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Autore: Eriok    21/07/2014    1 recensioni
Il continuo di "Cacciatori e Vittime".
Cosa è successo dopo la morte di Elisa? Chi è questa donna dai capelli color rosso fuoco? Perché è così importante...?
I Cacciatori sono veramente tutti estinti...?
La guerra per la sopravvivenza non è ancora giunta al termine, e altre minacce spingono gli Eroi degli Dei a ritornare a camminare sulla Terra.
"L'Apocalisse....sta arrivando.
E io... sono il suo araldo.".
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Sovrannaturale
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- Questa storia fa parte della serie 'Cacciatori E Vittime'
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Cacciatori e Vittime.

La Profezia

Capitolo 1.

 

«Sono passati anni ormai, Cassandra.» mormorò l’uomo, con la barba rossa e i capelli colorati di verde, una cresta che ai tempi d’oro resisteva alla forza di gravità ora era calata al lato della testa, come a dimostrare all’uomo che si era abbandonato ai tepori della vita tranquilla, nonostante non mostrasse più di trent’anni.

Ma lei, la donna con cui parlava, di anni ne mostrava molti di più. I suoi occhi parlavano più della sua pelle. E i suoi capelli erano bianchi come le stelle, e la sua età era molto più giovane dell’uomo con cui stava animatamente discutendo di fronte a un focolare. Ma il mondo scorreva lento per lei, perché quella donna era destinata a non vedere la ventina. Eppure lì, a scontare la sua pena in terra.

A piangere su quella speranza di quella specie data grazie al prezzo di una vita.

La vita di lei.

“Elisa...” nei suoi occhi vi era ancora stampato – come a marchio indelebile – il suo sorriso, i suoi occhi, i suoi capelli ricci, così belli...

«Lo so Giacomo, e tu meriti una donna migliore di me. Ho fatto un voto io, alla Dea.» rispose la donna, guardandolo sommessamente. Provava tenerezza per quell’uomo, così docile, così amorevolmente attaccato a lei, e diceva che l’amava, che voleva sposarla, avere figli...

«La Dea si è portata via la mia migliore amica, non mi porterà via la donna di cui mi sono innamorata.» gli occhi erano lucidi, ricordava ancora i suoi pianti sommessi nella notte, a chiamare il nome di una donna che non sarebbe venuta a salvarli.

Li aveva abbandonati. Li aveva salvati.

Ma ora erano soli, e lei era peggio della polvere. Ha dato la sua vita – la sua anima – per riscattare un mondo che loro pensavano marcio, prossimo all’autodistruzione. Eppure lei vedeva luce dove c’erano solo ombre.

“Ha visto la bellezza in una manciata di ragazzi sporchi di fango...” e sorrise mestamente.

La mano della donna riccia – bianca di colore, ma castana nel suo cuore – gli asciugò una lacrima sparuta, accarezzandogli il bordo spigoloso del suo volto.

«Io sono qui, non vado da nessuna parte Giacomo. Io non ti lascerò.» quella fu l’ultima volta che parlarono di quell’argomento.

Passarono anni, moltissimi, da quel giorno in quella chiesa bianca, relitto di un mare di dolore e sangue. Nacquero bambini che non morivano per l’Infezione – debellata – e crescevano cacciatori, ricostruendo un mondo civile al di là del selvaggio che li circondava.

Ma si sa, quando l’essere umano raggiunge lo scalino più in alto della catena alimentare, e non ha nemici contro cui scontrarsi, infine si scontra con se stesso, capace solo di rendere le differenze come ostacoli insormontabili, pericolosi, da eliminare.

Iniziò un eccidio di coloro che credevano nel Dio Sole, colui che voleva portare la morte per tutto il genere umano, a parte pochi prescelti. Dopotutto, la religione è un culto prettamente umano, credere in qualcosa più grande di sé, per giustificare i propri sbagli e le proprie sventure.

Poi si passò alle dittature, furono molteplici, una più sconvolgente dell’altra, una più cruenta dell’altra.

Per quanto fosse cieca, Cassandra vide tutto con gli occhi della propria anima e udì l’urlo di dolore di molte persone su quella terra, e pianse lacrime che sgorgavano a fiumi, mischiandosi al sangue che colava sul terreno.

Poi si formò una calma, e la civiltà iniziò a formarsi, sotto il suo nome.

La Dea della Luna.

Fu lei stessa – l’unica sacerdotessa in vita – a iniziare il culto e accrescerlo in membri e potenza.

Si sentì parte di quel mondo che prima rifiutava.

Ma quando sentì sul volto di lui - l’uomo che amò con pacata dolcezza su quella terra solo una volta – i segni inequivocabili della morte, portò avanti comunque la gravidanza. Nacque in silenzio, pianse poco e poté tenerla in braccio solo pochi minuti, calmarla con una ninna nanna improvvisata, e sentire come morbida la sua pelle, gli occhi piccoli e la bocca dolce, desiderosa di latte al primo contatto. Le venne detto che aveva occhi castani – come lei – e i capelli rossi come la barba del padre.

L’uomo poté accarezzarla per poco, e spirò pochi mesi più tardi.

Ros e Giulia, le uniche a conoscenza di quella gravidanza non concessa, dimostravano con la loro pelle decadente e la mestizia nei movimenti che anche per loro gli anni iniziavano a sentirsi, e quando Cassandra parlò con loro della sua gravidanza rimasero sorprese, conoscendo i ritmi del corpo femminile.

Cassandra era fisicamente bloccata in quel corpo che sì conosceva il progredire dei giorni ma che non mollava l’anima giovanile che rimaneva lì, in attesa.

Di cosa, non lo sapeva nemmeno Cassandra.

 

«Aspettami. Tornerò.»

«Nel frattempo, amore mio, conta le stelle... per me.»

 

Anzi, no... aveva una speranza, minima, piccolissima, non più grande di un sospiro di bambino, ma abbastanza grande da farle capire che l’avrebbe rivista. Con o senza la Vista.

 

«Lei non deve sapere che io sono sua madre. Nessuno deve saperlo.» diceva Cassandra ansimando, grondante sudore per il parto.

«Come vuoi chiamarla...?» domandò allora Ros, giocando con le sue dita, che afferravano tutto con forza.

«Andrea... sarà il suo nome.» e una lacrima scese, triste, ferita, mentre vedeva una parte del suo cuore camminare lenta via da lei.

“Prima Elisa...poi tu, figlia mia, Andrea...”

 

Il mio cuore prima apparteneva solo a me.

Ora, una metà e morta, e l’altra cammina già sulle sue gambe, lontano dal mio corpo.

 

Ros e Giulia la guardavano sommesse, e capirono. Avvolsero la bambina in un asciugamano pulito, e se ne presero cura come se fosse loro, nel loro rifugio per bambini orfani nella città.

Fu in quel fatidico giorno che nacque la figlia di una sacerdotessa, che era destinata a grandi cose.

Forse allo stesso destino di sua madre.

O uno differente.

 

Ovviamente tutto dipende da che angolazione la guardi.

Non è vero...Dea?

 

Elisa – o almeno, ciò che rimaneva di lei – vagava sospesa nel nulla, gli occhi spenti, la pelle rugosa, i capelli infinitamente lunghi che galleggiavano, come immersi nell’acqua intorno a lei.

 

Ci sei rimasto male, vero... Dio?

Che scoprissi il tuo inghippo, il tuo colpo durante l’eclissi...?

Prendere il posto della Dea e ingannare tutti....tutti tranne me.

Sono qui, ho capito il tuo piano. Ma la Profezia avrà inizio. Oggi è nata colei che ucciderà tutti i tuoi figli, cancellerà i nostri peccati...

Anche i miei.

E i suoi.

 

Un rombo scosse il suo piccolo universo.

Sorrise, i denti ancora perfettamente bianchi. Era un sorriso malvagio che nascondeva felicità.

 

Lei è sua figlia.

E tu solo sai che letteralmente ucciderei per salvarla da te.

 

Passarono anni, e Cassandra si sentiva come una bambina nei vestiti della madre, pesanti, larghi. Così come sentiva il suo corpo. Una animo giovane dentro un corpo prossimo alla decomposizione.

E Andrea crebbe davanti ai suoi occhi ma lontana dalle sue braccia.

Gli occhi dell’anziana avevano visto troppi giovani morti, aveva vissuto troppe vite, per rammaricarsi a veder morire anche sua figlia.

 

E tutto ci riporta lì, a quel patibolo, a quel colpo di stato dove Cassandra si vide il potere della Dea – racchiuso nel suo bastone – letteralmente strappato dalle mani. Il suo assistente che sorrideva, mentre la cacciava via, e i suoi assistenti con lei – Andrea inclusa.

Destinati alla morte più veloce e immediata, e la folla, soggiogata dalle dolci parole del ragazzo, inneggiava al sangue.

E volevano il suo.

 

«Abbiate pietà per mia figlia, ve ne prego!»

 

Quella frase spezzò l’intero universo celestiale. Elisa sorrise.

 

Era ora, Cassandra...

Ti sei decisa finalmente, a chiamarla per nome.

 

Il nulla si spezzò, e nacque la luce. Gli occhi di Elisa si chiusero. Troppo rozzo l’impatto con la realtà. La sua maledizione si era spezzata. Sentiva il vento accarezzarle il volto dopo tanto tempo. La pelle raggrinzita dal troppo tempo passato ritornò scattante, tesa, giovane. I capelli vennero tranciati rozzamente, i vestiti stracciati che la ricoprivano adesso nascevano a nuova vita.

Stava cadendo, e le nuvole si spezzavano sotto il suo corpo che precipitava. La coda si mosse mesta, come a ricordare un passato troppo lontano.

 

Luce. C’è luce, sui miei occhi.

Non vedo.

Sto... cadendo?

 

E poi i suoi occhi si spalancarono. Erano marroni, come l’ultima volta. E vide. Tutto.

La Profezia risuonava nella sua mente, la Dea – quella vera – finalmente le stava parlando. E capì tutto. E sorrise, il sole batteva di nuovo sul suo corpo, riscaldandolo.

 

Ora ho capito.

Sto arrivando... amor mio.

 

Era come il meteorite che si schiantò sulla terra tempo fa, quello che distrusse la sua casa, la velocità di caduta era tale da togliere il fiato dal petto, di cui finalmente provava il bisogno di sentirlo ancora. Gli mancava, respirare.

Essere un essere umano, di nuovo.

Cadeva, e la terra si avvicinava sempre di più. Il suo obbiettivo diventò tangibile. La piccola piazza circondata da case di fattura turca, in cima a una rupe in mezzo al deserto.

Gli occhi si trasformarono. Gialli felino.

La coda si mosse.

Un rumore di ossa che si spezza suono labile.

Ancora pochi metri e avrebbe toccato il suolo. E lei era lì, in pericolo.

 

«Andrea, no!» l’ultimo urlo della vecchia, prima che l’arma venisse alzata. Brillò come oro, sotto il sole impassibile.

E poi...

... un tonfo scosse la terra.

 

 

   
 
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