare «Dì loro che arriviamo tra due minuti.»
La ragazza si volta lentamente, incenerendolo con lo sguardo «Non sono mica la tua messaggera! Diglielo da solo!» afferma inviperita, girando poi sui tacchi e andandosene velocemente, imprecando ad alta voce in una lingua che Akemi non comprende.
«E quella chi diavolo è?!» sbotta impaurita la ragazza, facendo voltare verso di sé il giovane lupo.
«Silly Silva, una randagia che Rin trovò più di duemila anni fa. È divertente, se ti piaciono i tipi chiassosi ed esuberanti.» risponde pacatamente il maggiore, stiracchiandosi la schiena e le braccia. Riabbassa gli occhi sulla ragazza quando si accorge che lei sta continuando a fissarlo con aria accigliata «Vuoi che ti parli di lei mentre ti prepari o preferisci restare da sola?»
«Onestamente, Killian?» sbuffa Akemi, alzandosi a sua volta mentre si tortura le mani per il nervoso, tenendo sempre lo sguardo basso per il disagio «Non voglio stare sola. Ho una paura fottuta di questo posto. Ho come la sensazione che delle creature viscide ed insanguinate potrebbero strisciare fuori dalle pareti da un momento all'altro!»
Killian ridacchia appena, tenendo una mano davanti alla bocca per educazione.
In realtà non lo sorprende per niente il fatto che la ragazza abbia così paura, che sia tanto spaesata e circospetta. Pure lui, licantropo millenario e feroce come pochi, si troverebbe decisamente a disagio in un luogo sconosciuto con persone tanto pericolose.
«Allora ti parlerò un po' di lei, così impari a conoscere un po' chi ti circonda.» afferma mantenendo sempre il sorriso, deciso a farla calmare con qualsiasi mezzo «Silly viene dal mare Occidentale, da un isola estiva chiamata Komakhalu. Rin la trovò mentre sbranava una carcassa. Poverina... era pelle e ossa. Nessuno le aveva mai insegnato niente e tutt'ora non sappiamo chi siano i suoi creatori. Secondo molti, me compreso, sono morti in qualche scontro per il territorio e lei è rimasta sola.»
Akemi ascolta con attenzione ogni parola, continuando a pensare con insistenza che siano tutti una brancata di imbecilli con seri problemi mentali. Non lo dà certo a vedere, ma non riesce a pensare altro.
«La prese con sé, la portò da Fenrir, e Silly giurò fedeltà al Sovrano dicendo che gli ispirava fiducia. Da allora sta con noi e ha stretto un profondissimo legame con Mimì. Aspetta, perché lo fece? Ah, si: Mimì aveva i capelli azzurri come il cielo e le punte bianche come la neve, e Silly disse di trovarli troppo fighi, così hanno legato e da allora sono ottime amiche. Quando poi i due gruppi si sono separati, lei rimase sull'isola con Mimì.
È una bravissima ragazza, puoi fidarti di lei. Giurò fedeltà a te e alla tua famiglia per prima, squarciandosi la mano per marcare la cosa. È fedele, allegra, sempre pronta a tirarti su di morale. Credo di non averla mai vista triste, in effetti...» continua Killian, sistemandosi distrattamente i capelli davanti allo specchio. In realtà sta tirando il discorso per le lunghe solo per poter passare più tempo con lei, per poter conquistare la sua fiducia «La riconosceresti anche se ti togliessero l'olfatto! Se qui tutte le lupe, che in realtà sono oche travestite, si mettono sempre in ghingheri per niente, lei indossa sempre camice bianche o maglie fiorite, niente pantaloni neanche se ci fosse una bufera, il tutto sempre con sotto un costume da bagno molto colorato e un hibiscus tra i capelli.» termina sorridendole allegramente, facendola sospirare, piuttosto indifferente alle sue parole.
«Non sembra male.» borbotta poco convinta, pettinandosi i capelli con le dita e acciuffandoli distrattamente sulla testa in una coda assai disordinata. Lanciando un'occhiata allo specchio, poi, si accorge di quanto il suo aspetto sia incredibilmente simile a quello di un panda, così comincia a ripulirsi gli occhi con il dorso delle mani, imprecando a denti stretti.
«Allora, andiamo?» le domanda Killian, poggiando una mano sulla maniglia dorata della porta.
Akemi abbassa titubante lo sguardo, rialzandolo subito dopo e scoccando al mannaro uno sguardo assai scocciato. Indica subito con un dito la sua meravigliosa mise, composta da una maglia da uomo arancione che le arriva alle ginocchia e un paio di calzini viola, facendolo sospirare esasperato.
«Tutte uguali voi donne, eh?» commenta sovrappensiero, andando con passo svelto verso gli enormi armadi situati nel lato opposto della stanza. Quando poi apre le ante di quello nel mezzo, Akemi sente distintamente la mascella schioccare. È sicura che le manchino pochi centimetri per farle toccare il suolo.
«Tua madre ti ha completamente fatto il guardaroba mentre dormivamo. È una fissazione la sua, ci farai l'abitudine.» afferma il ragazzo, frugando tra i vari vestiti che la sua adorata madre le ha messo a disposizione. Si era accorto di lei durante la notte, fiutando semplicemente il suo dolce ed inconfondibile odore, ma non ci ha fatto troppo caso. È rimasto addormentato con la giovane immortale stretta tra le braccia, lasciandola fare.
«Opterei per questo.» dichiara dopo un'attenta ricerca, mostrandole un vestito bianco, semplice, lungo fino a metà polpaccio, le maniche svolazzanti e con un leggero scollo sulla schiena.
«Grazie.» mormora la corvina, afferrando con una certa riluttanza il vestito.
«Ti aspetto fuori!» esclama con un sorriso dolce Killian, dandole una lieve pacca sulla spalla prima di dileguarsi per poterle lasciare la sua privacy.


Le ci è voluta una mezz'ora buona prima di decidersi ad uscire da camera sua.
Si era messa sotto la doccia e li era rimasta, appollaiata su sé stessa, vittima dei propri ricordi e pensieri.
Le manca la sua famiglia. Le mancano i discorsi privi di senso con Halta, i giochi infantili con Ace. Le mancano gli abbracci fraterni di Satch, i consigli di Izo. Le manca suo padre, con le sue sfuriate e i suoi sguardi dolci, il suono della sua voce e della sua risata.
Ma più di chiunque altro le manca Marco. Le mancano i loro momenti insieme, le occhiate furtive che si lanciavano, i loro baci pieni di passione e tenerezza.
Solo quando l'acqua fredda le carezzava la pelle e le rischiarava la mente si è resa conto che non li rivedrà mai più e, soprattutto, che adesso loro la odiano per quanto ha fatto.
È stato solo grazie a quel doloroso pensiero che si è decisa ad uscire e affrontare sua madre, facendosi condurre nella grande infermeria del castello, ritrovandosi circondata da quella che per i suoi gusti è davvero troppa gente.
Nella stanza in cui è stata condotta, infatti, c'erano pure Fenrir, Wulfric, Mimì, Kakashi, Freki e il fratello Geri, che tiene un braccio ben stretto attorno alla vita sottile del biondino.
Li ha guardati uno per uno, intimorita dai loro sguardi seri ed invasivi, cercando sempre di mantenere il controllo e un aspetto apparentemente tranquillo, inconsapevole che tutti loro sono ben coscienti del suo stato d'animo grazie al suo odore.
Dopo qualche minuto la madre l'ha presa delicatamente per mano e l'ha fatta stendere su un lettino a cui è stata saldamente legata. Si è poi seduta al suo fianco, rimanendo in completo silenzio mentre le carezzava la fronte, cosa che le ha dato un minimo di coraggio.
«Eccomi!»
I presenti si voltano svogliatamente verso Sakura, guardandola con una punta di fastidio nello sguardo. A nessuno di loro piacciono i ritardi, soprattutto quando devono fare qualcosa di importante.
«Scusate, dovevo inquadrare bene. Non è stato semplice.» afferma con un sorriso colpevole la bionda, posando con delicatezza le fiale piene di sangue nelle mani ferme e forti del compagno.
Wulfric le sorride appena, dirigendosi subito dopo verso la ragazza che lo guarda con paura crescente.
Le avvicina alle labbra una delle fiale, guardandola dritto negli occhi spaventati.
«Bevi questo.» ordina con tono fermo, mettendole una mano dietro la nuca per aiutarla a tirare su la testa, riscontrando però una notevole resistenza da parte sua.
«Cos'è?»
Prima che il Mietitore abbia il tempo di rispondere, la voce suadente e forte dell'Imperatore lo precede, facendolo un poco seccare
«Il nostro sangue.» afferma infatti Fenrir in tutta tranquillità, come se fosse una cosa ovvia e assolutamente naturale.
«Cosa?! NO!» strilla in risposta Akemi, cominciando a dimenare la testa per evitare che la fiala entri in contatto con le sue labbra.
Si era resa conto già dall'odore dolce e penetrante che era qualcosa a lei già noto, ma non aveva preso realmente in considerazione che potesse essere sangue. Tanto meno aveva pensato che potesse piacerle tanto solo dal profumo.
«Il sangue contiene i ricordi. È un modo semplice per apprendere.» afferma Fenrir, facendo qualche passo in avanti per raggiungerla, sovrastandola con la sua mole «Grazie a quelle semplici fiale e al loro prezioso contenuto, tu avrai la possibilità di sapere come sono andati gli eventi.» aggiunge subito dopo guardandola con sguardo duro ed impenetrabile.
«Forza e coraggio, una dietro l'altra.» scherza Wulfric, sforzandosi di sorridere in modo incoraggiante, senza il minimo successo. È in questi momenti che si sente un completo incapace, quando si accorge di essere assolutamente negato a compiere un gesto tanto semplice come sorridere.
«Non possiamo mischiarli? Mi risulterebbe molto più semplice farlo in una volta sola.» sospira rassegnata Akemi, guardando supplichevole la madre, che abbassa repentinamente lo sguardo con rammarico.
«I ricordi diverrebbero confusi e il tempo che impiegheresti per riordinarli sarebbe sprecato.» risponde per lei l'Imperatore, facendo così cadere nello sgomento assoluto la nipote.
Perché lei non può mettersi a bere del sangue così, dal niente. Ha quasi accettato l'idea di averlo fatto in quella notte maledetta, ma non riesce proprio ad abbracciare l'idea di farlo adesso. È contro natura, per lei.
«Ho un idea.» tutti si voltano sorpresi verso Freki, appoggiato con le spalle al muro in un angolo. Il sorrisetto furbo che gli increspa le labbra fa storcere loro la bocca, insospettendoli, ma pensano che è comunque il caso di ascoltare la sua proposta e valutarla prima di zittirlo.
«La posso sedare con un farmaco ipnotico in aggiunta ad un anestetico oppiaceo, così potremmo prevenire e bloccare eventuali reazioni negative, e dopo glieli inietto in vena.»
«Mi piace la sua idea!» esclama Akemi, sorprendendosi di sé stessa. Quel tipo le fa una paura incredibile, la costringe senza dire una parola a piegare la testa ed accucciarsi come una bambinetta: non le sembra possibile il fatto di avergli appena dato ragione e, soprattutto, di averlo guardato con riconoscenza.
«Va bene.» accetta Fenrir, facendolo avvicinare velocemente.
Freki, esperto nel campo della medicina, prepara subito la siringa contenente una massiccia dose di Propofol e di Fentanyl, per poi inserirla con sorprendente delicatezza nella vena della ragazza.
«Ora chiudi gli occhi e rilassati. I ricordi affluiranno uno dietro l'altro, così anche tu saprai.» la rincuora, sorridendole per un breve istante.
Akemi non ne ha idea, ma Freki non è solo un uomo feroce e sanguinario: sa essere dolce, protettivo e docile se non si sente minacciato o se non si tratta di un compito affidatogli dal suo creatore. Adesso, in un ambiente sereno e familiare, circondato da persone di cui si fida ciecamente, è in uno stato di assoluta serenità, e di conseguenza gli viene naturale mostrarsi protettivo anche nei suoi confronti. In fondo, è come un cucciolo per lui.
«Saremo qui quando riaprirai gli occhi, piccola mia.» mormora dolcemente Astrid un attimo prima che la figlia chiuda lentamente gli occhi. Le carezza dolcemente una mano mentre i minuti scorrono, durante il quale i presenti si sono messi comodi ad aspettare che Freki inizi l'operazione.
«Chi è il primo?» domanda il lupo, osservando le quattro fiale con incertezza. Per un istante si domanda per quale ragione Sakura abbia deciso di scrivere su ognuna di esse il nome del proprietario, ma decide di non badarci.
«Mi pare ovvio, ragazzo.» gli risponde sarcasticamente Wulfric, facendolo ringhiare sommessamente «La madre!»
 
Ho provato spesso dolore nella mia vita. Quando Fenrir mi morse e il mio corpo morì per abbracciare l'immortalità, quando venivo ferita negli scontri, quando mi picchiavo per qualche idiozia con quel deficiente di Týr... ma niente è paragonabile a questo.
È come se venissi squarciata dall'interno... non lo sopporto più!
«Astrid, stringi i denti e spingi!»
Parli facile, vero Wulfric? Tu non hai mai dovuto espellere una cosa simile dal tuo corpo! Ma ti assicuro, caro Mietitore, che non appena avrò ripreso le forze, ti ficcherò un cocomero su per il culo e poi ti dirò di stringere i denti e spingere!
«Manca poco, dai!»
Perché la fate così facile? Non è facile un cazzo, dannazione! E io non riesco più a sopportare questo dolore... poi sono stanca... troppo stanca. Non ho più la forza di spingere.
«È normale che sanguini così?» Ti ci metti pure tu, Killian?
«No.» Zitto Wulfric, per favore! Non posso farcela se fai così! Devi sostenermi, dirmi che sta andando tutto bene, che sono bravissima e che la mia creatura è sana. Devi dire a tutti che tutto il sangue che sto perdendo è una cosa normale, che mi riprenderò presto.
«Astrid, guardami...»
Sakura... perché stai per piangere? Va tutto bene, te lo assicuro. È solo un po' di sangue... un lago di sangue.
«Un'ultima spinta Astrid, ce l'hai quasi fatta.»
Respiro. Mi manca il respiro.
Týr, dove diavolo sei? Ho bisogno di te e della tua infantile stupidità. Ho bisogno che tu mi tenga la mano, che mi baci le dita e che mi dica che sono bellissima anche adesso che sono in un lago di sudore e sangue.
Spingere. Devo spingere, non pensare a te.
Ci pensi, Týr? Questo è il nostro miracolo.
Tra noi non c'è amore. C'è attrazione fisica, simpatia e rispetto, ma non amore. Devi promettermi, però, che l'amerai incondizionatamente e che gli darai tutta la tua protezione, la tua saggezza e la tua conoscenza.
«Astrid, guarda!» Wulfric, dimmi... cosa tieni tra le braccia? «È la tua bambina, Astrid: guarda quanto è bella.»
La mia bambina... la mia piccola bambina. Mi viene da piangere. Non riesco a trattenermi.
Sei incantevole amore mio, la cosa più bella che abbia mai visto, tutta imbrattata di rosso, con quei grandi occhioni che si guardano attorno curiosi. E quanti capelli che hai!
«Sakura...» riesco appena ad ansimare, attirando curiosamente anche l'attenzione della piccola «Vuoi essere la madrina della mia bambina?»
Ti sento piangere dalla gioia, mentre con lo sguardo seguo con difficoltà il fagottino bianco che viene adagiato tra le braccia di Killian.
Guarda, piccolo mio: quella è la tua nuova sorellina. Ti piace? Sono sicura che andrete d'accordo... e che la proteggerai.
«Astrid...» non credevo che ti avrei mai visto così felice, Wulfric, e neanche che tu sapessi sorridere così dolcemente «Come vuoi chiamarla?»
Come urli, piccola mia. Sei forte, anche se sei al mondo da pochi minuti. Sei già riuscita a spezzare la catenella del ciondolo di Killian. Un vero terremoto, mh?
«Lilith...»
Ricordi, Týr? Dicevi che se mai avessi avuto una figlia, l'avresti chiamata così. Dicevi che ti sembrava il nome perfetto per una Principessa. Beh, ti ho accontentato... non sei felice, mio infantilissimo Re?
«Vado a chiamare Týr. Tu riposati e non fare alcuno sforzo, chiaro? Ti porto delle sacche di sangue.»
No! Wulfric, per la Luna, non farlo! Ne abbiamo poche e sono per la piccola! Non posso nutrirmene io, sono della mia Lilith.
«Wulf...» ti fermi un secondo sul ciglio della porta e mi guardi senza capire, sbattendo più volte le palpebre e passandoti frettolosamente le mani insanguinate tra i capelli.
«Tu sei il padrino di nostra figlia.» sospiro, facendoti sorridere «Digli anche questo.»
«Mamma...» sapevo che sareste andati subito d'accordo, Killian. Guarda come sei riuscito a placarla dandole da mangiare il tuo stesso sangue! E guarda come beve... è un angioletto.
«Promettete...»
Ho freddo, sono stanca. Non riesco più a star sveglia. È solo la gioia di vedere la mia bambina viva tra le sue braccia che mi tiene in vita. Però dovete promettermi che baderete a lei nel caso qualcosa andasse male. Dovete promettermi che non correrà rischi, che quando arriveranno per noi, voi la proteggerete.
«La mia fedeltà è rivolta a Lilith Lothbrook, prima del suo nome e Principessa dei morti.»
Lo ripetete tutti, facendomi addormentare serena.
Però, Killian, non potevi trovarle un titolo migliore...?

 

«Passa alla seconda fiala.» ordina con tono fermo Astrid, osservando il volto contratto della figlia, asciugandole delicatamente la lacrima che le riga la guancia. Il cuore le si stringe in una morsa gelida e senza pensarci le stringe la mano per farle sentire la sua presenza al suo fianco.
«A chi tocca?» domanda Kakashi, guardando i presenti con curiosità.
Avrebbe partecipato molto volentieri, le avrebbe dato anche tutti i suoi ricordi, ma gli è stato impedito. Troppo giovane ed impetuoso per poter trasmettere i propri ricordi, che sarebbero risultati assai confusi.
Freki, con una calma che stona incredibilmente su di lui, inietta delicatamente del nuovo sangue nella vena della ragazza «Wulfric.»
 
Cosa diavolo ha da piangere, adesso?
Ha mangiato, è stata cambiata, lavata, ha di nuovo mangiato, ha giocato ed è stata coccolata fino all'esaurimento. Cosa cazzo ha da piangere adesso?!
Ero tanto comodo nella mia fottutissima bara, ma adesso non sopporto neanche di stare qui. Sembra quasi rimbombare qui dentro!
Altro rumore. Qualcosa che si rompe. Ti sei mosso, Týr?
Beh, a questo punto, tanto vale farti compagnia. Ti assicuro, comunque, che me la pagherai cara! Sai benissimo che ho bisogno delle mie ore di riposo quotidiane, quindi risponderai tu per il casino che fa tua figlia.
«Luce dei miei occhi, brilla su di me. Voglio mille Lune, per accarezzarti. Pendo dai tuoi sogni, veglio su di te. Non svegliarti, non svegliarti ancora...»
Da quando canti così, Týr? Da quando guardi qualcuno con tanto amore? È vero, mi hai sempre trattato come un fratello, mi hai amato come solo tu sai fare, ma non mi hai mai guardato così. Neanche Fenrir lo hai mai guardato a questo modo.
«Non dirlo a nessuno.» ordini senza voltarti, continuando a cullare tra le braccia il piccolo demone urlante finalmente assopito.
«Hai paura che non ti prendano più sul serio se venissero a sapere che sei capace di amare?»
«Ho una reputazione da mantenere, Wulf.»
Mi mancava il tuo sorriso. E sono sicuro di non averlo mai visto così luminoso, così vivo.
Sei capace di compiere miracoli, piccola creaturina. Complimenti.
«Non trovi che sia meravigliosa?»
Annuisco, senza dirti che ti assomiglia da morire. Cominceresti a vantarti fino allo stremo, diventando oltremodo insopportabile. Però hai ragione: è meravigliosa.
«Wulf.»
Hai messo la piccola nella culla che tu stesso hai costruito, rimboccandole le coperte. È incredibile... la ami davvero.
«Sappiamo entrambi che stanno arrivando. È questione di giorni ormai.» sei serio, troppo serio. Dimmi che vuoi spostarti, che ce ne andremo al sorgere del Sole, ti prego. «Astrid non deve essere mossa, è troppo debole. Munnin è rimasto all'isola e ora non farebbe in tempo a volare qui e poi tornare indietro col messaggio.»
«Piazziamo un'altra linea difensiva. Entro l'alba sarà pronta.»
«No. È inutile, lo sai.» non fare quella faccia afflitta, brutto stronzo! Hai idea di quanto mi faccia male quello che mi stai chiedendo?!
«Týr, dannazione, è una pazzia! Non ho alcuna intenzione di lasciarti da solo!»
Sorridi. Perché sorridi? Non c'è niente di divertente in questa situazione. E smettila di guardare Lilith! Non le succederà niente, non adesso! Ci siamo solo noi due in questa stanza, il perimetro è pattugliato! Guarda me, concentrati e dammi una fottuta risposta convincente!
«Sei l'unico in grado di arrivare ad Helheim alla svelta.»
Colpito ed affondato. Sapevo che lo avresti detto. Cominci ad essere prevedibile, vecchio mio.
«Hai bisogno di me qui, lo sai.»
«Pensi che sia tanto stupido da non sapere che ho bisogno di te per continuare a vivere? Beh, mi spiace, ma devo contraddirti: sono pienamente consapevole che allontanandoti morirò. Ma è un prezzo che sono disposto a pagare per lei.»
Non voglio ascoltarti. Non voglio ubbidire, non questa volta. Non posso lasciarti solo! Non posso lasciare te, Astrid e Sakura! Non voglio che la mia compagna muoia. Non posso perderla, non lei.
«Týr...» non ti ho mai supplicato in tutti questi millenni, ma adesso non posso trattenermi. Hai avuto tantissime idee del cazzo, ma questa le batte tutte, dalla prima all'ultima.
«Wulfric... c'è in ballo la vita di mia figlia.» questa è la prima volta che ti sento supplicare.
Da quando siamo diventati così sentimentali? Da quando ci importa della vita degli altri? Abbiamo sempre pensato a conquistare, nutrirci, divertirci... e adesso siamo schiavi dell'amore che nutriamo nei confronti di due creature dannate.
Lo devo ammettere: questo è buffo.
«Ti prego, esegui questo mio ultimo ordine: va' da mio fratello, avvertilo della situazione... e promettimi che la proteggerai quando non ci sarò più.»
Sei un cane bastardo, lo sai? Sei la feccia della feccia, una piaga per l'umanità! E io sarei disposto a morire nei modi più atroci che si possono concepire pur di salvarti il culo. E tu lo sai, vero? Lo sai e te ne approfitti. Ma non mi vedrai piangere. Morirò dentro, silenziosamente, ma non mi piegherò.
«Le ho giurato fedeltà assoluta nel momento esatto in cui mi hai annunciato del suo concepimento. Farò tutto quello che è in mio potere e anche di più perché sia al sicuro.»
Mi abbracci forte, immergendo il tuo viso dolce nei miei capelli. So bene che stai sorridendo, stronzetto. Sei sempre stato un buffone, non prendi niente sul serio, neanche questa guerra. Dì la verità: sei convinto di vincere, vero? Pazzo psicolabile...
Ti stacco velocemente e apro la finestra, pronto ad andarmene. Dovrai dirlo tu a Sakura. Lei non mi lascerebbe mai partire, non da solo, e tu hai bisogno della sua forza per resistere.
«Ci rivedremo, amico mio...»
Ci conto, fratello. Ci conto sul serio.

 
«Adesso facciamo sul serio...» mormora Freki, tenendo stretta in mano la fiala con i ricordi di Sakura.
I presenti si irrigidiscono, consapevoli di cosa stanno per mostrarle. Vorrebbero evitarlo, preferirebbero che rimanesse all'oscuro degli eventi accaduti quell'orribile mattina, ma sanno di non poterlo fare. Le hanno promesso risposte, le hanno promesso la verità, e nessuno di loro è il tipo che si rimangia la parola.
Astrid, sempre al fianco della figlia, si trattiene dal piangere. Ha visto anche lei quegli eventi, ha sentito le emozioni dell'amica... lo ha visto morire. Ha visto quel maledetto palo trafiggergli il cuore, lo ha visto cadere con il sorriso sulle labbra. Ha visto l'assassino mascherato scappare quando la situazione si è drasticamente ribaltata. Lo ha visto malgrado non ci fosse. E davvero vorrebbe evitarglielo. Vorrebbe evitarle di vedere il padre morire di nuovo, vorrebbe evitare di farle vedere quelle ombre che tanto l'hanno spaventata diventare reali, prendere dei volti e muoversi come realmente hanno fatto.
«Astrid, te lo giuro: ci sono solo quei due momenti.» la rassicura la bionda, mentre Wulfric le stringe piano le braccia attorno ai fianchi.
La situazione tra loro due si è tesa parecchio negli ultimi tempi, potrebbero non riprendersi più e lo sanno, e per questo il grande Mietitore sta provando a mostrarsi di nuovo dolce e protettivo nei suoi confronti, anche se gli riesce difficile. Ha perso il suo migliore amico, suo fratello, e non avendo esternato alcuna emozione come gli altri, ne sta risentendo molto di più.
Killian ha rovesciato un'isola, Fenrir si è rianimato con la vendetta, tutti hanno fatto qualcosa per esternare quel dolore così ingombrante, eccetto lui. Si era ripromesso di non piegarsi, ma quel peso sta diventando sempre più insostenibile. 'Ci penserò più tardi. Adesso tocca alla ragazza.'
Fenrir va alla finestra, fissando l'esterno.
Vede i vari abitanti che aspettano un qualsiasi segno, e lui gli sorride appena, facendoli rilassare un poco. Ogni volta rimane sorpreso dal loro amore, dalla loro fiducia incondizionata. Non ha mai voluto il potere, non voleva assolutamente diventare un regnante, ma loro lo hanno eletto il capo quasi con la forza, motivo per cui adesso li protegge con tutte le proprie forze.
Killian lo affianca, senza però toccarlo. Non vuole disturbarlo, non vuole deconcentrarlo.
Sorprendentemente, poi, è proprio Fenrir a mettergli un braccio attorno alle spalle e a stringerlo. È consapevole del legame che il ragazzo aveva con il fratello, e di conseguenza è consapevole del dolore che ha provato.
Si volta piano verso Freki, il suo fidato braccio destro, e piano annuisce, facendolo sospirare.
Perché per quanto sia sadico Freki, per quanto gli sia indifferente la ragazza che tutti stanno accudendo, è dispiaciuto per lei. Nessuno dovrebbe mai vedere cose simili.
«Tieni duro...» mormora prima di iniettare la nuova fiala, sfiorandole appena il dorso della mano pallida con la punta delle dita «Siamo qui.»
 
Caos.
Sangue.
Il cielo si è appena rischiarato. Tira vento. Alza la polvere di questa spiaggia dannata.
Tutti combattono, usando ogni arma a loro disposizione: zanne, artigli, frecce d'argento, veleni. Ci vogliono morti, tutti quanti. Ma perché? Perché è nata una bambina? Mi fate schifo. Mi fate davvero schifo.
Mi alzo da terra, muovendomi come in sogno, al rallentatore. Vorrei sprofondare sotto terra, raggiungere all'Inferno le anime dannate dei compagni caduti.
Siamo rimasti in pochi a sostenere i nostri Signori, e siamo quasi tutti morti. Rimaniamo io, Arista, Momoko, Genma, Mimì e Hidan.
Giro, guardo e mi chiedo: come possono tradirli così? Sono i loro Creatori, coloro che gli hanno donato la vita eterna, strappandoli dalla miseria in cui vivevano. Come possono tradirli così? Come possono voltare loro le spalle e combatterli? Come possono voler davvero uccidere una bambina innocente?
Ruoto su me stessa talmente alla svelta che potrei sollevarmi da terra. Invece mi tengo con gli anfibi attaccati al suolo. Con il tallone colpisco in pieno volto un cacciatore, senza però riuscire ad evitare la lama d'argento del suo pugnale che mi taglia la coscia. E brucia. Dio se brucia.
Non mi rendo neanche conto del movimento che ho fatto, ma adesso sono in groppa ad un enorme lupo nemico. Vuole uccidere Genma. È troppo giovane per potersi difendere da solo e io non voglio vederlo morire.
Sono su di lui. E lui sta su Genma. Tutti gridano in questo caos, nessuno bada a noi. Non ci capisco un accidente.
Lo tiro via con forza, forse l'ultima che mi rimane, e poi gli dilanio la gola, affondando gli artigli nella pancia e facendogli fuoriuscire le budella.
Qualcuno mi afferra per la spalla, rigirandomi, e di slancio lo colpisco col gomito. Sotto il mento. E lui incassa. Incassa e reagisce, tirandomi un pugno micidiale, che mi fa saltare un dente.
Non posso perdere. Non morirò, non prima di averlo rivisto, non prima di avergli detto che lo amo più della mia stessa vita e che morirò felicemente vedendo il suo sorriso.
Tiro su le ginocchia e, dopo aver sferrato il colpo, sento il rumore secco dello sterno rotto, delle costole fracassate. Gli infilo velocemente le mani sotto alla felpa verde e gli squarcio il petto, cercando avidamente il suo fottuto cuore ancora palpitante. E lui urla disperato, venendo però ignorato dai compagni.
Mi rialzo, mi guardo attorno.
Hidan è nei guai, gli hanno staccato il braccio. Mimì lo sta difendendo, ma è troppo ferita. Le basta un ultimo colpo, e il sottile filo che la tiene in vita si spezzerà.
Devo intervenire, devo salvarla.
Týr, cosa fai? Pensa ai pezzi grossi, possiamo difenderci da soli. Sei stato un padre meraviglioso, malgrado tu non voglia ammetterlo: ci hai voluto bene, ci hai insegnato a combattere e a difenderci da soli, a saper stare sulle nostre gambe e morire con onore.
Un altro mi è addosso. Riesco a tenere le sue puzzolenti fauci bavose lontane dalla mia faccia, Genma me lo toglie di dosso. Dopo lo ringrazierò, se sarò ancora viva.
«NOOO
Arista? Arista, che è successo?
Oh mio Dio...
Týr... Týr, dimmi che scherzi. Dimmi che è uno dei tuoi finti suicidi dove ci fai spaventare tutti e poi scoppi a ridere, ti prego. Dimmi che quella picca d'argento non è conficcata nel tuo cuore. Dimmi che non ti sei fatto fregare.
Forza, Týr! Sorridi e dimmi che anche questa volta la sfangheremo! Noi la sfanghiamo sempre, vero?
«PUTTANA!»
Un colpo al fianco. L'argento che mangia i tessuti. Fa male, troppo male.
Alzo lo sguardo per vederlo.
Lui, il mio Signore, mio padre, è steso a terra. Il sangue aumenta, il suo corpo non si muove e la battaglia pare fermarsi per un secondo. Perché sono fermi?
«Sono qui, sorella...»
Kakashi? Kakashi, tu sei sull'isola. Il mio spirito ha voluto salutarti, fratellino? No, ti prego, non piangere. Sarai felice, fratellino. Geri si prenderà cura di te, ti proteggerà e ti renderà felice.
Questo ringhio... riconosco questo ringhio. Non credevo che saresti arrivato in tempo, Fenrir. E mi dispiace... mi dispiace da morire per tuo fratello. Devi essere forte, Imperatore. Devi essere forte e difendere tua nipote.
Le palpebre si fanno sempre più pesanti, non riesco a stare sveglia.
«Non morire!»
Non sai quanto ti voglio bene, Kakashi. Non hai idea di quanto sei importante per me.
Qualcuno mi afferra forte per le spalle e mi poggia da qualche parte. Non vedo più il Sole... dove sono? È morbido...
«Dormi, amore mio.»
Wulfric? Mi stai davvero offrendo la tua bara? Dio, Wulf... non hai idea di quanto ti amo.
Ma adesso corri: prendi Fenrir, nostro Sovrano, e salva la piccola.
Ti prego... salvala.


Akemi si è inconsciamente agitata alla vista di tutta quella disperazione, di quelle morti causate semplicemente dalla sua nascita. Si è sentita morire dentro, e il suo corpo ha cominciato a dimenarsi, tanto da costringere Killian e Kakashi a bloccarla per evitare il peggio. Freki, invece, le ha iniettato un'altra generosa dose di tranquillanti per poter lavorare serenamente, facendo innervosire a dir poco Astrid.
«Non è meglio evitarglielo? Ha già visto la morte del padre, dubito che sopporterebbe anche l'abbandono della madre.» afferma nervosamente Kakashi mentre si separa controvoglia da quella che ormai considera una buona amica.
«Era per il suo bene!» strilla Astrid, scattando in piedi come una molla e snudando le zanne al giovane vampiro per spaventarlo, senza però ottenere alcun risultato.
«Questo non cambia che per lei sarà un colpo davvero duro.» risponde infatti il ragazzo, incrociando le braccia al petto con fare irrispettoso.
Geri, ben consapevole della forza e, soprattutto, del caratteraccio della donna, s'intromette e lo porta da un lato, tenendogli le braccia ben strette attorno alla vita.
«Si riprenderà.» afferma duramente Fenrir, fermo al fianco della nipote «Procedi.» ordina subito dopo, guardando Freki nei suoi grandi occhi smeraldini.
«Agli ordini...» risponde con un filo di voce il lupo, cominciando ad iniettarle lentamente il sangue di Killian.
 
Non reggerò ancora a lungo, mamma. So che conti su di me, che tutti gli altri contano su di me, ma non riesco quasi più a muovermi.
Sono stato morso troppe volte, sono stato graffiato. Non so per quale benedizione divina riesco ancora a muovermi, per quale ragione i miei organi non sono ancora collassati per colpa della tossina che rilasciano quei succhia sangue, ma sono comunque troppo debole.
Riesco a respingerli per pure fortuna, aiutato dall'angusta entrata di queste segrete. Visto che sono servite a qualcosa? Tu ne dubitavi quando feci costruire questa casa. Dicevi che erano inutili, che avrebbero solamente accumulato polvere e sarebbero diventate la perfetta dimora di insetti e roditori.
Avevi torto, vedi? Queste segrete sono l'unica cosa che ci tengono ancora in vita. Loro, e la mia determinazione a vedervi ancora vive.
La piccola Lilith non smette di piangere neanche per un istante. È spaventata da tutto questo rumore, sente il nostro odore diverso e i nostri cuori galoppare per la paura. Poi soffre. Tu sai bene quanto faccia male l'incisione di una runa sulla pelle, pure i più duri guaiscono quando gli vengono fatte. Pensa cosa può provare una bambina così piccola. So che lo fai per lei, che serviranno a renderla forte e capace di difendersi da sola, ma davvero non so come riesci a sopportare le sue urla di dolore.
Io, per esempio, non riesco a sopportare neanche i tuoi singhiozzi. So che ti è impossibile trattenere le lacrime, ma ti scongiuro: non farmelo sentire. Come posso combattere se tu piangi? Tu sei la mia roccia, Astrid.
Se potessi parlarti, ti direi di muoverti. Non posso più trattenerli e sento che stanno arrivando in maniera massiccia.
Qualcosa è andato storto, ne sono sicuro. Come fanno ad avvicinarsi così velocemente con gli altri a fare da muro? Týr, ti prego, resisti.
«La mia bambina...» mormori, singhiozzando.
Stai esaurendo le energie, lo sento. La tua forza vitale sta sparendo, e io non posso permettere che tu muoia.
Resisti un altro po', ti scongiuro. Resisti per Lilith, per Fenrir... resisti per me.
Con la coda dell'occhio vedo che stai mettendo la cesta incatramata nella piccola insenatura sotterranea che porta al mare. Sapevo che prima o poi sarebbe risultata utile, ma non avrei mai immaginato che sarebbe successa una tragedia simile.
Vedo anche che stai posizionando le mani su di lei in modo strano. Una piccola luce chiara e brillante si sprigiona dalle tue dita per completare l'incantesimo che vuoi scagliare.
«Prima di lasciarti andare, mia piccola gemma, voglio augurarti di saperti sempre ravvedere da chi ha il male nel cuore. Voglio augurarti una vita piena di amore. Un uomo degno e dal cuore d'oro ti salverà dal male che ti circonda e ti proteggerà. Perché tu non hai colpe, mio dolce diamante nero. Tu non hai fatto niente di sbagliato. Se ci sono dei colpevoli, siamo noi.»
La distrazione per poco non mi risulta fatale.
Un vampiro è riuscito a graffiarmi sul petto, all'altezza del cuore. Se non mi fossi sottratto in tempo, a quest'ora avrebbe il mio cuore tra le mani e tu saresti spacciata.
Con le ultime forze che mi rimangono riesco a respingerlo, a staccargli la testa, e poi, insieme a te, cado a terra.
Volto un poco il muso, la piccola non c'è più. Tu stai a terra, a malapena respiri. Perdi sangue dal naso, il tuo cuore batte sempre più debolmente.
Stanno arrivando, li sento. Ormai ci dividono più pochi metri, e io non sono neanche capace di mantenere la forma di lupo.
Le ossa tornano alla loro forma originale, la pelliccia cade, facendo così tornare la mia pelle chiara, facendomi sentire il freddo di questo posto umido.
Vedo le loro ombre.
È buffo: mi chiamano il Titano, sono stato addestrato dai migliori lupi in circolazione, eppure non riesco a proteggerti. L'unica cosa che mi solleva un poco, è il fatto che tua figlia a quest'ora sarà già in mare aperto, al sicuro da tutto questo male. Spero solo che l'uomo a cui l'hai indirizzata sia all'altezza del compito.
«Li ho trovati!»
Spero di trovarti all'Inferno, mamma. Non sopporto neanche l'idea di doverci trascorrere l'eternità senza di te...
«Ecco il cucciolo della Strega.» questo fottuto succhia sangue mi solleva da terra tenendomi per il collo, mentre altri ci accerchiano.
È la fine, ma non riesco a smettere di ringhiare minacciosamente, rendendomi ridicolo negli ultimi istanti di vita che mi rimangono.
«Io penso alla puttana...» non toccarla, no!
Un odore familiare mi arriva alle narici, e insieme a lui il rimbombare furioso di un ringhio gutturale. Forte, sempre più forte. Odore di neve, di pini e salmastro, adesso mischiato al forte odore di lupo feroce e legno bruciato. Un odore unico ed inconfondibile, capace di far tremare.
Il vampiro che mi tiene per il collo sgrana un poco gli occhi prima che tu lo decapiti, e nell'angusta stanza scoppia il caos.
Riesco solo a vedere le figure enormi e feroci di Freki e Freya spuntare alle tue spalle prima che tutto diventi buio.
Mamma, sei salva.


«Svegliatela.» ordina con tono duro la Regina, ferma al fianco dell'amata figlia.
Il cuore le sanguina all'idea che adesso sappia ogni cosa, che abbia visto il suo imperdonabile gesto, ma dentro sa bene quanto fosse necessario. A parole non avrebbe avuto lo stesso effetto, non avrebbe capito realmente.
«La porto nella sua stanza. Si sveglierà lì.» afferma Fenrir, afferrando per un polso Freki, che era sul punto di iniettarle un eccitante per farla uscire dallo stato semicomatoso in cui l'ha messa.
Tutti gli occhi si posano sull'Imperatore, che con delicatezza sta sollevando dal lettino la ragazza. La tiene stretta a sé, infondendole così il suo calore e rassicurandola con il suo battito regolare e il suo profumo inebriante e protettivo.
Astrid e Freki, che meglio conoscono l'uomo, capiscono che le vuole parlare mentre è nel dormiveglia, lontano da tutti per potersi lasciare andare, e subito gli fanno largo per farlo uscire, ordinando agli altri di dileguarsi e di non farsi sentire dalla ragazza almeno fino al giorno successivo.
Nel frattempo, Fenrir continua a percorrere con passo moderato i corridoi della sua suntuosa dimora con la ragazza priva di sensi tra le braccia. Abbassa lo sguardo per osservare il suo volto rigato dalle lacrime precedentemente versate. La guarda e rivede l'adorato fratellino, e i ricordi scorrono come un fiume in piena nella sua mente.
Si ricorda della volta in cui rase al suolo un intero villaggio perché nella sua stanza d'albergo c'erano dei fiori lilla e a lui non piacevano. O della volta in cui diede fuoco ad un asilo pieno di bambini perché non riusciva a sopportare le loro urla giocose. O ancora delle volte in cui si calava nei panni di rinomati psichiatri e torturava i vari pazienti perché semplicemente lo divertiva.
Ricorda tutte le sue follie, le sue manie da pazzo egocentrico, le sue espressioni da cucciolo colpevole per poterla passare liscia.
Ricorda i loro momenti di tranquillità, le loro liti scatenate da sciocchezze, le botte che gli dava per farlo rigare dritto.
Ricorda quando i loro amici e compagni fedeli gli dicevano, col sorriso sulle labbra, che erano come “cane e gatto ma con lo stesso modo di camminare”. Týr rideva tanto a quella sciocca battuta, alzando il calice e ringraziando a gran voce i genitore defunti da secoli, affermando convinto che una volta può essere fortuna, mentre la seconda no.
Se lo ricorda e il cuore si stringe dolorosamente in una morsa di ghiaccio.
«Quando tornai sulla spiaggia, la guerra ormai era conclusa.» afferma con un filo di voce, fissando un punto imprecisato davanti a sé pur di fermare quei ricordi tanto dolorosi.
Arriva finalmente alla camera dalla ragazza e a fatica apre la porta, per poi adagiarla delicatamente sul letto e coprirla con le lenzuola sfatte. Sente nitidamente l'odore di Killian impregnare le stoffe pregiate, e un sorriso riconoscente gli piega gli angoli della bocca sottile.
Chiude poi la porta senza far rumore e poi si siede di fianco alla ragazza. Le sposta delicatamente un ciuffo di capelli ribelli dal viso, per poi ritrarre velocemente la mano e spostare lo sguardo verso il comodino, fissando con insistenza i girasoli che Geri aveva messo quando preparavano la stanza.
«C'erano tante pire, tanti fuochi... Kakashi urlava come un disperato sul corpo di tuo padre, strappandosi i capelli e graffiandosi la pelle per il dolore. Geri, al suo fianco, ha dovuto fargli perdere i sensi per impedirgli di compiere gesti estremi. Wulfric corse da Killian e lo prese tra le braccia, mormorandogli non so cosa nelle orecchie per calmare il suo pianto disperato.» racconta con un filo di voce, stringendo con forza i pugni «Piangevano tutti...»
Il dolore provato in quei momenti torna vivido nel suo cuore, facendogli ricordare nuovamente gli eventi di quella tragica mattina.
Ricorda perfettamente il momento in cui salvò Astrid e Killian dal freddo abbraccio della morte, uccidendo senza pietà gli infedeli che li avevano traditi spudoratamente.
Ricorda Freki, accucciato in un angolo a leccarsi le ferite, mentre guaiva senza sosta per il dolore che stava provando. Teneva il muso chino, nascosto tra le possenti zampe, e poco dopo Silly era andata da lui, guaendo a sua volta mentre si nascondeva sotto la sua imponente mole. Non erano mai andati d'accordo, ma quel momento di dolore li aveva sorprendentemente uniti, tanto da farli sdraiare fianco a fianco e condividere la sofferenza che li piegava.
Ricorda Astrid priva di sensi tra le sue braccia, il suo cuore che quasi non batteva più. Ogni cellula del suo corpo urlava con atroce chiarezza il dolore che la stava distruggendo, e lui non poteva far altro che stringerla tra le braccia e dirle nella loro antica lingua che sarebbe andato tutto per il meglio.
Ricorda il corpo del fratello steso sulla sabbia, le labbra piegate in un sorriso privo di rimorsi. In quel preciso istante i ricordi di loro due da piccoli diventarono dolorosamente insopportabili, tanto da farlo cadere in ginocchio in lacrime. Ricordava della prima volta che lo portò a caccia, delle notti che passava sveglio perché il piccolo e indisciplinato Týr voleva giocare, di quando andò in guerra la prima volta e il bambino piangeva disperato; quando poi tornò a casa senza un occhio, in fin di vita, il bambino non faceva altro che preparargli infusi per farlo star bene.
Si erano sempre amati, malgrado le continue e sciocche dispute. Si amavano quando combattevano, quando festeggiavano, quando erano in pace sdraiati sui prati a guardare le stelle, quando scherzavano davanti ad una nuova alba.
«Týr è stato seppellito ai piedi di una quercia come desiderava da tempo. La piantammo noi moltissimi anni prima che l'isola diventasse di Killian, e per qualche ragione ci era affezionato. Fu l'unico a non essere bruciato...» afferma con il cuore infranto, passandosi le mani sul volto stanco, mentre accanto a lui la ragazza si muove appena, raggomitolandosi attorno al suo fianco.
Si volta a guardarla, notando con gioia la sua espressione rilassata, la stessa che Týr aveva quando dormiva con lui. Perché Týr era un bambinone, un cucciolo che aveva bisogno di amore e protezione. Protezione che non è stato in grado di dargli malgrado i suoi sforzi.
«Tutti quanti ti hanno giurato fedeltà non appena abbiamo fatto ritorno. Hanno giurato col proprio sangue, ed è per questo che adesso ti chiedo di fidarti di loro e di lasciarti guidare nel tuo cammino.» mormora sfiorandole uno zigomo con la punta delle dita, mentre una lacrima gli riga la guancia.
Non farà gli stessi errori, non con lei. La proteggerà ad ogni costo, la vizierà come avrebbe fatto il fratello, la amerà con il suo stesso ardore. Le darà la vita che merita, offrendole il mondo intero.
«Mi ricordi tanto mio fratello, Lilith. Non hai idea di quanto mi manca.» si piega con una certa goffaggine e indecisione su di lei, baciandole piano la fronte.
Poi semplicemente si alza e si dirige verso la porta, il cuore ricolmo di una nuova speranza, contagiato dall'amore incondizionato che i genitori provano per lei.
Si volta un ultimo istante prima di andarsene, guardandola con fierezza «Buon riposo, piccola. E ricorda: sei a casa adesso
 
 

Angolo dell'autrice:
Siete autorizzati a lanciarmi addosso qualsiasi oggetto vi venga in mente. Me lo merito.
Volevo creare qualcosa di triste, quasi strappalacrime, con qualche battuta per smorzare il tutto, ma è venuto fuori solo un abominio.
Ho scritto, tagliato, riscritto, modificato, aggiunto e tolto... le ho provate tutte, e questo è il massimo risultato. Imploro il vostro perdono! >.<
Però -c'è un però- spero che abbiate apprezzato la new entry: Silly Silva!
Quella dolce fanciulla è stata partorita dalla mente di Yellow Canadair, che ormai considero come una mia collaboratrice xD Se non avete mai letto le sue storie, vi consiglio vivamente di farlo! :D
Spero tanto che ti sia piaciuta! Sai che ci tengo a muoverla come vuoi te :3
(Tra le altre cose, Silly è questa dolce ragazza dagli occhi furbetti, disegnata per noi dalla sua formidabile creatrice: http://it.tinypic.com/r/10h7hip/8 )
 
Nel prossimo capitolo Akemi non apparirà. Rivedremo infatti la ciurma che tanto amiamo! :D E non solo, una simpatica vampira e una dolce lupa andranno a far loro visita, portando non poco scompiglio.
Vi dico da subito che per i toni di nuovo calmi e quasi cominci bisognerà aspettare qualche capitolo :(
So che vi sto spallando e che presto non mi seguirà più nessuno, ma ormai ho deciso di farla al meglio e di conseguenza viene lunga. Chiedo di nuovo perdono!
 
In una “vecchia” recensione KuRaMa faN mi ha chiesto un'immagine di Akemi in versione demoniaca... beh, ci ho provato, e questo è il risultato: http://it.tinypic.com/r/2yy44dy/8
Mentre Law_Death mi ha chiesto di disegnare Týr. Beh, è stato difficilissimo, è orrendo, però un poco penso di esserci riuscita... quanto meno ci ho provato! :/
Quindi, eccoti Týr con la sua adorabile pargoletta: http://it.tinypic.com/r/330fu5z/8

Un grazie IMMENSO a Lucyvanplet93, KuRaMa faN, Chie_Haruka, Monkey_D_Alyce, Keyra Hanako D Hono, Law_Death, Aliaaara, Okami D Anima, Yellow Canadair e ankoku che hanno avuto la pazienza di seguire e recensiere questa storia. Senza di voi, giuro, non troverei più la forza per scrivere :3
Siete dei tesori! ♥
 
Adesso vi lascio allo special, dove si scoprirà perché Peter vuole a tutti i costi Akemi. Può sembrare che voglia solo ucciderla, ma la verità è un po' più delicata, diciamo.
Spero che possa piacervi!
A presto, un bacione
Kiki ♥


 
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Osserva con distacco la città avvolta tra le fiamme, pensando ai fatti propri.
L'odore nitido dei corpi carbonizzati e del sangue fresco gli arriva dolcemente alle narici, come la più tenera delle carezze, ma non si lascia abbindolare. Perché lui non è come quel branco di selvaggi esaltati dalla loro nuova natura, non prova piacere a distruggere le vite di coloro che valgono meno di niente.
A lui piace la caccia vera, quando bracchi una preda ben specifica, la fai cadere nel panico perché si accorge di essere con le spalle al muro. Si diverte a sentire le sue suppliche, a vedere le sue lacrime infrangersi al suolo. Lo inebria l'odore del terrore che la sua sola presenza emana. E solo dopo che ha giocato con la vittima, conducendola alla follia, la finisce e se ne nutre.
Ma adesso, dopo una sconfitta tanto schiacciante, neanche quel dolce passatempo potrebbe risollevargli il morale. Non ci sono riuscite tre incantevoli lupe, figuriamoci un semplice omicidio. Neanche ammazzare un bambino sotto lo sguardo impotente dei genitori lo risolleverebbe.
Sente i passi pesanti del capo dei Dragoni dietro di sé, ma non si volta neanche. Perché mai dovrebbe? Lui è Peter Bàthory, colui che diverrà l'Imperatore degli immortali, colui che, grazie alla creatura che quel folle di Týr ha creato, potrà creare una razza pura ed incontrastabile. Certo, convincere la dolce fanciulla a concedersi a lui, a donargli dozzine di figli forti, sarà parecchio complicato. Oddio, stuprarla e costringerla a tenere i nascituri non sarà assolutamente un problema, tanto andrebbe tutto a suo favore: piacere, una stirpe forte e la creatura umiliata. Se non si volesse arrivare a tanto, come gli è stato suggerito, basterebbe solo trovare il tasto giusto e lei correrebbe tra le sue braccia.
«Mio Signore...» il capo della confraternita è un uomo muscoloso e molto alto, che rasenta i tre metri. Veste con abiti pregiati, che riprendono in ogni sfumatura il verde e l'argento. Al collo porta appeso il loro medaglione, raffigurante un serpente che si avvolge su di una croce e si mangia la coda.
«Spero vivamente che tu porti buone notizie.» soffia senza voltarsi Peter, tamburellando con le dita sottili ma letali sul legno duro della loro imbarcazione.
È disgustato dall'idea di dover passare del tempo su una nave simile, così lontana dai suoi standard, ma deve accontentarsi se vuole raggiungere i propri scopi.
«Non esattamente, mio Signore...» biascica l'uomo, mentre dietro di lui c'è la moglie tremante e i cinque figli maschi, tutti esperti combattenti «Stiamo riscontrando molti problemi con le armature che ci avete detto di assemblare e-»
Peter lo interrompe maleducatamente, non sorprendendosi nel sentire la rabbia dei giovani Dragoni aumentare ad ogni secondo «Non mi sorprende, in realtà. Nessuno al mondo possiede l'intelligenza di Wulfric.» si volta per guardarlo finalmente in faccia, sorridendo sghembo «L'altro problema?»
«I vostri... figli, Signore.» ha paura, Giorgio, come mai ne ha avuta fino a quel momento. La sua famiglia combatte quelle creature da sempre, sa quali sono da tenere alla larga, e Peter è uno di quelli: un lupo esiliato per dei peccati impensabili per quelli come loro, vissuto come un reietto per anni senza farsi notare da nessuno, e poi di nuovo pieno di forza e rabbia, tanta da poter ribaltare i sottili equilibri del mondo.
«Sono, ecco... instabili, diciamo. Non riusciamo a controllarli e i loro attacchi sono sempre più frequenti. Le basti vedere cos'hanno fatto a questa città, Signore.»
«Voi non dovete controllarli. Non ne avete alcun diritto.» ringhia irritato il lupo, mentre i suoi capelli si drizzano verso il cielo, sfidando apertamente la gravità.
«Ma Signore-»
«Facciamo un accordo: io ordinerò ai miei figli di calmarsi, anche di aiutarvi...» non importa niente a Peter delle sue lamentele. È felice che sia venuto da lui con tutto il seguito, così potrà togliersi due problemi in un colpo solo «E tu in cambio mi donerai il tuo primogenito.»
«COSA?!» urla l'uomo, che di colpo ha ritrovato tutto il suo odio nei suoi confronti.
Sguaina la spada, pronto al duello, ma viene bloccato tempestivamente dalla moglie piangente, che gli si aggrappa al braccio, supplicandolo a bassa voce di ragionare.
«HAI IDEA DI CHI SONO IO?!» sbotta Peter, furioso.
Gli sbalzi di umore con lui sono sempre stati frequenti e piuttosto violenti, e nessuno dei presenti ci ha davvero fatto l'abitudine.
«Mio Signore, la prego, la scongiuro, perdoni mio marito! Non voleva mancarle di rispetto...» lo supplica in ginocchio la donna, mentre il figlio maggiore tiene le mani poggiate sulle sue spalle per calmarla.
Quando poi, erroneamente, alza i suoi grandi e vivaci occhi vermigli sul lupo, vorrebbe semplicemente scomparire.
«È gracile per essere un Dragone...» commenta il lupo, squadrandolo attentamente.
«È stato assegnato alla divisione tiratori scelti, Signore. Dai tiratori pretendiamo che siano veloci ed agili, e renderli molto snelli li aiuta.» risponde col tono più neutro che riesce a trovare l'uomo, mentre dentro si sente morire.
Guarda sui figlio con le lacrime agli occhi, ma capisce dallo sguardo che l'altro gli rimanda che non ha paura, per niente. È curioso di sapere cosa vuole da lui, fiero di aver salvato la vita dei propri compagni.
«Seguimi.» ordina Peter, e il ragazzo scatta in piedi velocemente e lo segue sottocoperta, sobbalzando appena quando la porta viene chiusa alle sue spalle «Come ti chiami?»
«Týrion Bennington» risponde educatamente, mantenendo sempre il tono della voce fermo.
Peter gli gira attorno per esaminarlo, finché, con l'artiglio del dito indice, gli graffia il collo, per poi esaminarne il sangue. La sua espressione si apre in un sorriso vittorioso che fa rabbrividire il ragazzo, ancor di più quando l'immortale si volta per guardarlo dritto nei suoi occhi vermigli.
Si è sempre vergognato dei suo aspetto, Týrion. Gli altri bambini lo prendevano in giro perché lui è albino, perché è diverso dagli altri, non può giocare al sole sennò la sua pelle delicata ne risentirebbe.
Negli ultimi anni, facendosi notare sul campo di battaglia, quelle prese in giro sono svanire, ma di fronte agli occhi penetranti e crudeli di Peter, gli torna prepotentemente in mente quanto il suo aspetto esteriore lo imbarazzi.
«Quanti anni hai, Týrion?» gli domanda cordialmente Peter, per poter fare un minimo di conversazione con un essere che non gli sembra un completo imbecille. Ed è stato il sangue che ha assaggiato a dirglielo, a rivelargli il suo potenziale.
«Ventitré, Signore.»
«Avevo un anno meno di te, prima di incontrare l'uomo che mi ha donato l'immortalità.» farfuglia il Flagello, osservando distrattamente delle carte sparse nella propria stanza «Tu la vorresti?»
«No, Signore. Preferisco vivere il mio tempo e andarmene quando giungerà la mia ora.» risponde sicuro il ragazzo, sentendosi incredibilmente indifeso quando l'altro si sfila la mantella di dosso e mette in mostra il corpo forgiato da mille e più battaglie.
«Ahhh, voi Dragoni: vi inculcano nella mente un sacco di stronzate sin da bambini per educarvi.» afferma ridacchiando Peter, voltandosi finalmente verso di lui «Immagino che adesso sia il mio turno di educare qualcuno.»
«Signore?»
«Tu non appartieni più all'Ordine del Drago, Týrion. Tu appartieni a me.» lo informa, sorridendo in modo molto cordiale, tanto da sembrare rassicurante «Ed è per questo che, adesso, ti farò due doni.»
Peter non sa se esserne lieto o terrorizzato a morte, così si siede sulla prima superficie disponibile non appena il maggiore gli fa segno di farlo.
«Ho trovato questo, durante il viaggio di ritorno.» gli mette tra le mani un cofanetto, che con mano tremante il ragazzo apre, trovando al suo interno un Frutto del Diavolo «Presto scopriremo a cosa serve, non temere.»
Týrion annuisce spaesato, guardando ad intermittenza il lupo e il frutto, finché Peter non attira di nuovo la sua attenzione, piazzandogli di fronte una siringa contenente un liquido bicolore: una parte è azzurra, cristallina, mentre l'altra è di un verde quasi marcio. Le due sostanze sembrano quasi combattere tra loro.
Týrion è così preso che non si rende neanche conto che Peter gli ha già piantato la siringa nel collo e iniettato il liquido.
«Tra pochi minuti ti addormenterai e, quando finalmente aprirai gli occhi, sarai un uomo nuovo.» lo informa sorridendo mellifluo, facendolo rabbrividire.
Sente le forze venirgli meno, la testa farsi pesante, gli occhi bruciare.
«Ti ho iniettato un particolare tipo di virus, di cui sarai per sempre l'unico benefattore. Noterai in breve un aumento delle dimensioni muscolari, mentre forza, riflessi, velocità e agilità saranno amplificate e godrai di un'incredibile rigenerazione dei tessuti quasi immediata. L'unico intoppo è che sarai parecchio aggressivo, ma imparerai a controllarlo.» lo informa sorridendo, sorprendendosi non poco di fronte al sorriso grato della giovane cavia. Perché Týrion non lo sa, ma la possibilità che l'esperimento vada male è alta.
«Mi insegnerai ad usarli, vero?» domanda speranzoso, sempre più debole nel fisico.
«No, io ho da fare.» risponde sbrigativo il maggiore, schioccando con forza le dita. A questo gesto, due lupi entrano nella stanza, un uomo e una donna, entrambi dallo sguardo fiero e penetrante «Verrai mandato in un'isola pressoché sconosciuta, dove è situata una struttura sotterranea segreta a tutti eccetto a loro due, i tuoi accompagnatori e maestri.»
I due lupi lo afferrano saldamente e lo poggiano su di una barella, legandolo con delle catene affinché non si muova troppo.
Prima che possano andare via, però, Peter li riblocca, avvicinandosi pericolosamente al viso del ragazzo.
«Questa lettera la dovrai leggere solamente se io dovessi cadere. Solo ed esclusivamente in quel caso, chiaro? L'affido a lei adesso, ricordatelo.» afferma sorridendo sinceramente, per poi mettergli al collo il personale medaglione, con al centro il metalupo grigio che salta. Nell'occhio della bestia, è stata incastonata una piccola pietra rossa.

 
«Sei un Bàthory, adesso.»
  
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