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Autore: Maybeisyou    24/07/2014    2 recensioni
Luke: "Un mese fa ho incontrato una ragazza. Era così diversa da tutte quelle che ci seguono di solito..”
Calum: “Oh si, la ragazza del McDonald!”.
Smetto di scarabocchiare e alzo lo sguardo.
Luke mi guarda, io lo guardo. Riprende a parlare: “Si, lei Calum. Dicevo, ho incontrato questa ragazza per caso e.. Beh la storia la sapete.. Avrei voluto chiederle il suo numero di telefono, o la sua mail, o almeno il suo nome. Mentre non ne ho avuto la possibilità. E ancora oggi non ho idea di quale sia, il suo nome; o di che suono abbia, o se renda giustizia al suo sorriso timido..” dice mentre appoggia i gomiti alle ginocchia ed accenna ad un sorriso sbilenco, proprio come quando mi ha rivolto la parola per la prima volta.
“Quindi, signorina White, come si chiama?”
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Tell me that I'll see you again
'Caus I don't know, 
If I can let you go."



Azzurro.

Sto galleggiando nell’oblio. Sento una voce lontana che parla, preoccupata. Ma non riesco ad aprire gli occhi, non riesco a trovare la forza per riemergere da quella soffocante nuvola nera che mi ha inghiottita. La voce si fa sempre più vicina, e sento una guancia che mi brucia. Apro gli occhi. Luce. È tutto sfocato e i miei occhi si richiudono almeno cinque volte prima di mettere a fuoco una figura piegata sopra di me. Mi sento come se fossi appena nata, appena scaraventata nel mondo senza sapere da dove arrivo. Il ragazzo che sta chino su di me ha la fronte aggrottata e muove le labbra, ma non riesco a sentirlo. Accenno a rimettermi a sedere e un salvagente mi aiuta ad appoggiare la schiena al muro. Un salvagente forte, che mi tiene a galla, che non mi fa sprofondare di nuovo. Un salvagente di cotone nero, con qualche piega. Guardo smarrita il ragazzo e mi rendo conto che mi sta tenendo tra le braccia per non farmi cadere. È distante da me e riesco a mettere a fuoco i dettagli del suo viso: ha un ciuffo biondo alzato sopra la fronte, appare disordinato eppure sembra che ci siano volute ore per dargli quell’effetto “naturale”. Faccio scorrere lo sguardo e incrocio il suo: ora sembra un po’  più rilassato e automaticamente, mi rilasso pure io. Mi perdo. Annego ancora, ma stavolta annego nel blu. O meglio, nell’azzurro. I suoi occhi sono due pozzi d’oceano, hanno tutte le sfumature possibili, e quando la luce ci batte sopra diventano verde acqua. Sono assolutamente perfetti, e mi chiedo per un secondo se non siano opera di qualche lente a contatto. Chiudo i miei per un secondo, perché sono stanca, enormemente stanca. E mentre li riapro inizio a ricordare tutto: la Sprite, Luke, la corsa e il nero.

“Ehi.. Stai bene?” mi chiede con un sorriso. È ancora inginocchiato di fronte a me.
“Si.. Sono svenuta vero?” gli chiedo confusa. Mi porto una mano alla testa perché sta iniziando a pulsarmi come la base di Don’t Stop, tanto per rimanere in tema.
“Si, insomma, ti stavo urlando contro e di colpo hai chiuso gli occhi e sei caduta a terra. Sono riuscito a prenderti prima che sbattessi la testa. Ho chiamato un TAXI, per farti accompagnare in ospedale e..”.
Lo interrompo subito: “No, non serve! Sono soggetta a questo genere di cose, e ci sono abituata. Tra poco starò meglio e riuscirò ad andare a casa da sola, non devi preoccuparti..”. Lo guardo e mi accorgo che è davvero colui che riempiva le mie giornate con la sua voce, e che sentita così da vicino è ancora più profonda. Sorrido automaticamente e lui mi guarda confuso.
“Ne sei sicura? Perché non è che con un sorriso mi convinci..” dice mentre sorride pure lui.
“Si Luke, sul serio..”
“D’accordo, allora ti riaccompagnerà a casa. Lo avrei fatto io ma sono in ritardo, anzi proprio ormai ho quasi perso l’appuntamento e i ragazzi saranno preoccupati, perché sono uscito di corsa e non ho lasciato detto dove sarei andato..” dice.
“Oh, se sei di fretta vai pure, aspetto io..” dico cercando di essere convincente. Non voglio che si rovini la carriera o qualcosa di simile perché il mio cervello ha deciso di prendersi un attimo di standby.
“Assolutamente no, faccio una telefonata e avviso che li raggiungo nella seconda radio in cui abbiamo appuntamento oggi.” dice mentre compone velocemente un numero e si allontana di qualche passo. Approfitto di questa sua lontananza per aggrapparmi al muro e trascinarmi in piedi, in qualche modo. La strada in cui ci troviamo gira, il cielo gira, insieme alle nuvole e a Luke. Mi aggrappo forte al muro e, con il respiro irregolare, riesco a tenermi in piedi. Muovo qualche passo insicura, come un piccolo cavallino che muovo i suoi primi passi. Luke riattacca e si volta verso di me, e sorride vedendomi in piedi. Si avvicina e si ferma di fronte a me. Mi supera di ben 15 centimetri e io mi sento ancora più fragile accanto a lui.
“È tutto sistemato, a breve il TAXI dovrebbe essere qui e i ragazzi avviseranno del mio ritardo..”
“Grazie Luke, davvero. Mi spiace averti fatto finire in questa brutta situazione, e mi spiace anche per come mi sono comportata prima. Ho agito d’istinto, non volevo scombussolarti la giornata..” dico abbassando lo sguardo. Lo sento ridere, una risata bellissima, una di quelle chiare e limpide che ti fanno venire voglia di ridere tanto, perché sono contagiose.
“Non dirlo nemmeno per scherzo, ero uscito per staccare la spina da questa vita frenetica e ora non ho più pensieri. E poi, ho una storia divertente da raccontare.. Beh, a parte il tuo svenimento. Sicura di sentirti bene?” la risata si dissolve lasciando spazio ad un tono più preoccupato.
“Assolutamente, mi sento come nuova” mento con un sorriso.

Il TAXI arriva in quel momento e saliamo uno dopo l’altro. Il viaggio si svolge in silenzio, e riesco a lanciare qualche sguardo veloce al profilo di Luke, che guarda fuori dal finestrino. La radio in cui i ragazzi devono essere intervistati è poco distante da dove eravamo, così lui scende per primo. Il taxista prende due banconote che Luke gli allunga dal sedile posteriore prima di aprire la portiera e andarsene. Scende, richiude la portiera e si volta verso la macchina. Abbasso il finestrino.

“Grazie, per tutto. E ti chiedo ancora scusa..” dico mentre lui si avvicina.
“Non c’è di che, mi spiace solo che non hai voluto farti accompagnare in ospedale.” Risponde lui con un sorriso.
“Oh, davvero non ce n’è bisogno.. Ora è meglio che ti lasci libero, grazie anco…” mi blocco quando un bodyguard si materializza a fianco di Luke e inizia a sbraitare in inglese. Probabilmente erano davvero tutti preoccupati per lui. Luke fa un passo verso l’edificio di fronte al quale siamo fermi e il taxista lo prende come segno di congedo, così riparte. Lo fulmino con lo sguardo e mi rivolto, ancora verso Luke che sta fermo sul marciapiede e mi guarda andare via. Alza un braccio e io lo saluto dal finestrino. Così, nello stesso giorno, è entrato ed uscito dalla mia vita. Come un temporale. 


Un mese dopo.

Dicembre e la città è mosaico di luci e addobbi. Nel mio appartamento la musica rimbomba mentre sto sdraiata sul letto di fronte al computer. Nell’ultimo mese ho controllato perennemente tutti gli account ufficiali dei ragazzi, sperando di scoprire se erano a Milano ancora per qualche giorno: non ho avuto nessun tipo di notizia. Il vuoto. La mia unica occasione bellamente sprecata. Sono le 23:08 e, stanca, chiudo il PC per infilarmi sotto le coperte. Si prospetta una giornata impegnativa.

Mi alzo e senza rendermene conto sono in ritardo, così cerco di fare del mio meglio per mostrarmi presentabile nonostante il poco tempo avuto a disposizione: mi infilo un paio di stivali marroni che arrivano fino al ginocchio, e metto il giubbotto pesante, andando a coprire il pesante miniabito verdone che ho indossato per l’occasione. Infilo il computer nella tracolla e corro sulle scale mentre cerco di mettermi gli orecchini di perle ai lobi. Mi do una rapida occhiata allo specchio che sta di fronte all’ascensore quando arrivo in fondo alle scale: sono dannatamente professionale e per una volta, sono soddisfatta del risultato.
Arrivo in Università in perfetto orario, ringraziando il cielo che i tram non hanno ritardato nemmeno di un minuto. Entro in classe e questa volta mi trovo di fronte solo il professor Rossi, Gio e un altro ragazzo.
“Buongiorno signorina White, credo che ora siamo al completo! Possiamo partire anche ora, se siete d’accordo..” dice il professore.
“Buongiorno a Lei..” rispondo rimanendo sulla porta, visto che si stanno alzando tutti e tre diretti verso l’uscita dell’Università.

Oggi è un giorno importante, quasi non ci credevo quando sono stata l’unica ragazza selezionata di tutto il corso, nonché l’unica matricola: abbiamo un’intervista da realizzare. Il Professor Rossi non ci ha rivelato nulla, se non che avremmo dovuto essere professionali e pronti a scrivere di qualsiasi argomento, nonché pronti ad affrontare qualsiasi situazione ci si fosse presentata di fronte. Saliamo in fretta sul tram numero 8 e scendiamo cinque fermate dopo. Siamo di fronte al Principe di Savoia, e le mie gambe iniziano a tremare. Perché mai dovremmo entrare in quell’hotel dove ho cercato di intrufolarmi almeno tre volte negli ultimi anni? Ci passiamo di fronte e mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo.
“Sei tesa?” mi chiede Gio, che cammina al mio fianco. Lo guardo e mi accorgo che è davvero bello: ha i capelli marroni che si ribellano a qualsiasi tentativo di tenerli al loro posto, due occhi nocciola che, al contrario dei miei, non sono insignificanti. E poi sorride e ti fa sentire a casa.
“Un po’, insomma.. Non ho idea di dove siamo diretti e non so nemmeno cosa dovremo dire o fare..” rispondo stringendo la mia tracolla. Ci troviamo di fronte ad un altro Hotel e, distratta dalle parole di Gio, non mi rendo conto che ormai siamo di fronte alla reception. Il professor Rossi parla con un uomo in smoking che sta di fronte alle scale, poi si volta e ci fa segno di seguirlo. Iniziamo a percorrere i gradini e le mie ginocchia iniziano a tremare per la tensione.

Ci fermiamo al secondo piano, di fronte ad una porta grande e ben lavorata. Il professore si volta verso di noi:
“Bene ragazzi, in bocca al lupo. L’unico consiglio che posso darvi in questa sfida è: cercate di parlare col cuore e di soddisfare le vostre curiosità..” conclude con un sorriso. Si volta verso la porta e bussa.
Ci apre una donna con degli occhiali sul naso, ci sorride e ci fa segno di accomodarci. Così muovo un passo dietro al professore ed entro per prima, facendo un respiro profondo e curiosa di sapere in cosa consiste questa nostra strana e singolare sfida. Al centro di questa grande sala in stile Liberty ci sono due grandi divani in pelle marrone. Infondo alla stanza, appoggiato al muro, c’è un tavolo che presenta un buffet, probabilmente allestito per la fine dell’intervista.
Quattro ragazzi ci stanno accanto, e ridono mentre assaggiano qualcosa. Quasi il mio cuore si ferma quando mi rendo conto di chi ho di fronte. Strabuzzo gli occhi e mi trattengo dall’urlare, perché davvero non ero preparata a questa meravigliosa sorpresa. Faccio per voltarmi e scappare via, perché di colpo mi rendo conto che dovrò intervistarli, dovrò fare domande intelligenti e in quel momento non ho nulla di intelligente da dire. Ma finisco solamente con lo sbattere addosso a Gio che, curioso, mi guarda per capire cosa ho in testa in quel momento. I ragazzi non si rendono nemmeno conto che siamo entrati nella stanza, così ci sediamo in silenzio su un divano e la donna che ci ha aperto la porta va ad avvisarli. Guardo il nostro professore e, vedendo la mia espressione, mi dice:
“White, è tutto apposto. Ecco di cosa si tratta: quei quattro ragazzi sono una band emergente da come ho capito, e mi è stato chiesto di intervistarli, ma visto che voi siete i miei tre migliori studenti, ho deciso di lanciarvi una sfida e di permettervi di muovere qualche passo nel mondo del giornalismo. La vostra intervista finirà sul giornale e, grazie a qualche contatto, magari vi verrà chiesto di farne altre..”
“Prof.. Avrebbe dovuto dirci in cosa consisteva la sorpresa! Lei non ha capito bene la situazione probabilmente: quei quattro ragazzi non sono emergenti per niente e si da anche il caso che si tratta del mio gruppo preferito. Rischio davvero un crollo nervoso in questo momento!” dico a bassa voce, sentendo l’ansia che cresce dentro di me ogni secondo che passa. Il professore ride e mi dice: "Beh allora mi ringrazierà: le ho permesso di incontrali!". 
“Sta zitto Calum!” urla Ashton, seguito da quattro diverse risate. Le loro voci si fanno sempre più vicine e io non riesco più a tenere lo sguardo lontano da loro, così lo alzo. Li guardo che si avvicinano e sembra che neppure abbiano fatto caso a noi quando, tra l’eco delle loro risate, una testa bionda si volta e io mi imbatto nell’azzurro di Luke.
E, inevitabilmente, ci annego dentro. 


                                                                                  

Ciao bellezze!
Ecco il terzo capitolo! Ho ricevuto delle bellissime recensioni, affiancate da una non molto carina. Quindi, per questo motivo, vorrei davvero conoscere il parere di chi passa di qua e legge la mia storia. Spero in tante altre belle recensioni! 
Comunque, chiedo scusa per il papiro chilometrico e ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggerlo. Se avete curiosità o idee o qualsiasi altra cosa da chiedere, non esitate! Io sono qui :)
Con questo vi lascio, sto preparando la valigia visto che tra pochi giorni me ne vado al mareeee! 
Un grosso bacio, vostra V. 


 
   
 
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