Capitolo 2: La famiglia Black
Percorsi il vialetto di casa, o meglio dell’edificio in cui ero cresciuta. Non appena chiusi lo sportello notai una figura non indifferente avvicinarsi a me e stringermi in un dolce abbraccio.
- Finalmente! Trovato quello che cercavi?-
- Ciao anche a te Omone. Si e no- dissi scuotendo la testa e sorridendo dolcemente alla figura che mi si parava dinanzi.
- Isabella…sputa il rospo avanti!-
- Entriamo così ti spiego-
Entrammo in casa.
L’edificio era piccolo ma tuttavia
accogliente, appena entrati ci ritrovammo nella cucina che era
collegata con il
salotto. Sulla sinistra si poteva intravedere un piccolo e buio
corridoio che
portava alle due camere e all’unico bagno presente nella
casa. Scossi la testa,
mi era mancata nonostante tutto.
Mi avvicinai ai fornelli e misi su del caffè mentre Jacob, o
Omone, come mi
piaceva chiamarlo, si sedeva al tavolo. Rimanemmo in silenzio fino a
quando non
servii il caffè; speravo di trovare le parole più
adatte per spiegargli quello
che mi era successo, quello che avevo scoperto, senza passare per una
pazza, ma
alla fine mi dissi che lui essendo un Licantropo non avrebbe potuto
stupirsi di
nulla, e magari se inizialmente avrebbe dubitato delle mie parole alle
fine si
sarebbe dovuto ricredere. Presi a raccontargli tutto mentre la mia
stessa mente
ripercorreva quei pochi istanti in cerca di un dettaglio che magari mi
era
sfuggito, ma niente, tutto era chiaro e limpido, per quanto potesse
essere tale
una situazione come quella in cui mi ero trovata io. Mi
ascoltò senza dire
nulla e quando si alzò per riporre la tazza vuota nel
lavandino parlò
dolcemente.
- Allora che aspettiamo? Andiamo a casa Swan!- disse strizzandomi l’occhio, io mi limitai ad annuire mentre mi dirigevo in bagno.
- Prima, magari, è meglio se mi faccio una doccia; non vorrei tirare troppo l’attenzione degli abitanti di Forks –
- Direi che sarebbe meglio – disse scoppiando in una fragorosa risata udibile anche dopo che ebbi chiuso la porta del bagno alle mie spalle.
Effettivamente il mio aspetto non era dei migliori. Ero ricoperta di terra da capo a piedi ed i capelli erano completamente arruffati. Guardando la mia immagine riflessa nello specchio del bagno scossi la testa, ero un vero e proprio disastro. Aprii il getto dell’acqua e quando finii di spogliarmi entrai. Lasciai che l’acqua lavasse via lo sporco, mi rilassasse ma allo stesso tempo che mi svegliasse completamente. Mentre mi lavavo ripercorsi gli anni della mia infanzia e non riuscii a non sorridere.
Fin da quando avevo compiuto tre anni avevo vissuto a casa dei Black giù a La Push. I miei genitori avevano deciso di affidarmi a Billy, amico fidato della mia famiglia da anni, e mio padrino. La vita a La Push era sempre stata divertente, passavamo ore a giocare senza preoccuparci di nulla. Io e Jacob crescemmo insieme come fratello e sorella e sebbene negli ultimi tempi il suo affetto nei miei confronti fosse cambiato non si era mai permesso di spingersi oltre un certo limite sapendo che i miei sentimenti nei suoi confronti non erano gli stessi. E poi quando Billy si era ammalato il mondo c’era improvvisamente crollato addosso, avevamo diciassette anni quando accadde e mi ricordo che fu devastante per entrambi, sebbene Billy non fosse il mio vero padre io lo consideravo tale, e poi poco prima di morire mi aveva consegnato una lettera. Lettera che mi avrebbe cambiato la vita. I prima anni senza di lui furono terribili ma non appena ci fummo ripresi entrambi decisi di partire per cercare di capire il significato di quelle poche parole scritte su di un foglio ingiallito, con dentro una foto dei miei genitori.
Isabella tu sei diversa dagli altri, cerca le tue radici, cerca di capire chi sei. Fai compiere il tuo destino. Fino a quando non troverai una croce su di una roccia nulla potrà avere un inizio e inconsciamente ne soffrirai tutta la vita. Non ignorare queste mie parole.
Ti vogliamo bene
Charlie e Renèe
Poche parole che non avevano molto
significato per una normale
ragazza di diciassette anni, ma dopo averle lette avvertii qualcosa di
caldo
stringermi il cuore e presi a fare delle ricerche che mi portarono in
Alaska,
partii il giorno del mio ventesimo compleanno.
Passai diversi mesi li, cercando comunque di tornare a casa abbastanza
spesso
per non lasciare Jacob solo. Quando tornai dopo l’ennesimo
buco nell’acqua,
senza speranze e triste, mi disse di aver fatto delle ricerche mentre
ero stata
via e di aver trovato una piccola montagna lungo la Route 66. Lo
ringraziai e
sperai non si trattasse dell’ennesima delusione, e partii
alla sua ricerca
qualche giorno dopo, mi aveva chiesto di potermi accompagnare ma era
una cosa
che dovevo fare da sola e così rimase a casa ad aspettarmi.
Pensavo che
finalmente avrei ricevuto una spiegazione, ma invece la matassa
sembrava ancora
più ingarbugliata di prima, qualcosa dentro di me mi diceva
che dovevo
sbrigarmi, di fare in fretta prima che fosse troppo tardi, quindi
chiusi l’acqua
e in un lampo fui pronta per andare a casa Swan.
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Ok,ok lo so…forse questo capito vi farà un po’ schifo ma non siate troppo cattive =( Non scrivo capitolo troppo lunghi di norma, anche perché a volte credo che ci si stufi se il capitolo diventa troppo lungo e quindi preferisco tagliarli in più parti. Spero non vi dispiaccia.
Ringrazio tutte quelle che hanno
commentato e spero
continueranno a farlo! Sempre che la sottoscritta non cada troppo nel
banale e
che aggiorni ^^”
Grazie mille per le recensioni! Pensavo non sarebbe piaciuta e invece
mi avete
convinta a continuare =D
Un bacione Miyu