Flame
<<
Il postino?
>> chiede scherzoso.
<<
Mi dispiace ma
non mi è venuto in mente niente di meglio >>
rispondo.
<<
Cos’è hai
cancellato dalla tua memoria il tuo vecchio migliore amico
d’infanzia? >>
chiede scherzoso.
Mi
guarda dritto negli
occhi, non distoglie i suoi occhi neri dai miei. Che sguardo profondo,
quasi
inquietante.
<<
Justin Harris,
come dimenticarti >> dico mentre in me si accende la
famosa lampadina.
<<
In persona
>> risponde contento.
<<
Non mi fai entrare?
>> continua.
Ecco
Derek raggiungerci.
<<
Buongiorno
>> dice Derek porgendogli la mano.
<<
Salve >>
risponde Justin.
<<
Derek lui è il
mio vecchio amico Justin e lui è il mio fidanzato Derek
>> dico
presentandoli.
Andiamo
in giardino.
<<
Non mi avevi mai
parlato di lui >> mi sussurra Derek
all’orecchio quando Justin è lontano.
<<
Non lo
ricordavo nemmeno >> rispondo.
<<
E perché è
venuto? >> chiede.
Già,
perché è qui? Non
me lo ero ancora chiesto, perché dopo così tanti
anni si fa vivo adesso?
<<
Non so, non
glielo ho ancora chiesto >> rispondo.
<<
Be strano,
perché dopo tutto questo tempo adesso viene a cercarti e poi
lui… >> dice
Der.
<<
Ehi Lila
>> ci interrompe Justin avvicinandosi.
<<
Justin >>
rispondo zittendo Der pestandogli il piede.
<<
Allora che fai qui
a New York, non mi dire che sei tornata a vivere qui? >>
chiede Justin
come se conoscesse già la risposta.
<<
Sì, ci siamo
trasferiti da poco, siamo tornati a essere newyorkesi! >>
rispondo
sarcastica.
<<
Non sai che
piacere mi fa sapere che sei di nuovo qui, come ai vecchi tempi
>> dice
contento.
<<
E tu vivi qui a
New York? >> gli chiede Der.
<<
Sì, abito qui, di
fronte casa di Lila >> risponde Justin.
<<
Ah, quindi vi
conoscete da molto tempo? >> dice Der.
<<
Sì, in pratica
siamo cresciuti insieme, eravamo nella stessa classe alle elementari,
ti
ricordi Lila? >> risponde Justin.
<<
Ehm… sì, quanto
sei cambiato, non ti avrei mai riconosciuto >> dico.
Lo
ricordavo più… più in
carne ecco.
<<
Tu invece no,
sei sempre la stessa >> risponde sarcastico.
Non
so se mi faccia
piacere sapere che non sono cambiata. Il cambiamento fa parte della
vita, io
credo di essere cambiata molto invece, soprattutto nell’anno
appena trascorso. È
stato un anno pieno di emozioni, ricco di sorprese e imprevisti, ma non
c’è da
sorprendersi con me! Ero la balenotta dai capelli rossi, quella che
tutti
prendevano in giro, di cui tutti ridevano, soprattutto per le mie forme
un po’
più accentuate. Ma sono riuscita a combatterle, grazie
all’aiuto delle mia
fantastiche amiche Alice e Cathy. Come farei senza di loro! E in fin
dei conti
anche grazie all’aiuto di Luck. Lui mi ha dato la forza di
cambiare e
migliorarmi, nonostante tutto il male che mi abbia fatto non posso
cancellarlo
dalla mia vita, resterà sempre il suo ricordo con me. E poi
c’è lui, la ragione
della mia vita, Derek. La persona migliore al mondo che non credo di
meritare,
cosa avrò mai fatto per meritare una persona così
dolce e speciale al mio
fianco? Nonostante tutto il dolore che ha potuto provare nella sua
infanzia
poco felice, lui è riuscito ad accendere in me il sentimento
per cui tutti gli
uomini sulla Terra lottano ogni giorno: l’amore.
Perché sì, cosa sarebbe la
vita senza l’amore? E cosa sarebbe la mia vita senza Derek?
Non riesco più ad
immaginarlo. Ultima ma non meno importante è la mia
famiglia. Quante ne abbiamo
passate nell’ultimo anno, il cambiamento di Sam, la
disintossicazione
dall’alcool della mamma, il mio rapporto con papà
e poi loro, i nonni. Non li
conoscevo affatto, li ho sempre considerati freddi e distaccati, ma si
sono
rivelati tutto il contrario grazie alla mia esperienza newyorkese. New
York,
come farei senza di te? Grazie a te oggi sono quella che sono e ho
vicino le
persone che più amo al mondo. New York e le sue sorprese,
New York e i suoi
profumi, le sue luci, i suoi suoni. New York.
------------------------------
<<
Ti dico di no
>> dico.
<<
E invece sì,
perché mai questo Justin dovrebbe essersi fatto vivo proprio
adesso dopo tutti
questi anni? >> chiede Alice.
<<
Non so, magari
ha visto qualcuno entrare e uscire da casa, visto che abita difronte
casa dei
miei genitori? >> rispondo ironica.
<<
E perché non
l’ha fatto prima? È da un mese che vivi qui
ormai… >> risponde Alice.
<<
Beh, magari si
vergognava… non so, non posso mica entrare nella sua testa!
>> dico
ironica.
<<
Un ragazzo si
avvicina a te dopo undici anni e ti dice ti ricordi di me? A cosa vuoi
che
aspiri? >> dice Alice come se conoscesse già
la risposta.
<<
A niente, è
solo un vecchio amico d’infanzia che dopo tanto tempo vuole
rivedere una sua cara
amica; lui sa che sono fidanzata con Derek, l’ho detto non
appena li ho
presentati >> rispondo.
<<
Sì, ma fino a
che tu non li presentassi non lo sapeva >> dice Alice
maliziosa.
<<
Sì ma questo
non cambia niente, Justin è solo un amico niente di
più e adesso continuiamo a
studiare che è meglio >> rispondo.
<<
Non so, c’è
qualcosa in questo ragazzo di… strano, non riesco a
decifrarlo >> dice
Alice.
<<
Alice, vuoi
smetterla di giocare all’investigatrice? >>
rispondo ironica.
<<
Forse è un
serial killer… >> dice sarcastica.
<<
Va bene
continua pure a fantasticare, io torno allo studio >>
dico sarcastica
mettendo le cuffie dell’ipod.
<<
O forse…
>> dice ma non sento altro, ho già fatto
partire la musica.
Vedo
che torna a
sfogliare il libro, ha finito di indagare su Justin!
È
stato strano rivederlo,
ci siamo lasciati che eravamo poco più alti di un metro e
adesso siamo
cresciuti. È cambiato molto, è diventato un uomo,
alto e muscoloso, con quei
capelli scuri come la pece e gli occhi se si può ancora
più scuri dei capelli.
Il suo sguardo profondo mi ha permesso di riconoscerlo, quegli occhi
così
particolari mi hanno permesso di ricordare quanto fossero belli i
pomeriggi a
giocare a nascondino o ai soldatini, perché si ero un
po’ maschiaccio da
piccola. Justin, come ho fatto a non ricordarmi di lui quando sono
arrivata a
New York? Perché credevo di conoscere solo Cloe?
È come se una parte di me lo
avesse involontariamente rimosso, cancellato, come una spugna cancella
la
lavagna, il mio cervello aveva cancellato lui.
Trema
il letto che
succede? Il terremoto?
Ah
no è il telefono che
vibra sotto il libro.
<<
Pronto?
>> dico.
<<
Ehi sei libera
stasera? >> risponde Der.
<<
Anche se non lo
fossi, troverei il tempo per te >> dico.
<<
Perfetto perché
devo portarti in un posto >> risponde.
<<
Posto? Che
genere di posto? >> chiedo curiosa.
<<
Passo a
prenderti alle otto >> risponde.
<<
Der? Non hai
risposto alla mia domanda? >> dico sarcastica.
<<
A dopo piccola
>> termina riattaccando.
Riesce
sempre a
stupirmi, cosa avrà in mente?
<<
Conosco bene
questo posto >> dico entrando.
<<
Anch’io e forse
più di te >> risponde Der.
<<
Sì ma non
capisco perché siamo qui, ho finito di lavorare meno di due
ore fa e sono di
nuovo qua, a teatro, perché hai voluto portarmi qui?
>> chiedo.
<<
Credi di
conoscere a fondo il teatro? >> chiede.
<<
Sì certo ci
sono cresciuta perché? >> rispondo.
<<
Penso che il
posto dove ti sto per portare non l’hai mai visto
>> dice contento.
<<
Tu credi? Lavoro
qui cinque ore al giorno, conosco ogni singolo angolo >>
rispondo
sarcastica.
<<
Allora te ne
sarà sfuggito uno >> risponde scherzoso.
Mi
prende per mano e mi
conduce dietro il palco, nel backstage. Scosta una tenda rossa e dietro
c’è una
porta blindata. Cosa? Possibile che non me ne sia mai accorta?
<<
Ma cosa…
>> dico sorpresa.
<<
Shh… o vuoi che
ci scoprano >> risponde sottovoce.
Prende
la chiave da
sopra la porta e la apre lentamente cercando di non fare rumore.
Entriamo
e la richiude
alle nostre spalle. Cominciamo a salire una rampa di scale dopo
l’altra,
saranno almeno un centinaio. Un ascensore no?
Arriviamo
sul
pianerottolo dell’ultima rampa di scale e
c’è un’altra porta a vetri da cui
filtrano delle luci. La apre e difronte a me si presenta più
bella che mai New
York. I grattacieli. Una splendida terrazza illuminata da delle candele
profumate che creano un sentiero che conduce a un tavolo pieno di
prelibatezze.
Una cenetta romantica.
<<
Wow… >>
dico senza parole.
<<
Non te lo
saresti mai aspettato eh? >> risponde come se conoscesse
già la risposta.
<<
Ma come sapevi
di questo posto? >> chiedo sbalordita.
<<
Quando ero
piccolo giocavo sempre dietro le quinte del teatro, mi travestivo,
giocavo ad
impersonare ogni cosa, dai draghi ai principi… poi un giorno
sono scivolato e per
evitare di cadere mi sono aggrappato alla tenda rossa e…
>> risponde.
<<
Hai scoperto
questa porta >> lo interrompo.
<<
Proprio così,
quindi curioso più che mai l’ho aperta e sono
arrivato qui, in questa splendida
terrazza con una vista mozzafiato su New York >> risponde.
<<
E perché non me
l’hai mai mostrata prima? >> chiedo un
po’ dispiaciuta.
<<
Mi sono
ripromesso che questo posto sarebbe stato solo mio, il mio angolo di
mondo
segreto, a cui nessuno poteva accedere, dove avrei potuto rilassarmi,
piangere
e fare tutto ciò che volevo. Ho giurato che qui non ci avrei
mai portato
nessuno perché le altre persone ne sarebbero rimaste colpite
e mi avrebbero
“rubato” il mio angolo segreto >>
risponde.
<<
Ma tu avevi già
un posto speciale dove mi hai sempre portata >> dico.
<<
Quel posto l’ho
scoperto più avanti, anche quello per caso, ne sono rimasto
affascinato e ho
cominciato ad andarci spesso, ma non è del tutto mio, in fin
dei conti è una
zona verde di un piccolo parco coperta dagli alberi, ma aperta a tutti,
quindi
non è proprio segreto >> risponde ironico.
<<
Ma allora
perché oggi mi hai voluto mostrare questo splendido posto se
avevi giurato che
qui non ci avresti mai portato nessuno? >> chiedo.
<<
Perché tu sei
tu, con te non ho segreti e anche questo posto che fino ad oggi
è stato solo
mio voglio condividerlo con te >> risponde.
<<
Grazie, è un
gesto bellissimo, so quanto sia importante per te il tuo spazio e
sapere che
vuoi condividerlo con me mi riempie di gioia >> dico
contenta.
Mi
avvicino a lui e mi
stringo tra le sue braccia. Il suo calore, il suo respiro su di me
è tutto come
la prima volta all’Empire State Building. Anche lì
avevamo praticamente New
York ai nostri piedi, ma qui è diverso, siamo soli, in un
angolo di mondo
sconosciuto da tutti e da tutto, che da adesso è anche mio.
Grazie Der.
<<
Dobbiamo dargli
un nome >> dico d’un tratto.
<<
A cosa?
>> chiede.
<<
A questo posto
>> rispondo.
<<
E che nome
vorresti dargli? >> chiede sarcastico.
<<
Non so… così su
due piedi… >> rispondo.
<<
Cosa ti ha
colpito di questo posto appena siamo arrivati? >> chiede.
<<
La fiamma di
queste candele >> rispondo prontamente.
<<
Flame >>
dice.
<<
Flame… fiamma,
sì è questo il nome giusto >>
rispondo esultando.
<<
Abbiamo appena
battezzato il nostro posto segreto >> dice sarcastico.
<<
Allora dobbiamo
brindare >> rispondo.
Mi
prende per mano e mi
conduce verso il tavolo ricco di deliziosi piatti. Ha fatto tutto
questo per
me.
<<
A Flame
>> dice alzando il calice.
<<
All’inizio di
una nuova avventura >> rispondo.
Tin.
Buongiorno
a tutti! Eccomi di ritorno con il sequel di Sheila! È una
storia nuova e
indipendente dalla precedente, ci sono degli agganci ovviamente ma per
chi non
volesse leggere la prima storia può benissimo comprendere
questa, magari io
ogni tanto vi darò qualche spunto. Per i curiosi, invece,
che volessero sapere le
vicende dei nostri protagonisti potete andare su
“Sheila” e dare un’occhiata!