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Autore: SilverKiria    24/07/2014    5 recensioni
Albus Silente. Se qualcuno avesse chiesto chi Tom Riddle temeva, l'unico che temeva, chiunque avrebbe risposto lui. Albus Percival Wulfric Brian Silente.
Ma si sarebbero sbagliati, tutti.
Sì perché prima, molto prima di Silente, ci fu un'altra persona che infastidì Tom Riddle.
Che gli fece dubitare di sé stesso.
O del destino che si era prefissato.
Una persona che era stata talmente simile a lui, per certi versi, da fargli paura.
Un passato e un futuro in comune.
Il presente?
Una continua sfida.
Qualcuno l'avrebbe chiamato amore, ma Riddle avrebbe riso.
No, era molto più di quello.
Quello stupido e lodato amore.
Riddle rispettava Meredith.
Riddle detestava i suoi ideali.
Riddle stimava Meredith.
E temeva i suoi poteri.
Perché?
Perché quegli occhi verdi l'avevano colpito più di tutti gli incantesimi che aveva ricevuto nella sua vita.
E non nel modo che ci si aspetterebbe.
DAL PROLOGO:
«Sei mia.»
«Io non sono di nessuno, Tom. Una persona non può appartenerti.»
«Questo lo credi tu.»
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Abraxas Malfoy, Albus Silente, Tom O. Riddle, Tom Riddle/Voldermort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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CAPITOLO 1 - INCONTRO


«Muovo le cose senza toccarle. Faccio fare agli animali quello che voglio senza addestrarli. Faccio capitare cose brutte a chi mi dà fastidio. So ferirli, se voglio». (1)
 
 

[31 Dicembre 1935]
 
La vipera strisciò piano sul manto innevato.
Il suo corpo sinuoso, nero come la notte, brillava di una luce sinistra a contrasto con la luminosa innocenza della neve appena caduta.
Neve.
Il giorno più freddo dell’anno, così l’aveva definito Mrs Cole.
«Come quella volta, vero Eloise?» aveva aggiunto subito dopo, agguantando il quarto bicchiere di whisky della serata. Dopodiché aveva scoccato uno sguardo divertito verso di lui, come se fosse trasparente, come se non capisse.
Come se non fosse cinque volte più intelligente di lei.
La vecchia cuoca dell’istituto non obbiettò, ormai troppo abituata all’indelicatezza che la preside sapeva acuire dopo qualche bicchiere.
Lo guardò, solo per un secondo, per poi voltarsi agitata.
Quel bambino aveva l’inverno in quegli occhi verdi.
L’aveva sempre evitato perché era come se risucchiasse tutta la felicità in un secondo. Sorrideva, sì, ma mai con intenzione. Era come se il sorriso si fermasse alle labbra, mentre dagli occhi emergeva solo disprezzo.
Lui sorrideva quando gli faceva comodo.
Quando poteva convincere un bambino a cedergli la merenda o a dargli il posto sulla panchina al parco.
Come se ne avesse bisogno: bastava la sua presenza per terrorizzare i bambini.
Eloise non aveva mai visto Tom Riddle fare alcunché di sconveniente, ma ci avrebbe scommesso la testa sul fatto che quel bambino fosse tutto meno che innocente.
I segni violacei sulle braccia dei bambini, gli incubi delle bambine.
Amy non si era più ripresa da quella gita al mare e nessuno osava parlarne, nonostante fosse passato un anno. Eloise aveva paura di Tom Riddle e si sentiva una sciocca: una donna di sessant’anni che temeva un bambino di nove anni.
Eppure non poté fare a meno che voltarsi, distogliendo lo sguardo da quel ragazzino che faceva finta di nulla ma che, lei ne era certa, aveva sentito ogni parola di Mrs Cole.
C’è chi avrebbe detto che ne sapeva una più del diavolo, Tom Riddle.
Eloise avrebbe detto che Tom Riddle fosse il diavolo.
 

La vipera strisciò sulla neve gelida, fino ad arrivare dove sentiva di dover andare.
Quella dolce canzone l’aveva svegliata dalla sua tana sottoterra e l’aveva portata tra le sue mani fredde, eppure perfette per lei.
Sibilò piano in un modo orribilmente simile alle fusa di un gatto mentre lui le accarezzava la testolina.
«Padrone, che piacere vederla.»
«Anche per me è un piacere.»
Chiunque avrebbe stentato a crederlo, ma quei sibili nascondevano una vera e propria conversazione.
«Posso fare qualcosa per lei, mio padrone?»
«Nick Davis mi ha alquanto infastidito oggi. Ho trovato il mio quaderno nel suo zaino, nonostante sapesse quanto detesto quando qualcuno mi prende gli oggetti. Credo che una tua visitina sia d’obbligo.»
Nessuno doveva anche solo osare pensare di sfiorare ciò che era suo.
A quell’età erano i quaderni.
Più tardi sarebbero state le persone.
«Certamente, padrone. Qualsiasi cosa per lei. Dove mi devo far trovare?»
«Vediamo… credo che dal retro della cucina riuscirò senza problemi a farti entrare. Mi raccomando: morsi diretti al collo. Ma non dove si possano vedere; ora fa freddo quindi nessuno si insospettirà quando indosserà maglioni a collo alto. Direi verso il pomo d’Adamo, capito?»
La vipera rilasciò un verso di assenso, strusciandosi sul dorso della mano di Tom.
Il bambino stava per aggiungere qualcosa, quando un suono lo bloccò.
Sussurrò un verso schietto alla vipera che, seppur infastidita, si affrettò a scomparire.
Riddle fece appena in tempo ad alzarsi che dal cancello arrugginito entrò Mrs Cole, ancora mezza brilla, seguita da una piccola figura a lui sconosciuta.
«Riddle! Che ci fai ancora qui fuori? Si gela!» sbottò la preside, cercando di mantenere il suo precario equilibrio.
«Mi scusi, Mrs Cole. Avevo sentito un rumore e volevo assicurarmi che nessuno si fosse ferito.»
“O che nessuno si fosse accorto di un ferito” pensò successivamente la donna, al calduccio nel suo ufficio con una bottiglia di gin in mano.
«Oh beh, meglio che rientriamo. Forza, sbrigati ragazzo!»
Riddle fece per muoversi, quando sentì davvero il rumore di qualcuno che cadeva.
Pensò, e sperò, subito a Mrs Cole, ma si trattava dell’altra figura.
Vista l’evidente difficoltà della preside, fu Tom ad accorrere in soccorso dello sconosciuto.
Quando si chinò per aiutarlo, però, notò tre cose che lo confusero come non accadeva da molto.
Numero uno: i lunghi capelli castani che erano sgusciati fuori dal cappuccio. Si arricciavano in curve verso la fine ed erano ora bagnati sulle punte; lì dove si erano appoggiati alla neve fresca.
Numero due: le labbra, rosse come ciliegie mature nonostante il freddo siderale. Avevano dei segni più scuri, come se i denti le torturassero spesso e volentieri, in un possibile tic di nervosismo.
Numero tre: due, enormi occhi verdi.
Belli, sicuramente, ma non fu questo a stordire il ragazzo normalmente agile e scattante.
Nel momento esatto in cui i suoi occhi si scontrarono con quelli della sconosciuta, Tom si sentì denudato.
Era come se il muro eretto nel corso della sua vita; muro fatto di bugie, carinerie, carisma e solitudine si fosse dissolto, lasciando lì. Vuoto. Inerme. Indifeso.
Che parola strana, così lontana dalla natura di Tom: l’essere indifeso, una sensazione del tutto nuova e sconvolgente.
In quei pochi istanti vide passargli di fronte tutti i dubbi della giornata.
 
Nessuna sorpresa: è il mio compleanno e non è successo nulla.
Mrs Cole mi ha dato la solita busta con dieci sterline, invece Eloise si è impegnata ad accennare un sorriso mentre mi serviva un piatto di porridge in più. Patetica. Il mio, di sorriso, sembrava mille volte più sincero. Il mio sorriso che rischiava di diventare un ghigno, freddo e innaturale per tutti fuorché per me.
Perché le persone danno così tanto peso ai compleanni? Un anno in più di innominabile noia, un anno più vicino alla morte.
E poi, cos’è che dovrei festeggiare? La morte di mia madre? O il mio arrivo in questa meravigliosa prigione che è il Wool’s Institute? Idiozie.
Mi sono girato, puntando lo sguardo sulla prima cosa di interessante oggi: il piccolo quaderno nero che sbucava dallo zaino di Nick Davis. Riuscivo quasi a scorgere le iniziali ‘T.O.R.’ sulla copertina rovinata. Le MIE iniziali. In quel momento non sono riuscito a trattenere un feroce ghigno di soddisfazione.
“Almeno stanotte ci divertiremo.”
 
Gli occhi di Tom si sgranarono in seguito a molte emozioni che lo assalirono una dietro l’altra.
Stupore, paura, curiosità, rabbia…invidia.
Come aveva fatto? L’aveva visto anche lei? Oppure se lo era immaginato lui? Eppure l’aveva percepita dentro la sua mente, l’aveva sentita chiaramente.
Era come un vento estraneo, come se qualcuno avesse aperto uno spicchio di finestra nella sua mente, talmente piccola da non essere dolorosa ma abbastanza grande perché mettesse in subbuglio quell’ordine maniacale di emozioni, idee e ricordi.
Riddle si impose l’autocontrollo e aiutò la ragazza ad alzarsi, stando bene attento però ad evitare uno sguardo così diretto con i suoi occhi.
«Grazie.» sussurrò questa, sorridendogli appena.
La sua voce era delicata, come un soffio di vento.
Tom sentì qualcosa premergli nel sangue, una strana sensazione ai polpastrelli; ma la ignorò.
«Figurati. Io sono Tom, Tom Riddle.»
«Io sono Meredith, Meredith…»
Le guance le si colorarono di un leggero rosa, mentre puntò lo sguardo verso Mrs Cole.
«Meredith Smith» quasi urlò Mrs Cole, ondeggiando pericolosamente nell’impeto di avvicinarsi ai due ragazzini.
«Un’altra, fastidiosa orfanella giunta fin qui dal centro di Willsburg. Quegli schifosi, hanno stanziamenti dal governo, almeno il triplo di noi, eppure continuano a lasciarci delle piccole carogne! Senza cognome né documenti, così tocca a noi inventarci tutto. Ah! Ingrati maledetti, come se non avessimo altro di cui preoccuparci. Con uno come Tom Riddle, di problemi ne abbiamo a bizzeffe! E da oggi ha pure nove anni, ancora altri nove e finalmente potremo scaricarlo a qualcuno.»
Durante tutto quel monologo, Tom aveva tenuto lo sguardo fisso su di un punto imprecisato alle spalle della preside. Era abituato alle accuse non così velate della donna e aveva imparato a controllare la rabbia, per poi scaricarla contro qualcuno di meno pericoloso. Un bambino lì di passaggio, un animale così sfortunato da incrociare la sua strada.
Però in quel momento sentiva chiaramente gli occhi inorriditi della bambina alle sue spalle puntato su di lui e non riusciva a dire o fare niente.
Era terrorizzato: aveva paura di lasciarsi andare.
Un gesto e avrebbe potuto farla pagare a quella vecchia vacca, avrebbe potuto vendicarsi dei torti subiti in quei nove anni di vita.
Eppure non osava muovere un muscolo, non riusciva a fare nulla se non fissare inerme il muro davanti a sé.
Conta le macchie Tom.
Conta le mattonelle Tom.
Conta, conta ogni piccolo dettaglio.
Racchiudi tutto e non farlo uscire.
Racchiudi tutto ma non dimenticare.
Quando però Mrs Cole si avviò verso l’entrata, evidentemente rispondendo ad un bisogno fisiologico, Tom pensò che di lì a poco anche la ragazza l’avrebbe seguita a ruota. Sarebbe rimasto solo e avrebbe potuto sfogarsi senza preoccuparsi di nulla.
Ma passarono i minuti e non la sentì incamminarsi.
Sentiva anzi il suo respiro, a pochi passi da lui.
Avrebbe voluto urlarle di andarsene, di lasciarlo in pace.
Eppure temeva di rivivere quello strano contatto e sapeva che, quella volta, avrebbe visto cose ben peggiori di una banale delusione.
Avrebbe visto come avrebbe voluto ridurre Mrs Cole.
Agonizzante, dolorante, in preda alla sofferenza.
Le avrebbe fatto bere tutto quel maledetto whisky con la forza, fino a vederla cadere inerme.
Tom strinse i pugni, fino a sentire le unghie scavare nella carne pallida.
Era così assorto dai suoi pensieri che quando la ragazza, Meredith, parlò, quasi sussultò.
«Beh, anche se ti conosco da poco… buon compleanno, Tom.»
Riddle non ebbe il coraggio di fare nulla, se non fissare la sua schiena quando dopo aver detto quelle parole si incamminò verso l’entrata.
Il «Grazie», il primo e unico grazie sincero che avrebbe mai voluto dire gli morì in gola.
LUI ERA LUI, DANNAZIONE!
Non avrebbe detto grazie a nessuno, tantomeno ad una sconosciuta che si era limitata a fargli una mera cortesia!
Tom si voltò rapido, infuriato come non mai e richiamò la vipera.
 
La mattina successiva Nick Davis venne trovato svenuto nel suo letto. Il corpo coperto di morsi di un qualche serpente che, stranamente, nessuno riuscì a trovare.
Sembrava essere scomparso nel nulla.
Lo portarono all’ospedale con l’ambulanza e per le successive settimane non si parlò d’altro.
Nessuno osava dirlo, ma tutti avevano un solo sospetto.
Però come avrebbero potuto incolpare un bambino di un attacco evidentemente causato da un animale?
Quindi tutti, bambini e adulti, fecero finta di niente.
Solo Meredith, la nuova arrivata, ebbe il coraggio di guardare Riddle qualche giorno dopo in mensa.
Era seduto da solo, come sempre.
Sfogliava pigramente un quaderno nero con le sue iniziali scarabocchiate sulla copertina e, quando capì di essere osservato, alzò lo sguardo.
Per un secondo a Meredith sembrò di vedere un lampo di esitazione in quegli occhi verdi come il serpente che aveva attaccato Nick.
Il lampo però scomparve veloce come era arrivato, lasciando il posto ad un accenno di sorriso.
Meredith ricambiò timidamente, anche se non poteva che pensare una cosa: quel sorriso era più freddo dei fiocchi di neve che ora avevano iniziato a cadere leggiadri dal cielo.
Era come se quel sorriso avesse congelato l’aria intorno a Tom, facendo nevicare.
Era un pensiero assurdo eppure…
Eppure Meredith non riuscì a togliersi la sensazione di gelo per tutta la giornata.
Quel sorriso le aveva gelato la pelle e quando fu sotto le coperte grigie nella sua camera, prese una decisione.
 
Sarebbe stata lontana da Riddle, per il bene di entrambi. Ciò che si era verificato l’altra notte era stato un errore, avrebbe dovuto imparare a controllarsi. Lui era troppo intelligente, avrebbe potuto spifferare tutto e rovinarle il suo piano di vivere nell’ombra il più possibile.
 
Meredith non sapeva che, nello stesso istante, Tom Riddle stava giurando la stessa identica cosa.
Entrambi giurarono di stare lontano dall’altro.
 
E nessuno dei due riuscì a mantenere la parola.
 

***
 
[1 Settembre 1941]
 
Tom Riddle si sedette alla tavolata Verde-Argenta, fissando con qualcosa di vicino al calore la Sala Grande-
Finalmente l’attesa era finita, finalmente era tornato dove era destinato ad essere.
Strinse la mano intorno alla stecca di tasso, avvertendo quella piacevole sensazione: il potere.
Quasi non si accorse che qualcuno gli si era seduto accanto finché non avvertì una voce fastidiosamente conosciuta rivolgerglisi.
«Quella spilla è quello che penso io? Prefetto?»
Abraxas Malfoy sedeva davanti a lui, i capelli lunghi e di un chiarore quasi innaturale che gli cadevano sulle spalle.
Lo fissava con quel ghigno prepotente, ma Tom poteva vedere con chiarezza gli occhi azzurri che si muovevano incerti, pronti a fuggire al minimo segno di pericolo.
Riddle fece qualcosa di simile ad un sorriso, mentre con la mano lucidava la spilla dorata fissata sulla sua divisa.
«Stupito, Abraxas? Non credevo ci potessero essere dubbi.»
Quando il gufo aveva portato la lista dei libri e il ragazzo aveva notato il pacchetto sapeva già cosa vi avrebbe trovato dentro.
Chi, meglio di Tom Riddle, lo studente modello, avrebbe potuto ricoprire quel ruolo?
Era un altro passo verso il suo obbiettivo.
Un altro passo verso il compimento del suo destino: comandare.
«Come al solito hai il cervello di uno scarafaggio, Ab. Era ovvio che Tom sarebbe diventato Prefetto.»
A parlare era stato Amadeus Nott, un ragazzo dai capelli neri, il fisico scultoreo e gli occhi più scuri della notte.
Ovvio che tutte le ragazze, Serpeverdi o meno, impazzissero per lui.
Malfoy fece una smorfia infastidita e si voltò per parlare con uno del sesto anno, mentre Amadeus si girava verso Riddle.
«Estate pessima come sempre?»
Tom ghignò sarcastico.
«Tu che dici? Un’intera estate senza magia, libri o qualsiasi cosa di anche solo vagamente differente dallo squallore che fa da padrone in quel buco.»
Tutti sapevano delle umili origini di Tom, ma nessuno ne avrebbe mai fatto accenno senza timore.
Nessuno tranne Amadeus Nott.
Era la cosa più vicina ad un amico: il braccio destro, la spalla, il confidente; se necessario.
State bene attenti a non illudervi però: Tom non aveva amici.
Non avrebbe esitato un solo istante dall’uccidere Amadeus, se si fosse presentata un’offerta migliore.
Tom era solo un orfano, ma attirava rampolli purosangue come la luce attirava le falene.
Li bruciava, come la luce bruciava le falene.
Druella e Evan Rosier si accomodarono accanto a loro, insieme a Alexander Zabini e Sebastian Goyle.
La compagnia era ora completa.
Druella sfiorò con la mano il braccio di Tom; negli occhi pazzi lo sguardo adorante che riservava solo a lui.
Occhi così chiari da far paura: sembrava che tutta la luce del mondo si fosse concentrata in quelle iridi; accecando chiunque le si avvicinasse.
Era la Serpeverde più temuta: la sua instabilità emotiva era ormai famosa.
Molte ragazze si erano ritrovate in infermeria perché le avevano rubato il ragazzo, o anche solo salutato.
Era simile a Tom per quell’aspetto: amava rimarcare la proprietà.
Eppure Tom la detestava: sapeva della sua ossessione per lui e l’unico motivo per cui non l’aveva ancora punita era il suo cognome.
Rosier.
Una famiglia antichissima di purosangue: il padre di Evan e Druella era dopotutto il capo del Dipartimento del Controllo Magico Estero.
In poche parole era in contatto con i maghi più potenti del mondo, e Tom si sforzava di ricordarselo ogni volta che sentiva l’esigenza di cruciare Druella fino a farle perdere quel sorrisetto idiota.
La fulminò con lo sguardo, ritraendo il braccio disgustato.
Nessuno aveva il permesso di toccarlo senza il suo consenso. Nessuno.
Druella arrossì per un secondo, prima di tornare a sorridergli e prendere la parola.
«Sono così felice di rivederti, è stata un’estate tremendamente noiosa senza di te, Tom.»
Il modo sdolcinato in cui pronunciava il suo nome gli faceva venire il voltastomaco.
Avrebbe voluto sciacquarle quelle labbra indegne di chiamarlo fino a farle perdere ogni traccia di colore dalla pelle.
Ma si limitò a sorriderle mellifluo, per poi distogliere lo sguardo e guardarsi attorno.
Il suo sguardo si puntò irrimediabilmente sul tavolo dei Corvonero, indugiando su quel posto vuoto.
Come al solito non l’aveva vista per tutta l’estate.
Anzi, non l’aveva più vista da quella volta.
Distolse lo sguardo, infastidito dall’importanza che continuava a ricoprire nelle sue elucubrazioni.
Era meglio. Meglio se se ne fosse andata dalla sua vita.
Era pericolosa, dannatamente pericolosa.
I pensieri vennero interrotti dal richiamo del professor Dippet, il preside della Scuola.
«Bene ragazzi, vi do un caldo benvenuto alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.»
Stupido idiota. Tom sapeva che la sua influenza non era nemmeno un decimo di quella di Albus Silente, il preside non in carica.
Dippet era anziano, lento e tremendamente ingenuo.
Se fosse rimasto solo lui, ingannarlo sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Ma Tom sentiva chiaramente quegli occhi azzurri dietro agli occhiali a mezzaluna che lo squadravano anche in quel momento; cercando di intuire i suoi pensieri.
«Prima di dare inizio al consueto banchetto, vorrei invitarvi a dare il bentornato ad un’alunna che si era assentata per motivi personali. Meredith Smith!»
Il cuore di Tom perse un colpo. La vide entrare dal portone, percorrere tutta la strada fino al leggio e posizionarsi accanto al preside.
Meredith era cresciuta in quei due anni, era diventata una donna.
I capelli le arrivavano poco sotto le spalle ed erano raccolti in una treccia. Anche sotto la divisa si potevano intuire le curve femminili che si erano delineate durante la sua assenza, mentre il sorriso sembrava più sicuro.
Ma l’unico punto di domanda rimanevano loro.
I suoi occhi.
Tom non poté fare a meno che guardarli: erano di quel verde unico che si ricordava e il ragazzo sentì chiaramente le mani tremare, solo per un secondo.
Meredith non l’aveva visto lo sguardo che abbracciava tutta la sala.
Dopo il breve applauso lei poté accomodarsi al suo posto, nella tavolata Bronzo-Blu.
Il preside continuo a parlare ma il Serpeverde non lo ascoltò, tenendo lo sguardo puntato su di lei.
Cercava di carpire le sue emozioni, le sue intenzioni.
Chiacchierava animatamente con i suoi migliori amici, quegli idioti dei Lovegood, e sembrava fosse a suo agio.
Tom stava giusto per distogliere lo sguardo quando lei si voltò.
L’aveva sentito. Aveva percepito il suo sguardo su di lei.
Si studiarono un secondo in silenzio e Riddle avvertì chiaramente una scarica di energia ai polpastrelli, mente quegli occhi verdi lo fissavano senza in realtà avere il coraggio di guardarlo negli occhi.
Qualcuno l’avrebbe chiamata attrazione.
Silente l’avrebbe definita amore.
Tom Riddle a nove anni lo chiamò stupore.
Ma in quel momento, Tom Riddle arricciò le labbra in un ghigno di trionfo.
Lui sapeva cosa fosse quella sensazione, l’aveva abbracciata e conosciuta duranti quegli anni ad Hogwarts.
Meredith l’avrebbe poi definita come paura, molti anni dopo.
 
Ma Tom Riddle in quel momento lo chiamò potere.
Un potere che lo aveva stregato sin da subito, incuriosendolo.
Un potere su cui aveva fatto ricerche ma che ancora non comprendeva.
E se c’era qualcosa che non avrebbe potuto sopportare era l’ignoranza.
Meredith era pericolosa e Tom decise di rompere il patto fatto a nove anni.
L’avrebbe dovuta studiare, esaminare, controllare; affinché non rovinasse i suoi piani.
Tom iniziò a mangiare con una sensazione inebriante in corpo.
Quello si prospettava un anno molto interessante.


Note:
(1) Si tratta di una citazione di Harry Potter e il Principe Mezzosangue.

 
* Angolo Autrice *

Bene, ecco a voi il primo, vero capitolo di questa fan fic!
Qui si inizia a capire un po' il rapporto contorto tra Tom e Meredith e in particolare dal punto di vista del primo. Tom è un personaggio estremamente complesso e spero di averlo reso nel modo migliore possibile. Voglio però fare qualche precisazione, nel caso vi risultasse poco chiaro. 
Il titolo (come tutti i titoli di questa storia) è formato di una sola parola che definirà ciò che accadrà.
In particolare, in questo primo capitolo si parla del primo incontro tra Meredith e Tom da piccoli e del primo da "grandi".
Meredith si era infatti allontanata per motivi che si capiranno nel prossimo capitolo.
Tom sin da subito la teme perché non la conosce: sa che lei ha qualcosa di strano e questo "potere" lo mette in difficoltà. Ma se da piccolo cede alla paura e decide semplicemente di evitarla; da adolescente vuole saperne di più.
Arriva a pensare di poterla "controllare", come si dice nel testo.
Tom è arrogante e il pensiero di lasciare questo mistero irrisolto non gli passa nemmeno per la mente. Decide quindi di rompere il patto con sé stesso e di avvicinarsi a Meredith.
Ci riuscirà? Questo ve lo svelerò solo nel prossimo capitolo XD
Intanto ringrazio di cuore
Psyco XD e Maya_Potter che hanno recensito a dir poco entusiasticamente il prologo e mi hanno lasciato un sorriso a trentadue denti, cambiandomi la giornata ;) Grazie mille! Invito anche i lettori silenziosi a dire la loro, facendomi sapere cosa ne pensano di questo lunghissimo primo capitolo - sempre che qualche anima pia riesca a leggerlo tutto XD - e ringrazio chi vorrà anche solo metterlo tra le seguite! Mi propongo di scrivere ALMENO un capitolo a settimana, quindi entro giovedì prossimo avrete il secondo capitolo ;) Spero di sentirvi in molti e vi saluto con un bacione! <3

 
  
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