Cap
2
Hellen
venne svegliata dai raggi del Sole che filtravano attraverso la
finestra e le
colpivano il viso. Si stiracchiò pigramente, sorprendendosi
di non avvertire
nulla più che un lieve indolenzimento nel punto in cui Peter
l’aveva ferita.
Tirò su il bordo della maglietta, esaminando il fianco. Al
posto del taglio non
c’era che una piccola cicatrice sbiadita.
-
Quella rimarrà, non c’è modo di
toglierla. –
La
voce di Egle, così aveva scoperto che si chiamava
l’anziana infermiera, la fece
sobbalzare.
-
Non fa niente, sarà un ricordo del primo giorno della mia
nuova vita. –
-
Manto vuole vederti dopo colazione, faresti meglio a sbrigarti.
– aggiunse la
donna, porgendole un cambio pulito.
Si
trattava di una divisa composta da un paio di pantaloni e una
maglietta,
entrambi neri, e un paio di scarpe da ginnastica dello stesso colore.
-
Devi appuntare questa sulla spalla. – le spiegò,
porgendole una striscia di
tessuto rosso che ricordava vagamente i gradi dell’esercito,
- E mettere questo
intorno al braccio. – aggiunse, consegnandole questa volta un
bracciale dello
stesso rosso della striscia e delle pareti della Prima Casa.
Era
uno di quei bracciali che non andavano portati al polso, ma poco sotto
la
spalla, e per il resto era estremamente semplice. Ora che ci pensava,
ricordava
di averne visto uno identico al braccio di Ria e a quello di Peter.
Si
vestì in fretta, concedendosi solo una rapidissima occhiata
allo specchio prima
di uscire. Le onde corvine erano scompigliate, la carnagione pallida
sembrava
più chiara del solito e gli occhi violacei spiccavano in
modo inquietante. Non
era decisamente il modo in cui aveva sperato di iniziare il primo
giorno
effettivo al campo.
Del
resto tutti sapevano della figuraccia che aveva fatto con Peter quindi
era ragionevole
pensare che nessuno si aspettasse l’ingresso di una top model
o qualcosa del
genere.
Incredibilmente,
riuscì a trovare la sala mensa al primo tentativo, ma una
volta arrivata si
trovò davanti all’ennesimo dilemma: dove mangiare?
Manto
le aveva detto che i ragazzi delle Case potevano decidere se mangiare
nella
propria zona oppure unirsi a quelli delle altre Case e la cosa non
l’aiutava
certo ad ambientarsi. Vagò con lo sguardo tra i tavoli, alla
ricerca del volto
familiare di Ria o della chioma rossiccia di Zephyr, ma non
riuscì a
identificare nessuno dei due.
Stava
giusto per rinunciare e scegliere un posto a caso quando la voce del
figlio di
Amon le giunse alle orecchie.
-
Ehy, sei qui. Ero passato in infermeria, ma Egle mi ha detto che te ne
eri già
andata. – Poi, notando che non aveva la minima idea di dove
sedersi, la prese
per un gomito e la indirizzò gentilmente verso la porta a
vetri che conduceva
in terrazza. – Noi mangiamo sempre sulla terrazza sul mare.
–
Non
gli chiese chi intendesse con “noi”. Non era il
momento di fare la schizzinosa
circa la scelta delle amicizie.
Cogliendola
di sorpresa, comunque, Zephyr la scortò fino a un tavolo in
cui erano sedute
quattro ragazze. Se era imbarazzato dal fatto di essere
l’unico maschio
presente non lo dava affatto a vedere.
Hellen
si accomodò, rivolgendo un cenno di saluto a Ria che sedeva
leggermente in
disparte e giocherellava distrattamente con le uova strapazzate che
aveva nel
piatto.
-
Ragazze, lei è Hellen Shadow. – la
presentò.
Si
stampò un sorriso sul volto, sforzandosi di non pensare a
quanto fosse
imbarazzante essere sotto l’esame di ben quattro perfette
sconosciute.
-
Loro sono Hannah, Skyler e Nives. – aggiunse, indicando
rispettivamente una
ragazza dai capelli rossi, le lentiggini e l’aria simpatica,
una dai lisci
capelli scuri e gli occhi di un castano con venature verde scuro e una
ragazza
dai capelli color cioccolato, che sotto la luce del sole assumevano una
sfumatura rossiccia, e grandi occhi a mandorla di un bel verde scuro.
-
Sei quella che ha combattuto con Peter, vero? – chiese Nives,
scrutandola dalla
testa ai piedi come se stesse cercando di farsi un’idea ben
precisa.
Probabilmente
si stava domandando se fosse coraggiosa fino alla stoltezza o fosse
semplicemente una povera stupida con manie suicide.
-
Già, sono quella che ha affettato. – ammise,
dipingendosi un sorrisetto forzato
sulle labbra.
Sembrò
sospendere il suo giudizio perché le rivolse
un’occhiata di superiorità e si
limitò a commentare dicendo: - Dovresti allenarti di
più se vuoi provarci di
nuovo. –
-
Non fare caso a lei. È socievole quasi quanto Peter, ma non
è cattiva. – le
sussurrò all’orecchio Zephyr.
Come
evocato dalle sue parole, il diretto interessato fece la sua comparsa e
passò
loro accanto, dirigendosi verso il tavolo al lato opposto del terrazzo,
dove
l’attendevano alcuni suoi amici.
-
Nives … novellina. – salutò, asciutto,
proseguendo senza dar segno di aver
notato la presenza del resto del gruppo.
-
Buongiorno anche a te, eh, simpaticone. – gli
gridò dietro Zephyr.
Peter
scosse la testa, evidentemente infastidito, ma non diede altro segno di
aver
sentito le sue parole.
Hellen
lo seguì con lo sguardo finchè non lo vide
prendere posto accanto a Jack,
scambiarsi un paio di pacche amichevoli con lui, e salutare gli altri
due
ragazzi al loro tavolo.
-
Chi sono quelli? – domandò, selezionando con cura
un paio di fette di bacon
molto croccante dal vassoio al centro.
-
Quello con gli occhi di quel mogano inquietante è Austin,
l’altro è Caleb e
fidati se ti dico che non vuoi avere niente a che fare con lui.
– li presentò
Ria.
-
È come Peter? –
-
Peggio. –
Faticava
seriamente a immaginare che al mondo potesse esistere qualcuno con un
carattere
peggiore di quel ragazzo, ma Ria sembrava una che pronunciava giudizi
sulle
persone solo quando sapeva il fatto suo e pertanto non aveva alcun
motivo di
dubitare delle sue parole.
-
Peter è okay se non sfidi la sua autorità.
È l’Ulfric e gli piace ricordarlo. –
aggiunse Hannah.
Era
la seconda volta che sentiva quel termine e non aveva ancora la minima
idea di
cosa significasse. La sua espressione doveva lasciarlo intuire
perché la figlia
di Bastet si affrettò a fornirle una spiegazione
dettagliata.
-
Al campo c’è una gerarchia piramidale. Al vertice
dell’organizzazione ci sono
l’Ulfric o la Geri, a seconda se al comando
c’è un ragazzo o una ragazza, sotto
di loro ci sono lo Skoll e l’Hati che relazionano per la
Prima e la Seconda
Casa, infine ci sono il Fenrir e il Freki che relazionano per la Terza
e la
Quarta Casa. Si diventa Ulfric portando a termine le missioni e
vincendo i
confronti con tutti gli altri residenti nel campo. Peter lo
è diventato tre
anni fa e da allora si tiene il titolo ben stretto. –
-
Ecco perché è così borioso,
è convinto di essere più in gamba di tutti noi.
–
borbottò Ria.
-
Quindi Peter è a capo, e gli altri livelli chi li occupa?
–
La
cosa si stava facendo interessante mano a mano che capiva i meccanismi
che
regolavano l’organizzazione della vita al campo, e
più cose imparava prima
avrebbe smesso di sentirsi un pesce fuor d’acqua.
-
Lo Skoll è Jack, mentre l’Hati è la
nostra Hannah. Il ruolo di Fenrir lo ha
assunto Austin e quello di Freki Annalisa. – concluse Zephyr,
indicandole una
ragazza che sedeva al tavolo con uno sparuto gruppetto a dir poco
eterogeneo.
La
diretta interessata era una ragazza che gridava
“California” da tutti i pori:
ricci capelli castani con tanto di shatush biondo, occhi verdi e tutte
le curve
al posto giusto. Forse sentitasi chiamata in causa, si voltò
verso di loro e
inarcò un sopracciglio perfettamente curato in una strana
espressione che
poteva essere definita come un misto di curiosità, orgoglio
e sfida.
-
Quindi tu sei un pezzo grosso qui al campo. – concluse,
rivolgendosi ad Hannah.
La
ragazza abbassò leggermente lo sguardo, mentre le guance
assumevano una
sfumatura più rosata.
-
Si potrebbe dire di sì, ma non mi piace vantarmene.
–
-
Avresti tutti i motivi per farlo. Diavolo, io mi
vanterei in
continuazione al posto tuo. – esclamò Zephyr,
facendole scoppiare tutte a
ridere.
Doveva
ammettere che stava cominciando a rivalutare quel folletto troppo
cresciuto;
non era poi male, se si faceva l’abitudine al suo sarcasmo
onnipresente, anzi,
cominciava a diventare una delle caratteristiche che apprezzava di lui.
-
Posso farti una domanda? –
-
Dimmi, principessa infernale. –
-
Per prima cosa non chiamarmi così. Per seconda:
perché passi il tuo tempo solo
con le ragazze? –
Zephyr
inarcò un sopracciglio, sorridendo malandrino.
-
Mi piacciono le ragazze. –
-
Okay, questo l’ho capito, ma intendevo perché non
stai al tavolo con i ragazzi
e cose così. –
-
Tra me e Peter non scorre buon sangue e per quanto riguarda gli altri
… bè,
Simon è okay, mentre Eric certe volte mi mette in
difficoltà, è troppo intelligente
e mi fa sentire stupido, quindi non sto neanche al tavolo con loro. –
Peter
e il suo gruppo scelse proprio quel momento per alzarsi dal tavolo e
passare
accanto al loro.
-
Ehy, freak, non ci sono proprio speranze che cominci a darti una mossa
e a
dimostrare di essere un uomo, eh? –
A
parlare era stato il ragazzo dal pallore inquietante che le era stato
presentato come Caleb. Scrutava Zephyr dalla testa ai piedi con aria
sprezzante.
-
Penso che inizierò a farlo quando tu dimostrerai al mondo di
non aver
abbandonato per strada quel poco cervello con cui sei nato. –
-
Te lo faccio vedere io chi ha abbandonato il cervello, freak del cazzo.
–
ringhiò, sporgendosi in avanti come per afferrarlo.
-
Caleb, piantala. Adesso. – ordinò Peter,
afferrandolo per una spalla e
tirandolo indietro.
Il
ragazzo gli rivolse un’occhiata furente. – Questa
ragazzina di un freak mi ha
insultato, vuoi che lasci perdere così? –
-
Freak e ragazzina significano la stessa cosa, Caleb tesoro, la mamma
non te
l’ha insegnato? – lo stuzzicò, malevolo,
Zephyr.
Caleb
fece per lanciarsi nuovamente contro di lui, ma trovò il
torace di Peter a
ostacolarlo.
-
Ho detto di no. Jack, portalo a farsi un giro e a darsi una calmata.
–
Il
figlio di Thor annuì, afferrandolo saldamente per un braccio
e trascinandolo
dietro di sé.
-
È sempre un piacere fare quattro chiacchiere con te.
– gli urlò dietro il
rosso.
-
Non puoi proprio fare a meno di provocarlo, eh? –
-
No, non posso. –
Peter
si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli, e
puntò gli occhi grigi in
quelli di Hellen.
-
Allora, novellina, sei tutta intera? –
Hellen
annuì. – Sto a meraviglia, non si vede? –
-
Ho esagerato ieri, non avrei dovuto ferirti in quel modo. Comunque,
Manto vuole
che ti mostri la Casa, quindi seguimi. –
La
ragazza scambiò una rapida occhiata con Ria che
annuì, incoraggiante, come a
dire che non sarebbe potuto capitarle nulla di male durante quel breve
tour.
-
D’accordo, fammi strada. –
Raggiunsero
l’ingresso della Prima Casa in una decina di minuti.
Le
pareti interne erano tutte dipinte di rosso e presentavano decorazioni
serpentesche in ogni angolo. C’erano persino delle piccole
statue, in quello
che doveva essere ottone, che decoravano i basamenti delle colonne e le
cime di
librerie e armadi.
-
Ci sono altre tre Case: la seconda è l’edificio
interamente bianco con l’effige
del gatto, la terza quello giallo raffigurante lo scarabeo e la quarta
quello
grigio con lo sciacallo. Non è permesso dormire nelle altre
Case in alcun caso,
né entrarci se non si ha il permesso di chi vi risiede. Per
qualsiasi problema
parlane con Jack, con Hannah o con me. – concluse.
Hellen
annuì. Era tutto chiaro e sperava sinceramente di non aver
mai bisogno di
chiedere qualcosa a lui. Hannah le era simpatica e anche Jack non
doveva essere
poi così male, salvo il fatto di essere il migliore amico di
Peter a quanto
sembrava, ma il loro Ulfric continuava a non piacerle per niente.
-
Bene, ora che sai tutto, mi rimane da dirti una sola cosa: Manto ha
indetto una
riunione tra mezz’ora. Dobbiamo essere tutti presenti, pare
si tratti di
qualcosa di grosso, quindi non fare tardi, novellina. –
-
Ci sarò. –
-
Bene, allora direi che qui abbiamo finito. – concluse,
voltandole le spalle e
allontanandosi senza dire una parola.
-
Ehy, aspetta. –
-
Che cosa c’è adesso? –
-
Non mi hai detto che stanza posso prendere. – gli fece
notare, inarcando un
sopracciglio spazientita.
Di
sicuro Peter non era quello che si diceva un talento nato per fare da
guida ai
nuovi arrivati.
-
Una qualsiasi di quelle libere, scegli quella che preferisci, non fa
differenza. –
Quando
fu uscito, cominciò a ispezionare le stanze.
Oltrepassò
le prime cinque porte, tutte occupate, per giungere alla sesta e
trovare la
stanza perfetta. Il letto era a due piazze, a baldacchino, con drappi
rossi che
scendevano ai lati e s’intonavano al colore delle lenzuola e
del copriletto; la
finestra affacciava sul giardino sul retro ed era coperta da pesanti
drappi
che, neanche a dirlo, erano color sangue.
Dovevano
prenderla davvero sul serio quella faccenda del colore distintivo da
quelle
parti, considerò, mentre buttava in un angolo il borsone con
le sue poche cose
che le avevano lasciato all’ingresso della Casa.
Sarebbe
stata un’impresa occupare tutto quello spazio con i pochi
effetti personali che
aveva portato dal Saint Brutus.
Impilò
su uno scaffale i suoi libri preferiti, sistemandoli in ordine
alfabetico, e
infilò i jeans e le magliette in un cassettone
dell’armadio. Ci sarebbero
voluti anni per riuscire a riempirne uno così grande.
-
Sei ancora qui? –
La
voce di Nives la fece sussultare, cogliendola di sorpresa.
-
Non ti avevo sentita arrivare. –
La
figlia di Ullr sorrise, compiaciuta, come se le fosse stato fatto il
complimento più bello che le si potesse rivolgere.
-
Manto ci sta aspettando in Aula Magna, datti una mossa. –
Lasciò
perdere il resto dei bagagli e la seguì chiudendosi dietro
la porta.
L’Aula
Magna si trovava nella zona degli uffici della dirigenza del campo e,
contrariamente a quanto diceva il nome, non era poi così
grande. La platea era
disposta in forma circolare, con un piccolo spiazzo al centro in cui
era stato
sistemato un piccolo scranno.
Hellen
prese posto tra Ria e Hannah, osservando Manto che parlottava con un
ragazzo
dai capelli neri con una singolare sfumatura bluastra e gli occhi
azzurri come
il cielo primaverile. Non doveva essere molto più grande di
loro, forse un paio
d’anni, ma aveva un’aria solenne e saggia che la
intimidiva.
-
È Lars, l’Ur Mau di Ra, il Grande Veggente.
– spiegò Skyler, abbassando lo sguardo
imbarazzata quando il Veggente spostò lo sguardo verso di
loro, - Deve
trattarsi di qualcosa di parecchio grosso. –
Manto
si schiarì la voce, ottenendo come risultato
l’immediato silenzio di tutti i
presenti.
-
Il nostro Ur Mau ha un messaggio da comunicare, qualcosa che il Dio Ra
gli ha
sussurrato all’orecchio proprio stanotte. –
Si
rivolse poi verso Lars, chinando appena il capo in segno
d’assenso, come per
dargli il via libera.
-
Calcolando e tenendo in debito conto i giorni e le ore propizie
delle stelle di Orione e delle Dodici Divinità che le
reggono, ecco che esse
congiungono le mani palmo a palmo ma la sesta fra esse pende sull'orlo
dell'abisso nell'ora della disfatta del demonio. –
recitò, la voce fattasi
improvvisamente roca e impersonale, come se non fosse lui colui che
stava
pronunciando quelle parole.
Terminata
l’ultima parola, Lars boccheggiò alla ricerca
d’aria e
venne sorretto prontamente da Manto.
Hellen
si guardò attorno.
Skyler
era ammutolita, portandosi una mano davanti alla bocca, ma
a parte lei solo in pochi sembravano aver capito l’esatto
significato di quelle
parole.
-
Non è tutto qui. – aggiunse Manto, riportando
l’attenzione su di
sé, - Dal Campo Mezzosangue e dal Campo Giove giungono
notizie circa una
profezia pronunciata dal loro
Oracolo e dal loro Augure.
“Dodici
divinità,
dodici
costellazioni,
dodici
i mesi dell’anno,
dodici
gli eroi che
partiranno.
Una
la mano nata per
nobili azioni,
dotata
della divina
affinità,
vincerà
la piaga dell’umanità”.
–
Ora
si che tutti avevano perfettamente chiaro costa stesse accadendo.
-
Un’altra profezia sulla fine del mondo? Magnifico, cominciavo
ad annoiarmi. –
ironizzò Zephyr.
-
Questa è più che una semplice profezia. In tutte
le religioni esiste una fine
del mondo: per i greci e i romani è la caduta
dell’Olimpo, per gli egizi la
profezia del Libro dei Morti, per i norreni il Ragnarok, per i
cristiani l’Apocalisse.
Il fatto che siano tutte combinate nello stesso momento non
può portare a nulla
di buono. – replicò Eric.
Manto
annuì, perfettamente d’accordo con le parole del
figlio di Horus.
-
È per questo motivo che ho deciso che affronteremo la
questione in unione agli
eroi degli altri campi. –
Le
sue parole suscitarono un brusio di sottofondo, condito da qualche
commento particolarmente
colorito da parte di Caleb che non sembrava affatto contento della cosa.
-
Non abbiamo bisogno dei greci, tantomeno dei romani. –
Hellen
pensò per un attimo che Peter gli avrebbe intimato di
chiudere il becco, ma
anche l’Ulfric era corrucciato e sembrava d’accordo
con le parole dell’amico.
-
Ce la siamo sempre cavata benissimo da soli, Manto, non ci serve il
loro aiuto.
– convenne, gli occhi grigi che luccicavano al di sotto delle
ciocche corvine.
-
Non sto chiedendo il vostro permesso. La decisione è presa e
voi tutti farete
meglio ad abituarvi in fretta all’idea. Chirone e Lupa
saranno qui probabilmente
già nella tarda serata di domani e io non
tollererò disordini. Sono stata
chiara? –
Era
la prima volta che Hellen la vedeva arrabbiata e doveva riconoscere che
era
impressionante. Della giovane donna dolce e disponibile non era rimasto
nulla e
se non l’avesse vista con i suoi occhi non avrebbe mai
creduto che la voce
autoritaria e inflessibile che aveva raggiunto le sue orecchie fosse
quella
solitamente delicata e pacata di Manto.
Peter
abbassò la testa, in segno di rispettosa accettazione, anche
se si capiva che
continuava a non essere affatto d’accordo con lei, e persino
Caleb la smise di
borbottare.
-
Ora potete tornare alle vostre attività. – li
congedò, voltando loro le spalle
e riprendendo a parlottare fittamente con Lars.
Hellen
si accodò a Nives e Ria, puntando verso l’Arena,
mentre Skyler e Hannah si
dirigevano verso la biblioteca poco distante dall’aula magna.
-
È tipico di quelle due, sempre alla ricerca di informazioni
e roba
profondamente intellettuale. – commentò Nives,
mentre scartava con un’espressione
disgustata l’arco completo di faretra e sceglieva un machete
dall’aria letale.
Ria
annuì, estraendo dalla rastrelliera un’arma
egizia, che sembrava un curioso
misto tra una falce e una spada.
-
Si chiama khopesh, non sono in molti a usarla. –
spiegò, facendola vorticare con
un abile movimento del polso.
Hellen
annuì. Quella non era certamente un’arma che
faceva per lei, come non lo era il
machete di Nives.
-
Prova con questa. –
La
voce di Jack la spinse a voltarsi, trovandosi il figlio di Thor a pochi
centimetri da lei. Le stava porgendo una spada più sottile e
leggera di quella
con cui aveva affrontato Peter il giorno precedente.
-
È un incrocio tra un gladio romano e una daga egizia.
Più leggero di una spada
e anche più maneggevole. Un’arma da ragazze,
insomma. – concluse.
Inarcò
un sopracciglio, fissandolo corrucciata, - Stai dicendo che noi ragazze
non
siamo abili quanto voi a combattere? È profondamente
maschilista. –
-
Io … No, intendevo dire che siete più fragili.
No, aspetta mi è uscita male, la
parola che intendevo era delicate non fragili. – si corresse
in fretta.
Hellen
scoppiò a ridere, scuotendo la testa, e Jack parve sollevato
dalla sua
reazione.
Ria
e Nives l’avrebbero fatto a polpette se avessero anche solo
sentito per sbaglio
un’affermazione come quella.
Hellen
si mordicchiò il labbro inferiore, gesto che era diventato
un po’ l’indicazione
di quando era nervosa o imbarazzata da qualcosa.
-
Ti andrebbe di dare una mano a questa delicata ragazza con gli
allenamenti? –
Jack
scoccò un’occhiata in direzione di Peter che
combatteva contro Caleb.
-
Che c’è, hai paura di far arrabbiare i tuoi amici
se mi dai troppa confidenza? –
Scosse
la testa, facendo scintillare i capelli castano dorati sotto i raggi
del Sole
che quel giorno picchiava incessantemente.
-
Figurati se mi preoccupo di loro. Andiamo, ragazza delicata, ti insegno
com’è
che si combatte da queste parti. – decretò.
Spazio
autrice:
Aggiornamento
iper tempestivo, ma questa interattiva mi sta prendendo tipo troppo ed
è anche
e soprattutto merito dei fantastici OC che avete creato e per i quali
ho già iniziato
a fangirlare come una matta xD. Anche con questo capitolo non sono
riuscita a
presentarli tutti, perché mi perdo troppo in chiacchiere e
faccio mea culpa di
questa cosa, ma con il prossimo ci saranno tutti (anche a costo di fare
un
capitolo di venti pagine, lo giuro u.u). Duuuunque, ne approfitto per
chiedere
ai ragazzi e alle ragazze i cui OC sono già stati trattati
cosa ne pensano e se
gli piace come li sto rendendo (ogni suggerimento ovviamente
è ben accetto).
Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt