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Autore: Fiamma Erin Gaunt    25/07/2014    7 recensioni
[Storia a OC]
Una nuova profezia incombe sul Campo Mezzosangue, nuovi Semidei e nuove avventure attendono i nostri eroi. Sarai tu l’Eroe della profezia?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hellen venne svegliata dai raggi del Sole che filtravano attraverso la finestra e le colpivano il viso. Si stiracchiò pigramente, sorprendendosi di non avvertire nulla più che un lieve indolenzimento nel punto in cui Peter l’aveva ferita. Tirò su il bordo della maglietta, esaminando il fianco. Al posto del taglio non c’era che una piccola cicatrice sbiadita.

- Quella rimarrà, non c’è modo di toglierla. –

La voce di Egle, così aveva scoperto che si chiamava l’anziana infermiera, la fece sobbalzare.

- Non fa niente, sarà un ricordo del primo giorno della mia nuova vita. –

- Manto vuole vederti dopo colazione, faresti meglio a sbrigarti. – aggiunse la donna, porgendole un cambio pulito.

Si trattava di una divisa composta da un paio di pantaloni e una maglietta, entrambi neri, e un paio di scarpe da ginnastica dello stesso colore.

- Devi appuntare questa sulla spalla. – le spiegò, porgendole una striscia di tessuto rosso che ricordava vagamente i gradi dell’esercito, - E mettere questo intorno al braccio. – aggiunse, consegnandole questa volta un bracciale dello stesso rosso della striscia e delle pareti della Prima Casa.

Era uno di quei bracciali che non andavano portati al polso, ma poco sotto la spalla, e per il resto era estremamente semplice. Ora che ci pensava, ricordava di averne visto uno identico al braccio di Ria e a quello di Peter.

Si vestì in fretta, concedendosi solo una rapidissima occhiata allo specchio prima di uscire. Le onde corvine erano scompigliate, la carnagione pallida sembrava più chiara del solito e gli occhi violacei spiccavano in modo inquietante. Non era decisamente il modo in cui aveva sperato di iniziare il primo giorno effettivo al campo.

Del resto tutti sapevano della figuraccia che aveva fatto con Peter quindi era ragionevole pensare che nessuno si aspettasse l’ingresso di una top model o qualcosa del genere.

Incredibilmente, riuscì a trovare la sala mensa al primo tentativo, ma una volta arrivata si trovò davanti all’ennesimo dilemma: dove mangiare?

Manto le aveva detto che i ragazzi delle Case potevano decidere se mangiare nella propria zona oppure unirsi a quelli delle altre Case e la cosa non l’aiutava certo ad ambientarsi. Vagò con lo sguardo tra i tavoli, alla ricerca del volto familiare di Ria o della chioma rossiccia di Zephyr, ma non riuscì a identificare nessuno dei due.

Stava giusto per rinunciare e scegliere un posto a caso quando la voce del figlio di Amon le giunse alle orecchie.

- Ehy, sei qui. Ero passato in infermeria, ma Egle mi ha detto che te ne eri già andata. – Poi, notando che non aveva la minima idea di dove sedersi, la prese per un gomito e la indirizzò gentilmente verso la porta a vetri che conduceva in terrazza. – Noi mangiamo sempre sulla terrazza sul mare. –

Non gli chiese chi intendesse con “noi”. Non era il momento di fare la schizzinosa circa la scelta delle amicizie.

Cogliendola di sorpresa, comunque, Zephyr la scortò fino a un tavolo in cui erano sedute quattro ragazze. Se era imbarazzato dal fatto di essere l’unico maschio presente non lo dava affatto a vedere.

Hellen si accomodò, rivolgendo un cenno di saluto a Ria che sedeva leggermente in disparte e giocherellava distrattamente con le uova strapazzate che aveva nel piatto.

- Ragazze, lei è Hellen Shadow. – la presentò.

Si stampò un sorriso sul volto, sforzandosi di non pensare a quanto fosse imbarazzante essere sotto l’esame di ben quattro perfette sconosciute.

- Loro sono Hannah, Skyler e Nives. – aggiunse, indicando rispettivamente una ragazza dai capelli rossi, le lentiggini e l’aria simpatica, una dai lisci capelli scuri e gli occhi di un castano con venature verde scuro e una ragazza dai capelli color cioccolato, che sotto la luce del sole assumevano una sfumatura rossiccia, e grandi occhi a mandorla di un bel verde scuro.

- Sei quella che ha combattuto con Peter, vero? – chiese Nives, scrutandola dalla testa ai piedi come se stesse cercando di farsi un’idea ben precisa.

Probabilmente si stava domandando se fosse coraggiosa fino alla stoltezza o fosse semplicemente una povera stupida con manie suicide.

- Già, sono quella che ha affettato. – ammise, dipingendosi un sorrisetto forzato sulle labbra.

Sembrò sospendere il suo giudizio perché le rivolse un’occhiata di superiorità e si limitò a commentare dicendo: - Dovresti allenarti di più se vuoi provarci di nuovo. –

- Non fare caso a lei. È socievole quasi quanto Peter, ma non è cattiva. – le sussurrò all’orecchio Zephyr.

Come evocato dalle sue parole, il diretto interessato fece la sua comparsa e passò loro accanto, dirigendosi verso il tavolo al lato opposto del terrazzo, dove l’attendevano alcuni suoi amici.

- Nives … novellina. – salutò, asciutto, proseguendo senza dar segno di aver notato la presenza del resto del gruppo.

- Buongiorno anche a te, eh, simpaticone. – gli gridò dietro Zephyr.

Peter scosse la testa, evidentemente infastidito, ma non diede altro segno di aver sentito le sue parole.

Hellen lo seguì con lo sguardo finchè non lo vide prendere posto accanto a Jack, scambiarsi un paio di pacche amichevoli con lui, e salutare gli altri due ragazzi al loro tavolo.

- Chi sono quelli? – domandò, selezionando con cura un paio di fette di bacon molto croccante dal vassoio al centro.

- Quello con gli occhi di quel mogano inquietante è Austin, l’altro è Caleb e fidati se ti dico che non vuoi avere niente a che fare con lui. – li presentò Ria.

- È come Peter? –

- Peggio. –

Faticava seriamente a immaginare che al mondo potesse esistere qualcuno con un carattere peggiore di quel ragazzo, ma Ria sembrava una che pronunciava giudizi sulle persone solo quando sapeva il fatto suo e pertanto non aveva alcun motivo di dubitare delle sue parole.

- Peter è okay se non sfidi la sua autorità. È l’Ulfric e gli piace ricordarlo. – aggiunse Hannah.

Era la seconda volta che sentiva quel termine e non aveva ancora la minima idea di cosa significasse. La sua espressione doveva lasciarlo intuire perché la figlia di Bastet si affrettò a fornirle una spiegazione dettagliata.

- Al campo c’è una gerarchia piramidale. Al vertice dell’organizzazione ci sono l’Ulfric o la Geri, a seconda se al comando c’è un ragazzo o una ragazza, sotto di loro ci sono lo Skoll e l’Hati che relazionano per la Prima e la Seconda Casa, infine ci sono il Fenrir e il Freki che relazionano per la Terza e la Quarta Casa. Si diventa Ulfric portando a termine le missioni e vincendo i confronti con tutti gli altri residenti nel campo. Peter lo è diventato tre anni fa e da allora si tiene il titolo ben stretto. –

- Ecco perché è così borioso, è convinto di essere più in gamba di tutti noi. – borbottò Ria.

- Quindi Peter è a capo, e gli altri livelli chi li occupa? –

La cosa si stava facendo interessante mano a mano che capiva i meccanismi che regolavano l’organizzazione della vita al campo, e più cose imparava prima avrebbe smesso di sentirsi un pesce fuor d’acqua.

- Lo Skoll è Jack, mentre l’Hati è la nostra Hannah. Il ruolo di Fenrir lo ha assunto Austin e quello di Freki Annalisa. – concluse Zephyr, indicandole una ragazza che sedeva al tavolo con uno sparuto gruppetto a dir poco eterogeneo.

La diretta interessata era una ragazza che gridava “California” da tutti i pori: ricci capelli castani con tanto di shatush biondo, occhi verdi e tutte le curve al posto giusto. Forse sentitasi chiamata in causa, si voltò verso di loro e inarcò un sopracciglio perfettamente curato in una strana espressione che poteva essere definita come un misto di curiosità, orgoglio e sfida.

- Quindi tu sei un pezzo grosso qui al campo. – concluse, rivolgendosi ad Hannah.

La ragazza abbassò leggermente lo sguardo, mentre le guance assumevano una sfumatura più rosata.

- Si potrebbe dire di sì, ma non mi piace vantarmene. –

- Avresti tutti i motivi per farlo. Diavolo, io mi vanterei in continuazione al posto tuo. – esclamò Zephyr, facendole scoppiare tutte a ridere.

Doveva ammettere che stava cominciando a rivalutare quel folletto troppo cresciuto; non era poi male, se si faceva l’abitudine al suo sarcasmo onnipresente, anzi, cominciava a diventare una delle caratteristiche che apprezzava di lui.

- Posso farti una domanda? –

- Dimmi, principessa infernale. –

- Per prima cosa non chiamarmi così. Per seconda: perché passi il tuo tempo solo con le ragazze? –

Zephyr inarcò un sopracciglio, sorridendo malandrino.

- Mi piacciono le ragazze. –

- Okay, questo l’ho capito, ma intendevo perché non stai al tavolo con i ragazzi e cose così. –

- Tra me e Peter non scorre buon sangue e per quanto riguarda gli altri … bè, Simon è okay, mentre Eric certe volte mi mette in difficoltà, è troppo intelligente e mi fa sentire stupido, quindi non sto neanche al tavolo con loro. 

Peter e il suo gruppo scelse proprio quel momento per alzarsi dal tavolo e passare accanto al loro.

- Ehy, freak, non ci sono proprio speranze che cominci a darti una mossa e a dimostrare di essere un uomo, eh? –

A parlare era stato il ragazzo dal pallore inquietante che le era stato presentato come Caleb. Scrutava Zephyr dalla testa ai piedi con aria sprezzante.

- Penso che inizierò a farlo quando tu dimostrerai al mondo di non aver abbandonato per strada quel poco cervello con cui sei nato. –

- Te lo faccio vedere io chi ha abbandonato il cervello, freak del cazzo. – ringhiò, sporgendosi in avanti come per afferrarlo.

- Caleb, piantala. Adesso. – ordinò Peter, afferrandolo per una spalla e tirandolo indietro.

Il ragazzo gli rivolse un’occhiata furente. – Questa ragazzina di un freak mi ha insultato, vuoi che lasci perdere così? –

- Freak e ragazzina significano la stessa cosa, Caleb tesoro, la mamma non te l’ha insegnato? – lo stuzzicò, malevolo, Zephyr.

Caleb fece per lanciarsi nuovamente contro di lui, ma trovò il torace di Peter a ostacolarlo.

- Ho detto di no. Jack, portalo a farsi un giro e a darsi una calmata. –

Il figlio di Thor annuì, afferrandolo saldamente per un braccio e trascinandolo dietro di sé.

- È sempre un piacere fare quattro chiacchiere con te. – gli urlò dietro il rosso.

- Non puoi proprio fare a meno di provocarlo, eh? –

- No, non posso. –

Peter si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli, e puntò gli occhi grigi in quelli di Hellen.

- Allora, novellina, sei tutta intera? –

Hellen annuì. – Sto a meraviglia, non si vede? –

- Ho esagerato ieri, non avrei dovuto ferirti in quel modo. Comunque, Manto vuole che ti mostri la Casa, quindi seguimi. –

La ragazza scambiò una rapida occhiata con Ria che annuì, incoraggiante, come a dire che non sarebbe potuto capitarle nulla di male durante quel breve tour.

- D’accordo, fammi strada. –

Raggiunsero l’ingresso della Prima Casa in una decina di minuti.

Le pareti interne erano tutte dipinte di rosso e presentavano decorazioni serpentesche in ogni angolo. C’erano persino delle piccole statue, in quello che doveva essere ottone, che decoravano i basamenti delle colonne e le cime di librerie e armadi.

- Ci sono altre tre Case: la seconda è l’edificio interamente bianco con l’effige del gatto, la terza quello giallo raffigurante lo scarabeo e la quarta quello grigio con lo sciacallo. Non è permesso dormire nelle altre Case in alcun caso, né entrarci se non si ha il permesso di chi vi risiede. Per qualsiasi problema parlane con Jack, con Hannah o con me. – concluse.

Hellen annuì. Era tutto chiaro e sperava sinceramente di non aver mai bisogno di chiedere qualcosa a lui. Hannah le era simpatica e anche Jack non doveva essere poi così male, salvo il fatto di essere il migliore amico di Peter a quanto sembrava, ma il loro Ulfric continuava a non piacerle per niente.

- Bene, ora che sai tutto, mi rimane da dirti una sola cosa: Manto ha indetto una riunione tra mezz’ora. Dobbiamo essere tutti presenti, pare si tratti di qualcosa di grosso, quindi non fare tardi, novellina. –

- Ci sarò. –

- Bene, allora direi che qui abbiamo finito. – concluse, voltandole le spalle e allontanandosi senza dire una parola.

- Ehy, aspetta. –

- Che cosa c’è adesso? –

- Non mi hai detto che stanza posso prendere. – gli fece notare, inarcando un sopracciglio spazientita.

Di sicuro Peter non era quello che si diceva un talento nato per fare da guida ai nuovi arrivati.

- Una qualsiasi di quelle libere, scegli quella che preferisci, non fa differenza. –

Quando fu uscito, cominciò a ispezionare le stanze.

Oltrepassò le prime cinque porte, tutte occupate, per giungere alla sesta e trovare la stanza perfetta. Il letto era a due piazze, a baldacchino, con drappi rossi che scendevano ai lati e s’intonavano al colore delle lenzuola e del copriletto; la finestra affacciava sul giardino sul retro ed era coperta da pesanti drappi che, neanche a dirlo, erano color sangue.

Dovevano prenderla davvero sul serio quella faccenda del colore distintivo da quelle parti, considerò, mentre buttava in un angolo il borsone con le sue poche cose che le avevano lasciato all’ingresso della Casa.

Sarebbe stata un’impresa occupare tutto quello spazio con i pochi effetti personali che aveva portato dal Saint Brutus.

Impilò su uno scaffale i suoi libri preferiti, sistemandoli in ordine alfabetico, e infilò i jeans e le magliette in un cassettone dell’armadio. Ci sarebbero voluti anni per riuscire a riempirne uno così grande.

- Sei ancora qui? –

La voce di Nives la fece sussultare, cogliendola di sorpresa.

- Non ti avevo sentita arrivare. –

La figlia di Ullr sorrise, compiaciuta, come se le fosse stato fatto il complimento più bello che le si potesse rivolgere.

- Manto ci sta aspettando in Aula Magna, datti una mossa. –

Lasciò perdere il resto dei bagagli e la seguì chiudendosi dietro la porta.

L’Aula Magna si trovava nella zona degli uffici della dirigenza del campo e, contrariamente a quanto diceva il nome, non era poi così grande. La platea era disposta in forma circolare, con un piccolo spiazzo al centro in cui era stato sistemato un piccolo scranno.

Hellen prese posto tra Ria e Hannah, osservando Manto che parlottava con un ragazzo dai capelli neri con una singolare sfumatura bluastra e gli occhi azzurri come il cielo primaverile. Non doveva essere molto più grande di loro, forse un paio d’anni, ma aveva un’aria solenne e saggia che la intimidiva.

- È Lars, l’Ur Mau di Ra, il Grande Veggente. – spiegò Skyler, abbassando lo sguardo imbarazzata quando il Veggente spostò lo sguardo verso di loro, - Deve trattarsi di qualcosa di parecchio grosso. –

Manto si schiarì la voce, ottenendo come risultato l’immediato silenzio di tutti i presenti.

- Il nostro Ur Mau ha un messaggio da comunicare, qualcosa che il Dio Ra gli ha sussurrato all’orecchio proprio stanotte. –

Si rivolse poi verso Lars, chinando appena il capo in segno d’assenso, come per dargli il via libera.

- Calcolando e tenendo in debito conto i giorni e le ore propizie delle stelle di Orione e delle Dodici Divinità che le reggono, ecco che esse congiungono le mani palmo a palmo ma la sesta fra esse pende sull'orlo dell'abisso nell'ora della disfatta del demonio. – recitò, la voce fattasi improvvisamente roca e impersonale, come se non fosse lui colui che stava pronunciando quelle parole.

Terminata l’ultima parola, Lars boccheggiò alla ricerca d’aria e venne sorretto prontamente da Manto.

Hellen si guardò attorno.

Skyler era ammutolita, portandosi una mano davanti alla bocca, ma a parte lei solo in pochi sembravano aver capito l’esatto significato di quelle parole.

- Non è tutto qui. – aggiunse Manto, riportando l’attenzione su di sé, - Dal Campo Mezzosangue e dal Campo Giove giungono notizie  circa una profezia pronunciata dal loro Oracolo e dal loro Augure.

“Dodici divinità,

dodici costellazioni,

dodici i mesi dell’anno,

dodici gli eroi che partiranno.

Una la mano nata per nobili azioni,

dotata della divina affinità,

vincerà la piaga dell’umanità”.

 

Ora si che tutti avevano perfettamente chiaro costa stesse accadendo.

- Un’altra profezia sulla fine del mondo? Magnifico, cominciavo ad annoiarmi. – ironizzò Zephyr.

- Questa è più che una semplice profezia. In tutte le religioni esiste una fine del mondo: per i greci e i romani è la caduta dell’Olimpo, per gli egizi la profezia del Libro dei Morti, per i norreni il Ragnarok, per i cristiani l’Apocalisse. Il fatto che siano tutte combinate nello stesso momento non può portare a nulla di buono. – replicò Eric.

Manto annuì, perfettamente d’accordo con le parole del figlio di Horus.

- È per questo motivo che ho deciso che affronteremo la questione in unione agli eroi degli altri campi. –

Le sue parole suscitarono un brusio di sottofondo, condito da qualche commento particolarmente colorito da parte di Caleb che non sembrava affatto contento della cosa.

- Non abbiamo bisogno dei greci, tantomeno dei romani. –

Hellen pensò per un attimo che Peter gli avrebbe intimato di chiudere il becco, ma anche l’Ulfric era corrucciato e sembrava d’accordo con le parole dell’amico.

- Ce la siamo sempre cavata benissimo da soli, Manto, non ci serve il loro aiuto. – convenne, gli occhi grigi che luccicavano al di sotto delle ciocche corvine.

- Non sto chiedendo il vostro permesso. La decisione è presa e voi tutti farete meglio ad abituarvi in fretta all’idea. Chirone e Lupa saranno qui probabilmente già nella tarda serata di domani e io non tollererò disordini. Sono stata chiara? –

Era la prima volta che Hellen la vedeva arrabbiata e doveva riconoscere che era impressionante. Della giovane donna dolce e disponibile non era rimasto nulla e se non l’avesse vista con i suoi occhi non avrebbe mai creduto che la voce autoritaria e inflessibile che aveva raggiunto le sue orecchie fosse quella solitamente delicata e pacata di Manto.

Peter abbassò la testa, in segno di rispettosa accettazione, anche se si capiva che continuava a non essere affatto d’accordo con lei, e persino Caleb la smise di borbottare.

- Ora potete tornare alle vostre attività. – li congedò, voltando loro le spalle e riprendendo a parlottare fittamente con Lars.

Hellen si accodò a Nives e Ria, puntando verso l’Arena, mentre Skyler e Hannah si dirigevano verso la biblioteca poco distante dall’aula magna.

- È tipico di quelle due, sempre alla ricerca di informazioni e roba profondamente intellettuale. – commentò Nives, mentre scartava con un’espressione disgustata l’arco completo di faretra e sceglieva un machete dall’aria letale.

Ria annuì, estraendo dalla rastrelliera un’arma egizia, che sembrava un curioso misto tra una falce e una spada.

- Si chiama khopesh, non sono in molti a usarla. – spiegò, facendola vorticare con un abile movimento del polso.

Hellen annuì. Quella non era certamente un’arma che faceva per lei, come non lo era il machete di Nives.

- Prova con questa. –

La voce di Jack la spinse a voltarsi, trovandosi il figlio di Thor a pochi centimetri da lei. Le stava porgendo una spada più sottile e leggera di quella con cui aveva affrontato Peter il giorno precedente.

- È un incrocio tra un gladio romano e una daga egizia. Più leggero di una spada e anche più maneggevole. Un’arma da ragazze, insomma. – concluse.

Inarcò un sopracciglio, fissandolo corrucciata, - Stai dicendo che noi ragazze non siamo abili quanto voi a combattere? È profondamente maschilista. –

- Io … No, intendevo dire che siete più fragili. No, aspetta mi è uscita male, la parola che intendevo era delicate non fragili. – si corresse in fretta.

Hellen scoppiò a ridere, scuotendo la testa, e Jack parve sollevato dalla sua reazione.

Ria e Nives l’avrebbero fatto a polpette se avessero anche solo sentito per sbaglio un’affermazione come quella.

Hellen si mordicchiò il labbro inferiore, gesto che era diventato un po’ l’indicazione di quando era nervosa o imbarazzata da qualcosa.

- Ti andrebbe di dare una mano a questa delicata ragazza con gli allenamenti? –

Jack scoccò un’occhiata in direzione di Peter che combatteva contro Caleb.

- Che c’è, hai paura di far arrabbiare i tuoi amici se mi dai troppa confidenza? –

Scosse la testa, facendo scintillare i capelli castano dorati sotto i raggi del Sole che quel giorno picchiava incessantemente.

- Figurati se mi preoccupo di loro. Andiamo, ragazza delicata, ti insegno com’è che si combatte da queste parti. – decretò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Aggiornamento iper tempestivo, ma questa interattiva mi sta prendendo tipo troppo ed è anche e soprattutto merito dei fantastici OC che avete creato e per i quali ho già iniziato a fangirlare come una matta xD. Anche con questo capitolo non sono riuscita a presentarli tutti, perché mi perdo troppo in chiacchiere e faccio mea culpa di questa cosa, ma con il prossimo ci saranno tutti (anche a costo di fare un capitolo di venti pagine, lo giuro u.u). Duuuunque, ne approfitto per chiedere ai ragazzi e alle ragazze i cui OC sono già stati trattati cosa ne pensano e se gli piace come li sto rendendo (ogni suggerimento ovviamente è ben accetto). Alla prossima.

Baci baci,

               Fiamma Erin Gaunt

  
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