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Autore: Northern Isa    24/07/2014    1 recensioni
Inghilterra, XI secolo. Una terra di cavalieri e stregoni dominata da re Ethelred l'Impreparato, sopravvissuta alle incursioni vichinghe, si appresta ora a vivere un periodo di pace.
Nonostante la tregua, l'equilibrio tra maghi e Babbani è sempre più instabile, non tutti i Fondatori di Hogwarts condividono l'operato del sovrano e c'è chi auspica un dominio dei maghi sull'Inghilterra. Una nuova minaccia è alle porte: Sweyn Barbaforcuta e i suoi Danesi sono ancora temibili, e questa volta hanno un esercito di Creature Magiche dalla loro. Roderick Ravenclaw, nipote della celebre Rowena, farà presto i conti con quella minaccia. Ma scoprirà anche che il pericolo maggiore per lui proviene dal suo passato.
[Questa storia partecipa al contest "Gary Stu, noi ti amiamo" di Santa Vio da Petralcina]
Genere: Angst, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corvonero, Godric, Nuovo, personaggio, Priscilla, Corvonero, Salazar, Serpeverde, Serpeverde, Tassorosso, Tosca, Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Capitolo 15

Dopo la prima discesa nella Camera dei Segreti, Lord Slytherin fissò per i suoi allievi un incontro a settimana di due ore, nel cuore della notte. I ragazzi erano meno agitati rispetto alla prima lezione, ma la Camera continuava ad esercitare su di loro un fascino sinistro.
Da quando avevano iniziato quegli incontri segreti, per Roderick era come se fosse giunta la primavera a sbrinare gli incubi e i timori di un inverno durato anni. La guerra contro i Danesi, una realtà che ritmicamente sembrava ritrarsi, per poi avvicinarsi e tentare nuovamente di afferrarlo, aveva prodotto nel suo animo un senso di inquietudine così consolidato che lui stesso aveva smesso di notarne l’esistenza. Il timore per sua zia e per il suo futuro suocero, sempre più esposti, per le famiglie dei suoi compagni di studi, per la salvezza di tutti loro, l’essere combattuto tra il voler restare protetto dalle mura di Hogwarts e il sentirsi inutile e frustrato perché lontano dal conflitto, tutte quelle realtà erano diventate fin troppo familiari, tanto che Roderick si era accorto consapevolmente di loro solo quando aveva iniziato a scacciarle grazie agli incontri clandestini nella Camera dei Segreti. Solo in quelle occasioni aveva l’impressione di acquisire nozioni e abilità veramente utili ed efficaci contro i nemici. Solo allora sentiva la sua forza crescere, insieme alla sicurezza di sé.
Stupeficium, Petrificus Totalus, Mobilicorpus, Oppugno, Lacarnum Inflamarae, Everte Statim, Incarceramus e gli altri incantesimi insegnati loro da Lord Gryffindor erano certamente utili, ma in guerra non sarebbero stati sufficienti. E anche se il Lord insegnava loro ogni minima caratteristica delle Creature Magiche giunte dalla Danimarca, le esercitazioni contro di loro, a parere di Roderick, erano state insufficienti. Non avevano creature sottomano contro cui combattere e usare gli incantesimi specifici insegnati da Lord Gryffindor, per questa ragione occorreva imparare delle fatture magari più generiche, ma dall’impatto maggiore ed efficaci in ogni situazione. In questo, le Arti Oscure fornivano un grande aiuto.
Lord Slytherin aveva insegnato ai ragazzi il Siccitatibus Infirmitate, un incanto che provocava sete, debolezza e vertigini, fino alla perdita dei sensi, l’Inania Lumina, che rendeva gli occhi del nemico ipersensibili alla luce, l’Ulceribus, che provocava piaghe purulente quasi insanabili, e l’Exper Halitus, in grado di solidificare l’aria nei polmoni del nemico. Si erano esercitati su carcasse di creature o sugli Elfi Domestici, il che era stato pietoso, soprattutto all’inizio, ma poi i ragazzi si erano abituati. Cos’era la vita di una creatura inferiore, quando centinaia di maghi come loro combattevano contro i Danesi? Quello era l’unico modo per fare pratica, inoltre nessuna esercitazione aveva condotto alla morte.
Quella notte, il Capocasa aveva insegnato agli studenti l’ultimo incantesimo di sua invenzione, l’Imber, capace di far piovere sull’avversario delle gocce dure come sassi. Non avevano avuto bisogno di creature per far pratica, e Baldric aveva scoperto con soddisfazione quanto quella fattura gli fosse confacente.
Terminata la lezione, Lord Slytherin scortò i ragazzi fuori dalla Camera dei Segreti; man mano che tornavano verso la Sala Comune, l’eccitazione per la lezione scemava, sostituita da un crescendo di sbadigli e stiracchiamenti. Giunti nei sotterranei, i ragazzi si infilarono nei dormitori. Roderick disse ai suoi compagni che li avrebbe raggiunti presto e aspettò che anche Lamia andasse a dormire, per poi voltarsi verso Lord Slytherin. Tre giorni prima, il suo Capocasa gli aveva fatto sapere che, dopo l’esercitazione di quella settimana, avrebbe voluto vederlo nei suoi alloggi per parlargli; per tre giorni Roderic aveva atteso con ansia quel momento.
Il Capocasa gli fece un cenno d’intesa, dopodiché uscì con lui dalla Sala Comune.
«Mio signore» disse Roderick, in attesa.
«Ti avevo detto che ti avrei dato disposizioni a proposito della missione che ho intenzione di affidarti. Ebbene, voglio che tu impari le Rune.»
Lord Slytherin si sedette dietro il tavolo di legno e congiunse le punte delle dita sotto il mento, scrutando il ragazzo con occhi vigili.
«Le Rune?» domandò questi, sbattendo le palpebre. «Ma, signore, non ho scelto quella materia tra le facoltative.»
«Peggio per te» rispose seccamente Lord Slytherin. «Devi imparare a parlare il norreno, è essenziale ai fini della tua missione. Provaci da solo, cerca qualcuno che ti aiuti, fa’ un po’ come vuoi. Ma bada di essere discreto: nessuno dovrà sospettare che stai imparando le Rune dietro mio ordine, sono stato chiaro?»
Roderick annuì, confuso, ma determinato ad obbedire. Si azzardò a chiedere al Capocasa qualche dettaglio in più sulla sua missione, ma questi lo congedò, sostenendo che fosse già abbastanza tardi e che Roderick avesse bisogno di dormire.

Quella notte, Roderick sognò di nuovo i lampi di luce rossa, ma lo inquietarono meno del solito: era come se il giovane sapesse in cuor suo che non potevano fargli del male, o che poteva combatterli.
Quando si mise a sedere sul letto, perfettamente sveglio, notò che alcuni dei suoi compagni di dormitorio si stavano destando in quel momento. Scese dal materasso, si lavò e si vestì con cura, dopodiché si preparò a lasciare la stanza.
«Dove stai andando?» domandò Alef, con la voce impastata di sonno, da sotto un groviglio di coperte. «Non abbiamo lezioni così presto.»
«Tranquillo, vado a trovare mia zia. Tu continua a dormire» sussurrò Roderick, infilandosi nello spazio tra la porta e il muro. In Sala Comune, alcuni ragazzi del secondo o forse del terzo anno stavano ripassando sugli appunti, probabilmente in vista di un’interrogazione, mentre due studentesse più grandi chiacchieravano a bassa voce su un divano. Roderick calcò con poche falcate rapide il tappeto con l’effige del serpente, dopodiché lasciò i sotterranei.
Aveva mentito ad Alef, non stava andando a trovare sua zia, ma Lady Ravenclaw entrava indirettamente in ciò che aveva in mente di fare.
Doveva imparare il norreno, così gli aveva detto Lord Slytherin, e lui aveva fretta di mettersi al lavoro e compiacerlo. Di sicuro non sarebbe stato in grado di farlo da solo, doveva chiedere l’aiuto di una persona competente e soprattutto riservata. Nessuno dei suoi amici seguiva il corso di Antiche Rune, l’unica eccezione era Brayden, ma i risultati che il ragazzo stava conseguendo erano troppo desolanti per permettergli di insegnare qualcosa a qualcun altro. Questo costringeva Roderick a cercare aiuto fuori dalla cerchia di amicizie più strette, il che, da una parte, non era totalmente negativo. Infatti avere a che fare con i suoi amici, o peggio con Lamia, gli avrebbe reso quasi impossibile mantenere il segreto su ciò che Lord Slytherin gli aveva chiesto di fare. La persona più adatta a insegnargli qualcosa era Abigail Preshy: aveva avuto a che fare con lei in diverse occasioni e la conosceva abbastanza da sapere quanto fosse discreta, inoltre i suoi meriti scolastici non erano un mistero per nessuno.
Roderick sapeva da Brayden e Lamia che quel pomeriggio avrebbero avuto lezione di Aritmanzia, e Lord Gryffindor avrebbe interrogato. Una persona precisa come Abigail stava di sicuro studiando, il ragazzo sperava che lo stesse facendo in biblioteca. Giunto alla meta, iniziò a muoversi silenziosamente tra gli scaffali, tentando di individuare la familiare figura minuta e slavata di Abigail tra i vari tavoli. Quando ci riuscì, un sorriso di trionfo si accese sulle sue labbra. Prevedibie, pensò, sedendosi di fronte a lei.
La strega sollevò gli occhi dalla pergamena stesa davanti a sé e sussultò nel riconoscere il nuovo avventore.
«Roderick, che ci fai qui?» sussurrò, sorpresa.
«Ti cercavo» rispose lui, ammiccando. Prese in mano la pergamena davanti alla ragazza e le diede un’occhiata rapida, per poi rinunciare a capire i calcoli che la mano della strega vi aveva tracciato. «Ti piacciono le Antiche Rune?»
«Se non l’avessi capito, questa è Aritmanzia» puntualizzò lei, storcendo il naso e sorridendo.
Roderick non si scompose affatto, ma si portò le mani dietro la testa per accomodarsi meglio sul sedile che occupava.
«Lo vedo, ma non mi interessa. Ho invece scoperto di recente che le Rune mi incuriosiscono non poco e mi piacerebbe studiarle. Mi chiedevo se ti andasse di darmi una mano.»
Abigail lo osservava, incredula.
«Allora perché non hai scelto di seguire Antiche Rune al terzo anno?»
«Te l’ho detto, ho iniziato ad appassionarmi solo di recente. Magari Lady Hufflepuff potrebbe ammettermi lo stesso agli esami di fine anno.»
Ormai la sorpresa della ragazza si era trasformata in aperto scetticismo.
«E non ti pare un po’ tardi per iniziare a studiare Antiche Rune l’ultimo anno?»
La strada che Roderick aveva seguito fino a quel momento era azzardata, la sua scelta poteva dirsi addirittura stupida, per questo doveva cambiarla.
«Sì, hai ragione, affronterò le prove finali senza Antiche Rune, ma tu accontentami lo stesso, ti prego.» Sciolse le dita da dietro la nuca e protese il busto verso di lei. Aveva bisogno di lei, se voleva obbedire a Lord Slytherin. Si rese conto del senso di urgenza che le stava comunicando solo quando vide il suo volto contratto riflesso nelle pupille di lei. «Al termine di quest’anno scolastico diventeremo degli Stregoni, lasceremo Hogwarts e dovremo affrontare tutto quello che c’è là fuori. Voglio solo conoscere la lingua del mio nemico» concluse stringendo le dita a pungo.
Abigail rabbrividì e distolse lo sguardo, Roderick sapeva di aver con buona probabilità risvegliato in lei un dolore ancora fresco.
«Va bene» rispose dopo un po’, con un filo di voce. «Ti aiuterò, se è quello che vuoi. Ora devo finire di studiare Aritmanzia, dovrai aspettare che finisca.»
E Roderick aspettò. Non aveva alcuna intenzione di alzarsi da quel tavolo, temeva che Abigail ci ripensasse e si tirasse indietro; lui non voleva lasciarla andare. La osservò così mentre studiava, con le braccia conserte e il busto contro lo schienale di legno del sedile. Sentendo lo sguardo del mago sulla sua pelle, la ragazza dapprima arrossì violentemente. Provò un paio di volte ad aprire la bocca per dirgli qualcosa, ma tornò sempre a concentrarsi sulla pergamena che aveva davanti a sé. Roderick sapeva di metterla a disagio, ma non l’avrebbe lasciata neanche per quella ragione.
Dopo l’imbarazzo iniziale, Abigail si era gradualmente immersa nello studio, concentrandosi così tanto da dimenticare quasi la presenza di Roderick a quel tavolo.
Il mago osservò l’indice della ragazza sfiorare delicatamente i bordi delle pagine di un libro che aveva tratto dalla sua bisaccia, i suoi denti mordicchiare l’estremità della penna con cui appuntava note in continuazione, la luce che filtrava dalla finestra colpirle il viso. Quando i doccioni del castello iniziarono a gettare un’ombra sui suoi zigomi pronunciati, Abigail posò finalmente la penna e sospirò.
«Bene, vogliamo cominciare?»
Roderick aveva immaginato che la ragazza avrebbe avuto bisogno di una pausa – se non altro perché nessuno dei suoi amici era stato così tanto tempo sui libri, senza fermarsi –, ma Abigail sembrava lucida. Così il giovane annuì brevemente e cambiò posto, per accomodarsi accanto a lei. La strega si alzò con la promessa di tornare presto e, quando lo fece, portava quattro o cinque tomi caricati sulle braccia. Li poggiò accanto a loro e aprì il primo.
«Risparmiati la storia, gli orpelli narrativi e le cose che non mi interessano: io voglio solo imparare a parlare norreno» chiarì Roderick, preoccupato dalle dimensioni dei libri.
Abigail non batté ciglio.
«D’accordo, direi allora che possiamo iniziare dal fuþark, l’alfabeto.»

Quando lasciò la biblioteca, Roderick sentiva le tempie che gli pulsavano e la testa che gli scoppiava. Abigail era un’insegnante decisamente più intransigente di Lamia, alla quale in fin dei conti importava solo che la loro Casa si distinguesse. La giovane Preshy non era così, era convinta che non fosse sufficiente memorizzare le nozioni per l’interrogazione, ma che bisognasse assimilarle, e per farlo occorreva ripeterle più volte. In altre occasioni, Roderick non le avrebbe dato retta, ma in quel caso non stava studiando per alcun esame, e occorreva che sapesse padroneggiare davvero quella lingua, così non aveva avuto altra scelta che assecondarla. Aveva comunque sospirato di sollievo quando la ragazza lo aveva salutato per andare alla lezione di Aritmanzia.
Lasciata la biblioteca, Roderick avrebbe fatto bene a tornare in Sala Comune per riposare un po’ prima della lezione di Cura delle Creature magiche, ma scoprì di avere voglia di una boccata d’aria fresca più che di rinchiudersi nei sotterranei. Attraversò così il portone del castello e si trovò con le caviglie immerse in qualche centimetro di neve. Faceva piuttosto freddo, ma lui era coperto a sufficienza, e quell’aria frizzante era proprio ciò di cui aveva bisogno. Iniziò così a passeggiare senza meta, calciando distrattamente qualche sasso di tanto in tanto. Non riusciva a smettere di pensare all’incarico che gli aveva assegnato Lord Slytherin. Aveva iniziato ad occuparsene, certo, ed era felice che Abigail avesse voluto accontentarlo, altrimenti non avrebbe saputo come fare. Però era anche curioso di sapere a cosa gli servisse imparare a parlare il norreno e cosa il Fondatore avesse in mente per lui. Il suo cervello passò così in rassegna una serie interminabile di ipotesi, una più fantasiosa dell’altra man mano che andava avanti ragionando. Ad un certo punto, le sue riflessioni furono interrotte dallo scricchiolare di passi nella neve. Quando si voltò, Lamia gli era già addosso.
«Si può sapere che fine hai fatto?» domandò la ragazza, irritata. Aveva stretto i capelli biondi in una treccia ed era avvolta in un pesante mantello di pelliccia.
«Io… sono uscito un attimo» rispose Roderick, dopo un istante di esitazione.
«Un attimo? È da stamattina che non ti vediamo.»
In quella, furono raggiunti anche da Baldric, Brayden, Alef e Ruben. Parvero notare il momento di tensione tra Roderick e Lamia, così rimasero incerti sul da fare. Solo il barone, dopo un po’, si sentì di invitare gli altri a muoversi.
«Lord Gryffindor ci sta aspettando, sbrighiamoci o faremo tardi.»
Lamia fu la prima a recepire il suo invito; superò Roderick senza guardarlo e si avviò verso il punto nel parco in cui avrebbero dovuto seguire la lezione.
Lord Gryffindor li stava aspettando al limitare della Foresta Proibita, con un piede poggiato su una gabbia di legno nella quale erano racchiuse delle Creature Magiche dall’aspetto simile a piccoli maiali. Non appena adocchiò gli ultimi allievi di Lord Slytherin, intimò loro di far presto.
«La lezione di oggi verterà su questi Nogtail» esordì, indicando con la punta dello stivale di cuoio graffiato e sporco di neve e fango le creature nella gabbia.
Roderick diede ai Nogtail un’occhiata fugace, per poi concentrarsi su Lamia, che era ritta a pochi passi da lui e sembrava invece concentratissima sulla lezione.
Lord Gryffindor iniziò ad elencare le caratteristiche di quelle creature, ma Roderick non lo ascoltava. Da una parte si sentiva a disagio per la reazione della sua promessa sposa, dall’altra era profondamente irritato.
«Lamia» le sussurrò all’orecchio.
La ragazza non reagì, così lui la chiamò di nuovo, finché lei non mosse le spalle e scosse la treccia, come reagendo davanti a un insetto fastidioso.
«Che vuoi?» sibilò in risposta, quando le fu chiaro che Roderick non si sarebbe lasciato ignorare tanto facilmente.
«Sapere perché fai così. Sembra che abbia ammazzato qualcuno.» La strega si voltò il tanto che bastava per lanciargli un’occhiata perforante, ma non rispose. Testardo, il giovane le si avvicinò ancora un po’. «Ho detto agli altri che sarei andato a trovare mia zia, ti pare così strano?»
«Non lo sarebbe, se tu fossi andato davvero da Lady Ravenclaw» ribatté, piccata.
In quella, lo sguardo di Lord Gryffindor intimò loro di smetterla. Roderick non rispose, sia perché non aveva voglia di farsi rimproverare o togliere punti dal Fondatore, sia perché la bocca gli era diventata immediatamente secca.
Cosa ne sapeva Lamia di dove era o non era stato? Il giovane continuò a ripetersi quella domanda nella mente, chiedendosi anche se la sua promessa sposa non sapesse di Abigail e delle lezioni di Antiche Rune che aveva iniziato a impartirgli.
La lezione di Cura delle Creature Magiche terminò, e gli studenti rientrarono al castello. Durante il pasto, Lamia e Roderick sedettero vicini, come al solito. Il giovane decise di tentare il tutto per tutto per mantenere la sua credibilità; se l’aveva già persa, quel tentativo non avrebbe potuto rendere la situazione peggiore di quanto non fosse già.
«Come fai a dire che non sono stato da mia zia?» domandò a bassa voce, sfoderando la migliore faccia tosta di cui era capace. «Mi hai visto da qualche altra parte? Hai visto lei da qualche altra parte? Francamente, il tuo pensar male mi delude.»
Lamia arrossì.
«No, è che la lezione di Volo di oggi con Lady Ravenclaw è stata sospesa, perciò credevo che lei non fosse al castello.»
«Infatti» rispose Roderick dopo un attimo di esitazione. «Ma quando è tornata io l’ho raggiunta.»
Lamia tornò a concentrarsi sul contenuto del suo piatto, come se le patate arrosto avessero potuto salvarla dal momento di imbarazzo in cui Roderick sapeva di averla fatta precipitare.
«Ma allora perché sei stato via così tanto, quando fino a una cert’ora Lady Ravenclaw non c’è stata?» gli domandò, quando furono nuovamente nei sotterranei.
Era come se la ragazza stesse tentando di trincerarsi dietro l’ultima ragione non ancora crollata che l’aveva portata a pensare male.
«Perché volevo farti una sorpresa.» Questa volta Roderick fu più lesto nel rispondere. Afferrò Lamia per le spalle, la costrinse a fermarsi, e le stampò un bacio così intenso che avvertì le labbra di lei ritrarsi sotto le sue. Risatine e commenti sussurrati dei loro compagni di Casa risuonarono alle loro orecchie prima che si staccassero. Quando ciò avvenne, Lamia era così rossa in volto che non disse più una parola.





NdA: Il Siccitatibus Infirmitate (“disidratazione, debolezza”), l’Inania Lumina (“occhi vuoti”), l’Ulceribus (“piaghe”), l’Exper Halitus (“privo di respiro”) e l’Imber (“pioggia”) sono incantesimi di mia invenzione.
Non ho cambiato il nome del corso di Antiche Rune in “Rune” perché, sebbene il Medioevo sia già un’epoca remota rispetto a quella di Harry e compagnia, le Rune precedono quell’epoca. Infatti secondo Wikipedia il runico risale al II secolo e ci sono state serie successive, tra qui quella vichinga, quella anglosassone e quella medioevale. Ricordo che c’erano già stati dei contatti tra gli Inglesi e i Vichinghi, perciò le Rune hanno già avuto modo di giungere in Gran Bretagna e, dato il loro potenziale magico, a Hogwarts.
Roderick parla di diventare Stregoni. Ne parlerò nel dettaglio più avanti, ma il riferimento è alle Fiabe di Beda il Bardo, in cui c’è scritto che il termine Stregone originariamente non era un semplice sinonimo di mago, ma indicava “una persona versata nel duello e nella magia marziale. Era anche il titolo che si conferiva ai maghi per aver compiuto delle imprese coraggiose, così come i Babbani possono venir nominati cavalieri per atti di valore”. Ho immaginato che all’epoca dei Fondatori esistessero degli esami particolarmente impegnativi a chiusura del ciclo di studi, che non facevano prendere M.A.G.O. ma facesse diventare “Stregoni”.

 
   
 
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