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Autore: mairileni    25/07/2014    3 recensioni
Di certo, non è stato un bacio di quelli che subito dopo ti vien voglia di pulirti la bocca con una manica per cercare di cancellarne ogni traccia. Gerard si chiede con tranquillità se ci sia l’eventualità che sia gay. Si risponde che non lo sa, ma che normalmente, se uno non è gay e viene baciato da un altro ragazzo, allora quella cosa del pulirsi la bocca con la manica dovrebbe farla subito.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte (*v*)/

 

Mi scuso se ci ho messo un po’, ma ho altre storie in corso e sto già cercando di sfornare capitoli a più non posso… vi ringrazio per il grande seguito! In particolare, grazie a MayQueen, placeboeffect_, OriginalPrankster, MySkyBlue182, SameMistakes_ e GwenCassandra per aver recensito! Grazie anche a chi già segue (nainai, fedenow, rocketqueenx, Les_  , Sunset_Lily) e a chi ha messo tra i preferiti (A Sekai e Bli) o tra le ricordate (rocketqueenx, Mayqueen).

Buona lettura!

 

 

pwo_   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[Due]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Vi ho portato un pensiero.

Frank solleva la mano in cui tiene un piccolo sacchettino e sorride.

- È gentile, da parte tua.

- Già.

- Sì, è molto gentile.

- Già.

Si fissano per una quantità di tempo indefinibile, che a quanto pare è la cosa che entrambi sanno fare meglio (specialmente Frank).

- Pensi... pensi di farmi entrare?

- ... Oh, ehm... sì, scusa. Prego.

Gerard gli fa spazio spostandosi da un lato mentre tossicchia imbarazzato; se lo sente passare di fianco assieme a un profumo che registra immediatamente come femminile, gli richiude la porta alle spalle e si fa dare la sua giacca per metterla nel portabiti dell’ingresso. Controlla distrattamente i movimenti del nuovo ospite, che ha preso a curiosare nel loro salotto. Per lui avrebbe una definizione che, anche se non vorrebbe, gli suona invariabilmente cattiva, qualunque sia la sua accezione: pansy. Molto poco gentile, certo, ma Frank sembra che ce l'abbia scritto in faccia. Pansy.

- E Mikey? - è l’inevitabile domanda di Iero.

- Arriva subito. Sei un pochino...

- In anticipo, già -, conclude per lui Frank, mentre analizza con evidente interesse un suppellettile sulla mensola sopra al tavolo centrale. Solleva gli occhi dalla statuina. - Scusami, Gerard.

- Per cosa?

- ... Per l’anticipo.

- Ah. Be’, sì, non c’è problema, immagino, ehm... vuoi sederti?

Gli indica il divano e tenta di pensare rapidamente. Argomento, argomento, argomento, trova un argomento, forza, forza, Mikey dove cazzo sei, argomento, argomento, argomento. Lo trova proprio mentre Frank accavalla le gambe e rilassa la schiena contro il divano con un lungo sospiro, pansy.

- Abiti molto lontano da qui? -, chiede.

- No.

Silenzio. D’accordo, d’accordo, evidentemente Frank è uno che lascia cadere facilmente il discorso. Anche questa volta, come ieri, nessuna traccia di disagio. Ha risparmiato ai suoi capelli due dita buone di gel e del trucco non c’è traccia, cosa che a Gerard quasi dispiace, perché, quando è truccato, Frank ha qualcosina in più. Artistico, ecco cosa. Gerard lo trova artistico. Si siede sulla poltrona di fianco a lui e intreccia le dita, osservandolo con attenzione mentre è voltato dall’altra parte.

- Forse mezz’ora era un po’ troppo.

- Come dici?

- No, dico, forse presentarmi mezz’ora prima era... un po’ troppo prima. L’anticipo è già disgustoso, ma trenta minuti tondi metterebbero in difficoltà chiunque, mi rendo conto. Se vuoi posso sparire e ritornare all’una.

- G-guarda che non è necessario.

- Ma sei a disagio.

Gerard si chiede se ci sia qualche meccanismo per cui, ogni volta che è a disagio, il suo interlocutore glielo fa notare, o lo fissa (o lo bacia, certo, perché ormai esiste anche questa variante). Frank non stacca gli occhi da lui nemmeno quando indica distrattamente il sacchettino che ha portato con sé, come per ricordare che Vi ho portato un pensiero, nel caso qualcuno se ne fosse dimenticato.

- Vuoi che lo apra ora? -, chiede Gerard. - Non aspettiamo anche Mikey?

- C’è un pensiero per te e uno per Mikey -, risponde con aria ovvia Frank.

- ... Oh. Grazie.

Glielo porge, guardandolo con attenzione, e Gerard si sente... studiato. Sì, “studiato” è la parola giusta. È da quando Fank ha varcato la soglia di casa, che gli sembra di essere la cavia di una specie di esperimento. Ecco cosa fa, Frank: lo sonda. Sì, sì, fa proprio così. Gerard apre il piccolo sacchetto usando soltanto la punta delle dita, come se si aspettasse di trovarci dentro una bomba che gli farà esplodere la faccia (poco ansioso, lui), o la testa mozzata di un qualche animale (poco macabro, anche). E invece no, sono solo due pacchettini, innocui, ben incartati. Uno rosso e uno blu.

- Il tuo è quello rosso. Pensavo che fosse un colore… non so, ti si addice -, notifica Frank, senza smettere di fissarlo.

Gerard si disfa della carta tentando di strapparla il meno possibile (un bel contrasto con Mikey, la cui furia distruttiva davanti ai pacchetti regalo dà quasi le vertigini). Una scatolina di plastica. Gesù. Potrebbe morire da un momento all’altro, lo sente: è un pennino a inchiostro per disegnatori, la cosa che più desiderava al mondo, e che ora... è sua, sì, gli è stata regalata e quindi è sua!

- Ti piace?

Avverte la velata preoccupazione che intride quelle due semplici parole, la trova insensata. È ovvio, che gli piaccia! Come potrebbe essere altrimenti?

- Certo che mi piace! È bellissimo! Lo volevo tanto! Io...

Frank sorride.

- Sì, sai, non ti conosco molto bene, ma a casa mia c’è la regola di portare almeno un regalo, quando si va a pranzo a casa d’altri. Non sapevo che cosa desiderassi, ma parlando con te ho scoperto del disegno. Mi sembravi troppo rassegnato all’idea che non sarai mai un fumettista, quindi mi sono detto: “Sicuramente gli manca!”... avevo ragione?

Gerard alza lo sguardo famelico che stava riservando al proprio regalo su di lui, annuisce senza motivo e, nonostante ci stia provando con impegno, non riesce a darsi un contegno.

- È fantastico, Frank! No, non ce l’avevo, ma avrai speso un sacco di soldi, e poi...

L’altro lo interrompe, scorciando con la mano come per spazzare via la fine di quella frase. Sembra contento di aver fatto centro, tutto lì.

- Mi fa piacere. Per Mikey ho pensato a un accordatore elettronico per chitarra; io lo uso, e secondo me è davvero irrinunciabile. È... il mio in bocca al lupo per l’audizione con il nostro gruppo, sai.

- Sei stato davvero gentilissimo.

Restano in silenzio almeno per un minuto; Gerard si rigira il pennino tra le mani con grande devozione e Frank gli riserva, di tanto in tanto, qualche divertitissima occhiata in tralice. Way considera, per la prima volta, un’idea folle. Quella di riprendere in mano il suo fumetto, temporaneamente chiamato Party Poison & The Killjoys, e di creare un personaggio sfacciatamente ispirato a Frank, con tanto di trucco. Non gli metterebbe nemmeno la mascherina, per far vedere il trucco, e poi…. si dà dello stupido quasi all’istante, accantona l’idea. Per disegnare una persona sotto forma di supereroe avrebbe bisogno o della persona stessa che posi per lui, almeno per prendere familiarità con i primi schizzi, o di alcune sue foto. Riflette. “Frank, poseresti per me perché io possa ritrarti?” No, suona stupido ed eccessivamente imbarazzante. “Frank, mi regaleresti alcune delle tue foto perché io possa ritrarti?”. No, nemmeno. “Frank, mi faresti toccare il tuo volto per conoscerne megl…” – Dio santo, no, no! Terribile, ridicolo e ambiguo. Si rassegna, dovrà andare a memoria, o, molto più consigliabile, dovrà rinunciare a inserire Frank Iero in Party Poison & the Killjoys. Non importa, si dice, non importa. Forse, questa ondata improvvisa di entusiasmo nei confronti di Frank è stata solo un effetto collaterale della gratitudine che prova ora nei suoi confronti, perché Frank potrebbe anche essere Hitler o Vlad l’Impalatore, ma gli ha appena regalato un pennino a inchiostro, ed è normale che, ora, Gerard abbia voglia di abbracciarlo per il resto della sua vita. Però deve mantenere la calma. Metti che poi si mette in testa che stiamo assieme.

 

 

 

 

 

 

Per Michael James Way, nessun regalo poteva essere più gradito di un accordatore elettronico per chitarra. Volteggia come una trottola in mezzo alla stanza – lui, non l’accordatore di chitarra –, abbraccia Frank sollevandolo da terra e festeggia come se avesse tredici anni anziché ventuno. Un po’ diversa dalla reazione di Gerard, che, per l’imbarazzo, a Frank non ha nemmeno stretto la mano (e non che quando uno riceve un regalo debba stringere la mano a chi glielo fa, però insomma, un minimo). Si preme contro lo schienale del divano sperando che lo fagociti, rosso come un peperone davanti alla scena gioiosa e manifestamente estroversa degli altri due. Perfino Frank ha allargato il suo sorriso-base, come Gerard lo definirebbe, fino a farlo diventare un sorrisone contento. Forse sono stato un po’  freddino, si dice. Continua a osservare la scena, che ormai dura da quasi due minuti. Sempre stato una persona grata, Mikey.

 

 

 

 

 

 

Nel conversare, Frank ha un grande talento. Parla bene, risponde al momento giusto, fa considerazioni interessanti e non è nemmeno di quelli che aspettano tu finisca di parlare solo per riprendere in mano le redini del discorso. Racconta del suo percorso di studi, della sua famiglia, della sua passione per la musica e per le band come i Green Day, del suo sogno di riuscire a diventare un front man dello stesso carisma di Billie Joe Armstrong, di sé, di dove è arrivato e di dove vorrebbe arrivare. Mikey commenta quello che dice e apre nuovi discorsi, Gerard si limita ad ascoltare, la faccia fissa nel piatto. Non è abbastanza in confidenza, ecco tutto. Fa roteare la forchetta attorno all'unica polpetta superstite.

- Sei un tipo forte, lo sai? -, biascica all'improvviso, interrompendo un racconto di Mikey.

Ecco, silenzio. Perché non posso semplicemente starmene zitto, porca di quella miseria…

- Come dici?

Eh, ormai.

- No, dico… sei uno forte, uno che si gode la vita alla grande. Mi sembra. Forse. Ok, no, lascia perdere.

- Grazie -, risponde con tranquillità Frank. - Penso l’avessi già capito alla festa, che la mia filosofia di vita è questa qui.

Lo fissa per qualche secondo, senza motivo, due occhi scuri ingombranti come non mai appiccicati ai suoi. Riesce a mettergli soggezione, anche se ha saputo da Mikey che ha ben quattro anni meno di lui. Ricambia a fatica lo sguardo, nella speranza che l’argomento “festa” passi subito nel dimenticatoio.

- Sì l’avevo capito -, risponde.

- Gerard. C’è qualcosa che ti turba?

- No, perché?

- Appena ho detto la parola “festa”, la tua faccia si è schiarita di quattro toni. - Pausa, sempre qui maledettissimi occhi inchiodati nei suoi. - Mi sbaglio?

- … Sì. Ti sbagli.

 

 

 

 

 

 

Si è tenuto alla larga da Frank finché non ha sentito la porta sbattere dietro alle sue spalle. In quel momento, Gerard si era già infilato dentro alla doccia, per evitare di doverlo salutare e di doverlo ringraziare ancora per quel regalo stupendo. Vigliacco. Ma con uno come Frank, non sai mai se nei saluti puoi perderti in abbracci ed effusioni senza essere frainteso, oppure se è meglio tendere la mano aspettando che te la stringa compostamente. Gerard è nella sua stanza, davanti a un foglio completamente bianco che aspetta solamente di essere riempito. Il pennino nuovo sta nella sua mano destra, in attesa. Gerard riflette: le parole che inaugureranno un oggetto prezioso come quello non possono essere parole casuali, devono essere scelte con cura. Non gli viene in mente nulla. Il suo nome? Banale. Il nome del suo fumetto? Banale. Il viso del protagonista di Party Poison & The Killjoys, una versione molto imbellita del suo? Banale. Il nome di Frank? ... Perché, poi. Niente, il vuoto più totale. Solleva lo sguardo sull’ultimo libro regalatogli da sua zia, un chirurgo mancato che ama dispensare testi di medicina ai parenti non appena se ne presenta l’occasione. È lì, intonso – e tale rimarrà, sia chiaro. Gerard ne legge il titolo, perché anche se i libri che gli regala sua zia non li aprirebbe nemmeno con la pistola puntata alla tempia, leggerne almeno i titoli gli sembra davvero il minimo dell’etichetta.

 

 

Ecstasy: Three Tales Of Chemical Romance

 

 

Beh, questo non è così banale. Scuote la testa come per scacciare il pensiero, risolve che ora ha solo voglia di inaugurare il suo stramaledettissimo pennino e cominciare a usarlo seriamente, senza troppe paturnie sul cosa e sul come. Prima però deve fare una cosa. "Il tuo è quello rosso. Pensavo che fosse un colore... non so, ti si addice". Cambia la fialetta di inchiostro nera. Rossa. La vuole rossa. Ecco fattoAbbassa la punta metallica sul foglio, piano piano, per godersi ogni istante. Che bellezza, ragazzi, un pennino nuovo di zecca. Scrive. Cazzo, se questo affare ha un bel tratto.

 

 

Chemical Romance.

 

 

Sì, così. Con il punto. Non è mai stato così entusiasta di due semplici parole scritte al buio sopra un foglio bianco. “Ti accechi!”, gli griderebbe sua nonna se potesse vederlo in questo momento. Rimira la sua opera – che poi capirai che opera, due parole – e scribacchia un’altra breve cosina, all’inizio, senza nemmeno pensarci. Quell’aggiunta gli viene naturale, è lì che deve stare. Riguarda ciò che ha scritto per l’ennesima volta e gli piace. Molto. Quel pennino è davvero fenomenale.

 

 

My Chemical Romance.

 

 

Oh, sì. Molto meglio.

Gerard sospira, chiedendosi che cosa stia facendo di preciso. Sto perdendo tempo, e alla grandissima, si risponde. Piega con cura il foglio in quattro, accertandosi prima che l’inchiostro sia del tutto secco, e lo ficca nella tasca della giacca che ha appeso dietro di sé, sullo schienale della sedia. Chissà perché, sente di non doverlo buttare via. Per nessuna ragione al mondo.

 

 

 

 

 

 

- Berkeley! -, grida Mikey, con gli occhi che gli brillano dalla gioia.

- …

- Berkeley!

- Guarda che non è che più lo ripeti e più mi piace, sai?

Il fratello si lascia cadere con malagrazia sul divano del loro salotto, sotto lo sguardo incredibilmente annoiato di un Gerard che, appena sveglio, altro non vorrebbe che tornarsene a dormire.

- Gee, e andiamo! Non andiamo a Berkeley Heights da quando eravamo piccolissimi, non puoi farmi credere che tornarci non ti interessi minimamente! Non puoi liquidare la notizia con una faccia annoiata!

- Posso benissimo, invece. Guarda. - Si indica il viso con l’indice.

Berkeley Heights, dieci minuti di distanza da Belleville e la bellezza di quasi (sia chiaro, quasi) diecimila abitanti, è un paesino del tutto anonimo in cui i fratelli Way, da bambini, usavano passare le vacanze natalizie in compagnia di nonna Elena. Mikey lo adorava. Gerard decisamente no.

- E andiamo, Gee, cerca di capire… se mamma ci ha chiamati per avvisarci che lei e papà sono riusciti a fare ristrutturare la casa che abbiamo lì, un motivo ci sarà. Pensaci: tutta questa fatica per concludere i lavori prima dell’anno nuovo, e poi nemmeno ci mettono piede. Ma ci avvisano che la casa è a posto. Probabilmente sperano che ci torniamo noi, per rilassarci un po’ dagli studi. No?

- …

Non c’è nulla di interessante, a Berkeley. Quando erano piccoli, non potevano mai uscire dalla loro villetta perché i genitori li lasciavano soli con la nonna, che faceva già non poca fatica a muoversi. Per questo, di quel paesino, gli unici ricordi che Gerard ha sono solo le immagini intraviste dal finestrino all’arrivo e il giardino in cui giocava con Mikey a palle di neve.

- Gerd?

- Mh?

- Allora, partiamo o no?

- Per quanto.

- Due giorni.

- Perché.

- In memoria dei bei vecchi tempi.

- Quanto ci vuole.

- Dieci minuti, se c’è traffico forse dodici.

- Dammi cinque buoni motivi per seguirti in  questa tua stressantissima, orrenda, insensata iniziativa.

- Uno, mamma e papà ci tengono, due, io non vedo l’ora di andarci, tre, c’è un salotto molto grande con tanto di camino, cosa che tu adori, quattro, è un posto molto rilassante e cinque, finalmente scopriremo che cosa c’è in quel posto oltre alla nostra casa.

- …

- … Allora?

Gerard sbuffa pesantemente.

- E va bene, e va bene, ho capito, hai vinto. Partiamo domani.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutte! Mi scuso per il capitolo molto breve, ma mi è uscito così. Spero sia stata comunque una piacevole lettura ^_^ Grazie di essere arrivate fin qui!

 

A presto!

 

pwo_

 

   
 
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